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The Boys di Garth Ennis (2006): i supereroi sono il male, vi presento la cura

Nel 1986 Alan Moore si chiedeva who watches the watchmen? Nel 2006 Garth Ennis ci ha dato la risposta. Se i “Super” non rigano dritto, ci penseranno i Boys a dar loro sonori calci nel sedere!

Chi ha una certa familiarità con le opere dell’autore nato nell’Irlanda del Nord, avrà di certo notato che ad Ovest dei lavori molto personali (come Preacher) Garth Ennis procede spesso per tentativi, molte suo storie iniziano con un registro estremamente grottesco e goliardico, quasi delle provocazioni perfettamente nelle corde di un iconoclasta come Ennis.

Alcune esauriscono la loro – spesso dirompente – forza propulsiva presto e si concludono come nel caso di “Le cronache di Wormwood”, altre serie invece, vuoi un po’ per il loro successo, vuoi perché nascono da spunti più complessi, si rivelano essere un filone aurifero capace spesso di trasformarsi in un successo, un po’ quello che è accaduto a “The Boys”.
Pubblicata inizialmente nel 2006 dalla Wildstorm (proprietà della DC Comics), la serie si è trasferita alla Dynamite Entertainment, per il semplice fatto che la Distinta Concorrenza, non poteva permettersi di
pubblicare una serie, che con il suo altissimo tasso di sesso e violenza, prendeva apertamente per i fondelli i super eroi a fumetti, che rappresentano il principale introito della casa di produzione. Firmato il “divorzio” molto consensuale per tutte le parti, i Boys di Garth Ennis hanno potuto proseguire
la loro corsa per un totale di 72 numeri fino al naturale finale della storia, nel novembre del 2012.
«Ora Skynet i Super li teniamo per le palle» (quasi-cit).

Qui da noi, la serie è stata interamente pubblicata dalla Panini Comics in svariate edizioni, e da poco i Boys sono diventati una serie tv di Amazon Prime (prossimamente su queste Bare), ma la bellezza di “The Boys” è un’altra, oltre al semplice e personalissimo gusto di essere il fumetto da sbattere in faccia a tutti quelli che sostengono che Ennis abbia terminato le idee. Sono pochi ma ogni tanto qualcuno salta su con questa “ideona”.

Il papà di Preacher si è guadagnato sul campo l’etichetta di uno che odia i super eroi, impossibile
negarlo visto che più volte ne ha maltratti parecchi sulla pagine dei suoi fumetti. Tecnicamente non è così esatto visto che Ennis ha scritto anche bellissime storia con protagonisti i “Super”, ma per sua stessa ammissione ha sempre odiato il modo in cui le super calzamaglie dominano il mercato dei fumetti americani, una situazione che se ci pensate, è stata replicata anche sul grande schermo.
Ma se Hitman era un modo per dimostrare che anche all’interno della continuity dell’universo DC,
Ennis poteva raccontare storie alternative, finendo a maltrattare qualche “Super” (come Lanterna Verde oppure gli stivali di Batman) come effetto collaterale, “The Boys” non prende prigionieri, questa serie ci dice cosa chiaramente Ennis pensa dei tipo in calzamaglia: se esistessero nella realtà, sarebbero il male del mondo. Un male che avrebbe bisogno di una “cura” all’altezza.
Signore, signori, vi presento la cura alle super calzamaglie.

Nel mondo di “The Boys” non solo i super eroi esistono, ma sono anche dei degenerati che abusano dei loro poteri e della loro celebrità. Dietro alla loro facciata da eroi dai nomi altisonanti e dai costumi sgargianti, si nascondono i peggiori pervertiti che la vostra mente (e quella di Ennis) possano immaginare.

I “Super” – come vengono definiti in maniera volutamente dispregiativa – devono i loro poteri al composto V, una sorta di siero creato da uno scienziato nazista negli anni ’40 e subito riciclato come nuova frontiera del mercato delle armi dalla Vought-American, multinazionale responsabile di svariate stragi in giro per il mondo, che possiede di fatto tutti gli eroi del pianeta, che sono davvero tanti e tutti molesti.
Si parte dai più famosi i “Sette” – immaginatevi pure una versione sotto acido della Justice League – ma non mancano nemmeno gruppi minori come i “Rappresaglia” oppure le mille incarnazioni dei “G-Men”, chiaramente ispirati agli Uomini-Pareggio della Marvel. Spero non vi sfugga l’ironia: I “Super” sono un’infinità, e sono tutti di proprietà di una multinazionale, ogni riferimenti ai colossi dell’industria
fumettistica come Marvel e DC Comics è puramente voluto.
Per Garth Ennis il male, svolazza con addosso un mantello.

I “Sette” alternano pubbliche virtù a parecchi vizi privati, e a ben guardare le virtù non sono nemmeno così tante visto che non sono stati in grado di fermare l’attentato terroristico dell’11 settembre, malgrado i loro tanti poteri e i bei costumi. Per questo bisogna rimettere insieme i “Boys”, un quintetto di agenti della CIA – ma non ufficialmente – che si occupano proprio di regolamentare il comportamento dei Super, quando la fanno fuori dal vaso. I loro metodi? I più intimidatori possibili, perché quando il tuo bersaglio è super forte oppure super resistente, l’ultimo dei tuoi problemi è trattarlo con i guanti bianchi.

