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The Creator (2023): il film sulle I.A. che sembra scritto da una I.A.

Gareth Edwards il suo primo film lo ha girato in vacanza, aggiungendo tutta la post produzione sul computer di casa, il risultato era intimo con il cuore grande, “Monster” (2010). Il titolo che gli ha aperto le porte del cinema storicamente grande, con il cuore sempre più piccolo con il passare degli anni, prima Godzilla e poi Rogue One, da cui giova ricordarlo, era anche stato licenziato, sostituito e poi nuovamente assunto in corsa, perché i blockbuster sono così, prendere o lasciare.

Figuratevi la mia gioia nel sapere che un regista così talentuoso, aveva deciso di tornare alla fantascienza, con un soggetto spacciato come originale, anzi, spacciato come il Secondo Avvento nel mondo della fantascienza, non so che film abbiano visto le penne stipendiate yankee, ma vi giuro che i toni delle recensioni da oltre oceano erano su questo livello. Senza pressione Gareth!

Il mondo, dopo l’uscita di questo film, secondo i critici americani.

Ma secondo voi io cosa posso davvero dire di un film che ad un certo punto mette dentro una scimmia, di una tipologia che al cinema si vede poco e che per di più, usa un detonatore, vi rendete conto?! Una SIMMIA con un detonatore, che da quello che ho capito forse, è anche la sceneggiatrice di un film che definire ultra derivativo, pressapochista e ben poco originale per essere un soggetto venduto (e ultra celebrato) come tale, sarebbe quasi riduttivo. Anzi, io credo che se lo avesse scritto la SIMMIA dinamitarda sarebbe stato migliore, purtroppo questo film che parla di intelligenza artificiale, mi dispiace molto dirlo, ma sembra generato da una I.A. Lo so, non è la frase più brillante, innovativa o spiritosa possibile da giocarsi, ma anche per questo facevo il tifo per la scimmia. Una SIMMIA con un detonatore e questo non è il mio nuovo film del cuore, crimine!

Questa SIMMIA non ha nessuna voglia di scrivere Shakespeare, ha solo voglia di farlo esplodere!

Per me guardare “The creator” è stato un cortocircuito, per assurdo ho trovato più interessante la storia produttiva che il film stesso, perché Gareth Edwards ha recuperato lo spirito del suo primo lavoro, girando dal vivo nelle varie location sparse per il mondo per poi aggiungere in post produzione, beh, la fantascienza, ovvero tutto, robot, navi volanti, per un costo totale di ottanta milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, tanti? Pochi? Vi do subito un termine di paragone, I mercenari 4 per mettere su un cast di dubbio gusto e tre location, ha speso cento milioni (storia vera). 

Una scimmia con detonatore, un approccio al limite del “Guerrilla style” per tirare fuori un film di fantascienza dall’aspetto grosso, che però costa un terzo di quello che normalmente Hollywood spende per la stessa tipologia di film. Se solo avesse avuto una storia dietro, perché per assurdo quella produttiva è più interessante di quella banalissima della trama. 

Recentemente un frescone sul Social-coso di Zuckerberg, con evidenti problemi di rodimento di culo, mi ha criticato che il mio post su Blue Beetle fosse un elenco di titoli da cui pescava quel film, ne farei quasi un altro identico solo per dimostrare le mie conoscenze e provocare ad altro attacco di bruxismo al fenomeno da Social, ma il mio rispetto per Edwards mi impedisce di sparare sulla croce rossa e sul suo film in questo modo. Ma giusto per il fenomeno: I figli degli uomini, The last of us e District 9 e Terminator 2, buona digestione, tiè!

Croce rossa: la robo-polizia non può sparare

Nella trama l’umanità ha creato i robot e poi le I.A. per farcirli generando una parte nuova della popolazione, abbastanza ben integrata, ma ad un certo punto BOOM! Come da tradizione l’intelligenza artificiale sgancia una bomba su Los Angeles, per il frescone dei Social, Terminator 2, tiè piglia e porta a casa! Chi abbia organizzato l’attacco non si sa, ad Edwards interessano solo gli effetti a lungo termine, ma mettetelo in conto, molte domande sollevate dalla trama resteranno eternamente senza risposta.

Pensare che qualche tempo fa proprio Cameron ci aveva ricordato che lui sull’argomento ci aveva già messi in guardia, il tutto mentre si è appena risolto (o quasi) uno sciopero legato proprio all’uso della tecnologia, per regolamentata nel lavoro degli sceneggiatori. Quindi “The creator” avrebbe tutte le idee giuste (e una scimmia con un detonatore!) ma poi purtroppo fallisce per pressapochismo e pigrizia la costruzione del mondo, che esteticamente funziona solo perché Edwards è un drago, purtroppo visto che questa roba l’ha anche scritta, per farlo ha deciso di sfoggiare il freddo calcolo e la personalità frizzantina di un I.A. Ma poi cazzarola! Invoco il test del DNA, io non ci credo che quel palo, quel vuoto pneumatico che respira ossigeno e restituisce assenza di carisma che risponde al nome di John David Washington sia davvero il figlio di Denzel, test del DNA subito!

