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The disaster artist (2017): il più bel brutto film del mondo

Quando ho letto la notizia che James Franco avrebbe interpretato Tommy Wiseau in un film dedicato alla realizzazione dello (s)cult “The room” (2003), ho provato a dare un’occhiata a questo famigerato film.
Non mi sono impegnato molto lo ammetto, non credo di essere arrivato nemmeno a dieci minuti, mi è sembrata una specie di soap opera recitata molto male. Avrei voluto arrivare preparato alla visione di “The disaster artist” il film che ha girato un po’ tutti i festival del pianeta (anche l’ultimo Torino Film Festival) raccogliendo applausi. Il primo grande merito del film diretto, co-prodotto ed interpretato da James Franco, forse è proprio questo. Non serve aver visto “The Room” per essere apprezzato, non serve nemmeno sapere chi è Tommy Wiseau (tanto poi, non lo sa nessuno per davvero), però, siccome a me le storie sul cinema piacciono e nemmeno poco, quella dietro a “The room” e al suo mitico creatore è molto gustosa.

Avete presente il mito attorno al Superman mai girato da Tim Burton? Sì, proprio quello con Nicolas Cage con capelli lunghi e mantello. Ecco, uno dei dettagli più gustosi di quel film, sarebbe stato vedere quel matto di Nicola Coppola, interpretare Clark Kent, che nell’idea di Burton era un alieno che cercava di impersonare un umano. Che poi è la descrizione migliore che si potrebbe dare di Tommy Wiseau.

Separati alla nascita. Beh, più o meno dai.

Di lui non si sa molto, nessuno sa quanti anni ha, da dove proviene, anche se il suo pesante accento est europeo e il look da Dracula decadente parlano piuttosto chiaro. Non si sa nemmeno da dove arrivino tutti i soldi di cui dispone, così tanti che pare abbia sbloccato l’opzione soldi infiniti, come nei videogiochi.

Si sa solo che è un enorme appassionato di James Dean, a cui ha scippato la celebre battuta «You’re tearing me apart Lisa!!!» e che, stanco di prendere portate sul naso da Hollywood, ha scritto, prodotto, diretto ed interpretato un suo film, un dramma, a sua detta, migliore di quelli di Tennessee Williams, intitolato, appunto, “The room”. Poi come se tutto questo non fosse già abbastanza particolare di suo, ha pensato bene di affittare un enorme cartellone pubblicitario sopra la tangenziale di Los Angeles ed utilizzarlo per promuovere il suo esordio nel magico mondo del cinema.

Tommy Wiseau nella sua ehm… migliore interpretazione di James Dean.

Il cartellone era in puro stile Wiseau, in bella vista, con soltanto una sua foto in bianco e nero, tipo di quelle che ti scatta la polizia quando ti ferma un po’ sfatto e non proprio lucido alle quattro del mattino, mentre guidi la tua auto un pochino oltre il limite (di velocità ed alcolico) stabilito, il titolo del film e il suo numero di telefono (storia vera). Sapete quanto è stato appeso quel cartellone? Cinque anni, non sono aggiornato sui prezzi della cartellonisti californiana ma credo che l’operazione sia costata un po’ più di due lire.

Come diciamo da queste parti: STORIA VERA!

Anche guardando “The disaster artist” è chiaro come mai non sia rimasto impressionato da quei dieci minuti scarsi di “The room”, perché nel suo essere “Il quarto potere dei film brutti” com’è stato definito, resta un film che va visto in una sala affollata, ridendo delle trovate involontariamente comiche, dalla pessima recitazione e dal mito intorno ad un filmetto da niente, costato, si vocifera, sei milioni di dollari, tutti scuciti da Tommy Wiseau. Ancora oggi in giro per il mondo, ci sono cinema che organizzano proiezioni di mezzanotte e fanno il tutto esaurito (storia vera) e se non fosse sufficiente questo a rendere la genesi di “The room” una storia cinematografica degna di nota, beh, ci ha pensato James Franco a farla, mettendo Tommy Wiseau e il suo film sulla carta geografica.

