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The Bye Bye Man (2017): il nuovo che avanza (rimettilo in frigo)

Per scegliere i film da vedere, spesso non mi pongo troppi problemi, anche perché devo ammetterlo, convincere me a guardare un film è facile come sparare ai pesci in un barile.

Questo “The Bye Bye Man” ha attirato la mia (e non solo) attenzione, grazie ad una campagna pubblicitaria impostata sui toni bassi, senza per forza dover cercare il titolo da sbattere in prima pagina a tutti i costi, una cosina delicata del tipo, cito a memoria: “Dopo Nightmare e Venerdì 13 il ritorno di una nuova grande maschera del cinema Horror!”, capito no? La sagra del “La tocco piano” dei toni bassi.

Non sono proprio io che credo a tutta tutta la pubblicità che sento e leggo in giro, ma alla fine ho pensato: “Che diavolo, vediamo cos’ha combinato la regista Stacy Title!”, ritornata a dirigere dopo dieci anni di assenza (non faccio battute, sarebbero troppo facili) sempre in coppia con suo marito, l’attore Jonathan Penner che qui scrive la sceneggiatura.

Si parte forte con una scena ambientata sul finire degli anni ’60 nel classico quartierino americano con le case tutte uguali con il giardino, un po’ come se il protagonista di “A Serious Man” dei fratelli Coen imbracciasse un fucile e si mettesse ad ammazzare i vicini cantilenando “Don’t say it, don’t think it”, ecco, penso che se non mi sbrigo a scriverne, tempo tre giorni e di questo “The Bye Bye Man” ricorderò solo questa scena e non perché mi sforzo di non pensare al cattivone del film come fanno i protagonisti.

Niente tv e niente birra rendono Homer pazzo furioso (cit.)

Più che il caro vecchio Jason qui, “The Bye Bye Man” mi ha fatto pensare a qualche vecchia maschera horror che ai tempi cercarono di lanciare come il nuovo che avanza, parlo di “Jeepers Creepers” (2001) che ha generato almeno un seguito, ma non è certo passato alla storia, malgrado il fatto che almeno di quel film ricordo ancora qualcosa, di questo? Ribadisco meglio se mi sbrigo.

Anche qui ci troviamo di fronte al tentativo di lanciare un uomo spauracchio ad alto potenziale di seguiti, basato su una leggenda urbana americana inventata apposta per il film, esattamente come per Jeepers Creepers, inoltre l’idea del male che come un germe si propaga, in grado di diffondersi e spingendo le persone a compiere atti orribili, è un tema sempre valido che, però, era già stato sfruttato prima, di più e soprattutto meglio già nel 1992 con quella bomba di “Candyman” di Bernard Rose.

Quindi, capisco che tutto quello che fa anni ’80 ultimamente tira, però qui più che Jason e Freddy, sembra di stare al mercatino dell’usato degli anni ’90, se questo è il nuovo che avanza, mettetelo pure in frigo, lo mangerò un’altra volta.

«No basta! Non posso più sentire tutte questa cattiverie sul film!»

Il solito gruppetto di giovinastri da film horror, composto dal bravo figlio Elliot (Douglas Smith visto in Ouija), la fidanzata bionda Sasha (Cressida Bonas… Che giorno cade Santa Cressida sul calendario?) e l’amico nero simpaticone John (Lucien Laviscount… Ok, gli Americani hanno dei Santi diversi dai nostri mi sa), che si trasferiscono nella nuova casa che conserva ancora i segni e i segnacci dei precedenti inquilini, in particolare il fondo di un cassetto su cui è stato scritto a ripetizione “Don’t say it, don’t think it”. Cosa fai se scopri qualcosa di inquietante in una vecchia casa in cui ti trovi quando sei un nero, una bionda e un bravo ragazzo? Facile: fai una seduta spiritica! Vi giuro che mi annoio pure a scriverne, assurdo che ancora si producano film così.

Se avessi un Euro per ogni horror con sedute spiritiche che ho visto, farei la carità a Mark Zuckerberg.

Il resto segue l’abecedario dei film Horror pagina per pagina, la scoperta dell’orrore, la consapevolezza sulle sue regole, fino allo scontro a viso aperto con il Babau in carica, il tutto condito dai solito “Salto-Paura” che io non so a chi possano fare paura sul serio.

Voi direte: “In un film della durata di 96 minuti, ok i Jump Scare, ma la tensione?”. No, niente, latita completamente, a dominare tutto è la noia, vi giuro che a fine film, avevo la sensazione di aver appena visto una pellicola di tre ore, non un horror a target adolescenziale da vedere in totale leggerezza.

Guarda che non è così che si prende il treno!

Chiaro che “The Bye Bye Man” non possa contare su un grande budget, ma fino ad un certo punto, perché comunque l’entrata in scena del mostro, è anticipata dall’arrivo di un brutto cagnaccio fatto in pessima CGI che non fa NULLA, arriva, passa a se ne va, ho sperato che almeno facesse una pipì sul pavimento, ma evidentemente la CGI è talmente scarsa da non potersi permettere nemmeno questo.

Inoltre, nel cast fa capolino una svogliata Carrie-Anne Moss nei panni dell’unica detective che intuisce che qualcosa di sinistro sta per accadere e come il cane, non fa una mazza di niente (storia vera), in compenso, l’unico salto che ho fatto sulla sedia è quando ho visto comparire Faye Dunaway, che qui in mezzo a ‘sta roba spicca anche se compare pochissimi minuti.

«In lontananza sento un suono, l’eco del cazzo che me ne frega di recitare ‘sta roba»

Quindi, budget scarso, ma siamo già a due nomi famosi nel cast e aggiungete anche un terzo, quello del mitico Doug Jones, storico collaboratore di Guillermo Del Toro che qui, ovviamente, ha il compito di fare da ripieno al Bye Bye Man, infatti le ditone lunghe agitate in aria sono il marchio di fabbrica di Jones, ma sono anche l’unico dettaglio memorabile del personaggio.

Ormai Jones è così, arriva, si fa ore di trucco, poi va sul set e muove le manone e ancora più velocemente le utilizza per ritirare l’assegno. Un po’ pochino, roba da sperare che Del Toro faccia un nuovo film subito!

Tana per Doug! Con quelle dita ti si riconosce facile.

Nei 96 minuti del film, non si vede nemmeno per errore una novità, un cambio di direzione rispetto a schemi, situazioni (e finale) già visti altre cento volte prima, tutto è ripetitivo e grossolano, il fatto che la gelosia porti immediatamente alla violenza, gli ammazzamenti sono abbastanza divertenti, ma è un mediocre tentativo da parte mia di cercare di dire qualcosa di buono sul film, ho trovato stupido persino il fatto che il protagonista in auto, per cercare di tenere la mente occupata e non pensare a nulla, ascolti alla radio la celebre “Bye Bye Love”, ma porco mondo! Non devi pensare al mostro che si chiama Bye Bye Man e ascolti Bye Bye Love? Ma sei scemo o mangi i sassi?

La cosa che trovo più spaventosa di tutta questa operazione è che ancora si cerchi di spacciarla pure per nuova, quando invece è il peggior riciclaggio possibile di vecchie idee, già faccio sempre più fatica a guardare i film nuovi, ma se il nuovo è questo, io torno a rivedermi “Candyman”, anzi sapete che vi dico? Addio, anzi, Bye Bye!

Sepolto in precedenza mercoledì 3 maggio 2017

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