Parlando di un grande regista, spesso si finisce a parlare di “Film minore”, beh se tutti i titoli secondari di una filmografia fossero come questo, io ci metterei la firma. Benvenuti ad un nuovo appuntamento con John Carpenter’s The Maestro!
1984, Giovanni arriva dal buon successo commerciale di Christine – La macchina infernale, ma nel fondo di quel suo geniale testone c’è ancora la delusione per il flop de La Cosa, se vi è mai capitato di leggere un’intervista di John Carpenter, quando si parla di “The Thing” viene fuori sempre il commento di quel famigerato critico, che arrivò a definire il Maestro un “Pornografo della violenza”. Ogni volta Giovà racconta questa storia, lo fa con il classico approccio che lo contraddistingue, altre volte, invece, con mal celato sdegno, come a dire: “Pornografo a me?”.
Non è un segreto che i film di Carpenter non siano mai andati fortissimo al botteghino, almeno non come Halloween, se devo dirla tutta, alcuni dei film preferiti di sempre, sono stati dei mezzi flop quando uscirono in sala, come tutti sanno, fu la concorrenza di “E.T. – L’Extraterreste” ad affossare il capolavoro Carpenteriano, il pubblico voleva guardare le stesse con fiducia, in cerca di un amichetto tenerino con gli occhioni da aiutare, non di una Cosa informe in grado di fare scempio del tuo corpicino.
Alla ricerca di un film per rientrare nel giro e guadagnarsi nuovamente le grazie del pubblico, Giovanni trova “Starman”, una pellicola dalla vita produttiva piuttosto travagliata, si dice che sia stata riscritta varie volte (sette per la precisione), passando di mano in mano a vari registi, tra i quali Tony Scott. La cosa buffa è che il copione di “Starman” era sulla scrivania dei pezzi grossi della Columbia Pictures già da parecchi anni, insieme ad un altro intitolato “Night Skies”, essendo le due storie troppo simili, la casa di produzione decise di tenersi “Starman” e vendere l’altro script allo studio rivale, la Universal. Cambiato il titolo in “E.T. – L’Extra terreste” e affidato nella sapienti mani di Steven Spielberg, beh… Sapete come è andata a finire, no?
A quel punto la Columbia vuole anche lei il suo film con un alieno buono, “Starman” e Carpenter iniziano a diventare parole che stanno (e staranno) bene nella stessa frase, nell’anno di grazia 1984, su questo gnocco minerale che ruota intorno al sole, non penso ci fosse un solo bipede che odiasse quel fottuto esserino marrone fissato con i telefoni più di John Carpenter.
Le premesse sono rischiose: un soggetto che non ha nulla a che vedere con i film precedenti del Maestro, un grosso flop da cui provare a riprendersi e la prospettiva di andare a giocare nel campo da gioco di uno dei film più amati della storia del Cinema. Quando la Columbia gli chiede: “Sei pronto?”, Giovanni risponde: “Sono nato pronto!”.
L’umanità ha mandato nello spazio la sonda Voyager, che con il suo pacifico contenuto invita chiunque a venirci a trovare, salvo poi che quando qualcuno dallo spazio arriva davvero, lo Starman (Jeff Bridges), noi umani decidiamo di abbatterlo a colpi di missili. La creatura precipita vicino alla casa della vedova Jenny Hayden (Karen Allen) ancora sofferente per la recente morte del marito. Partendo da una ciocca di capelli e da un filmino su pellicola, l’alieno prende le sembianze del compianto Scott Hayden e chiede l’aiuto della Terreste per raggiungere il Nevada (“Nevadacredo”), il visitatore ha tempo tre giorni (“Tre volte quella stella, in mezzo al cielo”) per raggiungere la sua nave madre e salire a bordo, se dovesse fallire, morirebbe. Il tempo è poco, il governo lo vuole catturare, quindi tutti sulla Ford Mustang Cobra II coupé (rossa con striscia nera) e via, si parte!
Un soggetto semplice, ma pieno di temi difficili, un piccolo spunto fantascientifico iniziale, che serve a dare il via ad una grossa trama amorosa, tutta roba che fa l’effetto della buccia di banana sotto il piede se non la maneggi come si deve, a confronto con gli altri Horror/Thriller/Western del Maestro, questa roba c’entra come i proverbiali cavoli a merenda… Sbagliato!
