Può sembrare assurdo, ma non è così semplice scrivere qualcosa di sensato su questo film, si corre seriamente il rischio di passare per uno di quei vecchi Nerd, incattiviti dalla vita, ma che comunque non vogliono mollare la loro infanzia, degli uomini-fumetto dei Simpson oppure l’utente medio del Faccialibro, fate voi.
Oppure è molto semplice scrivere qualcosa sul film di oggi, potrei dire che per certi versi ha gli stessi difetti del rilancio delle TMNT, quello del 2014, un film più concentrato sull’estetica che sulla sostanza, eppure non me la sento di giocarmela così, quindi iniziamo dall’inizio.
Cosa amo delle Tartarughe Ninja? Per prima cosa il loro essere personaggi, come li chiamo io, perfetti, quando la genesi di un personaggio (o gruppo di personaggi in questo caso) è solida, quella storia puoi raccontarla innumerevoli volte e funzionerà sempre, ecco perché le tartarughe create da Kevin Eastman e Peter Laird sono in voga da quasi quarant’anni ormai. Nel loro nome hanno riassunti i quattro elementi chiave per funzionare in ogni nuova versione, devono essere Tartarughe, mutanti, adolescenti e Ninja, rispetta tutti e quattro questi elementi e non potrai sbagliare mai, a meno che tu non sia Seth Rogen. Ecco, ci tocca affrontare la questione Seth Rogen, perché temo che sia stato largamente sottovalutato.
Sorvolo sulla sua svolta alla Benedict Arnold nell’amicizia con James Franco, non è questa la sede per trattare la questione, ma dopo essersi guadagnano la simpatia del mondo il buon Seth deve essersi diplomato alla scuola del mio personale Shredder, ovvero il liceo GIEI-GIEI noto anche come il Clan dei film fatti con il Piede. Per quella sua aria da Bebop (a cui non a caso qui presta la voce) nessuno lo ha preso sul serio, ma anche Bebop può essere una minaccia, specialmente in coppia con il suo compare Rocksteady, ovvero Evan Goldberg.
Seth Rogen e Evan Goldberg sono gli stessi che dopo aver dimostrato coraggio nel corso della prima stagione, poi sono riusciti a mandare all’aria un’altra manciata di personaggi “perfetti”, trasformando la serie Tv su Preacher in una copia sbiadita del fumetto originale. Non paghi ora si sono gettati anche sulle TMNT, tanto che ci sono più sceneggiatori che Tartarughe in questo “Caos mutante” (che aveva ribattezzato “Caos MUTANDE” battutaccia in puro stile Rogen), oltre ai due compari troviamo Dan Hernandez e Benji Samit, ma anche il regista Jeff Rowe, autore di quel gioiellino che era “I Mitchell contro le macchine” e a cui istintivamente, mi viene da riconoscere tutti i meriti di questo nuovo film.
Normale che con Seth Rogen a bordo, tu possa contare su molte citazioni Pop nei dialoghi e una rosa di doppiatori invidiabile, tra cui amici del comico canadese, come ad esempio Rose Byrne (che si inventa una parlata del sud per Leatherhead) o Paul Rudd (il suo Mondo Gecko è uno spasso), purtroppo Seth Rogen ed Evan Goldberg fanno lo stesso identico errore del film del 2014, i loro protagonisti sono decisamente delle Tartarughe Mutanti, protagonisti di una storia la cui massima attenzione è concentrata sul fato che siano anche adolescenti, per poi dimenticarsi di renderle anche Ninja.
L’inizio è ottimo, invece di trasformare Baxter Stockman (doppiato da Giancarlo Esposito) in una mosca, grazie al fluuuuuuido (cit.) e all’ingerenza della TGRI, trasformano una mosca di laboratorio nel cattivissimo Superfly, doppiato da Ice Cube che avrà accettato solo per il nome da Blaxploitation del suo personaggio. Salto in avanti, troviamo le tartarughe impegnate tra le altre cose a fare la voce da Batman (prima di parecchie battute riciclate da Rogen) mostrati per quello che sono, poco più che bambini, il cui grande desiderio è solo quello di essere adolescenti come tutti gli altri. Il fatto che ammirino da lontano un cinema all’aperto pieno di ragazze e ragazzi, tutti intenti a guardare “Una pazza giornata di vacanza” (1986), mette in chiaro che i dialoghi e riferimenti Pop del film, sono scritti da un quarantenne. Vorrei proprio conoscerlo un adolescente di oggi che conosce quel cult, ma per fortuna il regista Jeff Rowe passa spesso a pulire con lo scopettone, il primo piano, con l’ombra delle sbarre della fognatura sul volto di Michelangelo, riassume per immagini il sogno mancato di normalità di questi adolescenti, che sono tali per davvero.
