Ormai dovreste saperlo, anche se vivo nella città dove sono ambientati alcuni dei suoi film migliori, non sono mai stato un Argentiano di ferro, ma la notizia di un remake di un suo film, e nemmeno di uno qualunque, ma uno dei suoi migliori come Suspiria, non può che destare attenzione, anche considerando quanto Argento sia protettivo nei confronti delle sue opere.
A dirla proprio tutta, penso di aver visto tutti i film sbagliati di Luca Guadagnino, nessuno mi ha particolarmente mandato giù di testa, e no, non ho visto nemmeno “Chiamami col tuo nome” (2017), perché boh, non mi ispirava granché, anche se metà di quelli che conosco che lo hanno visto lo amano, e l’altra metà sbuffa facendo spallucce. Insomma una versione moderata di quanto accaduto con questo remake, accolto con un numero uguale di urla di “CAPOLAVORO!” e di “CAGATA PAZZESCA!”, un po’ come accade con tutti i film nell’era di Internet direte voi? Si, ma questa volta un po’ più delle altre.
Con le mie lacune (soprattutto mentali) e i miei gusti non schierati, ora che ci penso forse mi ritrovo nella condizione ideale per vedere questo film, cosa che in effetti ho anche fatto (altrimenti di che starei qua a scrivere?) e siccome nei 152 minuti di durata, questo “Suspira” ha dentro un sacco di roba, ma proprio tanta, io inizio facendo il giro largo, ovvero dalle reazioni.
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Uno stimato psicologo (ciao Tilda!) studia le reazioni a questo film. |
Si lo so, quando uno, tipo che so, io, prova a buttare giù qualcosa di sensato su un film, i commenti in rete dovrebbe proprio ignorarli, ma per una volta mi torneranno utili per mettere in chiaro un paio di cosette, a partire dalla questione remake.
Ne siamo sommersi, l’andazzo lo conoscete, il pubblico ha preso la brutta abitudine di premiare al botteghino solo titolo conosciuti, e chi produce giusto quelli sforna. Il sole non fa in tempo a calare che spuntano come funghi notizie di remake di questo o quell’altro film, il più delle volte sono operazioni inutili che non lasciano nessun ricordo (per fortuna!), altre volte peggio, versione sbiadite degli originali. Non odio i remake, uno (anzi due) dei miei film preferiti di sempre lo sono, quindi che senso ha lamentarsi di tutti questi film fotocopia, quando uno come Luca Guadagnino ha le palle di partire dal film di Argento, per tirare fuori qualcosa di quasi completamente diverso?
Quindi il remake uguale non va bene, il remake diverso nemmeno, anche perché sono volate polemiche sul fatto che, diverso per diverso, tanto vale non chiamarlo nemmeno “Suspiria”, qualcuno lo avrebbe prodotto comunque, perché dopo il successo di “Chiamami col tuo nome”, Guadagnino poteva fare qualunque cosa. Ma parliamoci chiaro, questo film è “Suspiria” a tutti gli effetti, ha una Susie che come Totò e Peppino, si divide a Berlino, ha le streghe, un cameo di Jessica Harper in un ruolo ed è persino ambientato nell’anno di uscita del film di Argento, certo, ha la parola “Suspiria” (e la relativa “S”) in un posto dove non ti aspetteresti di trovarla, ma davvero il pubblico è diventato così pigro da chiudersi a riccio davanti ad una pellicola che prova a fare qualcosa di diverso?