Sì, perché sulla strampalata genesi del film, è stato scritto anche un libro intitolato appunto “The disaster artist” scritto da uno dei protagonisti della vicenda, l’attore Greg Sestero e da Tom Bissell ed è stato proprio James Franco ad accaparrarsi i diritti per portarlo al cinema. Vorrei potervi dire di più sulla parte cartacea di questa vicenda, ma non ho letto il libro, tutto quello che so è che è strapieno di storie, prese di peso dalla produzione del film e messe su carta con una brutale sincerità, parliamo di robe che sarebbero troppo assurde se non fosse che sono capitate davvero, che nel film di Franco non mancano, ma sono stata selezionate e chissà quante sono rimaste fuori dalla pellicola.

Ma perché girarlo tutto con il green screen? Perché dico io!

Ora, come mai uno come James Franco, attore famoso e molto apprezzato, abbia deciso di gettarsi anima e cuore nelle vicende di Tommy Wiseau, forse non è nemmeno così difficile da capire. A ben guardare, la carriera di Franco non è stata tutta pesche e crema, per essere considerato un attore serio è impegnato le ha provate davvero tutte, ma la scelte sbagliate non sono mancate (no, non parlo solo di Spider-Man 3), non so come debba essere stato tentare di sfondare con ruoli impegnati e poi beccarsi tutti i “Bravò!” del mondo, con una commedia in cui faceva (benissimo) il fattone, ovvero “The Pineapple Express” (2008, da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa “Strafumati”), dev’essersi sentito proprio come Tommy Wiseau in questo film, forse.

Ad un certo punto per tutti quanti, James Franco è diventato quello figo e simpatico della compagnia di Seth Rogen, una banda di amiconi (che infatti compaiono anche qui in piccolo ruoli di supporto) che sta dilagando ad Hollywood, cioè se li vedete anche in roba tipo Alien Covenant qualcosa vorrà dire, no? Ma anche raggiunto questo livello di popolarità, Franco non si è fatto mancare niente, libri di poesia che non ha letto nemmeno sua madre, un ruolo da personaggio fisso in “General Hospital” (storia vera) e la conduzione della notte degli Oscar che persino l’Accademy ha cercato di nascondere subito sotto il tappeto.

Ecco quella sera all’Accademy eri anche più impacciato di così.

Insomma, James Franco sa cosa vuol dire essere gli unici al mondo a credere in un progetto, impegnarsi per portarlo e termine, solo per poi vederlo fallire miseramente tra i “Te l’avevo detto” generali di tutti. Proprio per questo, ha stretto amicizia con quello strambo umanoide di nome Tommy Wiseau (non perdetevi la scena dopo i titoli di coda di “The disaster artist”) che per la parte di se stesso avrebbe voluto Johnny Depp (storia vera), ma poi si è fatto convincere dall’entusiasmo dell’attore e forse anche dal fatto che Franco in vita sua ha interpretato la parte del mito di Tommy, James Dean in un film per la televisione nel 2001 (“James Dean – La storia vera”).

Ed è proprio l’amicizia tra due artisti insieme in questo strambo mondo di Hollywood la solita struttura su cui Franco imbastisce tutto il suo film, senza mai scadere nella mera ricostruzione di gag ed eventi tragicomici che avrebbero potuto risultare anche squallidi, oppure comici solo perché sono capitati a qualcun altro e che, invece, ci vengono raccontati con un occhio amorevole, con una certa dose di empatia, mai per prendere per il culo Tommy e il suo strambo sogno, ma un po’ come a voler dire: “Io ti capisco ragazzo, so come ci si sente”.