Quasi un peccato vedere “Tartarughe Ninja – Caos MUTANDE” doppiato, perché non solo ci perdiamo la sfila di amici famosi radunati da Rogen, ma anche la sua scelta, questa davvero azzeccata, di far doppiare le tartarughe a dei giovani attori che hanno da un minimo di quindici ad un massimo di diciannove anni, ma all’orecchio suonano ancora più giovani, Micah Abbey (Donatello), Shamon Brown Jr. (Michelangelo), Nicolas Cantu (Leonardo) e Brady Noon (Raffaello), sembrano proprio bambini che giocano a fare i Ninja ma vorrebbero solo essere adolescenti veri, quindi buttiamo giù questo rospo mutante (Genghis Frog, doppiato da Hannibal Buress) e affrontiamo il punto dolente.
Papà Spilter, doppiato in originale da Jackie Chan, è identico ad ogni padre di figli adolescenti, ansiogeno e preoccupato, inoltre iperprotettivo per i suoi brutti trascorsi con gli umani. Purtroppo Rogen e Goldberg scivolano sulla buccia di banana e nel flashback sul passato di Splinter, mettono in chiaro che questo è l’ennesimo film americano sulla famiglia (eh vabbè, ormai lo sappiamo) ma di colpo Splinter, senza alcuna motivazione, decide che i suoi figli per difendersi dagli intolleranti umani, devono imparare il Ninjutsu. Non tecniche per restare nascosti che un qualunque topo (mutante) potrebbe insegnare loro no, proprio il Ninjutsu così, de botto senza senso (cit.)
Come lo fanno? Nel film del 2014, Splinter imparava tutto da un libro sui Ninja, qui in maniera ancora più frettolosa, basta un training montage in cui Splinter si auto nomina Maestro e sulle note di Push it to the limit mostra ai figli video su YouTube di gente che agita le lame (quindi non Ninja), film di Jackie Chan (strizzata d’occhio ma sempre non Ninja) oppure La 36ª camera dello Shaolin (Ninja ancora non pervenuti), in modo che Rogen e Goldberg possano velocemente depennare una delle quattro parole chiave nel nome dei personaggi, quella che storicamente viene gettata via, anche perché è chiaro come il sole che questo film sia molto più concentrato sull’altra parola, ovvero “Teenage”. Posso dirlo? Se nel 2014 il libro che ti insegna ad essere un Ninja mi ha tolto ogni entusiasmo, nel 2023, la scelta paterna frettolosa e senza senso di Splinter mi ha proprio fatto scendere la catena, il momento esatto in cui il mio possibile entusiasmo per il film è finito, ma anche il momento in cui ho cominciato a godermi per davvero “Caos MUTANDE”.
Ne abbiamo già parlato, cercare le tartarughe oscure e violenti dei primi numeri del fumetto di Eastman e Laird in una produzione targata Nickelodeon e supervisionata da Seth Rogen non ha senso, le Tartarughe Ninja, partendo da quelle loro origini perfette, in ogni nuovo adattamento, si sono sempre rivolte al pubblico più giovane, solo che una volta quel pubblico eravamo beh, io! Io sono l’ex bambino a cui volevano vendere tutti i gadget possibili e immaginabili sulle TMNT sul finire degli anni ’80 e nei primi ’90! Nel corso degli anni questi personaggi si sono rinnovati per conquistare nuove generazioni di bambini, lo hanno fatto con l’ottima serie tv sempre targata Nickelodeon (la sto rivedendo, è un ottimo prodotto) e lo rifanno anche qui. Piantare le corna per terra, o meglio, nascondere la testa dentro il proprio guscio e lamentarsi che questa Tartarughe si rivolgono ad un pubblico giovane non ha senso. È bello poter uscire dalla modalità adulta, dimenticandosi per un po’ del 730 da compilare o delle bollette, ve lo dice uno che mentre scrive queste righe, ha i pupazzetti (G.I.Joe e Tararughe) sulla scrivania, ma se la malinconia te la leghi al collo, diventa un sasso che ti trascina giù. Insomma la solita citazione: mi rifiuto di vivere nel passato.