I “Muscoli Cinematografici” del Carpenter del 1984 sono talmente allenati che gli basta guardare la sceneggiatura per capire subito come gestirla, dimostrando ancora una volta di essere il più colto (e scaltro) di tutti i registi della sua generazione, Carpenter s’ispira nuovamente ad uno dei suoi punti di riferimento cinematografici, no, non Howard Hawks, malgrado l’elemento fantascientifico, Giovanni questa volta si affida a Zio Hitch.
Due personaggi costretti a stare insieme, in corsa contro il tempo, che si fingono marito e moglie, con un rapporto di fiducia che si cementa con l’aumentare delle miglia percorse insieme, tanto da perdere, ma anche tanto da condividere, forse anche l’amore, no, “Starman” non è un film di fantascienza, è un road-movie e Carpenter lo dirige proprio in questo modo, ispirandosi a film di Alfred Hitchcock come “Il club dei 39” o “Il sipario strappato”, ma anche, come ha dichiarato in varie interviste Carpenter, da “Accadde una notte” di Frank Capra o il film carcerario “La parete di fango”. Anche se alle prese con un film su commissione fatto per tornare nella lista dei buoni, Carpenter non fa il registucolo prestanome, ma l’Autore con la A maiuscola, trovando la giusta chiave d’interpretazione, tiene le redini del film saldamente in pugno.
Ok, però c’è la storia d’amore da gestire ed è proprio qui che Carpenter dimostra di aver capito tutto di “Starman” riuscendo a essere romantico, ma anche vagamente disturbante come solo il Maestro può essere.
Ci sono tanti film dello stesso tema, nei quali i protagonisti impiegano un’ora di pellicola prima di convincersi che sì, quello che mi trovo davanti è davvero una creatura di un altro mondo, Carpenter spazza via ogni possibile dubbio nel momento stesso in cui Jenny e lo Starman si incontrano, la trasformazione (effetti speciali forse un po’ invecchiati, ma efficaci di Rick Baker, scusate se è poco) avviene sotto gli occhi della donna, da bambino ad uomo adulto fatto e finito in pochi secondi.
Questo sposta ogni dubbio e possibile coinvolgimento emotivo di Jenny dietro gli occhioni di Karen Allen, ogni volta che Carpenter la inquadra, noi spettatori possiamo capire che nel fondo della sua testa la ragazza sta pensando: “Sì, lo so che è un alieno da un altro mondo, però ha il volto di mio marito e mio marito mi manca tanto”, il loro rapporto è tutto un “vorrei, ma non posso, però cavolo se vorrei che fossi davvero tu”.
Quindi, Karen Allen inizialmente cerca di scappare in tutti i modi, ma si convince presto della bontà delle intenzioni dell’alieno e siccome ogni volta che lo guarda, si ritrova a fissare il viso del marito, non può trattenersi dall’essere protettiva nei suoi confronti, quasi materna, si ritrova a spiegargli come si parla, come ci si comporta, come guidare un’auto (ma non a rallentare con il semaforo giallo…), a tenere in mano una forchetta e a mangiare il dolce per ultimo.
Uno strambo rapporto madre/figlio che evolve velocemente (perché il tempo è poco e siamo tutti di fretta) nella migliore occasione possibile per metabolizzare il lutto e dare l’ultimo addio al marito, quel saluto che non ha avuto il tempo di dargli quando era ancora in vita. Certo è un rapporto ambiguo, da uno come Carpenter cosa vi aspettavate? Ma è anche un rapporto logico e sensato, che si conclude con il dono finale dello Starman che è un’ideale chiusura per l’arco narrativo di Jenny Hayden, anzi scusate “Jennyhayden”.
In tutto questo Carpenter ci ficca dentro gli inseguimenti, qualche momento messianico (la bella scena del cervo), ma anche umorismo, ad esempio, ci spiega come ogni dito di una qualunque mano umana, sia associabile ad un’espressione o una frase, tipo il dito medio serve per dire “In culo a Zia”, mentre con il pollice puoi dire “Alla grande” e così via. E malgrado il fatto che la produzione abbia chiesto a Giovanni di sforbiciare le parti più palesemente politiche della trama, anche nel montaggio finale del film è impossibile non notare la VELATISSIMA critica di Carpenter ai militari, alla xenofobia, al governo, insomma tutta roba che quel ribelle del Maestro non si nega mai… E lo chiamano film minore questo, tzè!