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«Di nuovo!? Io veramente avrei giù dato nel 1977, ho anche smesso di fare danza!» |
Il fanatico di cinema di genere in me, avrebbe voglia di nuclearizzare un’opera piena di difetti, che dura un’eternità, apre circa cinquanta sotto trame, qualcuna volutamente usata come specchietto per le allodole per il pubblico, molte altre invece, semplicemente le dimentica. In moltissimi momenti risulta «Didascalico! Letterario!» (Cit.) nel suo reiterare alcuni concetti più e più volte (il primo dei sei atti del film, con Chloë “spiegone” Moretz, che a furia di interpretare la figlia di Nicolas Cage in “Kick-Ass” ha ereditato il suo modo esagerato di recitare, ma senza il suo controllo), tanto da arrivare forse con il fiato corto, insomma i difetti abbondano, vengono via un soldo alla dozzina e qualcuno esce a caso dalla fottute pareti, un po’ come le musiche di Thom Yorke, che in certi momenti pare abbia composto la colonna sonora, guardando del girato proveniente da un altro film, per quanto risultano fuori luogo i pezzi del cantante dei Radiohead.
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Più vedo recitare questa ragazza e meno mi sembra brava, brutta roba l’adolescenza. |
Eppure Luca Guadagnino dimostra di aver capito qualcosa del capolavoro di Dario Argento, non so se sia vera la storia per cui da ragazzino, il nostro Luca rimase affascinato dalla locandina del film, esposta in qualche località di mare in cui era in vacanza, ma sta di fatto che la sua versione di “Suspiria” è il classico progetto della vita, che un regista sforna, subito dopo il film della consacrazione, lo sappiamo come sono fatti questo tipo di film (un esempio? Eccone uno!) e questa pellicola ne ha tutte le caratteristiche: Esagerata, sopra le righe, strabordante di tutto e destinata a far discutere.
Ho trovato la pellicola sicuramente più ingarbugliata del necessario, e anche un po’ troppo espositiva e didascalica per i miei gusti di fanatico del cinema di genere, il rischio con un film così, è quello di pensare di trovarsi davanti ad un regista con la puzza sotto il naso, che ha anche un mal celato schifo per il materiale originale, e decide di elevarlo con la sua aurea di autore. Questo spiega forse i cori di una buona parte di pubblico che si è sbrigata a dire che questo film “Non è horror”. Non credo che rivedrò il film a breve, anzi, è più probabilmente che vedrò altre dieci volte quello di Argento, prima di concedere anche solo un’altra occasione al film di Guadagnino, eppure nemmeno per un minuto, dei tanti (troppi!) che compongono questo film, mi sono mai trovato a pensare che il regista sia venuto già con la spocchia di chi vuole insegnare come si fa il cinema, cosa che non posso certo dire di The Neon Demon, tra questo film e quello di Refn è una non competitiva: A livello di personalità questo lo batte mille volte.
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Ah ho capito! Il Moonwalk di Michael Jackson, però in verticale. |
Si perché Luca Guadagnino ha un gran sprezzo del pericolo, che va di pari passo con uno spiccato senso del ridicolo, che in alcuni momenti controlla molto bene ed in altri beh, semplicemente gli scappa di mano, che parte proprio dall’ambientazione. Qualunque altro regista avrebbe sparato la fotografia, nel tentativo disperato di imitare Dario Argento, magari gettandosi su immagini ultra patinate (si Refn, sto parlando con te), mentre Guadagnino sposta la storia dalla Friburgo Argentiana, un luogo perfetto dove raccontare una favola nera, ad una Berlino estremamente realistica, plumbea, in un tentativo costante di togliere punti di riferimento allo spettatore, e in questo senso, la colonna sonora di quel cane sciolto di Thom Yorke, trova anche una sua logica.
La scuola di ballo dove si reca Susie Bannion (Dakota Johnson, che dopo quella porcata di “Cinquanta sfumature di grigio”, incredibilmente recita ancora), è un edificio austero, molto TeTesco che si trova accanto al muro di Berlino. Il 1977 di Guadagnino è quello delle sessioni Berlinesi dei dischi di David Bowie, un posto dove il terrorismo fa capolino, in tv e suoi giornali, interrompendo costantemente la narrazione dei personaggi principali, che potrebbero essere Susie, o forse Dr. Jozef Klemperer. Un posto dove probabilmente nei cinema, viene proiettato Suspiria di Dario Argento.
