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Superman II (1980): fletto le ginocchia davanti a Zod e sono nel vuoto

Dicono che l’appetito vien mangiando, penso che valga anche per lo scrivere (sarà per questo che ho fame?), quindi partendo dai festeggiamenti per i quarant’anni di Superman al cinema, perché non organizzare una piccola rubrica volante con citazione musicale? Benvenuti a: I am, I am, I am Superman!

Vi giuro, pistola alla testa, se fino a qualche giorno fa, mi avessero chiesto quale dei due film è migliore tra Superman e “Superman II”, non avrei avuto nemmeno un dubbio, avrei indicato il secondo capitolo tutta la vita, con gli occhi bendati e le mani dietro la schiena, non so come avrei fatto ad indicare il film con le mani dietro la schiena, ma qualcosa mi sarei inventato. Da bambino guardavo i film di “Big Blue” senza soluzione di continuità, non ho mai avuto la vhs, nemmeno registrata dalla televisione, tutti i film, fino al quarto capitolo, venivano replicati così spesso che non ne avevo proprio bisogno. Nel tempo mi sono convinto che “Superman II” fosse il migliore della serie, probabilmente per il suo impatto sulla cultura popolare, Sam Raimi lo ha citato più volte per il suo “Spider-Man” (il secondo film in particolare) e poi, beh, «Inginocchiati davanti a Zod!» la frase mito di tutti i Nerd, l’hanno citata tutti, persino Jay & Silent Bob!

Non so come si dica in Kryptoniano “Bitch, please”, ma il senso è quello.

Eppure, rivedendo il film in vista del compleanno di Big Blue, la differenza di qualità tra i due titoli balza agli occhi, ero rimasto fossilizzato ai ricordi infantili, ora, invece, sono certo che Superman è un film molto migliore del suo seguito, in questo forse hanno influito anche le enormi difficoltà che il film ha avuto in fase di produzione.

Il primo capitolo di Richard Donner non è solo stato un enorme successo al botteghino, ma un vero e proprio evento cinematografico, i produttori Alexander e Ilya Salkind sono stati incredibilmente avanti rispetto ai loro tempi, concedendo a Donner di girare i primi due film in contemporanea, questo spiega perché i tre Kryptoniani cattivi, avversari di Superman in questo film, comparivano già nella prima scena del film del 1978. Un’innovazione arrivata ben prima di Ritorno al futuro parte II e Parte III, a ben guardare, anche quando Peter Jackson, “Il signore degli anelli” poteva giusto leggerlo scritto da Tolkien.

Per completare la post produzione di Superman, Richard Donner ha dovuto per forza di cose interrompere la produzione del secondo capitolo, che tutti giurano e spergiurano, a partire dai produttori, Donner avesse già diretto per un buon 75 per cento (storia vera), motivo per cui tutti gli attori del primo capitolo tornano anche nel secondo, tutti, tranne uno: Marlon Brando.

«Verrai contattato dai miei legali»

Del quantitativo vergognosamente esagerato di ex presidenti stampati su carta verde che Brando si è portato a casa per recitare pochissimi minuti nel primo capitolo abbiamo già parlato. Quando il buon Marlon ha scoperto che era in produzione un secondo film, in cui sarebbe comparso ancora meno e, per altro, in scene che aveva già girato ha fatto la cosa più logica e sensata del mondo: ha intentato una causa milionaria alla produzione, chiedendo altri soldi (storia vera). Non arrivi a comprarti un’isola tutta tua se non sei piuttosto attaccato al soldo, mettiamola così.

Ma quando non piove grandina, perché dopo aver perso Brando, il film perde anche il regista Richard Donner, malamente licenziato dai produttori, per un mancato accordo sul solito motivo: tempi di produzione e soldi. Un cambio in stile cestistico esce un Richard ne entra un altro, Richard Lester che, forte di un curriculum di tutto rispetto (è il regista di “Robin e Marian” del 1976) porta subito il suo contributo alla causa: “Via tutto quell’approccio serio ed epico voluto da Donner, facciamo qualcosa di più comico per il pubblico, che ricordi le origini fumettistiche del personaggio”. A distanza di anni Donner ha definito tutto il girato e le modifiche apportate dal suo collega, come delle pugnalate al cuore (storia vera).

