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Tank Girl (1995): in un mondo di Barbie, siate delle Tank Girl

Continuo la mia personale crociata da nerd, una battaglia solitaria che non mi porterà da nessuna parte, ma che riemerge ogni volta che qualcuno, di solito su Infernet, si lamenta del fatto che ci sono troppi “Cinecomics” e molti hanno come protagoniste ‘E femmine, che per molti maschietti sul web sembrano rappresentare IL MALE. Penso che non abbiate capito nulla della vita, dell’universo, dei fumetti e di tutto quanto, ma questo è un mio parere, pronto per il nuovo capitolo della mia non-rubrica: Quando non erano super!

Ancora un sacco di persone sono in fissa con gli anni ’80, dimenticano che il decennio successivo, gli anni ’90, sono stati la coda strumentale lunga, la sensazione era un po’ quella di averla svangata, dopo il grande gelo USA/URSS, in realtà non sapevamo che il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare, anche per questo si correva tutti fatti verso potenziali disastri affrontati a cuor leggero, o per lo meno con la testa piena di droghucce, tra le braccia di ostacoli tipo il Millennium Bug e l’ansia della fine del secolo.

Gli anni ’90 non hanno generato niente di creativo, seee proprio!

Questo decennio gustosamente psichedelico, vistosamente spezzato in due, una prima metà ancora friccicantina e un’ultima, in cui sesso, droga e Rock sono progressivamente spariti, diluiti, ma non nel 1995, eravamo ancora in precario equilibrio su questa ideale linea di demarcazione morale. In questo trionfo di salopette e colori fluo – nei vestiti e nella testa – qualcuno deve aver pensato che fosse una super idea portare al grande pubblico un fumetto underground ambientato in un futuro post-apocalittico da cartone animato, strapieno di pezzi tra l’alternative rock e il pop, diretto da una regista donna, con una protagonista donna, sboccacciata, anarcoide, sessualmente esplicita, che cambia abito e pettinatura se non ad ogni inquadratura quasi, il tutto impanato e fritto in una nemmeno velata aurea di sesso interspecie con ibridi umano-canguro e un Malcolm McDowell, nel ruolo del generico cattivo macchietta, prototipo del resto della sua carriera, ma sfoggiato dall’attore britannico facendo i paragoni su come si sentisse libero ed artisticamente stimolato come non accadeva da quella volta che zio Stanley gli ha permesso di esprimere la sua ultraviolenza (storia vera). Costa poteva andare storto? Tutto e come ci insegna la legge di Murphy, proprio così è andato.

Devo aver scoperto il film poco dopo aver iniziato a leggere il fumetto da cui è tratto, pensando che fosse impossibile dar vita ai personaggi creati da Jamie Hewlett e Alan Martin fuori dalla carta, anzi a dirla tutta, “Tank Girl” ha avuto due secondi di finta popolarità proprio verso al fine degli anni ’90, a flop ormai comodamente archiviato, quando fecero il loro esordio la band disegnata (proprio da Jamie Hewlett) dei Gorillaz. Per cinque minuti TUTTI sostenevano di aver visto il film, sarà, ma al mio vecchio videonoleggio – un’altra epoca – l’omino che lo gestiva mi disse che non ricordava di nessuno che avesse pagato dei soldi per portarsi a casa quella roba, parole sue (Storia vera).

La produzione del film, riassunta con l’animazione.

Visto ai tempi o rivisto oggi, in occasione dei suoi primi trent’anni, “Tank Girl” ti lascia addosso la sensazione per cui la sperimentazione con le droghe negli anni ’90 fosse la normalità, ok, ma anche quella di un film in cui, chi è stato coinvolto – entusiasmo di McDowell compreso – fosse seriamente intenzionato a rendere giustizia ad un fumetto dall’animo Punk, non a caso iniziato con la sua pubblicazione verso la fine del decennio precedente, era il 1988, in aperta opposizione a chi, ad una prima analisi, forse in maniera un po’ sommaria, aveva pensato che fosse una grande idea e poi beh, si è amabilmente cagato addosso dalla fifa. Insomma, da una parte la banda di ribelli capitanata dalla regista Rachel Talalay, composta da autori del fumetto, cast e comparto tecnico, opposta alla multinazionale dei produttori, che terrorizzati hanno imposto tagli su tagli su tagli.

