Il nuovo Bat-film a lungo rimandato è finalmente uscito, l’effetto collaterale di tutto questo tempo passato a sentir parlare di “The Batman” è che il vostro amichevole Cassidy di quartiere ha avuto fin troppo tempo per scherzarci sopra. Ad esempio sul fatto che intitolarlo “IL Batman” servisse a geo localizzare Gotham City nel nord di uno strambo Paese a forma di scarpa, dove tutti tra loro si chiamano, la Luisa, il Marco e appunto, il Batman.
Questo in automatico rendeva i coniugi Wayne due borghesi che hanno fatto i soldi negli anni ’80, durante il periodo della Gotham da bere, quindi il loro figliolo Bruce (se tanto mi dà tanto, il Bruce) doveva essere in automatico un ragazzino privilegiato cresciuto nei ’90. Questa mia assurda premessa mi fa assomigliare ad uno degli strampalati avversari dell’Uomo Pipistrello lo so, ma mi permette di entrare nel vivo per parlarvi del film del momento, però visto che per ancora parecchie settimane i Social-Cosi saranno un terreno caldo pieno di mantelli e orecchie a punta, vi lascio il comodo specchietto della Bara per sopravvivere in rete all’uscita di questo film.
Sapete che passo buona parte delle mie giornate a ironizzare sul fatto che il salto sul carro del vincitore sia il vero sport nazionale, ora credetemi, ma sul fatto che Matt Reeves potesse essere l’uomo giusto per un film su Batman (pardon, IL Batman) ne ero piuttosto certo, l’ho scritto in tutti i commenti qui sulla Bara perché sono convinto che sia un regista con un gran occhio e dopo aver visto “The Batman” detto “Il Batman” lo sono più che mai, eppure questo film conferma il mio giudizio generale su Reeves come regista: gran talento visivo, ma avrebbe dannatamente bisogno di uno sceneggiatore.
Per certi versi Matt Reeves (autore della sceneggiatura a quattro mani con Peter “Robin” Craig) non ha fatto che replicare la formula che lo ha portato in vetta anche al suo nuovo lavoro, il tutto però amplificato dall’effetto Batman, che rende il pubblico (e i Social) sempre più friccicarelli. Pensate al suo ultimo film con le SIMMIE, ovvero The War che pescava a piena mani da classici come “La grande fuga” (1963) e “Apocalypse Now” (1979), “Spartacus”(1960) e “I dieci comandamenti” (1956), calati però in una dimensione da film per tutti con tante scimmie in CGI. The War era un film che riusciva a tratti ad essere più curato e brillante della media dei Blockbuster ma allo stesso tempo, a giocarsi alcune trovate di trama talmente fesse da far cadere le braccia (diciamo le braccia…) a terra. “The Batman” detto “IL Batman” fa esattamente la stessa cosa, solo con un tizio vestito da pipistrello dove prima ci stavano le scimmie.
Badate bene, questo non fa di “IL Batman” un brutto film anzi, dal punto di vista visivo è a tratti straordinario, eppure resta un film con un’ansia da prestazione incredibile, con una ventina di minuti in meno durante il secondo atto il film sarebbe stato di gran lunga migliore, ma possiamo fare meno di Nolan? Proprio no, quindi “IL Batman” nasce già appesantito dal quella seriosa volontà di realismo a tutti i costi che Nolan ha portato nei “Cinecomics” e dalla convinzione che sia importante averlo più lungo di tutti (il minutaggio del film).
In generale devo dire di aver trovato dentro a “IL Batman” quasi tutto quello che vorrei sempre vedere in un film sull’Uomo Pipistrello: un’ottima rappresentazione della città di Gotham City che qui non è una generica città americana a caso (veeeeero Nolan?), ma un postaccio piovoso, lurido e pericoloso che ha bisogno di un vigilante a tenerlo a galla. Ci sono dei cattivi all’altezza, più o meno caratterizzati a dovere (più avanti ci torneremo) e quel grado di violenza, che porta il film in zona videogioco di Batman della Rocksteady, ovvero la seconda migliore interpretazione del personaggio (lontano dalle pagine di un fumetto) dopo la serie animata, guarda caso sempre degli anni ’90, decennio da cui Matt Reeves decide di pescare a piene mani. Tutto questo per dire che “The Batman” detto “Il Batman” è un buon film, probabilmente vi darò la sensazione di non averlo gradito da qui alla fine del post, ma solo perché ritengo che Matt Reeves sia bravo e da quelli bravi, bisogna per forza pretendere di più, da qui in poi moderati SPOILER, niente di drammatico, ma preferisco avvertirvi visto che scenderò un po’ nel dettaglio.