I produttori del film, e Richard Lester al centro, sotto la “fototessera” di Christopher Reeve.

Fin dai titoli di testa si capisce che il vento ha girato, i titoli di Superman sono un’overture epica e grandiosa, ancora oggi tra i più grandiosi mai visti al cinema, anche grazie al tonante tema di John Williams che il grande compositore già impegnato con L’impero colpisce ancora e Raiders, concede per lo meno di utilizzare al suo sostituto Ken Thorne. Peccato che la grandezza di quei titoli si traduca subito in noia, quando tutto il tema musicale procede sulle immagini del primo capitolo, utilizzate come riassunto delle puntate precedenti, una soluzione un po’ pavida per qualcuno che è stato così futurista da voler girare due film in contemporanea che annoia ancora prima dell’inizio ufficiale del film.

Per mettere in scena un po’ d’azione Richard Lester aggiunge alla sceneggiatura originale l’attacco terroristico a Parigi che, come sottolineato a chiare lettere dai dialoghi tra Jimmy Olsen e Perry White, è quella in Francia, non quella nel Texas, il tipo di informazione che è meglio specificare al pubblico americano, a cui il doppiaggio di uno strambo Paese a forma di scarpa (il migliore del mondo!) contribuisce, facendo parlare tutti i poliziotti francesi come l’ispettore ispettore Clouseau della pantera Rosa… Sul serio, se ne avete la possibilità cercate di vedere questo film in originale, anche perché la prova già grandiosa di Terence Stamp, risulta ancora più magistrale con la vera voce dell’attore.

«Vieni in California Francia, vedrai che bello, ci divertiremo da matti» (Quasi-cit.)

Siccome Parigi rischia di diventare un cratere nucleare, Lois Lane (Margot Kidder) è già sul posto a caccia dello scoop della vita, un cambio d’abito e un volo sull’atlantico di pochi secondi dopo e arriva anche Superman (il grande Christopher Reeve) che sventa la minaccia sparando la bomba atomica nello spazio con tutto l’ascensore della Torre Eiffel, per essere sicuro di non sbagliare. L’esplosione libera dalla loro gabbia, quella specie di specchio svolazzante, i tre Kryptoniani intravisti nel primo film, ancora leggerissimamente incazzati con Jor-El per gli anni di convivenza forzata in piccoli spazi e pronti a vendicarsi con la sua progenie. Sul perché con tutto lo spazio in cui vagare, siano finiti a fluttuare attorno al pianeta che ha adottato proprio lo svolazzante figlio di Jor-El non è chiaro, è chiaro, invece, che i tre personaggi sono uno meglio dell’altro: il gigantesco, fortissimo e minaccioso Non (Jack O’Halloran Antonino Cannavacciuolo), la conturbante Ursa (Sarah Douglas) e il diabolico Generale Zod (Terence Stamp… Degli applausi sarebbero graditi).

I severi giudici di “Master Chef: Krypton” (a destra Cannavacciuolo pronto ad elargire pacche).

“Superman II” si trova spesso ad arrancare, tutta questa lungimiranza nell’introdurre gli avversari del secondo capitolo nella prima scena del primo, si schianta di faccia contro il fatto che con Brando disponibile a collaborare solo tramite i suoi legali, il film debba ripiegare sulla madre di “Supes”, Lara Lor-Van (Susannah York) qui rappresentata nel ruolo della mamma single che ha spedito il suo figliolo nello spazio e che improvvisamente diventa la voce in stile navigatore GPS dei cristalli all’interno della Fortezza della solitudine, per di più, costretta a spiegare per filo e per segno dall’evaso Lex Luthor (Gene Hackman) che esistono Kriptoniani malvagi ancora incazzati e ribadire il concetto che anche loro, esposti ai raggi del nostro Sole, potrebbero sviluppare gli stessi poteri: eh, ma allora ditelo che volevate proprio spedirli in esilio qui da noi, come gli Inglesi facevano con l’Australia!

