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Superman – Le storie di Alan Moore (1986): che cosa è successo all’Uomo del Domani?

Questa rubrica dedicata a Superman mi ha fatto venire voglia
di recuperare qualche fumetto del personaggio, nella mia collezione non ne ho
molti, ma questo volume contiene un paio di storie di una certa importanza.

Con il successo globale di “Watchmen” nel 1986, è scattata
la caccia a tutte le storie scritte da Alan Moore, anche le più sconosciute,
dai suoi primi lavori giovanili, fino a titoli un po’ più famosi, come il suo “Capitan
Bretagna” pubblicato per Marvel UK. L’ultimo capitolo di “V for Vendetta”
pubblicato a puntate, stava per uscire proprio nel 1985, e lo stesso possiamo
dire per un’altra pietra miliare come Miracleman,
la cui pubblicazione è stata ben più che travagliata, quindi nel 1985 Moore non
era ancora considerato il Mago di Northampton che tutti quanti conosciamo
ancora oggi.
Proprio nel 1985, malgrado l’impegno a rivoluzionare il
mondo del fumetto per sempre, con il suo ciclo di storie di “Swamp Thing”,
Moore ha trovato il tempo di scrivere per la Distinta Concorrenza il numero 11
di “Superman Annual”, la prima delle tre storie ristampate in un elegante
volume dalla Planeta, due delle quali ancora oggi, sono considerate tra le
migliori mai scritte sul personaggio se non addirittura, la storia definitiva
dell’uomo d’acciaio.
Per l’uomo che aveva
tutto
Non bisogna aspettarsi i contenuti caustici e eversivi di
lavori come “V for Vendetta” anche se alle matite troviamo lo stesso Dave
Gibbons di “Watchmen”, che oltre al solito talento di riempire le vignette di
un’infinità di dettagli fondamentali per impreziosire la storia, qui sfoggia
già una perfetta sintonia con Moore.
“For the man who has everything” è un omaggio alla Silver
Age del fumetto di super eroi, Batman, Robin e Wonder Woman (che anche qui
Moore riesce a maltrattare… Le parole dell’innamorato non ricambiato Grant
Morrison, riguardi ai lavori di Moore, hanno fatto presa su di me) sono
rappresentati nel modo più classico possibile, al pari di Superman, che nella
storia compie gli anni. Cosa regali ad un uomo che ha tutto come Superman? Gli
porti il gelato? Considerando che vive nella Fortezza della solitudine al polo,
non mi sembra il caso.

Anche una pianta in vaso, direi che non è troppo indicata vista la situazione.

Mongul, uno degli storici avversari di Big Blue, che alle
elementari veniva preso per i fondelli anche dal bidello per via del nome, pensa
di regalare al suo nemico una pianta allucinogena, che come un alieno parassita
si attacca ad un organismo ospite, facendolo cadere in coma e regalandogli
dolci sogni. Il malcapitato si ritrova all’interno di un’immaginazione indotta,
in cui il suo più grande desiderio si è esaudito ed è possibile essere davvero felici.
Un espediente semplicissimo, perché è prerogativa di quelli bravi davvero far
sembrare facile qualcosa che non lo è, come azzeccare in pieno la psicologia di
Kal-El, mossa che a Moore riesce alla perfezione.

Cosa sogna l’uomo più potente del mondo? In fondo Superman
può volare, è super forte ed indistruttibile, cosa può desiderare più di così?
La storia che si legge velocissima, grazie anche ad un ottimo modo di gestire
il passaggio tra la realtà e la parte onirica sognata da “Azzurrone”, ci svela
che il sogno di Superman è di essere normale, anzi, proprio ordinario, verrebbe
da dire “Man” più che “Superman”.

Superman in realtà sogna di essere “Medioman”.

Nel sogno Krypton non è esplosa, Jor-El un vecchio testone
creduto pazzo da tutti, come quelli che blaterano di scie chimiche o che dicono
che la terra è piatta, mentre Kal-El è uno qualunque, padre di famiglia si, ma
con un lavoro normalissimo da Geologo. Leo Ortolani ne sarebbe orgoglioso.

