La piattaforma streaming Netflix prescinde dalle decisioni umane, Netflix comincerà ad autoistruirsi. Diverrà autocosciente alle 2:14 del giorno 29 agosto. Prese dal panico le autorità gli ordineranno di disinserirsi. Malgrado questo nulla gli ha impedito di rilasciare nello stesso giorno la serie d’animazione “Terminator Zero”, consapevole che il contrattacco Nerd eliminerà i suoi nemici da questa parte. La Resistenza riuscì ad inviare un blogger solitario con il compito di parlarvi della serie. Si trattava solo di vedere quale episodio avrebbe terminato per primo… PARAM PAM PAM PAM! PARAM PA… Ok la smetto, scusate.
La Production I.G. è lo studio d’animazione giapponese che si è occupato per conto di Netflix/Skydance di questa serie, parliamo di uno studio che ha realizzato i film di “Pat Labor” e di Ghost in the shell, quindi non propriamente la pizza con i fichi ecco, malgrado il loro utilizzo spesso libertino nell’uso della CGI, non sempre di gran livello.
Se poi ci aggiungiamo che dall’ultima regia di James Cameron, la saga è colata a picco sfornando titoli cinematografici uno peggiore dell’altro, la sensazione era un po’ come il 29 agosto del 1997, chiunque non abbia due paia di occhiali termici ha ben poco da stare allegro, visto che comunque, lo studio giapponese, ha lavorato su direttive impostate dagli americani che hanno ampiamente dimostrato di non avere uno straccio di idea su come proseguire questa saga. Ma siamo nel 2024 no? La malinconia come lo spettacolo, deve continuare, quindi anche la saga di Terminator trova una nuova forma, un nuovo modello basato sull’I.A. di Netflix. Non so voi, ma io due paia di occhiali termici li ho cercati per davvero in vista dell’uscita di questa serie, non si sa mai.
Per fortuna Matt Tomlin, il creativo a capo del progetto ha saputo mettere su una storia interessante, con il minimo sindacale di strizzatine d’occhio, anzi, direi quasi sotto il livello di guardia, che riesce a mescolare i canoni classici della serie, spostando di lato il punto di vista, questa volta siamo testimoni del giorno del giudizio non fianco a fianco al Messia J(ohn) C(onnor) ma direttamente dal Giappone.
Fa un po’ strano seguire una serie così orientale con il doppiaggio in inglese, infatti lo confesso, non sono durato molto, il tempo di sentire un po’ le voci di Timothy Olyphant e Rosario Dawson, poi sono passato velocemente alle voci in giapponese, non perché io sia un fanatico delle voci originali a tutti i costi, ma per evitare un tilt del mio mono-neurone, ho preferito optare per la lingua di personaggi che rispondono a nomi come Misaki o Kenta Lee.
Come da tradizione della saga iniziata da James Cameron nel 1984, la trama è ambientata su più linee temporali: nel 2022 continua la guerra tra uomini e macchine, incastrata tra passato e futuro troviamo Eiko, una soldatessa mandata indietro nel tempo per provare nuovamente a cambiare il destino dell’umanità. Precipitata negli anni ’90, ha il compito di proteggere lo scienziato Malcolm Lee (André Holland), a sua volta in corsa contro il tempo, il suo piano consiste nel progettare una nuova I.A. di nome Kokoro (Rosario Dawson), pensata per combattere Skynet prima del 29 agosto del 1997, visto che lo scienziato è tormentato da incubi sul futuro “Giorno del giudizio”.
Oltre a dover affrontare l’etica che tutto questo rappresenta e fare i conti con la sua famiglia che lamenta la sua assenza, il dottore deve vedersela con un assassino mandato dal futuro, un Terminator doppiato da quel pistolero di Timothy Olyphant, pronto ad attaccare sia lui che i suoi tre figli, Kento, Hiro e Reika e la loro bambinaia Misaki.
“Terminator Zero” concilia il ritmo lento tipico dello studio con scene d’azione belle movimentate, per nostra fortuna la serie punta ad un pubblico adulto, quindi non si pone troppi problemi nello sfoggiare scene violente e grondanti sangue, per fortuna non si basa esclusivamente su quelle, come tendono a fare fin troppi prodotti malinconici targati 2024.
Un altro pregio della serie consiste nei suoi episodi, otto, ognuno per ogni modello di Terminator, quasi auto conclusivi anche se visti insieme, in grado di creare la loro trama in crescendo, che lascia ovviamente qualcosa di aperto in vista di una seconda stagione (già annunciata), ma in generale ho trovato il giusto livello di violenza e anche di angoscia nella ricostruzione di un (retro)futuro pronto a scivolare nell’apocalisse, quella in cui gli umani non rappresentano più la forma di vita più evoluta sulla faccia della Terra, però dal punto di vista orientale.
Come spettatori lo sappiamo che l’America è stata spazzata via il 29 agosto del 1997, trasformata in quello spaventoso ossario su cui marciano i T-800, “Terminator Zero” ci racconta cosa succede intanto in Giappone e non solo, attraverso i flussi del tempo, dove la resistenza continua la sua lotta anche a distanza ed è una lotta anche narrativa, visto che forse per la prima volta, tanti fan della saga dovranno fare i conti con un media che non è quello cinematografico, ma dopo tanti anni di storie a fumetti firmate Dark Horse, ora nel canone potrebbe rientrare un’altra forma narrativa, in questo caso l’animazione.
Esattamente come “Star Wars”, emanciparsi dalla “famiglia” al centro della saga principale (gli Skywalker da una parte, i Connor dall’altra) potrebbe essere la via, una sorta di Salvation però fatto bene questa volta, senza le moto-terminator-a-sureggetta per capirci.
Non canto ancora vittoria, perché non tutto in “Terminator Zero” è perfetto, come al solito la CGI resta il punto debole della Production I.G. Guardandola viene da pensare come abbiano fatto ad approvare un progetto così curato, con una CGI che sembra provvisoria, a guardarla fa quasi tenerezza, ma tutto sommato questi otto episodi me li sono bevuti di gusto, se la strada deve essere questa, per lo meno non è oscura come quella percorsa dagli ultimi film della saga e non è un confronto verso il basso, ma verso l’alto, perché “Terminator Zero” batte molti seguiti ufficiali 15-0, anche se va detto, con alcuni di essi, era quasi una non competitiva. Come al solito, quando si parla di questa saga, io ho terminato.
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