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«L’espressionismo tedesco è il grande amore della mia vita!» (Quasi-cit.) |
La finzione e la realtà vanno a braccetto e danzano per tutto il tempo, anche in quella scena dopo i titoli di coda, che credo abbia qualcosa di fortemente metacinematografico, se non fosse che dopo 152 minuti di fare e disfare, non credo di esserne poi così certo. Ma considerando quanto risulta (volutamente?) posticcio quel finale, mi viene da pensare che l’idea di Guadagnino fosse proprio quella di creare un passato fittizio (il 1977), per parlarci del Male, quello vero con la “M” maiuscola, ambientando tutto in Germania e fin troppo didascalico quindi strizzare l’occhio ai sopravvissuti dell’Olocausto, ma è anche evidente che la volontà si parlare di quello stesso male che ancora pervade il mondo, la frase «Why is everyone so ready to think the worst is over?», è piuttosto chiara in tal senso.
Ecco poi ci sarebbe il problema delle metafore, tante, così grosse da diventare METAFORONE, non tutte proprio originalissime, oppure del fatto che i 152 minuti del film hanno un ritmo da “calamento della palpebra” abbastanza spinto, dove i continui flashback horror della protagonista, corrono il rischio di passare per vezzi di un autore, troppo superiore alla materia che tratta, per fare dell’horror vero. Ecco perché come dicevo, tanti si sono sbrigati ad etichettare questo film come altro, però voi la scena di Olga che “balla” come la chiamate?
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Io nel dubbio, chiamerei un chiropratico. Uno bravo possibilmente. |
Nel suo essere così lunga e inesorabile nel suo non staccare mai la macchina da presa dando un po’ di pace a quella poveretta, sembra durare una vita, è anche un momento in cui sfido chiunque a non fare “AUCH!” durante la visione. Perché funziona così bene? Perché sembra realistica, malgrado pochissimi effetti speciali, l’attrice che interpreta il personaggio, Elena Fokina con il suo passato da ballerina, ha fatto un gran lavoro, anche se poi quella che si è stirata la schiena sul set, è stata Dakota Johnson (storia vera).
Da sola quella scena mi aiuta ad introdurre una questione che in “Suspiria” è centrale, pur mettendo da parte l’aspetto da favola nera di Argento, Guadagnino crea un’atmosfera malata che sembra davvero la continuazione degli incubi Argentiani, o almeno una loro riuscita interpretazione.
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In effetti questa scena, è abbastanza da incubo. |
Tutto questo tenendo conto di un numero esagerato di trame e sottotrame che hanno l’intento di partire da un 1977 fittizio, quanto l’atmosfera da favola nera di Argento, con i suoi colori sparati (come solo uno che in quel periodo, l’ispirazione la tirava su con il naso poteva immaginare) per arrivare a parlare del Male del passato, ma usandolo come metafora di quello del presente. Sapete come mi sento? Come quello che viene preso a sberle dalle mani velocissime di Terence Hill e poi si sente dire: «Non ci hai capito niente vero?».
Per essere un film che tanti hanno etichettato come “Non è horror!” quel finale è una discreta orgia Body-horror girata senza alcuna paura di passare per ridicoli, il problema forse è che il Sabba finale delle streghe, che in un film sulle streghe non può mancare, risulta clamorosamente anti-climatico, perché andiamo, le cose sono due: Luca Guadagnino ha speso tutti i soldi per sommergere Tilda Swinton sotto la gomma piuma della matriarca Helena Markos, oppure ha semplicemente sbracato malamente e la sua metaforona è scappata di mano, esplodendogli in faccia e arrivano a fine film con il fiato troppo corto.
