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Stargate (1994): porta i miei saluti a Tutankhamon

Terry Gilliam ha sempre ragione, partiamo da questa certezza, perché la sua definizione del regista Roland Emmerich, sfornata sul set di Tideland, ed è confutata dal film di oggi, uno dei compleanni di questo 2024 che aspettavo di più in assoluto.

Per quanto mi riguarda, Rolando Emmerico potrà fare (quasi) tutto quello che vuole in carriera, e per onestà intellettuale devo dire che per certi versi lo ha anche fatto, sfornando nel corso degli anni titoli più che discutibili, eppure presso di me avrà sempre un pochino di credito, sia per I Nuovi Eroi che per un paio di titoli “di cassetta” a cui ho voluto e ancora voglio molto bene.

Roland Emmerich non voleva solo partecipare alle gite al museo egizio, voleva il potere di farle fallire (quasi-cit.)

Uno lo conoscete perché l’ho già trattato diffusamente, l’altro è proprio “Stargate”, che, inutile girarci attorno, per me è l’altro grande film “di cassetta” nel vero senso del termine, visto che la mia porta delle stelle è stata la vecchia VHS, ricevuta in regalo da mia madre (su imbeccata paterna, perché l’ingrugnato era già l’eroe di casa, storia vera), quindi immaginate il giovane Cassidy, che per le mani si ritrovò una roba in odore di antico Egitto con PING e BOOM spaziale e Kurt Russell nel cast. Voi non avete idea di quante volte io abbia visto questo film, non potete nemmeno immaginare, sul serio, ho esagerato.

Nei piani dello sceneggiatore Dean Devlin e del regista Roland Emmerich, “Stargate” avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia, una trama già delineata che non è mai arrivata in sala e non è stata nemmeno esplorata dalla serie televisiva “Stargate SG-1”, che è andata giustamente per la sua strada (spin-off compresi), il tutto perché alla sua uscita il film di Rolando ha collezionato pareri piuttosto misti, Roger Ebert mantenne questo titolo nella lista dei suoi più odiati per oltre dieci anni, altri invece furono ben più indulgenti con quello che io non ho dubbi, alla pari del suo fratellino “di cassetta” anche lui è un Bruttissimo di Rete Cassidy!

Come al solito, vi ricordo l’intento di questa non-rubrica: parlare di quei film oggettivamente bruttini, ma con carattere, non è una celebrazione del brutto fine a sé stessa, ma un modo per ricordarci che nessun film con egiziani, viaggi spaziali e una bomba atomica può davvero essere così pessimo.

La singola scena in cui Rolando si è avvicinato di più al suo sogno di essere Spielberg.

Per chiudere il cerchio (o lo Stargate) fatemi cominciare da dove sono partito, se Gilliam sostiene che Roland Emmerich sia uno che spielbergheggia, o che almeno ci prova, secondo me parla con ragion veduta, lui in fondo è il pazzo shakespeariano quello che dice sempre la verità. “Stargate” parla di persone ordinarie in una situazione straordinaria, il prologo con il ritrovamento di quell’enorme beh, coso (termine tecnico) in pieno Egitto è quanto di più spielberghiano mai diretto da Rolando, il coperchio in pietra, la bambina che diventerà la futura dott.ssa Catherine Langford (Viveca Lindfors), un ottimo inizio prima di sfumare sul primo di tanti imbranati secchioni, ma geniali, che avrebbero popolato da qui in poi la filmografia del regista tedesco naturalizzato americano, mi riferisco ovviamente al dott. Daniel Jackson, ovvero il secondo, al massimo il terzo ruolo più famoso della folle filmografia di James Spader.

Ogni volta che quel coso parte per la tangente spaziale io mi esalto.

