In realtà penso di essere la persona meno adatta ad
affrontare i film della saga di “The Conjuring”, badate bene, non me ne perdo
uno nemmeno per errore, però questa
formula ormai collaudata di fare film mi annoia più che crearmi vero interessare.
Bisogna dare atto a James Wan (in amicizia detto Pupazzo
UAN) di essere davvero riuscito a creare un “universo cinematografico” concreto, trovata che che fino a qualche tempo fa era molto di moda ma che sta progressivamente
perdendo mordente, perché metterne su uno per davvero efficace è complicato, citofonare
alla Distinta Concorrenza per conferma. Ore pasti, grazie.
Tra i vari “Annabelle” e “The Nun” (2018), Wan ha portato
nel cinema horror per tutti (quello che trova regolare distribuzione in sala)
tutti gli esorcismi, i fantasmi e i bubusettetè che il pubblico in cerca di
brividi desiderava, quindi bravo Wan per averlo fatto. Ma ci vuole un po’ di lucidità,
se possiamo criticare la Marvel per la sua capacità di sfornare titoli di
livello medio/alto fatti con lo stampino, dobbiamo riconoscere che James Wan ha
fatto lo stesso, la catena di montaggio dell’horror spaventa ragazzini.
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“Pupazzo UAN esci da questo blog, esci da questo blog!” |
Lo ha capito lui stesso che infatti, ormai è saltato giù dal
treno abbracciando nuove avventure, qualche supereroe tamarro, qualche altro supereroe tamarro e così via, ecco perché il terzo caso dei coniugi Ed e
Lorraine “Inculafantasmi” (cit.) Warren è stato passato con un passaggio dietro
alla schiena degno di “Pistol Pete” Maravich a Michael Chaves,
regista di “La Llorona – Le lacrime del male” (2019). Di fatto una promozione in prima
squadra, per continuare a cavalcare la metafora cestistica.
Voi direte: Cassidy ma se non ti perdi nessuno di questi
film, come mai non stai riempiendo questo post di quelle caratteristiche paroline
sottolineate che una volta cliccate, ti rimandano al post del film citato?
Grazie per la domanda. Sarò lapidario nella risposta, a me tutti questi film
annoiano da morire e scriverne tante volte, mi sembra più un obbligo che un piacere,
ah l’ho detto, che liberazione!
Da poco ho visto “Il sacro male” (2021) prodotto da Sam
Raimi, che mi è sembrato un Saint Maud
per tutti con tanto di “tarallucciatore” finale, ovvero la capacità di far finire le
storie a tarallucci e vino per chi non lo sapesse. Proprio scrivendo di “Saint
Maud” vi dicevo del mio problema con le storie di esorcismo, che oltre ad
essere legate a filo doppio alla religione, lo sono ancora di più
all’iconografia creata da Billy Friedkin nel 1973 con “L’esorcista”, ormai mi sembrano
tutti film fatti con lo stampino. Mi rendo conto che al pubblico piaccia andare
in sala, spaventarsi per qualche “Salto paura” (anche noto come “Jump Scare”) e
poi stemprare lo spavento perculando gli amici che se la sono fatta
allegramente nelle mutande, però alla lunga il giochino diventa noioso e basta.
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Sul serio, serve davvero che aggiunga un commento a questa immagine? |
Se non altro James Wan ci ha sempre creduto molto nel suo
“universo” legato ai coniugi Warren, che in carriera hanno affrontato così
tanti casi, da offrire materiale per altri 46 o 47 (morto che parla!) film, ma
anche a Lucius, che non vedo l’ora di esibirsi con il nuovo caso di Ed e Lorraine.
“The Conjuring – Per ordine del diavolo” non è affatto un
brutto film, diretto con puntiglio, montato e fotografato con cura e recitato
alla perfezione da Vera Farmiga e Patrizio Pallone Patrick Wilson,
entrambi ormai due icone del cinema horror contemporaneo. Insomma se andate
pazzi per “The Conjuring” anche qui ritroverete tutto quello per cui vi piace
spaventarvi, con i suoi pregi e i suoi difetti che per me, sono riassunti
dall’assenza in cabina di regia di qualcuno altrettanto coinvolto in questo
“universo” come il padrino dell’operazione, Michael Chaves fa un compitino
diligente ma in fin dei conti proprio questo, un compitino.