L’idea di far interpretare il talentuoso, ma timido attore Greg Sestero a suo fratello Dave Franco, contribuisce a legare ancora di più il suo personaggio a quello di Tommy, lo stramboide scarsissimo a recitare, ma con il talento naturale (anche pericoloso!) di attirare su di sé tutti gli sguardi ogni volta che entra in una stanza. I due fratelli Franco sono perfetti perché hanno la chimica giusta e nemmeno per un momento, malgrado le vistose gelosie, hai il sospetto che tra i due possa esserci qualcosa che non sia puro e semplice Broomance vecchia maniera.

Non è proprio un Bro-Fist ma ce lo faremo bastare.

Proprio per questo i due si sostengono a vicenda per tutta la durata del film, si allontanano, ma poi davvero di tanto ed il film riesce ad essere bellissimo proprio per questo, diventa una pellicola sulle qualità della testardaggine, in grado di conquistare tutti, anche chi probabilmente scoprirà di essere ospite di “Tommy Planet” solo con questo film, perché è chiaro che questo pianeta appartiene a Tommy Wiseau, noi al massimo siamo tutti suoi ospiti!

Benvenuti sul pianeta di Tommy, abitanti uno: Lui!

Sarebbe anche ingiusto nei confronti del film raccontarvi le trovate più azzeccate, anche se quella del vicolo ricostruito con dovizia di dettagli, proprio di fronte ad un altro vicolo che sarebbe stato già perfetto per girare la scena è clamorosa. Davvero correte a guardarlo, a mani basse è già destinato ad essere uno dei migliori film dell’anno, proprio per la sua capacità di far ridere, con un retrogusto un po’ amaro, ma soprattutto di raccontare una stramba storia di cinema come si dovrebbe sempre fare, coinvolgendo il pubblico.

Nella mancanza di talento e nel loro sogno condiviso di sfondare, i personaggi di Tommy Wiseau e Greg Sestero bucano lo schermo, mentre al resto pensa un cast azzeccatissimo fatto di amici e facce note, in ruoli che vanno dal piccolo al piccolissimo, ma tutti azzeccati. Se ti distrai rischi di perderti Alison Brie, oppure Sharon Stone e Melanie Griffith, ma anche Zac Efron e Seth Rogen (che non potevano mancare) ed è divertente notare che soltanto da “Breaking Bad” arrivano ben due attori: Bob Better Call Saul Odenkirk e Bryan “più grande attore del mondo” Cranston, qui nei panni del se stesso di un’era geologica passata, ovvero di quando lo fermavano per strada dicendogli: «tu sei il papà di Malcolm» e non come accade ora che tutti lo inseguono per avere l’autografo di Walter White.

Lo so, fa strano vedere Walter White con tutti i capelli.

Ma staremmo qui a parlare della fuffa se non fosse stato per James Franco che dopo aver messo le corna per terra per portare questa storia al cinema, risponde presente con una prestazione mimetica, fatevi un favore personale: trovatevi un cinema che trasmette il film in lingua originale, perché James Franco s’inventa un’assurda parlata semi strascicata e vagamente est europea veramente impossibile, impreziosita da un uso della lingua inglese grammaticamente e drammaticamente sbagliato per un personaggio che dice di essere nato a “Nuooo leans”, stando alla pronuncia del personaggio di New Orleans, ma più in generale fate un’altra bella cosa, correte a vederlo perché merita un casino.

«Faccia l’accento svedese» (Cit.)

In puro stile Hollywood termina anche questa storia, con James Franco che premiato ai Golden Globes per la tua interpretazione si porta con se sul palco Tommy Wiseau e due giorni dopo si becca un’accusa per molestie sessuali che è già stata ridimensionata, perché in questo gioco di specchi che è l’industria del cinema è così fuori controllo da far sembrare normale pure uno come Tommy Wiseau che, forse, non ha capito tutto tutto di questo strambo mondo, però dà l’impressione che sia davvero così. Certo… Se solo si capisse una parola di quello che dice quando parla.

Sepolto in precedenza lunedì 22 gennaio 2018

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