Esattamente come successo a Spidey per la sua terza incarnazione cinematografica, anche L’Uomo Pipistrello di “Il Batman” è un personaggio che comincia in media res, il che vuol dire che questo è il primo Bat-film che si svincola dall’iconografica scena della collana di perle della signora Wayne strappata a forza in un vicolo di Gotham, già per questo Reeves si meriterebbe un applauso. Ma a proposito di iconografia, affrontiamo subito il Bat-elefante in mezzo alla stanza.
Lo sapete come sono i cinefili no? Non mi riferisco per forza a quelli stipendiati, con la pipa e gli occhiali, questa è una piaga che affligge tutta la categoria: l’odio per il genere. Se un film piace deve essere per forza d’autore, in quanto cinefili colti non possiamo permetterci di apprezzare quella roba che piace al volgo, quindi esattamente come per Joker, sui Social-Cosi è già ricominciata la diatriba per cui “IL Batman” non sia un “cinecomics”, ve lo dico fuori dai denti: cazzate. Matt Reeves ambienta il suo film tra il 31 ottobre e il 6 novembre, strizzando l’occhio alla saga a fumetti “Batman – Il lungo Halloween”, ma poi pesca a piene mani da Batman – Terra Uno, da cui arriva quasi tutto il resto: Pinguino e l’Enigmista come cattivi di turno, Catwoman come alleata, la Batmobile più “Muscle car” che alucce e fronzoli, così come la sotto trama legata al passato torbido della famiglia Wayne, volete la prova definitiva? Il cognome da nubile di mamma Martha non è Kane come da canone fumettistico, ma Arkham, proprio come in Batman- Terra Uno quindi… STACCE cinefilo con pipa e occhiali! È un cinecomics a tutti gli effetti, secondo giro di applausi per Matt Reeves che ha dimostrato di averli letti i fumetti, il che è molto più di quanto fatto da molti degli altri precedenti Bat-registi.
La formula di Matt Reeves che ha funzionato per le sue SIMMIE va quindi a braccetto con il successo di Joker, ovvero facciamo un “Taxi Driver” (1976) in salsa “Re per una notte” (1982) per coloro che un film di Scorsese non lo guarderebbero mai, se dentro non ci mettiamo un personaggio che arriva da un fumetto, se è Batman bene, se è Joker tanto meglio, qui? Stessa cosa, infatti Reeves pesca a piena mani dal noir o meglio, dal neo-noir anni ’90, quindi sotto con dosi abbondanti di “Seven” (1995) e già che ci siano anche parecchio “Zodiac” (2007), perché per Reeves il nord magnetico per questo film è David Fincher, ma non mancano nemmeno strizzate d’occhio al Il Corvo di Alex Proyas (ora ho capito da dove arriva l’articolo prima del nome!), con un protagonista oscuro, tormentato e in generale “preso male”, che si muove sulle note di “Something in the way” dei Nirvana, scelta musicale impeccabile anche se quando il Cassidy quattordicenne sempre incazzato di allora, quando ascoltava “Nevermind” questo pezzo lo saltava l’80% delle volte perché era una palla anche per la mia adolescenziale depressione (storia vera). Quindi dopo questo “IL Batman” cerchiamo di non andare tutti in giro come novelli Kurt Cobain ok? Gli anni ’90 sono finiti da tempo, anzi ho un post su questo argomento in rampa di lancio la prossima settimana.
Devo dire che l’inizio del film è micidiale, Matt Reeves si gioca la voce narrante del protagonista (che fa subito Frank Miller) e questo nuovo Batman è quello con tanta rabbia nel cuore di Terra Uno, gli mancherà l’esperienza ma compensa cercando di instillare la paura nei criminali. Visto che dico continuamente che ogni grande film dovrebbe sempre avere una scena in metropolitana, Reeves se la gioca subito e l’entrata in scena di Pattinson in costume (anzi, Battinson) è perfetta, con quel «Io sono Vendetta» ringhiato che arriva anche quello da Terra Uno, oltre a diventare il mantra del personaggio.
