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Tartarughe Ninja III (1993): Ri-tarta-torno al futuro

A passo di tartaruga (ninja) siamo arrivati anche all’ultimo
capitolo della rubrichetta dedicati ai mutanti anfibi con nomi rinascimentali,
oggi tocca al terzo capitolo, il più bistrattato di tutti.

Basta dire che alla sua uscita me lo ritrovai in
programmazione nel cinemino di provincia vicino casa, senza aver visto nemmeno
uno straccio di pubblicità televisiva, Internet non esisteva, quindi nemmeno lo
cito, ma potete immaginare la gioia e lo stupore del Cassidy di allora (anni
dieci) davanti a quello che era a tutti gli effetti un film a sorpresa.

Un capitolo odiatissimo dai fan che malgrado il budget
leggermente più basso del capitolo precedente, alla fine non è certo il disastro di cui si sente spesso
parlare in giro, un film dalla trama semplice semplice, certo, ma non che i
primi due avessero chissà quali svolte articolate. Semplicemente nel 1993 la
popolarità della tartarughe stava iniziando a scemare, certo, erano ancora sulla
cresta dell’onda al grido di «Cowabunga!», ma non tanto da durare
senza un’evoluzione dell’idea di base (una mutazione tanto per stare in tema)
che, di certo, non è arrivata con questo film.

Dopo il Bro-Fist e questo, ora abbiamo anche il terzo saluto ufficiale della Bara Volante: Bro-Kick!

“Teenage Mutant Ninja Turtles III” viene affidato a Stuart
Gillard, attore, sceneggiatore e regista specialmente di un sacco di roba per
il piccolo schermo che qui adatta per il cinema l’arco di storie a fumetti
firmate dai creatori della tartarughe, Kevin Eastman e Peter Laird intitolato
“Masks”, in cui i quattro ninja con il guscio finivano a spasso nel tempo nel
Giappone feudale del 1603.

Una storia molto semplice (quindi più facile da realizzare) che avrebbe dovuto preparare il campo ad un quarto film intitolato “The Next
Mutation”, in cui avrebbe esordito una quinta tartaruga chiamata Kirby,
in onore dell’artista rinascimentale preferito di Eastman e Laird: Jack “The
King” Kirby. L’incasso decente, ma non stratosferico del film (poco meno di 43
milioni, al netto di un costo di produzione di 17, qui un po’ di dati) ha scongiurato questa ipotetica soluzione,
convincendo tutti a trasferire le tartarughe sul piccolo schermo, infatti nella
serie “Ninja Turtles: The Next Mutation” (andata in onda dal 1997 al 1998)
compare la quinta tartaruga femmina, Venus, come la Venere di Milo, personaggio
odiato e presto dimenticato da tutti i fan, basta dire che persino gli stessi
Eastman e Laird l’hanno sempre ritenuta una pessima idea (storia vera).

Vi ricordate quando hanno affiancato Pucci il cane a Grattachecca & Fichetto? Ecco uguale.

“Tartarughe Ninja III” fa il suo dovere senza inventare
nulla, Stuart Gillard si ritrova per le mani una formula rodata che funziona e
diligentemente porta avanti il lavoro, per altro, recuperando anche qualche
connessione con il primo capitolo,
basta dire che se pur in un ruolo fin troppo piccolo, torna il Casey Jones
interpretato da Elias Koteas e in originale Donatello è nuovamente doppiato
da Corey Feldman, allontanato
all’epoca del secondo film, perché i suoi trascorsi, diciamo pazzarelli,
facevano a pugni con la politica imposta dalla produzione per quel film (storia
vera).

Dopo una scena iniziale finto epica ambientata davanti ad un
tramonto nel Giappone feudale del 1603, si torna subito nella fogna a New York
che le tartarughe chiamano casa. Qui i quattro ninja sono impegnati a ballare
sfoggiando mosse niente male nei loro costumi (realizzati dalla All Effects
Company, subentrati allo studio di Jim Henson), sulle note di uno dei miei
pezzi degli ZZ Top preferiti: Can’t stop rockin.