Se Jackson è uno sfigato che su questa Terra non ha mai trovato riscontro per le sue teorie apertamente spernacchiate dai colleghi, l’altra faccia della medaglia è il mio preferito, il colonello Jonathan “Jack” O’Neill (perché tutti gli eroi tosti americani devono chiamarsi Jack o John), interpretato da Kurt “L’ingrugnato” Russell, non è il suo personaggio più popolare, diciamo che lo ricordano i veri fanatici di Kurt, siamo pochi ma siamo una lobby molto potente.

L’ingrunato (copyright Casa Cassidy)

Jack O’Neill si merita un paragrafo tutto suo, perché a memoria mia, è un personaggio con ben pochi corrispettivi nel cinema americano. La sua entrata in scena è eroica nel suo essere anti-eroica, due commilitoni lo vanno a chiamare d’urgenza a casa, la porta la apre la moglie evidentemente più rassegnata di tutti, una che senza dire molto vive due lutti, ha perso un figlio e un marito, perché Rolando mostrandoci Kurt (con i capelli brutti) nella camera del figlio, a guardare la foto del bambino e tenendo una pistola in mano, ci ha già detto tutto quello che dobbiamo sapere, al resto ci pensa il linguaggio del corpo dell’ingrugnato, la frase dei due militari sul figlio che si è sparato accidentalmente serve a far arrivare il messaggio anche al pubblico in ultima fila impegnato a limonare o a mangiare i pop-corn. O a mangiare i pop-corn limonando.

Controllo delle armi, in un film che finisce con una bomba atomica, Emmerich fa surf sui suoi paradossi.

Da qui in poi il nostro Kurt rientra in scena, mentre Jackson da sfoggio di superiore conoscenza dei geroglifici, risolvendo in un secondo il rebus dei sette simboli necessari ad aprire lo Stargate («Non è porta del cielo è porta delle stelle, Stargate») l’ingrugnato si accende una sigaretta con lo Zippo sfoggiando il suo nuovo taglio a spazzola, la manifestazione esteriore di un cambiamento interiore per il personaggio o almeno apparente, perché il colonello guida la squadra composta da una banda di militari rozzi tra cui l’italo-americano bullo Ferretti (non Reneè ma Louis, French Stewart) e il Nerd Jackson dall’altro lato dell’universo, in un salto spazio-temporale che è – ribadisco – quando di più spielberghiano diretto dal nostro Rolando, che va detto, può contare sulla notevole colonna sonora di David Arnold, ancora oggi capace di farvi venire voglio di seguire Kurt Russell in capo al mondo e oltre. Cioè quello lo farei comunque, però dal 1994 ho anche la colonna sonora giusta per farlo eventualmente.

Se non vi piace questo, io non vi conosco e non vi voglio nemmeno conoscere.

Nel frattempo Jackson fa valere il suo ruolo di eroe Nerd del film, tutto l’incontro con i locali passa prima da una bestia («Ha i finimenti!») che pare uscita da Guerre Stellari, passando per lo scambio di barrette al cioccolato in cambio di cucina locale («Buono, sa di pollo»), fino ad arrivare alla prova suprema, quella che mette in chiaro quanto l’eroe sia tale, perché non c’è nulla di più eroico per i protagonisti dei film americani di rifiutare il sesso, il nostro Jackson fa rivestire la ragazza concessa a lui creduto un Dio, in cambio di una spiegazione sulla scrittura (vietata) e sui simboli da cercare dall’altra parte dello Stargate. Scusate se della trama do molto per scontato, ma questo film l’ho visto così tante volte che per quello che mi riguarda, potrebbe sostituire “I promessi sposi” nel materiale scolastico obbligatorio di base.

Un tocco di Guerre Stellari non vuoi mettercelo?

