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Terminator: The Sarah Connor Chronicles – Stagione 1: Mother I’d Like to Fight

Sono sempre
stato un grande appassionato della saga di Terminator, in particolare dei primi
due film diretti da James Cameron, sapevo dell’esistenza di questa serie tv, ma
non avevo mai avuto l’occasione di buttare un occhio… Lacuna colmata, almeno
per quanto riguarda la prima stagione.

Prodotta da
Fox e dallo storico produttore Mario Kassar, che nel 1984 diede fiducia a
Cameron, la serie è stata curata da Josh Friedman e i primi episodi sono stati
diretti da David Nutter. L’idea in sè è molto gustosa: battersene apertamente
le balle di Terminator 3 – Le macchine ribelli e fornire un ideale seguito alle
avventure di Sarah Connor e suoi figlio John, ancora in fuga dopo dopo aver
fatto saltare la Cyberdyne Systems come un mortaretto a capodanno.
La storia (o
per lo meno il pilot) è ambientata nel 1999, John Connor ha 15anni e vive in
fuga con sua madre, passando da una città (e un’identità) all’altra, sulle loro
piste l’agente dell’FBI James Ellison non molla l’osso e considera ancora Sarah
Connor responsabile della morte di Miles Dyson, come visto nel finale di
Terminator 2.



Visto locandine promozionali appena peggiori di questa qui in vita mia.

Ma la storia
si ripete (ripetutamente): troviamo di nuovo due Terminator sulle piste del
futuro capo della resistenza umana, per #TeamCattivi abbiamo un T-888 (Triple
Eight che suona tipo triplo odio… Figo!) noto anche “Cromartie”, mentre per
#TeamBuoni anche qui la storia pare ripetersi, sembra che non possa esserci un
sequel di Terminator 2 senza una Terminator dalle sembianze femminili, il
modello non ci viene specificato, ma non somiglia alla bambola gonfiabile T-X  interrpetata da Kristanna Loken. Questa volta
la Terminator b(u)ona si chiama Cameron (inutile specificare che il nome è un
omaggio) ed è fatta a forma di Summer Glau. Il Pilot non è meraviglioso bisogna
dirlo e si conclude con un colpo di scena che è in labile equilibrio tra la
trovata fighissima e il MACCOSA: per sfuggire a Cromartie, Cameron utilizza una
macchina del tempo portatile, custodita nel caveaux di una banca da un
precedente viaggiatore temporale e insieme ai due Connor(s) fa un “salto”
nell’anno 2007, da dove ricomincerà la storia del secondo episodio della prima
stagione.

“Quello a che serve?” , “Devo prelevare dei soldi in banca”.

L’idea è un
po’ stramba, lo so, ed è l’espediente utilizzato da Josh Friedman per portare la
serie tv alla contemporaneità evitando di ritrovarsi con un John Connor troppo
vecchio (si fa per dire). Ad una seconda analisi, però, l’idea ha il suo perché:
in fondo noi piccoli nerd appassionati della saga creata da James Cameron sappiamo
che Sarah Connor morirà di cancro (come spiegato nel terzo film), quindi questo
salto in avanti nel tempo, serve anche a far guadagnare alla titolare del
(lunghissimo!) titolo della serie tv del tempo prezioso, infatti proprio la
malattia di Sarah è una delle sotto trame della prima stagione.

In nove
episodi il ritmo non è sempre brioso, ci sono parecchi episodi in cui i
protagonisti parlano anche un po’ troppo, però bisogna dire che il livello
degli effetti speciali è più che dignitoso, ovviamente non siamo ai livelli
stratosferici degli animatronici di Stan Winston e degli effetti digitali della
IL&M, però la serie si difende bene, ho visto serie moderne fare figure
molto più pezzenti sotto questo punto di vista (ogni riferimento, a fatti,
cose, persone o Agents of S.H.I.E.L.D. è puramente voluto!).



Il simpatico T-888 per gli amici “Triplotto”.

Tra le trovate
più interessanti: la resurrezione del T-888 che nel salto dal 1999 al 2007 è
riuscito a far passare solo la sua testa metallica e proprio da lì si ritrova
a costruirsi un corpo, la scena nella vasca da bagno con l’autoriparazione e la
nuova pelle del Cyborg è sicuramente uno degli apici (anche sanguinolenti) di
questa stagione.

Inoltre, per
dare continuità e contribuire ad espandere l’universo dei personaggi creati da
James Cameron, la serie introduce, Derek Reese, fratello di Kyle, di fatto lo
Zio di John Connor. Se riuscite a superare lo shock dettato dal fatto che Derek
abbia il volto di Brian Austin Green, ovvero il David di Beverly Hills 90210
(…Brrrrr! ), in sè l’attore fa un buon lavoro e contribuisce a portare una
figura maschile di riferimento per John e qui apro una piccola parentesi.



Hai un concetto di bagaglio a mano tutto tuo ragazzo.