No, I can’t stop rockin, no matter what they do do do do do or say (Cit.)

April O’Neil (sempre interpretata da Paige Turco) sta per
prendersi una meritata vacanza e prima di partire ha fatto spesa in un negozio
dell’usato portandosi a casa, oltre che un paralume che Michelangelo utilizza
per fare l’imitazione di Elvis in “Blue Hawaii” (i regali utili…), anche una
sorta di scettro, lampada, non so bene come definirlo, insomma un affare con poteri
magici e la capacità di trasferire le persone nel tempo e nello spazio. Questa sorta
di scettro del tempo funziona solo se in qualunque altro momento della storia,
qualcuno del tuo stesso peso lo sta maneggiando ed ecco che di colpo April si
ritrova nei panni (letteralmente!) del figlio di Lord Norinaga (Sab Shimono)
nel Giappone del 1603 e il principe viene catapultato nella fogna insieme alle
quattro tartarughe. Bisogna fare attenzione a cosa si compra al negozio dell’usato,
lo dico sempre io.

Uno pensa di aver fatto un grande affare, e poi si ritrova di colpo nel Giappone feudale.

Per effetto della “roba alla Star Trek” come viene definita
nel film, le quattro tartarughe usano lo scettro per correre a salvare April, per
motivi di peso vengono scambiati con le guardie d’onore dello Shogun Norinaga,
quindi ricapitoliamo: abbiamo quattro tartarughe, tutte identiche d’aspetto
(tutte ninjaaaaaaa!) conciate da Samurai alle prese con la divertente scena dei
cavalli e quattro Giapponesi del 1603 a cui Casey Jones si ritrova a fare da
balia per tutta la durata del film, dinamiche che generano una serie di momenti
comici più o meno divertenti.

Come i quattro orientali che si abituano presto alle vita nel
nuovo secolo, finendo a giocare ai cabinati in sala giochi, oppure appassionandosi
all’Hockey, ammetto che la scena in cui Casey Jones cerca di farli giocare
dicendo loro «Come avete visto fare in tv» e i quattro iniziano a menarsi stile
rissa sul ghiaccio, sarà pure una scemenza, ma mi fa sempre ridere.

Che poi è la stessa reazione di molti abitanti di uno strambo Paese a forma di scarpa, davanti a qualunque sport che non sia il calcio.

Una menzione speciale la merita il doppiaggio italiano del
film che fa un lavoro più che decente, certo bisogna digerire le tartarughe che
scherzando sui nomi giapponesi iniziano
a dire cose tipo «So’ tutta un Tajo», ma ci sono anche passaggi riusciti, quando
davanti al cattivissimo Walker (Stuart Wilson) decidono di etichettarlo con il
nomignolo di Zorro (proprio lui che nel 1998 recitava in “La maschera di Zorro”),
ma il fanatico di Terry Gilliam in me
apprezza molto trovate come: “Resta qui a fare da balia al nostro bandito del
tempo”.

Ogni volta che vedo il maestro Splinter non so se chiamare la derattizzazione oppure abbracciarlo. Propendo per la seconda.

Se il viaggio del tempo di questo film richiede più o meno
la stessa sospensione dell’incredulità necessaria a rilassarsi e potersi godere
quattro tartarughe mutanti ninja, il problema linguistico dettato da tempo e
spazio viene risolto in maniera almeno decente. Walker è un inglese che vende
armi da fuoco ai giapponesi ancora legati alle tradizioni dei Samurai e
proprio per questo motivo, alcuni dei locali parlano l’Inglese che permette
alle tartarughe di comunicare, non so quanto possa essere storicamente accurata
come spiegazione, ma considerando il target di riferimento del film è almeno
una soluzione che all’interno della storia funziona.