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Casa nuova dopo un trasloco e un materasso ad acqua, vecchie tradizioni horror. |
La storia vera (o presenta tale) che ispira il nuovo caso cinematografico dei Warren abbraccia quasi gli estremi del “Legal thriller”, si perché Arne
Johnson (Ruairi O’Connor) è stato il primo americano che in tribunale si è
difeso dall’accusa di omicidio, portando la possessione demoniaca come
argomento in sede legale. Lo so, stiamo scendendo lungo una china
scivolosissima ma questi sono i fatti,
il problema è che il film pare più interessato a continuare ad applicare la
formula collaudata che a dare davvero spazio ai personaggi.
Si comincia con un bell’esorcismo, Ed e Lorraine liberano il
dinoccolato (e con occhiali sul naso identici a quelli del regista Michael
Chaves) David Glatzel dallo DIMONIO! Il ragazzino di otto anni ritrova la sua
anima ma Arne Johnson, presente durante il rituale viene posseduto e finirà per
uccidere con 22 coltellate (stimate) il suo padrone di casa Bruno Sauls, sulle
note di “Call me” di Blondie, che Glatzel fa di tutto per cercare di rendere il
più sinistra possibile, ideale colonna sonora per Sauls che entra in scena
ringhiando tra un “Salto paura” e l’altro.
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La mia reazione, davanti all’ennesimo film del “Conjurinverse”. |
Ve lo avevo detto che non sono la persona giusta per
trattare questi film, “The Conjuring – Per ordine del diavolo” non ha nessun
particolare difetto se non quello di essere fatto con lo stampino. Inquadratura
fissa su un dettaglio potenzialmente pauroso, quel tanto che basta da far
concentrare tutto il pubblico su quel punto fisso dello schermo e far calare il
silenzio in sala, aspetta, aspetta ancora un paio di secondi e poi BOOM! Cambia
inquadratura e fai entrare in scena un mostrino che fa bubusettetè per
strappare qualche urlo facile.
Ormai lo hanno capito anche gli spettatori più giovani,
quelli che davvero gli unici Horror che guardano solo quelli prodotti da James
Wan, che il gioco è sempre lo stesso, funziona, paga dividenti al botteghino ma
per me era già stantio a partire dal secondo tempo del primo Insidious. Il fatto che Wan da quel primo tempo sia riuscito a
tirare fuori tutti questi film fotocopia, dice molto del suo talento, ma anche
del pubblico secondo me.
“The Conjuring: The Devil Made Me Do It” (il titolo
originale mi è più simpatico) si gioca le solite visioni di Lorraine che
corrono sempre più sul filo del rasoio, qui la vediamo alle prese con un
paffuto cadavere da obitorio ma anche con un dirupo birichino, da cui una mano
cadaverica (la famigerata… mano morta) cerca di trascinarla. A salvarla sempre
il solito Ed, anche lui sempre più pesto visto che gli anni passano per tutti e
dopo il primo esorcismo, il nostro rischia un mezzo colpo apoplettico.
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“Sai che forse Roger Murtaugh non aveva tutti i torti?” |
Inevitabile che dopo tutti questi “casi” insieme, ormai Ed e
Lorraine siano due icone che hanno saputo trascendere le loro controparti reali,
i personaggi a cui sono ispirati. A funzionare in “The Conjuring” non sono più
i casi reali (o presunti tali) portati al cinema e trattati come pura finzione
(però vera), quel senso di «È successo davvero, potrebbe succedere ancora!»
ormai è talmente calato nel cinema horror da risultare in automatico posticcio.
Quello che funziona è proprio la formula attesa-attesa-ancora un po’ di
attesa-SALTO PAURA! Che al pubblico pare piacere tanto, anche quando il legame
tra Ed e Lorraine, il loro modo di salvarsi sempre la vita reciprocamente,
viene portato in scena con la più banale rappresentazione della forza
dell’amore che trascende tutto e ci lega, talmente banale da passare quasi (ho
detto quasi) inosservato, in un film fatto con lo stampino, fatto bene, ma
sempre di catena di montaggio stiamo parlando.
Parafrasando il titolo originale, viene da pensare che Michael
Chaves abbia firmato il contratto urlando: «James Wan me lo ha fatto fare!»,
che poi potrebbe davvero essere il riassunto migliore di tutto il film. “The
Conjuring” da qui in poi potrebbe cambiare regista ad ogni nuovo film, ma di sicuro
non cambierà la formula che lo ha reso così popolare, amate questo schema? Vi
godrete anche questo terzo capitolo, per tutti gli altri, vi aspetto al bar
degli annoiati, quelli in cerca di brividi meno precotti.