Quando ho scoperto che questo “The dark and the wicked” era
l’ultima fatica di Bryan Bertino mi ci sono gettato a capofitto. Il che può
sembrare strano, perché il suo forse non è il nome più caldo nella scena horror
contemporanea.
Il suo esordio “The Strangers” (2008), fa ancora discutere
oggi, un film con Carpenter nel cuore che riusciva ad essere un buon esempio di
“home invasion”, che il suo seguito (scritto ma non diretto da Bertino) non è
riuscito in pieno ad eguagliare. Il suo The Monster mi aveva convinto a tratti,
ma questo non mi ha impedito di gettarmi comunque sulla sua ultima fatica,
perché alla fine, di riffa o di raffa Bertino si è fatto un nome e al momento,
posso dire che con questo “L’oscuro e il maledetto” mi ha piacevolmente
sorpreso.
Malgrado il virus che sta tenendo banco nel 2020, il film
sta facendo il giro dei festival (compreso il 38esimo Torino Film festival) e
al pari di Possessor di Brandon Cronenberg, riesce ad essere il secondo film in fila con una sosia di
Giorgia Meloni come protagonista. L’onore della somiglianza questa volta tocca
a Marin Ireland, non so se sia un problema mio che guardo troppi telegiornali
ultimamente, ma una doppia somiglianza alla Meloni in due horror lo trovo un
segnale sinistro lo stesso.
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“Oddio sono uguale a Giorgia Meloni!” |
La storia è quella di Louise (Marin Ireland) e suo fratello Michael
(Michael Abbott Jr.), due che ormai hanno preso strade diverse nella vita che
si ritrovano nuovamente insieme nella fattoria del Texas rurale dove sono
cresciuti, per un’occasione ben poco lieta però, a loro padre (Michael Zagst) ormai
manca davvero poco alla fine, questione di pochi giorni da passare insieme, anche solo per dare un minimo di supporto a mamma (Julie Oliver-Touchstone).
L’aria è pesante e la situazione più plumbea di così non
potrebbe proprio essere, comprensibile che mamma non sia al suo meglio, un po’
meno comprensibile che decida di scambiare le sue dita con le verdure che sta
affettando, in una scena in cui Bryan Bertino riesce a farci fare subito il
primo grosso “GULP!”, di un film bello tosto da questo punto di vista.
Lo scandire dei giorni sarà anche una citazione a Shining, ma i 93 minuti di “The dark and
the wicked” procedono come una parata funebre dal lunedì alla domenica, ad ogni
nuovo giorno succede qualcosa di sempre più sinistro e spaventoso nel vecchio
allevamento, tra le pecore e le capre ci avrà messo lo zoccolino anche il
satanasso? Bertino non offre una risposta chiara che forse nemmeno serve, il
suo film riesce a tenere sul filo anche così.
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Tanta bella allegria in famiglia. |
A bene guardarlo “The dark and the wicked” potrebbe essere
il Vostro solito film sulle possessioni, ma filtrato dall’elemento della
famiglia, che è quella che ti forma o ti rovina la vita, un piccolo luogo caldo
che nel cinema horror americano non manca mai, a volte è il posto dove si va a
rifugiarsi per scappare dall’orrore, a volte è proprio l’origine del male. Per
certi versi “L’oscuro e il maledetto” è la versione di Bryan Bertino di Relic, o magari Hereditary, il tema di fondo è stesso, il dover fare i conti con la
mortalità di una persona a cui vogliamo bene, solo che il regista e
sceneggiatore trova il modo di declinare tutto nel modo più spaventoso possibile.
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“Che aspetto ho? Io mi sento bene, ma sento il bisogno che qualcuno mi dica che aspetto ho” (cit.) |
Il male si è fatto largo in una situazione famigliare resa
oscura e pesante dalla malattia? Lo possiamo solo sospettare come fanno i
protagonisti, quando ritrovando il delirante diario materno, iniziano a credere
che la donna potrebbe aver perso il senno, costretta in casa giorno e notte a guardare il telegiornale prendersi cura di un marito morente, oppure davvero qualcosa di diabolico sta
accadendo. Bertino gioca agilmente nella zona grigia del dubbio, colpendoci
con tutto quello che ha a disposizione, piatti, forchette, demoni poco importa, basta che abbiano un lato appuntito o tagliente.