Uso l’espressione sorvoliamo, perché è così che Luthor prima evade dalla prigione e poi raggiunge la Fortezza, volando con una mongolfiera, ecco, appunto… Sorvoliamo.

«Sorvola Cassidy, ma scommettiamo che più avanti nel post
tornerò a prendere possesso di questa Bara Volante?»

“Superman II” ha dei costanti problemi di tono, è chiaro che si tratta di un film tirato per la giacchetta (o per il mantello) dalla volontà di epico realismo di Donner e le trovate buffe e leggere inserite dentro da Lester, questo spiega perché i tre Kryptoniani cattivi che mettono alla prova i loro nuovi poteri, ne fanno di tutti i colori, rubano spille e distintivi (anche dalle tute degli astronauti sulla Luna se serve), arrostiscono serpenti mordaci, camminano sulle acque e, in generale, si rendono protagonisti di una serie di scenette comiche quando mettono a ferro e fuori un paesello pieno di “Redneck”, regalando svariati momenti degni di un film di Bud Spencer, il tutto mentre Superman bellamente li ignora, impegnato sul versante amoroso con Lois Lane, del tutto comprensibile visto che la giornalista è fatta a forma di Margot Kidder, però porcaccia miseria Nembo Kid! Mentre tu ti rotoli in lenzuola fatte di fogli d’alluminio come se fossi un pollo arrosto, questi tre stanno devastando il pianeta!

«Quando sono con te mi sento protetta come un pollo arrosto nella stagnola»

Com’è possibile che questo film che ogni due minuti cambia tono, nei miei ricordi fosse il più bello di tutta la saga? Ho voluto indagare, anche per togliermi uno sfizio, non ci ho perso molte ore di sonno, lo ammetto candidamente, ma la curiosità di vedere la famigerata “The Richard Donner cut” di questo film mi ronzava nella testa, quale occasione migliore di questa?

Sì, perché “Superman II” è stato un grosso successo commerciale, terzo miglior incasso mondiale del 1980, però Donner ci è rimasto malissimo, solo nel 2006 con l’uscita in sala di “Superman Returns” (prossimamente in volo su queste Bare) e con la fine della lunghissima battaglia legale iniziata da Brando, Donner ha potuto portare in scena la sua versione del film, anche se, badate bene, si chiama “The Richard Donner cut” anche se è stata montata da Michael Thau, sulla base della primissima sceneggiatura pensata da Donner per “Superman II”.

Non ditemi che non ho fatto i compiti per questo post.

Nei piani originali del buon Richard, l’esplosione del missile nucleare alla fine del primo capitolo avrebbe dovuto liberare i Kryptoniani avversari del secondo e anche la tanto discussa scena del pianeta fatto ruotare al contrario che riavvolgeva su sé stesso il tempo, era prevista come finale ufficiale del secondo film, ma è chiaro che se anche Donner fosse rimasto a bordo, non avrebbe potuto giocarsi due volte lo stesso trucco, quindi il famigerato “bacio magico” che fa perdere la memoria a Lois Lane, è di certo farina del sacco di Lester e prima di dire che è una trovata cretina (SPOILER: Lo è) bisogna dire che Big Blue ha quel potere anche nei fumetti, malgrado sia tra i suoi talenti minori ben poche volte utilizzato e tenuto ben nascosto dagli autori che hanno scritto le sue storie negli anni.

Clark illustra un altro suo potere secondario ad un’interessata Lois.