Menzione speciale a Michael Giacchino, uno dei migliori compositori troppo poco citati in circolazione, uno che in carriera ha rimesso le mani sui temi di tutti i grandi classici (perché il cinema contemporaneo è malato di malinconia) senza mai imitare nessuno, che qui riesce nell’impresa di svincolarsi da due giganti come Danny Elfman e Hans Zimmer, firmano una colonna sonora che è una campana a morto, un memento mori per un protagonista che come da celebre frase, medita vendetta quindi tiene aperte le proprie ferite. In alcuni momenti Giacchino è talmente bravo, che la tensione del film arriva più dalla sua colonna sonora che dal ritmo (a tratti soporifero) imposto dal regista.
Vogliamo parlare degli cast? Paul Dano con quella sua faccia da bambolotto assassino è perfetto per il facente funzione di John Doe, l’avversario proletario venuto a far implodere il letamaio chiamato Gotham, la sua prova è tutta un ansimare feroce, utilizzando una voce a tratti stridula, assegnazione perfetta per un attore specializzato in ruoli passivo-aggressivi. Peccato per il faccia a faccia finale con la sua nemesi, in cui per motivi imprecisati (forse per raggiunge un minutaggio extra per il film) ogni volta si pronuncia il nome «Bruuuuuuuuuuuce… Waaaaaaaaayne» proprio così, allungato e dove Dano impegnato a cantare l’Ave Maria di Schubert è una di quelle scene che in un’altra epoca sarebbe stata materiale per ZAZ o per Mel Brooks. Vi va di culo che non è più tempo di parodie cinematografiche degne di questo nome, ormai i film sono spesso già delle auto-parodie.
Il pinguino interpretato da Giancarlo Magalli Colin Farrell invece è la quota De Niro in “Gli Intoccabili” (1988), talmente sopra le righe nella recitazione che sotto quel trucco avrebbe potuto esserci chiunque, anche Colin Farrell a cui la produzione ha vietato di far fumare sigari al suo personaggio per non turbare i dodicenne (storia vera). Sul perché sia stato necessario conciare Farrell da Magalli non lo so, cioè lo so, i caratteristi ad Hollywood sono una razza in via d’estinzione, l’ultimo rimasto qui interpreta Alfred, ma solo perché è l’attore feticcio di Matt Reeves.
Avevo delle aspettative per il maggiordomo di Andy Serkis, che si muove con un bastone in quanto ex miliare (la stessa caratterizzazione del personaggio vista in Terra Uno, cinefili colti, sapete cosa dovete fare), purtroppo il suo personaggio resta sullo schermo pochissimo e il rapporto paterno conflittuale con Bruce Wayne va sotto bevendo dall’idrante rispetto a quanto già visto in Gotham, la versione di Sean Pertwee non avrebbe mai fatto gli errori banali che fa questo Alfred, ma secondo me perché il personaggio va ancora ritoccato in CGI in post produzione, con Serkis di mezzo non mi stupirebbe.
La Catwoman di Zoë Kravitz funziona molto bene, oltre a rappresentare la quota anti patriarcato bianco che altrove considererei una convenzione del cinema targato 2022, ma qui applicata al suo personaggio funziona. Anche lei è in cerca di vendetta e con irrisolti paterni che levati (ma levati proprio), una versione proletaria di Batman, che ovviamente attrae l’uomo pipistrello, non solo perché è fatta a forma di Zoë Kravitz, ma soprattutto perché per un giovane borghese bianco, il massimo delle ribellione è trovarsi una che arriva dal popolo, ne sanno qualcosa anche a Buckingham Palace ora che ci penso. Peccato che la Catwoman di questo film non sia più che questo, perché tutti i personaggi in un film che si intitola “IL Batman” finisco per essere appena accennati, largamente sottoutilizzati e più in generale, sullo sfondo rispetto al protagonista, quindi parliamone!