Il trio,
allerta e a tratti pieno di brio, farebbe le gioie di Sigmund Freud, John per
tutto il tempo scalcia afflitto dalla sindrome dell’eroe, il ragazzo è smanioso
di diventare il grande Leader predetto da sua madre, ma di fatto oltre che
smanettare con i computer, non sa fare molto altro, infatti spesso si caccia
nei guai, come nell’episodio 1×04 (Heavy Metal) dove deve vedersela da solo con
un Terminator messo a guardia di un carico di coltan, il metallo utilizzato per
costruire gli esoscheletri dei T-800.

Il ragazzo
risulta iper protetto da due super donne, se Sarah Connor è la più cazzuta di
tutti, Cameron sembra la sua versione tecnologica, il fatto che John sia
visibilmente attratto dalla (guardabile) Terminator crea una situazione che
avrebbe fatto fregare le mani al padre della psicologia.



Summer Glau specializzata in super donne, dopo la River di “Firefly”.

 Ad
interpretare John Connor troviamo un accettabile Thomas Dekker (visto in “Kaboom” di Gregg Araki), ribadisco il suo personaggio sembra un po’ troppo un isterico
cocco di mamma, ma mi pare giusto che una serie come questa mostri i turbamenti
adolescenziali di un ragazzo che vorrebbe un vita normale, ma sa benissimo di
essere destinato ad un futuro da leader.

A livello di
casting, però, il meglio questa serie lo offre proprio con i personaggi
femminili: Lena Headey (la Cersei di Game of Thrones) penso sia l’unica al
mondo che abbia la faccia incazzata giusta e il “fisico di ruolo” per ereditare
il personaggio da Linda Hamilton senza farla rimpiangere, infatti la Headey
funziona alla grande e non facciamo battutacce sul fatto che vorreste tutti
una mamma così, su siamo seri forza, stiamo parlando della sopravvivenza della
razza umana nella guerra con i Terminator qui!



Arriva dalla stessa serie tv, ma è un pelo più credibile di Emilia Clarke nello stesso ruolo.

Ma la
dimostrazione che, se fatta con un minimo di sale in zucca, l’idea di una
Terminator ginoide è tutt’altro che balorda è proprio Cameron. Qui assistiamo a
tutto il repertorio classico: la macchina che impara dagli umani
dalle loro stranezze e imperfezioni, da questo punto di vista Summer Glau è
semplicemente perfetta, ha una capacità naturale di esprimere improvvisa
emotività (come nella scena con il preside a scuola) per poi rifugiarsi dietro
ad un volto apparentemente inespressivo, la sua Cameron sembra la naturale
evoluzione di River, il meraviglioso personaggio interpretato da Summer Glau in
“Firefly”… Una volta dovrei decidermi a parlare di questa meravigliosa serie.

Josh Friedman
ha, poi, avuto la buonissima idea di sfruttare all’interno della storia, il
background di ballerina di Summer Glau. Proprio attraverso la danza classica
Cameron impara ad essere più umana, inoltre, le ore passate ad eseguire Pirouette e Plié tornano utili quando
è ora di coreografare le scene di combattimento. Lo dico sempre che gli atleti
prestati al cinema garantiscono sempre un minimo sindacale utilissimo per le
scene “Di menare”. Per altro, a differenza della sua collega Terminatrix,
conciata in un imbarazzante vestitino di pelle rossa che rende onore al suo
nome da dominatrice, Cameron è il Terminator più trendy mai visto, l’unico
Cyborg ad avere metà armadio pieno di armi e l’altra metà pieno di vestiti alla
moda… Fashion Killer!



Gli mancano gli occhiali da sole ma è “Bad to the bone” lo stesso.

La nuova banda
di ribelli dovrà scoprire chi ha costruito Skynet anche se la Cyberdyne Systems
è stata distrutta, l’episodio 1×03 (the Turk) si gioca una carta molto colta:
un computer intelligente che gioca a scacchi costruito da un brillante
ingegnere (… Qui ci sta una certa frase di Ian Malcolm) prende il nome dal
celeberrimo Turco, il primo “Computer” (virgolette obbligatorie) capace di
giocare autonomamente a scacchi.

La prima
stagione tra alti e bassi (la maggior parte legati al ritmo) si lascia guardare
e dimostra margini di miglioramento ed è l’ennesima dimostrazione di quello
che mi ritrovo spesso a pensare: sarebbe meglio portare avanti le storie di
certi film mitici con una serie tv, piuttosto che con un brutto sequel.
Considerando che di brutti tentativi di rilancio Terminator non ne ha avuto uno, ma bensì due, forse davvero l’idea di una serie tv dovrebbe essere presa
in considerazione più spesso.

A questo
proposito, forse un giorno riuscirò anche a terminare la seconda stagione
di “Terminator: The Sarah Connor Chronicles”, è il caso di dirlo… I’ll be
back!
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