Nel finale si fa tutto un po’ malinconico e anche se le musiche (per una volta) non sono composte da Giovanni, il tema musicale è comunque bellissimo e molto efficace, ti resta in testa per giorni anche dopo la visione, come il catrame fresco sotto la suola delle scarpe. Il finale non ha nulla a che vedere con le solite chiusure nerissime e ciniche tipiche del cinema di Carpenter, ma non riesco a non vederci comunque tratti di coerenza, è un po’ come se Giovanni si sforzasse di dire: “Ok, se proprio devo trovare qualcosa di buono nella razza umana…” e fa completare la frase per bocca dello Starman, che conclude dicendo: “Voi umani date il meglio nelle situazioni peggiori”. Un messaggio sensato e mi piace pensare che sia davvero così.
Il casting è la marcia extra del film. Jennyhayden ha gli occhioni di Karen Allen, ora, se nelle vostra vita di cinefili, non avete mai perso la testa per questa qui, le cose sono due: o non avete un cuore, o non avete mai visto questo film, o “I Predatori dell’arca perduta” dove tra baci sul gomito e gare di bevute, ancora oggi la considero una delle poche che mi ha fatto girare la testa. E’ un peccato che abbia fatto così pochi film in carriera, questo è uno dei suoi migliori, senza ombra di dubbio. Come tanti personaggi femminili Carpenteriani riesce ad essere, allo stesso tempo fragile, ma sempre con un asso nella manica, divertente, romantica e diciamolo: pure molto bella.
Sono anni che dico che pistola alla testa, Goffredo Ponti potrebbe essere il mio attore preferito, sicuramente uno dei migliori del pianeta e su questo non si parte nemmeno a discutere, la sua prova in questo film è il più classico degli scandali da Oscar non assegnati, con tutto il rispetto per il grande F. Murray Abraham che quell’anno vinse per la sua ottima prova nei panni di Salieri in “Amadeus”.
Bridges riesce in maniera sistematica e scientifica a recitare tutte le espressioni fisiche e facciali nel modo più sbagliato possibile, guardatelo quando muove le sopracciglia, sembra che lo stia facendo per la prima volta, oppure quando impara il concetto di “Un po’” e Jennyhayden lo accompagna con il gesto della mano fatto con pollice e indice, da quel momento in poi, fino alla fine del film, Bridges ripeterà sempre lo stesso gesto ruotando la mano, come per cercare l’angolo giusto.
Goffredo Ponti per prepararsi alla parte, si è armato di binocolo e ha fatto parecchio birdwatching (storia vera), ispirandosi al movimento della testa dei pennuti per il suo personaggio, nel film lo vediamo esibirsi anche nella mossa tipica dei personaggi Carpenteriani: la testa piegata di lato, come faceva Mike Myers, o il mio cane quando cerca di capire quello che gli dico.
Guardi Jeff Bridges e hai la sensazione di stare guardando una creatura che si muove sotto la pelle che indossa come un abito, un vestito palesemente non adatto alla sua struttura fisica, che cerca di adattare imitandone i movimenti, tante volte nella mia vita ho parlato bene di Jeff Bridges, ma riuscire a rendere credibile un essere alieno con sembianze umane, richiede un talento fuori da questo mondo.
Se mio padre, che odia i film dell’orrore, va comunque pazzo per La Cosa, allora “Starman” è l’unico film di Carpenter che persino mia madre è riuscita a guardare commentando: “Bello questo film, è carino”. Che è l’equivalente materno di quando io, in preda all’entusiasmo tiro giù un commento chilometrico.
Questo è il valore di “Starman”, un film minore, nel senso che a qualche povero sfortunato, che nella sua vita non dovesse aver mai visto un film di Giovanni Carpentiere (poveretto…) di certo non indicherei questo come il più rappresentativo del lavoro del Maestro, ma è sicuramente il titolo che mette maggiormente in chiaro quanto Carpenter sia un autore, uno che ha sempre fatto film di genere, perché semplicemente gli piacevano, senza mai sentirsi intrappolato da un’etichetta (come il grande Wes Craven, ad esempio) e che anche alle prese con un soggetto lontano dai suoi soliti standard ha saputo dare il meglio, poi lo ammetto candidamente: ogni volta che posso, io “Starman” me lo rivedo di gusto, se tutti i film minori di una filmografia fossero così, ci sarebbe da leccarsi le dita.
There’s a starman waiting in the sky…
Prima che tornino sul loro pianeta, passate a trovare I ragazzi de Il Seme Della Follia – FanPage italiana dedicata a John Carpenter, che ospitano questo alieno e i suoi strambi commenti sul Maestro.
Sepolto in precedenza venerdì 15 aprile 2016
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