Di fatto i Boys fanno i bulli con i bulli, infatti il loro capo è il più bullo di tutti, l’Inglese Billy Butcher (detto il macellaio) rimette insieme la vecchia banda, una serie di gatti senza collare di tutto rispetto, come il suo fidato braccio destro, Latte Materno, oppure il pazzoide francofono noto come il Francese, fino ad arrivare alla più pericolosa di tutte, una donnina orientale che farà forse 50 chili, che ovviamente è la più
letale di tutti, si chiama la Femmina delle Specie, e se ve lo state chiedendo si, è una citazione a Rudyard Kipling.
«Perché la femmina delle varie specie è più mortale del maschio»

Avevo detto cinque componenti però, bisogna trovare qualcuno che sopperisca all’assenza di uno dei membri fondatori del gruppo, Mallory. Billy lo trova in scozia, si tratta del trentenne “piccolo” Hughie, un ragazzo che ha visto la sua fidanzata, strappata via (letteralmente!) dalle sue braccia da un super, A-Train, una sorta di Flash che l’ha spappolata correndole sopra a super velocità, oops!

Hughie da allora odia i super con tutte le sue forze, anche se fa tenerezza, il ragazzo non ha nessuna preparazione militare e per di più, il disegnatore Darick Robertson lo rappresenta volutamente con le sembianze di Simon Pegg, che ovviamente da buon nerd ha gradito molto di ritrovarsi protagonista di un fumetto di Garth Ennis (storia vera).
Voglio un fumetto di Ennis anche per Nick Frost.

Ennis sfrutta il vecchio trucco di introdurre al suo pubblico, il mondo e le regole della storia che sta raccontando, attraverso gli occhi di un personaggio con tratti del tutto comuni, con cui i lettori possono immedesimarsi, se da una parte grazie a Piccolo Hughie, facciamo la conoscenza dei Boys e delle malefatte dei Super e della Vought-American – raccontante da la Leggenda, un omaggio/parodia a Jack “The King” Kirby – quando possano fare schifo i Super lo scopriamo grazie alla nuova fiamma di Hughie, la bionda Annie, membro degli “Young Americans” con il grande onore di essere promossa in prima squadra, peccato che il suo rito di iniziazione tra le fila dei “Sette” sarà roba degna di Harvey Weinstein, quando ancora non faceva figo citarlo come esempio negativo.

Grazie alle matite morbide ma dettagliate di Darick Robertson (e alle sue anatomie tutte matte), Garth Ennis si diverte a farcire la prima parte della storia di ogni genere di sordida porcheria attribuibile a quei degenerati in calzamaglia, descritti come dipendenti da sesso e ogni genere di sostanze, ma allo stesso tempo omofobi e intolleranti contro chiunque, specialmente a quei “normali” che li venerano.
«Non è come sembra, stavamo ehm, combattendo il male»

La prima parte di “The Boys” cavalca il registro grottesco e provocatorio che ad Ennis riesce naturale, leggendo i primi numeri della serie, sembra di trovarsi chiaramente davanti a qualcuno che non aspettava altro che sfottere i Super in tutti i modi possibili, per questo non mancano personaggi assurdi come l’ex supereroe sovietico, ehm, Salsiccia dell’Amore. Non fate domande, non volete sapere.

L’apice della voglia di sfottere tutto e tutti di Ennis, viene raggiunto con il ciclo di storie – disegnate dal sodale John McCrea – intitolate “Eroegasmo”, da qui in poi si inizia a fare davvero sul serio, Ennis cambia marcia e non si volta più indietro, dando spessore ai personaggi e intrecciando le loro storie fino a farci affezionare davvero a loro, anche grazie a due storie dedicate al passato dei personaggi, come quello di Piccolo Hughie (“Il ragazzo delle Highlands”) e quello di Butcher. In “Macellaio, fornaio, candelaio” capiamo il perché dell’odio di Billy per i Super, ed onestamente diventa anche difficile dargli torto.
In un qualunque fumetto di supereroi, quello a destra sarebbe il cattivo. Qui è l’abbastanza buono.

Ma il bello di “The Boys” è che malgrado la netta divisione tra schieramenti, ad essere così marcata non è per forza la divisione tra buoni e cattivi, certo alcuni personaggi sembrano irrecuperabili, come il capo dei
Sette, il Patriota (un Superman particolarmente stronzo) ma anche lui nel finale rivelerà la sua vera natura. In “The Boys” i Super vengono spogliati della loro gloria e gli umani, si rivelano in tutte le loro fragilità, mai per forza buoni oppure cattivi, ma decisamente più complessi e sfaccettati di quanto la premessa iniziale poteva far immaginare.

Nel suo voler schiacciare sotto la suola degli anfibi il dominio dei super eroi, Garth Ennis e i disegnatori che si sono alternati a Darick Robertson su queste pagine, Peter Snejbjerg, Carlos Ezquerra, Russ Braun e il già citato John McCrea, ci raccontano il viaggio dell’eroe Piccolo Hughie ma con la precisa volontà di togliere a quei tizi in calzamaglia aderente, il primato di essere gli unici a rappresentare – in modo spesso limitato per via della censura dei propri fumetti – le virtù e i vizi dell’animo umano.

Si informano i viaggiatori che A-Train, viaggia con diversi minuti di ritardo causa rapimento e pestaggio.

Per uno come Garth Ennis cresciuto con “Judge Dreed”, “Dan Dare” e le storie di guerra, gli eroi non sono interessanti quando sono invincibili e senza macchia, per questo abbiamo bisogno dei Boys, che non indossano mantelli ma cappotti, e che non usano maschere, al massimo anfibi.

Perché se da grandi poteri derivano grandi responsabilità, quando qualcuno con grandi poteri, non vuole prendersi quelle responsabilità cosa bisogna fare? Dargli grandi calci nel culo, ecco cosa!
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