Non vi è traccia, invece, dell’altro strambo potere sfoggiato da Superman in questo secondo capitolo, parlo della famigerata scena in cui Big Blue strappa uno strato di cellophane dal logo sul suo petto, come se fosse uno degli strati sulle visiere del casco dei piloti di formula uno e lo utilizza lanciandolo, per intrappolare Non Antonino Cannavacciuolo. Probabilmente ricordate la parodia fatta da “I Griffin” di quella scena, ma nella mia indagine, ho voluto chiedere conferma ai massimi esperti, sia Arcangelo di Omniverso che Emanuale direttamente da The reign of Ema hanno confermato che Superman ha utilizzato il super-cellophane solo in questo film.

Tipo la tenda di Decathlon che si apre da sola quando la lanci.

Anche dopo aver visto la “The Richard Donner cut” posso dire che il mio parere del film non è cambiato, bisogna dire che potendo contare ancora sulla presenza di Marlon Brando, la versione di Donner gestisce molto meglio la parte della perdita e del recupero dei poteri da parte di Superman che nella versione ufficiale di Lester, avviene praticamente fuori scena. Eppure, è chiaro che la “The Richard Donner cut” non è altro che un adattamento scena per scena, della prima bozza di sceneggiatura, non lo si può nemmeno considerare un film, visto che alcune scene per seguire fedelmente quanto sceneggiato, utilizzano il girato di prova degli attori, con un cambio di tono che ti porta fuori proprio dall’atmosfera del film, insomma: se avete voglia di guardare questa versione fatelo pure, ma più che un film, sembra un lungo contenuto speciale, un “making-of” a cui è mancata una revisione, perché in questa versione Superman compare sì e no dieci minuti.

Ecco perché Richard Lester ha dovuto improvvisare inserendo l’attentato terroristico Parigino, ma anche uno dei miei momenti preferiti da bambino che rivisto con i miei vecchi e stanchi occhi adulti, sembra una critica ai genitori disattenti (e non esistevano ancora gli smartphone allora!), parlo ovviamente della scena alle cascate del Niagara.

«No vorrà raccontare ancora quella storiella scema delle cascate del Niagara spero!», «Temo che invece ci toccherà sentirla ancora Lois»

Lester ha optato per qualcosa di un po’ più spettacolare, giusto per dare a Superman qualcosa da fare mentre Lois Lane scopre la sua identità segreta, Donner aveva gestito questa rivelazione con un dialogo tra i personaggi e un piccolo trabocchetto (“Ed io che ho detto, tracobbetto” quasi-cit.) da parte di Lois per incastrare Clark, mentre Lester ha preferito giocarsi bambini in caduta libera. Sta di fatto che quando mio padre ed io ci siamo trovati in visita alle cascate del Niagara, stavamo con il naso in alto, chiedendoci se Superman era in circolazione a garantire la sicurezza dei visitatori (storia vera).

Rivedendo entrambe le versioni del film, ho notato pregi e difetti, l’idea che mi sono fatto è che se Donner fosse rimasto a bordo, la sua versione del film avrebbe almeno mantenuto il tono epico del primo capitolo, ma mi sembra piuttosto chiaro che “The Richard Donner cut” è la versione di Donner solo nel titolo, i film sono fatti di revisioni, di soluzioni modificate per far funzionare meglio la storia, quindi no, nemmeno questo gustoso esperimento mi ha aiutato a capire come mai era così convinto che “Superman II” fosse un gran film.

Mi stai suggerendo di provare con l’ipnosi Antonino?

Allora forse la soluzione del mistero va trovata in quei momenti che ricordavo così bene, che se Richard Donner, colui che ci ha fatto da balia nel mondo dell’avventura da piccoli e svezzato da più grandicelli, fosse rimasto a bordo avrebbe reso ancora migliori, ma che comunque funzionano anche al lavoro di quel vecchio volpone di Richard Lester.