Robert Pattinson ha passato una vita a dimostrare di essere un attore, per altro riuscendoci benissimo, ma tanto per i Social sarà per sempre “Quello di Twilight”. Secondo me ha avuto delle palle monumentali ad accettare un ruolo per cui di norma, vieni perculato da tutti (citofonare Bat-Fleck per conferma) e poi idolatrato (citofonare Bat-Fleck per conferma). Tanto di cappello a “Battinson” perché tra tutti gli attori che si sono cimentati con il ruolo, lui è quello che passa più tempo in costume, anche affrontando il ridicolo involontario delle scene in cui Jim Gordon (Jeffrey Wright) lo fa girare sulle scene del delitto, vestito come uno pronto per la festa di Carnevale. Il buon vecchio Robert (classe 1986) secondo me è un po’ troppo in là con gli anni per il ruolo del – concedetemi il termine – “bamboccione” ricco e privilegiato, infatti il suo Batman che come si capisce dalla storia è in giro da due anni, è in pericoloso equilibrio tra l’essere un personaggio con poca esperienza e l’apparire come un tonto, equilibrio che il film più volte perde scivolando faccia a terra. Sorvolo sul procuratore distrettuale affetto da “Lalalismo” (la sindrome dei personaggi che se la cantano, spifferando tutto quello che sanno facendo appunto «La la la! La la la!») e passo subito alla portata principale.
Ho apprezzato l’idea di Matt Reeves di svincolarsi da tutte le altre versioni già viste del personaggio, cavalcando il lato Detective di Batman, io sono uno che ama gli indovinelli, ma non sono molto bravo a risolverli, me la cavo con quelli più semplici, quelli che il più delle volte puoi decriptare facilmente se hai una buona padronanza dei sinonimi, quelli su cui per altro sono basate quasi tutte le domande dell’Enigmista visto che li ho azzeccati tutti (storia vera). Non lo dico per fare quello che piscia più lontano, ma semplicemente perché se tu Matt, benedetto figliolo, hai in testa di fare un noir, il John Huston di “Il mistero del falco” (1941) ti avrebbe sputato in faccia davanti ad una trovata come quella del “Rata alada”.
Una menata che fa crollare buona parte della credibilità di un film che ricerca il realismo a tutti i costi, quindi ancora una volta i lasciti Nolaniani (quanti danni ha fatto ai film tratti da fumetto quell’uomo?), anche se purtroppo bisogna dire che il doppiaggio non fa un buon servizio al film, metà degli enigmi sono intraducibili in italiano, tipo il doppio significato della parola “lie”, giusto per fare un esempio.
Ora, io capisco le esigenze commerciali, la trovata trans mediatica del sito sulla quale cliccare per comunicare con l’Enigmista (che roba anni ’90 sembrano tornati i tempi del sito di Space Jam), ma possibile che davanti alle parole “Ratto con le ali” un tizio che va in giro vestito da pipistrello non pensi immediatamente alla riposta più semplice? Evidentemente insieme al suo maggiordomo e a Gordon, si Batman rappresenta l’ufficio complicazioni cose semplici di Gotham City.
Mancava solo che dicessero: «Anche il Dodo aveva le ali, andiamo al museo di storia naturale di Gotham!», questa trovata risibile fa girare a vuoto la trama di “Il Batman” per svariati minuti, tutti passati a dare la caccia ai personaggi “alati” che a Gotham non mancano, si comincia con il Pinguino e siamo fortunati che la scena d’inseguimento in auto è una vera bomba, il film di Matt Reeves ha pochi momenti d’azione ma meritevoli, però non scomodiamo Billy Friedkin vi prego, ho finito una rubrica su di lui da poco e per quanto buona la scena, non è così buona, anche se l’ispirazione di Reeves arriva tutta da lì.
L’altro momento ammazza ritmo è legato all’altro pennuto della trama, Carmine Falcone (Franco Battiato John Turturro) una lunga sotto trama importante che però mette in pausa il personaggio dell’Enigmista parcheggiato brutalmente in panchina, anche se sulla carta, dovrebbe essere la minaccia numero uno della città. Una volta sbrigata questa faccenda, si può andare in scena con il finale, ma a quel punto “IL Batman” si è già trasformato in un golem da 175 minuti reso soporifero da un ritmo ondivago.
Nel finale poi torna la formula Reeves: abbiamo omaggiato e scopiazzato abbastanza film d’autore, tutti citati in modo urlato così che anche l’ultimo degli spettatori possa capire i riferimenti? Bene! Infatti con lo stesso livello di grazia va in scena il duello finale condito dal metaforone, anzi per stare in tema, da IL METAFORONE.