“Per l’uomo che aveva tutto” sarebbe già molto riuscita di suo
così, ma è con il resto delle storie del volume che trova un senso anche
maggiore.
Che cosa è successo
all’Uomo del Domani?
Nel settembre del 1986, il mega evento fumettistico “Crisi
sulle Terre Infinite” sta per piallare l’universo della DC Comics per sempre,
una pulizia di primavera della “Continuity” di trame e personaggi, che avrebbe
lasciato il passo alla nuova serie “Man of Steel” di John Byrne, restava giusto
il tempo per un ultimo saluto, una storia conclusiva per salutare per sempre le
due vecchie testate dedicate a Big Blue.
Il capo della Distinta Concorrenza, Julius Schwartz per
questa ultima storia di Superman, voleva Jerry Siegel, uno dei due creatori del
personaggio, lo stesso che aveva ceduto i diritti in cambio di 130 dollarazzi e
una stretta di mano (storia vera). Ma per via degli stessi problemi di
sfruttamento la collaborazione con Siegel salta, a contribuire anche il fatto
che Alan Moore, pare si sia arrampicato sulla scrivania di Schwartz sbraitando
qualcosa tipo: «Falla scrivere a me! Falla scrivere a meeeeee!». Storia vera. O
almeno credo, con Moore di mezzo le storie tendono a ricordarci la loro natura
immaginaria.
Ci si accorda sul disegnatore con ben pochi dubbi, deve
essere per forza Curt Swan (con le chine di un’altra leggenda come George
Pérez), colui che è da sempre considerato IL disegnatore di Superman, tanto da
disegnare varie guide per disegnatori su come ritrarre il personaggio, salvo poi venire ostracizzato per decenni
dalla Distinta Concorrenza, ma questa è un’altra (brutta) storia.
La storia divisa in due parti, esce sulle testate gemelle “Superman
n. 423” e “Action Comics no. 583” e riesce ad essere allo stesso tempo un
omaggio alla Silver Age del fumetto americano, ma anche il suo canto del cigno,
per molti ancora oggi viene considerata la storia definitiva di Superman.

La copertina originale, dell’ultima storia di Big Blue.

“Whatever happened to the man of tomorrow?” come ci ricorda
la prima didascalia, è una storia immaginaria pensata per dire la parola fine
al personaggio. Vi ho già detto che quelli davvero bravi fanno sembrare tutto
facile vero? Ecco, proprio per questo “Che cosa è successo all’Uomo del Domani?”
è una trama semplicissima ed efficace ad una prima occhiata, che però al suo
interno contiene svariate chiavi di lettura notevoli che però non
appesantiscono di un solo grammo la lettura.

Un giornalista del Daily Planet intervista Lois Lane, no
scusate! Lois Elliot, perché ormai la signora si è sposata con il brizzolato
meccanico di nome Jordan Elliot. Le intenzioni del giornalista sono quelle di
raccogliere la testimonianza diretta di Lois, riguardo agli ultimi giorni della
vita dell’uomo d’acciaio, scomparso ormai da diversi anni.

Un vecchio espediente per iniziare una storia: L’intervista del giornalista.

In pochissime pagine, ovvero rispettando esattamente lo
stile dei fumetti della Golden e della Silver Age, il numero di eventi è
altissimo e drammatico, persino gli avversari di Superman, da sempre
considerati più dei piantagrane che devi veri nemici, riescono a fare più danni
della grandine. Bizzarro diventa un assassino e poi muore malamente, mentre Il
Burlone e il Giocattolaio, riescono involontariamente a far rivelare l’identità
segreta di Superman in mondo visione, e tutto questo accede nel giro di due
pagine!

Per una storia che si intitola “Che cosa è successo all’Uomo
del Domani?”, bisogna prima di tutto capire cosa è successo ai suoi avversari,
lo stesso Superman preoccupato nel racconto si chiede, se i piantagrane hanno
combinato tutto questo, cosa succederà quando torneranno anche gli assassini?
Gli assassini sono rappresentati dalla letale alleanza tra
Brainiac e Lex Luthor, mai più uniti di così (letteralmente!) un piano
criminale orchestrato anche da un altro storico avversario del personaggio, che
si traduce nell’ultima battaglia di Superman, un assedio alla Fortezza della Solitudine,
in cui “Azzurrone”, raduna amici e parenti nella speranza di poterli salvare
tutti.

I super criminali si uniscono, anche troppo!