Questo non può essere il figlio di Denzel, non ci credo.

Il suo personaggio Joshua, assoldato per trovare il creatore del titolo, responsabile da solo nella giungla della Thailandia di aver creato l’I.A. di colpo perde moglie, figlia e un paio di arti, diventando triste, solo e disilluso. Cinque anni dopo, il creatore si manifesta nuovamente e secondo voi chi viene scongelato dalla pensione anticipata? Anche perché sembra che ci sia la remota possibilità di ritrovare la moglie di Joshua. Vi sa tanto di già visto? Aspettate siamo solo all’inizio. 

Il nuovo “Ordigno fine di mondo” non è il solito McGuffin ma quasi, si chiama Ellie ehm no, Grogu ehm no, Alpha One (Madeleine Yuna Voyles) una I.A. bambina come se fosse uscita da un film poco citato di Spielberg, destinata a riportare l’equilibrio, perché nel frattempo l’America ha messo al bando i robot, mentre la Nuova Asia li ha integrati come cittadini modello, anche perché hanno sviluppato sentimenti, vizi, gusti musicali, insomma sono persone normali ma di metallo, perché? Boh! Il film allaccia la sella del METAFORONE e la cavalca, accumulando domande senza risposta.

Le mancano le orecchie alla Baby Yoda, sono quelle che la fregano.

Una trovata riuscita di Edwards sta nel suo riuscire ad imprimere al suo film un tocco anni ’70, il regista sa dirigere bene scene di guerra in prossimità dell’acqua, lunghe, di grande respiro, con ampie panoramiche e tanti personaggi in azione tutti insieme, qui ne troviamo una bellissima, con un retrogusto da film sul Vietnam, visto che da una parte abbiamo cattivissimi soldati Yankee, contro buoni buonissimi robot Orientali ormai super integrati. Anche se poi ci sarebbe da trattare la questione del personaggio di Ken Watanabe, che ovviamente è in possesso di informazioni chiave (non si sa come) ma che comunicherà solo al protagonista perché sì, perché nei film si fa così e questo grandissimo filmone originale, destinato a salvare la fantascienza non inventa nulla, se non dal punto di vista estetico. 

Quando il tuo doppiatore italiano fa troppe pubblicità della Suzuki e tu, ti trasformi in una macchina.

La nave gigante è una figata, così come il design dei robot, ma non si scappa, “The last Creator of us” diventa un viaggio di un uomo con una bimba-messia, che diventerà percorso di formazione pronto a sfociare nel melò finale, che per carità! Se sai usarlo può diventare una forza, ma che qui si traduce in cosa? La scena strappalacrime mano sul vetro, perché? Perché questo film appoggiato, anzi sdraiato su riferimenti già visti, i cliché li utilizza tutti, ma proprio tutti. 

Ma tra i tanti problemi di “The creator” la costruzione del mondo dal punto di vista estetico non è tra quelli, purtroppo la trama lascia con tanti dubbi, che suonano come passaggi a vuoto della storia. Quando ci si affida molto al “World building” come fa Edwards qui, molte risposte dovrebbero arrivare già dall’ambientazione, è bello immergersi nella storia di un nuovo mondo e non avere tutte le risposte, almeno non sotto forma di tediosi spiegoni, ma sarebbe bello che proprio la creazione del mondo, ci fornisce informazioni su chi lo abita anche solo guardando, raccontando per immagini. Risposte che qui non arrivano, perché c’è un palese scollamento tra Edwards sceneggiatore ed Edwards regista, quindi invece di affidarsi ad un’intelligenza artificiale per buttare giù il copione, scegliersi uno scrittore umano, possibilmente capace, pagarlo con qualcuno di quei bigliettoni risparmiati dal bellicoso piano di risparmio del regista, brutto? 

Il robot con la mimetica nera, Drugo, quello sì che era un avversario (quasi-cit.)

Sarebbe bello che questo film con spirito anti-bellico, che ci dice che i diversi, in un eventuale guerra, vorrebbero solo essere lasciati in pace, con quella sua anima fricchettona e una scimmia con detonatore, facesse tanti soldi al botteghino, ma in sala eravamo in tre (storia vera). I blockbuster contemporanei avrebbero bisogno che il piano di risparmio di Gareth Edwards chiudesse in positivo, ma forse è questo il vero elemento di fantascienza legato a questo film, pensare che un titolo così oggi, nel 2023, possa attirare il grande pubblico e fare soldi. Siamo sotto il dominio del reparto marketing e delle I.A. sceneggiatrici ben più di ogni fantascientifica previsione di Edwards.

Sepolto in precedenza lunedì 2 ottobre 2023

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