La leggenda vuole che una copia del fumetto venne messa nelle mani di Rachel Talalay dalla figliastra, la regista, lanciata da Nightmare 6 e vitaminizzata dal film con l’adolescente più odioso degli anni ’90, la donna con un urlo di guerra come cognome ha capito che “Tank Girl” era roba sua, lo ha capito anche Lori Petty, lanciata da Point Break, arrivava da una serie di successi e non solo era pronta al salto… era proprio Tank Girl!

Tank Girl nella parte di Lori Petty, e no, non ho sbagliato.

«Ma questa sono io!» queste le parole dell’attrice leggendo il copione, ed è innegabile, sensualissima malgrado quelle sopracciglia ultra sottili (anche qui, gli anni ’90 baby!) sembra completamente pazza, pronta ad orizontalizzarsi chiunque non vorrebbe schiacciare con il suo carro armato senziente in alternativa, insultandolo con fare irridente, insomma, il sospetto che Lori Petty non abbia nemmeno dovuto recitare per davvero è più che legittimo, specialmente quando si autonomina fidanzata della sua socia Jet Girl, che essendo fatta a forma di Naomi Watts, onestamente, è anche comprensibile, anche se Watts ancora oggi, si vergogna come una ladra di aver preso parte a questo film, roba da essere più orgogliosi del proprio sex tape, tanto per stare in tema anni ’90 e comunque, storia vera, sulla vergogna, non sul filmino della Watts… Degenerati!

Naomi Watts in versione Nerd ci piace!

A proposito di degenerati, no, cioè, vabbè ve la racconto, più facile che spiegarla, Sua Maestà degli effetti speciali, Stan Winston, forte dei suoi quattro premi Oscar, accettò di buon grado solo per avere l’opportunità di portare sul grande schermo degli ibridi umano-canguro, si commenta da sola questa storia vera, e con Catherine Hardwicke (a proposito, che fine ha fatto?) imposta da… TALALAY! Come production designer, il film era avviato sulla strada provocatoria ma giusta, un grosso B-Movie con i soldi, Punk fino al midollo, tanto che Winston si era largamente impegnato per creare il pipo di uno dei suoi ibridi, da far sfoggiare durante la scena di sesso con la protagonista, quando ai produttori è scappata una crisi di cacarella.

Non lo abbiamo ancora detto, tutti insieme… TALALAY!

Sforbiciata, con le forbici più affilate del cassetto, la scena incriminata, ad un certo punto di questo soggetto matto non andava più bene niente, come se l’idea fosse prendere un fumetto underground e farne una simpatica avventura per famiglie, a distanza di tre decenni si sentono ancora gli echi delle bestemmie di Jamie Hewlett e Alan Martin, pronti a giurare e spergiurare che mai più avrebbero lavorato per il cinema, costretti a disegnare ed animare un quantitativo esagerato di sequenze perché ehi! Ci siamo dimenticate di girarle (Storia vera), ma considerando che alcune sono lunghe, articolate e con un sacco di accelerazioni ed esplosioni, viene automatico pensare che le abbiano semplicemente tagliate per risparmiare, visto che sono tutto, tranne che momenti di raccordo.

La battaglia si fa totale, Rachel Talalay è la Tank Girl di turno, costretta a combattere con la Water & Power (W&P) di turno, ovvero la multinazionale, per ogni singola scena del suo film, si arriva a momenti di assurdo come il mezzo boicottaggio applicato alla scena in cui il malvagio Kesslee (McDowell) tortura la protagonista, tagliuzzata perché in quel momento, Lori Petty non risultava abbastanza caruccia da guardare per le aspettative dei produttori. Se ci fosse stata un cartello luminoso con la scritta “PANIC!” sul set, sarebbe stato sempre illuminato a giorno.