Ultimo difetto del film? Così poi mollo gli ormeggi e mi getto sui pregi? No, non il colore della pelle di April O’Neil (doppiata da Avo Edebiri), anche quello arriva da una delle precedenti incarnazioni del personaggio, forse l’estrema linearità con cui viene gestito il tema dell’intolleranza, che porta un po’ tutto in zona film della Dreamworks (uno di quelli meno riusciti), anche se devo dire che nella scena della mano tesa – la riconoscerete quando la vedrete – scegliere un umano disegnato per ricordare nell’aspetto Kevin Eastman è stata una bella trovata, una citazione ben più riuscita che utilizzare Vanilla Ice sommerso nell’ottima (davvero ottima) colonna sonora composta da Trent Reznor e Atticus Ross, che ho in cuffia da giorni, davvero una bombetta.
Per lunga parte di “Caos MUTANDE” le quattro Tartarughe sono personaggi fin troppo passivi, che ancora una volta hanno bisogno di Splinter a fare il lavoro sporco (come nel film del 1990, evento canonico), sono bambini che giocano a fare i Ninja per far contento papà ma che vorrebbero solo essere adolescenti veri. Non è un caso se li vediamo restare imbambolati, intimiditi come davanti ad un bullo o ad un compagno di classe più grande al cospetto di Superfly e della sua banda di “cugini”. L’uomo mosca è un novello Lucignolo (che poi altro non era che un mutante, l’uomo asino, chiedo scusa al signor Collodi!) che li porta prima del suo Paese dei balocchi, un covo segreto che è non a caso una sala giochi, poi per fare la cosa giusta in questa favola con la morale, i nostri devono essere eroi, infatti chi affrontano nel finale? Una balena, ovviamente mutante, che gli permetterà di far pace con papà Geppetto/Splinter e ottenere il loro più grande desiderio, essere adolescenti veri. Date un calcio volante in stile Ninja nel culo all’uomo-fumetto dei Simpson che vive dentro di voi, ricordatevi che un tempo eravate voi i bambini che amavano le Tartarughe Ninja e ritrovando quel punto di vista, vi potrete godere questo Caos, in cui la parola MUTANDE fa sempre ridere, e in molte gag (tipo la mungitrice) sempre quasi di vederlo Seth Rogen che si spancia e pensa che se non avesse il visto censura, potrebbe beh, mungerla ancora di più quella gag.
Anche perché il pregio principale di “Caos MUTANDE” sta tutto nella sua estetica, la tecnica mista è ispirata all’ultimo Spidey animato, con uno stile che ricorda molto quello dei graffiti, o delle tavole di Eastman e Laird, dove però i personaggi sembrano animati con la plastilina, quasi a passo uno anche se realizzati in digitale. Un effetto molto “tattile”, in cui la precisa scelta di non avere nemmeno una linea dritta aiuta molto, i profili dei palazzi, il bordo dei monitor dei computer, sembrano tutte linea tirate a mano, quasi come se i personaggi fossero stati disegnati da dei bambini (avete consumato mille matite colorate verdi da piccoli, non provate a far finta che non sia stato così, non con me), sullo schermo un risultato che si sposa bene con la storia, o con trovate di trama ad altezza bambino, roba per cui Donnie è intelligente perché ha letto tanti fumetti. Ecco, questo mi piace!
Il design dei personaggi è la vera forza di “Caos MUTANDE”, semplici ma immediatamente riconoscibili, mi dispiace solo che non si sia perso nemmeno un minuto per spiegare i loro nomi da artisti rinascimentali, ma ecco perché promuovo a pieno il lavoro del regista Jeff Rowe più che lo zampino di Bebop Rogen, perché ha trovato il modo giusto per donare questi personaggi ad una altra generazione di ragazzini, ma mi mangio anche un po’ le mani, perché sacrificando una gag (tipo quella delle tartarughe che imitano i Gangster, lunga e poco divertente) e con un po’ più di cura per i personaggi in fase di scrittura, questo film avrebbe potuto mettere d’accordo vecchi e nuovi fan e diventare uno dei migliori film d’animazione del 2023. Invece così, si accontenta di essere rivolto alle nuove leve, di essere esteticamente davvero bellissimo e di arrivare terzo nella gara dei film d’animazione dell’anno, visto che il primo posto era in cassaforte e il secondo, Seth Rogen e Evan Goldberg hanno pensato bene da “Nimona”.
Ed ora, lasciate che le Tartarughe vadano nel mondo a trovare il loro pubblico, come Splinter, torno nella mia Bara-Fogna a vegliare, sul ritorno (si spera di no) del mio personale Shredder o di diplomati alla sua scuola del Clan dei film fatti con il Piede.
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