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«Vorrei veder te a ballare conciato così Cassidy, poi vediamo se hai il fiato corto» |
Quello su cui è molto orientato Guadagnino, per non dire proprio ossessionato, sono i personaggi femminili, tanto che dopo quel finale così smarmellato, il regista si affanna per completare una sottotrama (una delle quarantadue) che potrebbe essere anche accessoria. L’inversione dei ruoli e dei sessi ha il suo peso, perché altrimenti non decidi di far interpretare l’uomo del film, quello che si sente in dovere, per via del suo cromosa Y di salvare le ragazze, ovvero il Dr. Jozef Klemperer a Tilda Swinton, che da sola fa reparto visto che interpreta tre personaggi, dai! Tra le cose che non ho capito di questo film, metteteci pure l’idea di base di usare come simbolo del femminismo una congrega di streghe, è la più banale delle trovate, oppure una scelta obbligata quando il film che hai deciso di rifare si chiama Suspiria? Questo dubbio lo lascio a voi.
Spero che vi sia chiaro, che a provare ad interpretare questo “Suspiria”, io mi sono anche impegnato, ma quello che mi preme di più è che se un film risulta più complicato di che so, “Dumbo”, dovrebbe essere un’occasione per farsi tirare dentro a questo gioco di specchi, troppo lungo “Didascalico! Letterario!” (cit.) quanto volete, ma anche con un certo fascino, nel suo essere sprezzo del pericolo (e del ridicolo).
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Costumi a gomitolo, che farebbero la gioia del vostro gatto. |
Eppure quello che un po’ turba il fanatico di cinema di genere che sta dentro di me, è che quando Luca Guadagnino omaggio l’originale, senza battere, ribattere (e strabattere!) sul METAFORONE delle psicanalisi, riesce a tirare fuori anche dei momenti horror mica male, purtroppo la stessa metafora arriva con il fiato corto in quel finale che infatti risulta posticcio, qualcuno dirà volutamente, altri invece ci rideranno sopra, perché in questo minestrone, elementi buoni ci sono, ma ognuno può pescare un po’ quello che vuole.
Reinterpretare in chiave Freudiana un classico del cinema Horror, avrebbe potuto essere interessante nelle mani di un regista un po’ più sicuro di sé (si, sto pensando al Darren Aronofsky di “Il cigno nero”), Guadagnino invece non so come, la butta in caciara e riesce a beccarsi meno vaffanculo di Madre! che al pari di METAFORONI didascalici, era più dritto e decisamente meno dispersivo.
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«Non ci voglio più stare in questa scuola di danza, voglio iscrivermi a basket» |
No, temo che Guadagnino abbia tirato su una grossa cortina fumogena, per apparire più brillante di quello che è in realtà, l’unica speranza è che questo film, posso ricordare al nostro Cinema, che là fuori è pieno di gente come me che ama il cinema di genere, ma sono seriamente preoccupato da quello che chi produce potrebbe capire. Cosa mi devo aspettare adesso Margherita Buy protagonista di un film di zombie diretto da Fernan Ozpetek? Ecco, questo è qualcosa che farebbe davvero paura!
Non condivido l’odio che ruota attorno a questo film, ci ho trovato dentro anche dei momenti Horror capaci di smontarti la mascella (espressione non scelta a caso), grazie ad un montaggio che fa venire voglia di togliersi il cappello per quanto è ben fatto, “Suspiria” è un film che non lascia indifferenti, quando capitano film così, bisognerebbe cogliere l’occasione invece di chiudersi a riccio dietro ad un “Fa cagare” oppure ad un “Tu non sei Dario Argentooooooooo!”, prima di correre a piangere nella propria cameretta.
Certo è, che non so bene che santi abbia in paradiso Luca Guadagnino, quando Lucio Fulci ha provato a terminare con lo splatter alcuni suoi film, ha spesso raccolto risate, non è colpa tua Luca, ma continua a piacermi il cinema di genere. Proprio per questo, sono felice che il regista abbia dimostrato di avere il cuore dal lato giusto, regalando a tutti un’occasione per usare un po’ i neuroni al cinema, le occasioni in cui è possibile farlo sono sempre meno, mi sono di certo goduto questo sinistro balletto, però la dico proprio fuori dai denti, caro signor Guadagnino non credo che tu ed io diventeremo mai migliori amici, ecco.