«Non arrovellarti il Gulliver», «Ma come parli nonno, sono gli anni ’90!»

Inevitabilmente, con tutte queste influenze esterne, che “Tank Girl” abbia problemi di ritmo, la natura episodica del fumetto non si riflette perfettamente in un film che sembra spezzettato e basta, con troppi minuti dedicati ad alcune scene e non abbastanza ad altre, in compenso tutto è farcito di trovate una più folle dell’altra, a supporto di una trama che potrei riassumere come ragazza Punk in fissa con i carri armati, conosce ragazza nerd e gruppo di ibridi umano-canguro creativi a scopo (ah-ah) militare, tutti insieme allegramente in lotta contro multinazionale che strizza ogni goccio d’acqua, anche dagli esseri umani, perché il cattivone di turno possa, beh, restare idratato o una cosa del genere. Il fatto che uno dei canguri sia Ice-T che fa battute sulla sua precedente vita da poliziotto fa ridere il doppio, visto che come attore è finito ad interpretarne uno in tv per decenni.

Canti di poliziotti uccisi e poi il Karma ti trasforma in un canguro.

Vuoi non infilarci un’apparizione di Iggy Pop nei panni di un pedofilo? Oppure una lunga (fin troppo) sequenza in cui il leader spirituale dei cangurotti si mette a suonare del Jazz? Per non dimenticare il carro armato senziente che, in mancanza d’altro, spara lattine di birra contro un cattivo tramutato in un ologramma, insomma sì, la droga negli anni ’90 era molto diffusa e le sperimentazioni con essa anche di più.

Ci sono anche trovate talmente assurde e prolungate da diventare quasi mitiche, come il folle numero musicale sulle note di un pezzo di Cole Porter (“Let’s do, let’s fall in love”) che ti fa quasi rimpiangere il fatto che oggi, l’idea che abbiamo di film fumettistico, siano spudorate citazioni semi-nerd ad un passato appena superato, quando invece nei suoi grossi difetti e la sua aria da film diventata, di culto per pochi, forse solo per vedere Lori Petty fare la doccia con la sabbia (si, succede anche questo), “Tank Girl” risultava comunque più fumettistico, nel senso più puro, matto e creativo del termine di oggi, in cui sono tutti esperti di fumetti. Senza averli mai letti.

Vedendo o rivendo il film, resta chiara l’impressione di una versione edulcorata del fumetto originale di Jamie Hewlett e Alan Martin (SPOILER: Lo è!) eppure nella sua follia “Tank Girl” sa riportarti indietro nel tempo nel pieno di quella colorata corsa verso il baratro che sono stati gli anni ’90.

Femminismo bello eh? Ma vuoi mettere delle arrogantissime tette missile?

Quello che è rimasto di questo film è ben poco, la vergogna di Naomi Watts ha fatto sì che nessuno si ricordasse di Rachel Talalay, quando film tratti da fumetto ad alto budget sono stati affidati a registe donne dopo di lei? Generalmente dimenticata (ma molto apprezzata come regista sul piccolo schermo), Lori Petty come questo film non ha fatto il salto ma è diventata un culto per pochi, McDowell ha semplicemente abbracciato “Tank Girl” come modello per la sua filmografia e oggi, i diritti di sfruttamento del fumetto per un eventuale nuovo adattamento, sono saldamente nelle mani di Margot Robbie, che comunque ha dato priorità ad altro, quindi in un mondo di Barbie, per le ragazze che vogliono solo essere delle Tank Girl è sempre più dura, ironico visto che il cinema, trent’anni dopo questo film, è alla costante ricerca di trame del genere. Ma solo per addomesticarle. Non so se mi sia venuta fuori una metafora sui fumetti tratti da fumetti o sulla condizione femminile, in ogni caso… Auguri Tank Girl!

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