Mentre Jackson fa le sue cose da Nerd in vacanza con crema solare, il dramma di Jack procede anche a milioni di anni luce da casa, mantengo l’attenzione su “Jack” O’Neill perché molto passa da lui, la trama procederà anche a colpi di cliché, ma le due facce del personaggio mi affascinano, ad esempio, con chi fa amicizia l’ingrugnato? Con il capo dei ragazzini, il facente funzione di Rufio di turno (Spielberg, che non a caso continua a tornare), ed è qui che ci tengo a sottolineare un dettaglio, in un film americano va bene che sotto l’occhio attendo di Kurt il ragazzetto si fumi una sigaretta, ma è vietatissimo che si avvicini al fucile, causa di traumi paterni irrisolti, quindi come superare questo trauma? Beh facile, armiamo un milione di ragazzini da schierare contro il cattivo di turno, Faraone Dio con mascherone tecnorganico.

«Quello più metrosexual del film devo essere io!»

Basta così? No! Perché l’idea di armare i ragazzini (con tanto di morte drammatica al rallentatore di uno di loro) per lo meno è, come dire, la fine di un percorso, dell’arco narrativo del personaggio, perché il suo primo piano originale era ancora più netto: accetto la missione dall’altra parte del cosmo, perché male che vada, mi daranno una bomba atomica con cui suicidarmi e chiudere il portale. Esagerato? Vagamente tamarro? Molto, ma credo che nessuno abbia saputo far passare per credibili tali contrasti interni allo stesso personaggio con la naturalezza (incazzata) con cui fa Russell, per di più raccontandoci di un desiderio di morte paterno, che va a braccetto con il suo senso di responsabilità da militare: Jack non può farsi bastare una pistola per mettere fine al dolore di quella perdita, serve qualcosa di proporzionato alla sua sofferenza, ci vuole un’atomica come minimo. Anche se questo punto, più che da Spielberg, secondo me Rolando l’ha preso in prestito dall’ossessione per le bombe atomiche di James Cameron.

Io poi dovrei stare qui a parlarvi di quanto gli effetti speciali siano in parte invecchiati male e in parte, non così invasivi (qualunque blockbuster contemporaneo nr abusa molto di più), oppure di come il Faraone Dio Metrosexual sia cesellato per benino, esattamente come i suoi sgherri testa di casco animale (ho detto casco), con le loro lance che fanno PIUM! PUM! Insomma una figata per uno che da bambino è stato portato in gita al museo egizio di Torino un anno si e l’altro pure, ma staremmo qui a parlare della fuffa condita dalla nebbia se non fosse per LA FRASE.

Tutti insieme, con il cuore… Porta i miei saluti a Tutankhamon, stronzo!

Lassù nel Valhalla, o comunque, tra le divinità egizie della “frasi maschie”, nessuno ricorda mai la mitologica «Porta i miei saluti a Tutankhamon, stronzo!» che non solo è una tamarrata senza sterzo che lèvati, ma lèvati proprio, ma è anche del tutto funzionale allo sviluppo. Con quel colpo da KO, O’Neill manda al creatore (letteralmente!) mezzo sgherro morto male, mettendo in chiaro come la storia si risolverà, gli anelli mini-Stargate che sono un po’ teletrasporto e un po’ ascensore, trovano la loro vera utilità quando l’inevitabile conto alla rovescia della bomba si blocca e arriva il momento di punire cinematograficamente il cattivone, che si sa, deve morire male e urlando. Poi oh! Film che finiscono con un botto atomico grossissimo? Senza scomodare Kubrick, così su due piedi io direi “Stargate”, ID4, The Abyss, True Lies e Aliens. No cioè, voglio dire, brutto?

“Stargate” ha trovato nuova linfa sul piccolo schermo, anzi mi dispiace di non aver mai seguito la serie tv, lacuna che potrei anche colmare visto che a recitare in un ruolo chiave ci stava il mio eroe dell’infanzia MacGyver, ma ho visto così tante volte il film che quando penso a “Stargate”, per me inizia e finisce tutto con questo titolo, erano anni che volevo portarlo sulla Bara, il suo compleanno era l’occasione migliore possibile per farlo ed ora, portate i miei saluti a Tutankhamon.

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