Le apparizioni del padre – di norma allettato – diventano di
volta in volta più spaventose ed è frustrante vedere come i protagonisti, non
siano in grado di trovare una singola contromisura all’assedio in cui si
ritrovano, non ha effetto tentare di negare, ma ancora meno affidarsi alla
religione, tanto che anche il prete (Xander Berkeley) passa presto al “Lato
oscuro della Forza”, ed è proprio qui che Bertino mena il suo colpo più duro.
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“Max von Sydow aveva da fare, quindi sono passato io” |
La paura è soggettiva, di mio sono uno che si spaventa “a
freddo”, solo dopo realizzo di essermi ritrovato in una situazione di
potenziale pericolo (il vantaggio di avere dei neuroni letargici), ognuno però
ha il suo “spaventometro” personale, io ormai dopo anni di film horror, trovo
che mi colpisca più un’atmosfera malsana più di un classico “Salto paura” (anche
noto come “Jump scare” per gli amanti delle parole in Inglese). Ma un elemento
che trovo sinceramente sinistro è quando la minaccia non abbia un aspetto pienamente
minaccioso, tipo un energumeno con la bava alla bocca e un machete arrugginito
in mano, ma quando sfoggia un piccolo grado di stranezza, ad una prima occhiata
non pericoloso ma abbastanza per farti alzare le antenne. Ecco le apparizioni
demoniache di “The dark and the wicked” sono quasi tutte così, un equilibrio
difficile da raggiungere che però Bertino ha dimostrato di saper maneggiare
a dovere.
Si finisce per patteggiare per i protagonisti del film (ed
in un horror, questo elemento ha un peso specifico notevole) proprio perché
prima o poi tutti ci siamo trovati al capezzale di un parente malato ma ancora
di più, perché i personaggi sono protagonisti di un assedio in piena regola. Se
Bertino aveva dimostrato di apprezzare Carpenter con il suo film d’esordio del
2008, qui fa un passo avanti e porta in scena un assedio (tema caro al Maestro) che prima di essere emotivo
diventa anche fisico, l’incedere dei giorni soffoca i personaggi facendo
aumentare l’ansia per quello che potrà ancora accadere, anche un po’ a noi
spettatori. Un assedio di natura demoniaca, in un vecchio ranch del Texas, si
decisamente questo ragazzo ha studiato John Carpenter e questo gioca a suo
favore.
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“Cosa ha avuto? Malattia?”, “Morta di noia. Quando Cassidy attacca con Carpenter si rischia di fare notte |
Bertino non tira davvero mai via la mano quando si tratta di
violenza, non è tanto il quantitativo della mattanza a colpire, quanto più che altro
la varietà dei colpi mandati a segno, tutti su personaggi con cui in pochi
minuti è facile immedesimarsi, quindi un ferro da maglia o un coltello
feriscono doppiamente, perché la violenza colpisce un personaggio innocente
oppure come apice di un momento drammatico. In tal senso è quasi una metafora
della situazione in cui si ritrovano i protagonisti.
Zitto zitto Bryan Bertino sta mettendo su una carriera
interessante, quello che mi piace dei suoi film è il modo diligente in cui è
chiaro che il ragazzo abbia studiato tutti gli horror giusti, ma invece che citarli pedestremente per far vedere a tutti che anche lui è uno di noi,
Bertino sembra davvero averne assimilato le dinamiche. Forse il
suo nome non uscirà quasi mai fuori quando si parla di registi horror emergenti, il più
silente tra i nuovi talenti in giro, ma se il mio senso di Cassidy mi ha suggerito di fiondarmi al volo sul suo nuovo film, un motivo ci sarà no? Bravo
Bryan continua così.