Da qui in poi il film procede con tutte le gag e le trovate
che potete immaginarvi da quattro verdastri personaggi nel bel mezzo del Giappone
feudale: Michelangelo cercando di fare la pizza inventa il frisbee (una trovata
classica dei viaggi nel tempo),
Raffaello, da sempre quello più incazzato con il mondo del gruppo, fa
amicizia con un bambino del posto, mentre le quattro tartarughe vengono salutate
dai locali come gli eroi della profezia, vi ricorda un pochino L’armata delle tenebre? Tranquilli,
avremo anche Donatello che cerca usare le sue conoscenze scientifiche per
sopperire alle mancanze, prima della battaglia finale.

“Ma come vi siete vestiti ragazzi? Siete le tartarughe ninja non i cinque samurai!”

Anche se poi, a ben guardare, la forza che riequilibra lo
scontro tra le Katane dello Shogun e la polvere da sparo di Walker, sono
proprio le quattro tartarughe, non vorrei scomodare proprio La sfida del samurai, ma siamo
sicuramente dalle parti di una sua molto (ma molto!) più edulcorata versione per bambini.

“Ti prego Cassidy, non vorrai scomodare davvero Kurosawa?
Fai il bravo dai”

Nel tentativo di giustificare lo stipendio di Elias Koteas, viene introdotto nella storia un avo di Casey Jones che dovrebbe
sparigliare un po’ le carte e le sicurezze del protagonisti, ma quello che è un
film minimale si svolge esattamente come potete facilmente intuire senza
nemmeno averlo visto, in 96 minuti di innocuo divertimento.

Il pupazzo della Turles più grande del mondo.

Il problema di “Tartarughe Ninja III” è il suo non essere
oscuro e spassoso in parti uguali come il primo capitolo, ma nemmeno pieno di momenti “pop” memorabili come il secondo, è un terzo capitolo che può
essere visto tranquillamente senza aver visto i primi due (roba ormai rarissima
per i seguiti) a patto di aver vissuto su questo pianeta negli ultimi trent’anni.
Perché se non conoscete le tartarughe ninja, vuol dire che siete stati all’estero
a lungo, molto all’estero e moooolto a lungo!

Per certi versi questo film soffre un po’ del problema di Robocop 3, avvicinandosi ancora di più
al modello del cartone animato piuttosto che al fumetto originale, non si può
certo sperare di trovarsi davanti chissà che trama articolata, con la
differenza che almeno il poliziotto di Detroit partiva dalla carne e il sangue
di Paul Verhoeven, qui, invece… Beh, sempre della tartarughe ninja stiamo
parlando.

“Il Giappone feudale è bello, ma non ci vivrei. Troppe poche pizzerie per i miei gusti”

Le battute divertenti ci sono («Siamo qui da cinque minuti e
abbiamo perso lo scettro, un fratello e… La dignità»), una menzione speciale la
meritano sicuramente le coreografie di combattimento curate da Pat E. Johnson
cintura nera di Tang Soo Do che al cinema ha lavorato con Chuck Norris e curato le scene di combattimento di
film come Karate Kid dove, per altro,
interpretava la parte dell’arbitro dell’ultimo match.

Uno per tutti, tutti per… Cowabunga!

Una nota finale di colore (verde) per concludere, sui titoli
di coda di “Tartarughe Ninja III” parte anche un po’ a tradimento la celebre “Tarzan
boy” dei Baltimora, la conoscete tutti perché il suo coro nel ritornello la
rende uno dei pezzi più orecchiabili di tutta la storia della musica. Bene,
come aveva già notato con dovizia di dettagli Ema, è abbastanza chiaro che l’unico altro coro altrettanto
orecchiabile fosse quello della sigla del cartone animato Tartarughe Ninja alla riscossa. Lo so, è una scemenza, ma mi fa
molto ridere, un po’ come tutto questo film, insomma.

Per tutti i film della tartarughe (anche quelli nuovi), trovate tutto qui sotto!

Tartarughe Ninja alla riscossa (1990)
Tartarughe Ninja II – Il segreto di Ooze (1991)
Tartarughe Ninja III (1993)
Tartarughe Ninja (2014)
Tartarughe Ninja – Fuori dall’ombra (2016)

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