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Synchronic (2020): in viaggio nel tempo

Tendiamo a considerare il passato in quanto tale, qualcosa
di sicuro, quasi consolatorio, un luogo sicuro nel tempo in cui niente può
andare davvero male, poiché semplicemente tutto è già accaduto. Pensate a Marty McFly il più famoso viaggiatore del tempo cinematografico, per quanto pieno di
insidie per lui il 1955 era comunque la culla dello stile di vita americano.

Justin Benson e Aaron Moorhead hanno scritto e diretto la
loro ultima fatica con la precisa intenzione di smontare anche questa
sicurezza, nelle varie interviste rilasciate i due registi hanno messo in
chiaro le loro intenzioni e con “Synchronic” ci sono riusciti molto bene.

I paramedici di New Orleans, Dennis Dannelly (Jamie Dornan)
e Steve Denube (Anthony Mackie) non potrebbero essere più diversi e proprio per
questo, sono amici da una vita. Dennis è bianco, sposato, ha un paio di bambini
e si lamenta spesso dei bei tempi in cui non aveva responsabilità, Steve invece
è nero, single ma anche per lui il tempo sta per diventare un lusso, non perché
abbia dei pupi a tenerlo occupato, più che altro per la malattia che minaccia
di mettere fine al suo tempo su questo gnocco minerale per sempre.

“I dottori dovevamo fare, abbiamo sbagliato tutto nella vita”, “Ma a me piace usare la sirena dell’ambulanza”

Lavorando come paramedici i due amici e colleghi si
imbattono nei casi più assurdi: qualcuno morto cadendo dal secondo piano, il
cui corpo riporta le fratture tipiche di una caduta da molto (ma molto!) più in
alto. Oppure persone ferite da stranissime lame seghettate che sembrano uscite
da un film in costume, insomma un numero di morti e feriti di origine davvero misteriosa.

Il segreto di questi strani eventi va ricercato nella nuova
droga più in voga in città, chiamata appunto Synchronic, una cosetta in grado
di farti viaggiare ma non come qualunque altra droga, intendo proprio nel tempo
e nello spazio. Conosco un sacco di amici che dicono di aver fatto dei viaggi
incredibili, ma nessuno come quello dei protagonisti di questo film, credetemi.

Un brutto viaggio.

Quando la figlia di Dennis scompare, l’amico Steve malato
ormai in fase terminale decide di spendere bene il poco tempo rimasto, si
accaparra tutte le dosi di Synchronic disponibili e comincia a sperimentare
come i sopra citati amici facevano con le varie tipologie di erba, solo che
invece di trovare il senso nella vita nelle canzoni di Bob Marley, Steve scopre
passaggi verso il passato, che come dicevo lassù, non è rassicurante proprio
per niente.

“Synchronic” come ogni buon film di fantascienza, si auto
impone delle regole e poi le rispetta, per viaggiare i protagonisti si muovono
nel tempo grazie ad una pastichetta, dal divano di casa ti puoi ritrovare piedi
in acqua in una palude alle prese con un caimano, dal soggiorno invece puoi
ritrovarti in piena era glaciale, con tanto di Mammut. Insomma Il passato ha i
denti e nessuna paura di usarli.

“Almeno nel soggiorno di casa mia avevo il riscaldamento, che cavolo!”

Si perché con buona pace di Marty McFly, che al massimo
veniva scambiato per qualcuno appena sbarcato per via del “giubbotto
salvagente”, Steve in quanto nero rischia la pelle per mano di alcuni
suprematisti bianchi, quelli con i cappucci a punta conservati nell’armadio,
che nel mezzo dell’America rurale degli anni ’20, non gradiscono tanto vedere
qualcuno colorato diversamente da loro. Se a questo poi aggiungete
l’esperimento con il cane, converrete con me che ad Einstein (o Copernico), era
andata molto ma molto meglio.