Sarà anche vero che Superman lascia per troppo tempo campo libero ai Kryptoniani, anche di scolpire i loro volti sul monte Rushmore e che decide di rinunciare poi di riprendersi i suoi poteri nel giro di cinque minuti netti di pellicola, però la scena della tavola calda, del bullo camionista che stende Clark con un pugno mostrandogli il colore del suo sangue per la prima volta fa ancora la sua porca figura, è talmente efficace che Sam Raimi non ha fatto altro che rifarla, solo molto più lunga e scritta meglio, con i poteri che fanno cilecca in Spider-Man 2 e ricominciano a funzionare quando le motivazioni si fanno sentire.

«Non ho tempo di sanguinare» (Cit.)

Quelle motivazioni per Big Blue hanno un nome e un grado, sì, parlo di colui che funziona in tutte le versioni del film, diretto da Lester, da Donner, doppiato, in originale (ancora di più!) il Generale Zod di Terence Stamp!

In questo film il Zod fa fare ginnastica a mezzo mondo, entra nella sala ovale ed intima a tutto lo staff del presidente di inginocchiarsi nemmeno fosse il più inflessibile dei personal trainer, se ti tocca ripetere la stessa battuta fino allo sfinimento «Kneel before Zod!» chiunque correrebbe il rischio di diventare ridicolo… Chiunque, ma non Terence Stamp che in questo film ha una presenza scenica incredibile. Oddio Terence Stamp ha SEMPRE una presenza scenica incredibile, è un attore capace di prendere il controllo del grande schermo anche se lo metti in mezzo la deserto australiano vestito da donna (ogni riferimento a fatti, cose, persone o capolavori come “Priscilla la regina del deserto” sono puramente voluti), figuriamoci quando interpreta uno con i poteri di Superman, ma con la volontà di dominare il mondo e la forza e il carisma per farlo!

«Ti hanno mai detto che sei molto bravo e anche bello?», «Si, ma tu continua a ripetermelo»

L’assoluta prova della strapotenza di Terence Stamp in questo film? Il fatto che Gene Hackman finisca per fare l’Otis della situazione (infatti Otis sparisce dal film, con buona pace di Ned Beatty), con un ruolo da continuo voltagabbana, capace di prendersi lo schermo solo nella scena in cui per il suo contributo ai Kryptoniani, chiede in cambio di avere l’Australia che, per altro, mi rendo conto continua ad aleggiare su questo post, forse perché Luthor lo aveva capito che la Terra è l’Australia della galassia, sicuramente lo è per Krypton!

«Cosa ti avevo detto Cass? Questa Bara è mia!»

Ecco perché lo scontro finale a Metropolis prima e nella Fortezza della solitudine dopo, funzionano ancora così bene, oltre ad essere un trionfo di effetti speciali davvero ben fatti, provenienti da un’era antecedente alla CGI a tutti i costi, la posta in gioco per la storia è davvero alta, quello scontro e il continuo tuonare di Stamp «Kneel before Zod!» sono i momenti rimasti impressi a fuoco nella mia mente, insieme al «Buongiorno signor presidente, scusi se sono stato via per un po’, non succederà più» pronunciato in volo sopra il tetto (ammaccato) della Casa Bianca, l’ammenda del più grosso Boy Scout della galassia.

«Parola di lupetto spaziale»

Insomma, “Superman II” poteva essere il miglior film su Big Blue di sempre, nei miei ricordi lo era, ma in nessuna delle versioni esistenti del film questo secondo capitolo riesce ad essere coeso, epico ed insieme intimo come il primo capitolo. Mi ero fatto una “The Cassidy cut” che esisteva solo nella mia testa, ma sono sicuro di una cosa: “Superman III” e “Superman IV” erano pessimi davvero, bisogna solo vedere quanto, ma lo scopriremo nei prossimi capitoli di questa rubrica. Fletto i muscoli e sono nel vuoto… Ah no, scusate! Su, su e via! Non perdetevi la locandina originale d’epoca di questo film, direttamente dalle pagine di IPMP!

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