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The end of the f***ing world – Stagione 1: Una vita (abbastanza) al massimo

Lascia da pe***re
il m**o in cui Ne**lix sia rius***a a di***ndersi così rapidam… Hey, ma che c***o
su**ede? Blo**er ha de***o di iniz***e cen***armi?! Asp***are ricomincio!

Ok, stavo
dicendo, trovo incredibile come Netflix si sia diffuso a macchia d’olio,
questa serie con tanti asterischi nel titolo ne è la prova, perché penso che sia
stata vista da TUTTI gli abbonati della popolare piattaforma di streaming,
complice anche il fatto che la prima stagione è composta da otto episodi da una
ventina di minuti ciascuno, roba che si “beve” con una facilità irrisoria, un
minutaggio da sit-com per una serie che, invece, tira dentro anche qualche
argomento più serio.
Si sa che come
cantavano i Tre allegri ragazzi morti, ogni adolescenza convince con la guerra,
ci siamo passati tutti ed è forse questa la forza di “The end of the f***ing world”
tratta dall’omonimo fumetto di Charles Forsman che, però, non ho letto e quindi
non vi saprei dire se è tanto o poco diverso dalla serie tv.



I protagonisti di questa f***uta serie televisiva.

Se hai circa 17
anni come i due protagonisti, facile che potrai immedesimarsi nella loro apatia
e nel generale senso di fastidio contro tutto e tutti se, invece, come il
sottoscritto, sei sopravvissuto alla guerra dell’adolescenza, tutto sommato te
lo ricordi ancora com’eri l’altro ieri, roba che James ed Alyssa a confronti
sono due figli modello.

Già, perché James
qui è interpretato da Alex Lawther, il ragazzetto che nella terza stagione di Black Mirror, passava
un bruttissimo quarto d’ora nell’episodio (angosciantissimo) “Shut Up And Dance”
che poi ragazzetto… Ha 23 anni anche se gliene daresti un sacco di meno.



Lo stato di alienazione che ti prende verso i 17 anni o giù di lì.

Il ragazzo è una
specie di sociopatico privo di emozioni, per cercare di sentire qualcosa si è
fritto una mano nella friggitrice e dato la caccia a tutti gli animaletti del
circondario, nel disperato tentativo di provare qualcosa, ora punta ad un
bersaglio più grosso da uccidere, ovvero Alyssa.

Una ragazza che
non sopporta l’omologazione rappresentata da una vita passata attaccato allo
smartphone e a casa è stata messa da parte quando sua madre si è risposata
mettendo al mondo una paio di gemelli. Lei con i suoi turbamenti adolescenziali
non è in linea con l’immagine di famiglia perfettina stile “Mulino bianco” e
trova in James uno all’altezza del suo bisogno di stranezza.



Come quando nei “Peanuts” si sentono parlare gli adulti.

Insomma, a loro
modo si piacciono, entrambi sono alla ricerca di qualcosa, lei di una vita più
eccitante, lui di togliere la vita a lei, ovviamente ognuno porterà lo
scompiglio nella vita dell’altro, in un viaggio (di formazione) on the road che
li fa sembrare due novelli Bonny e Clyde, solo molto più pallidi, inglesi e
lentiginosi.

Per altro, nei
panni di Alyssa troviamo un’azzeccata Jessica Barden, perfetta perché riesce a
risultare, tenera, trucida ed odiosa in parti rigorosamente uguali, decisamente
brava per essere così giovane, a soli 17 anni recit… Come ha 26 anni? Nata nel
1992? Ma mangiano sti ragazzi inglesi? Ma è il clima di quell’isola che li fa
sembrare tutti più giovani!?
“The end of the f***ing
world” mi è sembrata una serie di Wes Anderson, però con molto più sesso e
sangue, ma a dirla tutta mi devo correggere più che Bonny e Clyde i due
protagonisti somigliano a Clarence e Alabama, i due protagonisti del cult di
Tony Scott, scritto da Quentin Tarantino, “True Romance” da noi noto come “Una
vita al massimo” (1993), ecco, quindi posso dire che “The end of the f***ing world”
sembra “True Romance”, però diretto da Wes Anderson.



“Vuoi portarmi a vedere un film di Kung Fu?”, “Tre film di Kung Fu” (Cit.)

A ben guardare, il film di Tony Scott viene citato proprio apertamente, per nascondersi e
tentare di mimetizzarsi durante la loro fuga amorosa lontano da tutto e tutti,
i due protagonisti si conciano proprio come Clarence e Alabama, lui s’infila
in una camicia a fiori come quella di Christian Slater, mentre lei con i
capelli tinti di biondo ricorda molto Patricia Arquette.

Visto che sono in
vena di fare titoli di film a caso, potremmo passare da uno Scott all’altro, perché
se Thelma e Louise, nel film di Ridley Scott erano in fuga da un mondo di
uomini, James ed Alyssa scappano da un mondo dove gli adulti sono assenti, se
non dei totali inetti, almeno secondo il loro punto di vista e per lo meno per
quasi tutti gli episodi, prima di arrivare alla soluzione che più o meno tutti
da adolescenti prima o poi abbiamo capito, non ve la svelo per non rovinarvi il
(non imprevedibile) finale, o perché magari qualcuno di voi è in piena
adolescenza e non vuole spoiler, mi pare pure giusto, non voglio che mi
accusiate di avervi rovinato la gioventù!



“Ci hai rovinato il finale dell’adolescenza, adesso dovremmo ucciderti Cassidy”.

In questo loro
tumulto giovanile, Alyssa e James sono due tornado che fanno il vuoto tirando
dentro tutti e lasciandosi dietro una scia non proprio complicata da seguire, a
farlo è una detective interpretata da Gemma Whelan, ci ho messo un attimo,
avevo la sensazione di averla già vista, ma dopo un paio di puntate ho capito
che era la Greyjoy di Giocotrono.

Tra quelli che si
fanno coinvolgere dal terremoto provocato dai due ragazzi, sicuramente il
giovane ed annoiato Frodo che fin dal nome lascia intendere una vita di
soprusi su gentile concessione della famiglia… No, sul serio puoi chiamare un
figlio Frodo? Ma ti rendi conto che un giorno questo andrà alle medie e sarà lo
zimbello di tutti?
Non credo sia un
caso che ehm, Frodo si ribelli alla prima occasione utile, il ragazzo è
interpretato da Earl Cave, figlio del ben più celebre Nick Cave (storia vera)
che al cinema e in televisione si trova sempre più spesso.



Sospetto che presto le classi saranno piene di Frodo, Aragon e Arwen.

Il finale non ve
lo rivelo, mi è sembrato quello giusto per questa storia, anche se sono certo
farà storcere qualche naso. A giudicare dal fatto che TUTTI hanno visto questa
serie, facile che Netflix metterà in cantiere una seconda stagione, ma onestamente
non ne sento il bisogno, forse non avrebbe senso continuare la storia, o per
farlo, ci vorrebbe davvero un’idea di primo livello, per ora godiamoci questo
strambo “True Romance” in salsa Wes Anderson che va bene così.


Non perdetevi la
recensione di questa serie fatta dal Cumbrugliume, anzi scusate, il C**brugl***e!
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