Il mantra di Batman («Io sono vendetta») in bocca ad un altro personaggio fa capire al protagonista dove stava il suo sbaglio, il suo errore di approccio, per mettere in chiaro che il personaggio ha capito la lezione Reeves cosa fa? Si gioca il metaforone di Batman, in alto rispetto al popolo in difficoltà di Gotham, su una piattaforma sospesa che è il piedistallo da ragazzo ricco, preso male e imbronciato che è stato, quindi Bats salta già dal suo piedistallo per scendere tra la gente, aiutando il prossimo, anche se quella che ottiene è una vittoria di Pirro, perché bisogna tenere la porta aperta per un seguito (con tanto di ridacchiante “Unseen Arkham Prisoner” stando ad IMDB con la voce di Barry Keoghan, che lascia intendere i Joker futuri, lo ha fatto anche Nolan no? Possiamo essere da meno? GIAMMAI!) ma soprattutto perché alcune delle precedenti incarnazioni del personaggio al cinema più che vincere, al massimo pareggiavano. In tal senso Matt Reeves, in piena ansia da prestazione, ha dovuto tenere conto di tutti i suoi predecessori, a volte ha saputo svincolarsi alla grande, in altri momenti proprio no.
In generale “The Batman” detto “Il Batman” è un film bello che non mi è piaciuto, non in pieno almeno, quindi da questo punto di vista è identico a The War. Non sono bravo a fare le previsioni, ma con la sua ansia dettata dal prendere le distanze dagli altri Bat-film e la sua propensione a far fare a Batman “il giro delle sette chiese di Gotham”, mi giocherei il classico dollaro sul fatto che per il prossimo capitolo, Reeves sceglierà di ispirarsi al ciclo di storie a fumetti intitolato “Hush”, ma spero solo che prima si liberi di quell’ansia di realismo a tutti i costi e da quella voglia di far sembrare autoriale un film che comunque si intitola sempre “The Batman”, che ha sempre come protagonista un tizio con mantello, maschera e orecchie a punta.
Fateci caso, Reeves ha un detective come protagonista, quindi va in fissa dura con un discorso (ammettiamolo, piuttosto didascalico) sullo sguardo, il suo Batman vede per capire, in un’idea di cinema che fa molto “Michael Mann per principianti”. Ecco quindi le lenti a contatto che registrano tutto e creano una connessione tra Batman e Catwoman, il cattivo che conosce la verità e per questo vede meglio degli altri (infatti ha gli occhiali da vista sopra la maschera… Ottimi per non farsi prendere a pugni, non si picchiano quelli con gli occhiali), oppure Batman e il Pinguino che si osservano dagli specchietti delle loro auto così come Battinson che saluta Zoë Kravitz, guardandola andare via dallo specchietto retrovisore della sua Bat-moto. Questa ossessione per lo sguardo che fa molto cinema d’autore torna nel discorso finale di Batman (che inizia con le parole «Comincio a vedere qui…») e spiega tutto quel fottio di primissimi piani sugli occhi (truccati) di Battinson. Vi va un gioco alcolico? Un sorso ad ogni primissimo piano sugli occhi di questo film, non durerete 175 minuti, ve lo garantisco.
Quindi posso dire che “The Batman” è un buonissimo film pieno di difetti più o meno grossi, con quella sua voglia di apparire più bello e autoriale di quello che davvero è? Sono sicuro farà strage di cuori ma io voglio fare come l’Enigmista spiattellandovi in faccia la verità dei fatti: per convincere alcune persone ad andare in sala a vedere un noir o un neo-noir, che strizza l’occhio a Fincher e prova a giocarsi momenti alla Friedkin cosa deve fare Hollywood? Metterci dentro un tizio vestito da pipistrello, proprio come aveva bisogno di Joker per convincere una fetta di pubblico a riscoprire “Re per una notte” (1982).
Quindi cosa dobbiamo fare? Sperare che la Distinta Concorrenza rifaccia Vivere e morire a Los Angeles con Speed Demon? Oppure “Breakfast Club” (1985) con i Teen Titans? Perché non “Elephant Man” (1980) con Swamp Thing? O L’esorcista con John Constantine? Questo è lo stato del cinema “con tematiche adulte” anno di grazia 2022, anno della tigre secondo il calendario cinese, ma forse dovrei dire del pipistrello, anzi del “Rata alada”. Vi ricordo lo speciale dalla Bara dedicato all’Uomo Pipistrello.
Sepolto in precedenza mercoledì 9 marzo 2022
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