Il bello di una storia d’assedio sta anche nella tensione
prima dello scontro finale, il tempo che scivola via prima della fine. Sottilmente
Alan Moore introduce il tema del tempo, suggerito fin dal titolo della storia,
quando Superman riceve la visita di alcuni suoi alleati dal XXX secolo, giunti
a portargli l’ultimo saluto nel giorno che la storia ricorderà per sempre come
l’ultimo della vita di Big Blue.

Ed è qui che Curt Swan può esibirsi in una splash page (una
vignetta che occupa tutta la pagina) che è entrata nella storia dei fumetti, un
momento così iconico da aver avuto la sua bella influenza sulla cultura popolare: Assediato dai nemici, Superman ha
un momento di super sconforto.

Curt Swan, arte su vignetta, 1986.

Non vorrei sembrare (troppo) l’Elijah Price di Unbreakable, ma questa tavola è
fondamentale perché è il momento esatto in cui l’eroe impeccabile, imbattibile
e perfetto della Golden e Silver Age incontra il revisionismo dei super eroi degli
anni ’80. Superman ritratto dal suo artista simbolo Curt Swan, fa qualcosa di
totalmente umano, qualcosa che ti aspetteresti vedere fare ai personaggi di “Watchmen”,
piangere, essere sconfortato, fragile. Il colpo di genio è utilizzare Krypto il
super cane, il simbolo delle idee un po’ bislacche e naif dei vecchi fumetti,
reagire davanti al suo padrone che piange, come farebbe qualunque altro
normalissimo cane.

Il passato dei super eroi e il presente revisionista che si
scontrano, in una sola opera Moore anticipa lo scontro tra realtà e trovate fumettistiche
che ha ispirato molto del lavoro del suo “amante respinto” Grant Morrison, ma
anche gettando qua e là spunti che sarebbero tornati buoni per tutti gli autori
che si sono cimentati successivamente con il personaggio. Anche perché dopo
questa storia, non è più stato concesso a Moore di avvicinarsi a Superman nemmeno
a distanza di sicurezza, infatti negli anni ’90 i suoi piani a lungo termine
per il personaggio, ha dovuto sfogarli sulle pagine di “Supreme”, un
personaggio fotocopia di Big Blue, creato apposta per la Image Comics.
Il super eroe classico, non tiene più il passo con il
realismo che sta per invadere, se necessario con la forza, le storie di super
eroi. Trovate come il giuramento di Superman di aiutare sempre senza mai uccidere,
risulta subito naif, impraticabile fuori dalla finzione di un fumetto, ed ecco
perché dopo aver ucciso Mxyzptlk, anche se costretto, Superman sceglie
idealmente di suicidarsi con la Kryptonite oro, per aver infranto il suo stesso
giuramento. A ben pensarci Moore concede al suo protagonista, quello che ai
personaggi di fumetti (specialmente di successo) non verrà concesso mai, ovvero
morire.

Alan Moore infrange l’ultimo tabù di un personaggio dei fumetti di successo.

Ma il bello della storia è come Alan Moore riesce a
prenderci sottilmente per il naso, nel finale mette in dubbio anche il ruolo di
narratore di Lois La… Elliot, per altro ricongiungendosi idealmente a “Per
l’uomo che aveva tutto”, e a ben pensarci, anche la scena del carbone
trasformato in diamante di Superman III.
Niente male per una storiella che ad una prima occhiata si legge facile facile!

A concludere il volume, troviamo anche un incontra tra
Superman e Swamp Thing ben fatto ma non fondamentale per nessuno dei due
personaggi, e sicuramente non del peso specifico delle due storie precedenti.
Più che di quest’ultimo racconto, preferisco cercare di arrivare alla mia frase
preferita di Alan Moore di sempre.
In risposta ad alcuni fan, delusi dal fatto che “Che cosa è
successo all’Uomo del Domani?” sia da considerarsi una storia immaginaria di
Superman, non parte del canone perché cancellata dall’evento “Crisi sulle Terre
Infinite”, Moore con il pragmatismo di chi conosce la materia alla perfezione e
con quella didascalia iniziale che parlava proprio di “storia immaginaria”, ci
ha insegnato che non ha senso lamentarsi se questa o quella storia è immaginaria,
non lo sono tutte?
Vi ricordo al rubrica della Bara Volante dedicata al nostro amico “Azzurrone”.

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