“Pretendo di essere adottato da Doc Brown”

“Synchronic” è un film molto parlato, ma i dialoghi sono
scritti davvero bene e perfetti nel creare il rapporto tra i due protagonisti, che
per certi versi sono un’altra affiatata coppia, una di quelle che popolano il
cinema di Justin Benson e Aaron Moorhead, Spring
parlava di una storia d’amore, mentre in The Endless i due fratelli protagonisti, era interpretati dagli stessi Benson e
Moorhead, che come dicevo scrivendo di quel film, erano riusciti a raggiungere
quasi il punto zero del film indipendente, girato davvero con 5 euro di budget
risparmiando su tutto. Quando i registi sono anche i protagonisti del film,
chiaro che siamo a “Lo Zen e l’arte di arrangiarsi” (in campo cinematografico).

Per quanto fortemente tendenti all’Hipsterico, Giustino e
Aronne sono armati di un grande amore per il cinema, nel post su The Endless mi interrogavo se sarebbe
stato possibile per loro, continuare ad essere autoriali, girando film con
sempre meno soldini. Era chiaro che “The
Endless” fosse un bivio, spendere meno di così per una pellicola con elementi
fantastici non era proprio possibile, ecco perché per “Synchronic” hanno speso
un po’ di più arruolano due facce note come quelle di Jamie Dornan e Anthony
Mackie, che rispondono con un’ottima chimica tra i rispettivi personaggi.

“Synchronic” ha la capacità di portarci in luoghi strani e
poco sicuri del passato, senza tirar via la mano sulla critica, perché opporre
un uomo di colore ad alcuni razzisti bianchi dell’America più ruspante è una
presa di posizione bella chiara, che però non soffoca un film che racconta il
viaggio nel tempo come estremo gesto di amicizia, tra due personaggi che
litigano, discutono ma poi fanno anche pace chiarendosi tra di loro, come si fa tra uomini. Come spettatori viene proprio istintivo aggrapparsi all’amicizia
di questa strana coppia, che somigliano a Riggs e Murtaugh solo per colore
della pelle, ma più probabilmente hanno parecchio di Giustino e Aronne.

“Una maglia con il giglio? I fratelli neri si danno al calcio Fiorentino?”

Insomma “Synchronic” è fantascienza del tipo “soft”, quella
in cui l’elemento fantastico è importante ma serve per sottolineare
l’importanza dei personaggi e del loro rapporto, quindi se siete in vena di uno
strano film dai bordi spesso affilati, ben recitato e dai dialoghi ben scritti
(anche se molto, tanto parlato), “Synchronic” potrebbe essere il film più
accessibile tra quelli fino ad ora diretti da Giustino e Aronne, coerente con
il loro esordio “Resolution” (2012), ma forse un po’ più per tutti.

Anche perché la prossima volta che sentirete parlare di Justin
Benson e Aaron Moorhead, sarà quando troverete i loro nomi associati alla serie
tv Marvel dedicata a Moon Knight, mi pare di sentire già il coro di
«CHIIIIIII?» quando la notizia arriverà al grande pubblico. Da una parte, Giustino
e Aronne con il loro cinema atipico, fantastico ma sempre così sensibili e
orientato a parlare di personaggi spesso sfaccettati, sono una scelta azzeccata
e coraggiosa da parte della Marvel, se penso al ciclo di storie di Warren Ellis dedicato al lunare vigilante della Casa delle Idee nelle mani di quei due, potrebbe venire fuori
qualcosa di davvero ma davvero incredibile, oppure potremmo perdere per sempre
due autori indipendenti fino al midollo, risucchiati nel gorgo dei film per
tutti, evidentemente scegliere Falcon
qui, era un modo per fare le prove generali con l’aria che tira alla Marvel.

“Giustino e Aronne, se fate i bravi vi presenterò Capitan America”

In ogni caso in bocca al lupo a due registi che fino a questo
momento erano stati estremamente autoriali e hanno saputo sfornare dei film
unici, “Synchronic” potrebbe essere l’ultima volta in cui li abbiamo visti duri
e puri, oppure un buon titolo per farli conoscere al grande pubblico, in ogni
caso sarà un luogo (abbastanza) sicuro nel passato, ma questo lo scopriremo
solo con il tempo.

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