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The Hunted – La preda (2003): io sono qui per salvare voi da lui

Per uccidere un uomo devi essere davvero motivato, una pistola o un fucile ti facilitano il compito, ma per farlo usando un coltello devi avere davvero il fegato di guardarlo negli occhi. Non che abbia in testa di uccidere qualcuno in particolare (forse…), questo inizio serve solo a calarvi nell’atmosfera del nuovo capitolo della rubrica… Hurricane Billy!

Sapete che Quentin Tarantino vive in una cassa di risonanza, una di quelle che amplifica ogni cosa che fa a dice il regista di Knoxville, bene, qualche tempo fa Quentino ha parlato di una delle sue mille idee che non si concretizzeranno mai, ma che comunque fanno sussultare il web: rifare Rambo con Adam Driver nel ruolo del protagonista. Ovviamente, gli articoli acchiappa click erano tutti pensati per far saltare la mosca al naso ai lettori, all’idea del bellissimo Adamo che rifà a suo modo zio Sly, nessuno ha pensato minimamente al fatto che Tarantino stesse parlando di un nuovo adattamento del romanzo Primo sangue,
ben diverso dal film reso celebre da Stallone, in cui Adam Driver non sarebbe nemmeno una scelta così assurda, anche se la coppia ideale per un film su “Primo sangue” sarebbe stata Sam Peckinpah alla regia e Kris Kristofferson come protagonista, almeno in un mondo ideale.

«Lasciami stare o scateno una guerra che non te la sogni neppure. Lasciami stare…» (cit.)

Quello che “Infernet” ignora è che una sorta di “Primo sangue” esiste già, lo ha diretto William Friedkin (ovviamente attraverso la sua sensibilità di autore) e s’intitola “The Hunted”, un film che è nato dall’interesse di Hurricane Billy per un personaggio controverso come Tom Brown Jr. esperto di analisi delle tracce e di sopravvivenza in mezzo alla natura, pur non avendo mai fatto il servizio militare o, a sua detta, mai ucciso nessuno, Brown sostiene di aver addestrato corpi di Delta Force e Navy Seals a trovare il nemico e ad eliminarlo. Controverso? Abbastanza, parliamo di un personaggio in grado di sapere quante persone fossero in una stanza stabilendo anche le loro emozioni solo dalle impronte delle scarpe lasciate sul tappeto, oppure di ricostruire il passaggio dei camion, da una foto satellitare dell’Iraq, difficile credergli, ma Brown sicuramente era molto convinto dei suoi mezzi, tanto da sbandierare in giro di aver imparato tutto questo da uno sciamano Apache di nome Stalking Wolf che lui chiamava affettuosamente “nonno”, dovrei dire storia vera, per lo meno per Tom Brown Jr.

Dopo aver sollevato un polverone con Regole d’onore, quale idea migliore per Billy Friedkin se non un altro film dal tema (para)militare, da far uscire in sala pochi anni dopo l’undici settembre del 2001, ovvero nel pieno dell’amministrazione del presidente George “Dabliù” Bush e della sua controversa (anche più dei film di Billy) gestione della politica estera americana? Ma a questo punto della rubrica dovreste sapere che Friedkin fa film seguendo la legge dell’ortica: non c’è gusto se non irrita.

Billy insieme all’autore della colonna sonora Caparezza Bryan Tyler.

Il regista di Chicago cominciò a scrivere la sceneggiatura insieme ad un giovane promettente che aveva lavorato solo per il piccolo schermo, Art Monterastelli che, guarda caso, sarebbe poi finito a scrivere John Rambo, mentre il cast è stato velocemente completato con due nomi di richiamo: da una parte Tommy Lee Jones al secondo film in fila diretto da Friedkin, dall’altra le occhiaie di Benicio del Toro, fresco del suo Oscar per “Traffic” (2000).

Tommy Lee Jones si è calato nel ruolo dell’ex istruttore delle forze speciali L.T. Bonham, ispirato a Tom Brown Jr. malgrado il fatto che Jones non volesse frequentarlo sul set, scettico rispetto ai racconti dell’uomo cresciuto da Stalking Wolf (storia vera), Benicio del Toro, invece, è stato chiamato ad interpretare l’ex allievo Aaron Hallam, diventato una macchina da guerra grazie a Bonham.

I due attori non avrebbero potuto avere un approccio più opposto ai rispettivi ruoli: Benicio del Toro puntava all’intimità del suo personaggio, lavorando sui trascorsi del suo personaggio, anche quelli che non vengono per forza raccontati nel film, Tommy Lee Jones, invece, si è calato così tanto nella parte da diventare L.T. Bonham, almeno stando alle parole di Friedkin nella sua autobiografia “Il buio e la luce”.

«Donne, è arrivato l’arrotino. Arrota coltelli, forbici, forbicine, forbici da seta, coltelli da prosciutto»

Il film è stato girato interamente dalle parti di Portland nell’Oregon, nella zona di Mount Hood dove sono stati ricreati anche gli scenari della sequenza d’apertura, quella che vede Aaron Hallam (personaggio non a caso dal nome Biblico, più avanti ci torniamo) impegnato in un’azione militare sullo sfondo degli orrori della guerra nella ex Jugoslavia, lacerata da una parte dalla pulizia etnica tra Serbi e Bosniaci e dall’altra tempestata dai bombardamenti della NATO, insomma una delle guerre moderne più controverse viene scelta da Friedkin per creare il suo John Rambo, in tal senso la lucida follia negli occhi di Benicio del Toro è perfetta per raccontare un personaggio che si sarà guadagnato anche le massime onorificenze sul campo, ma per il suo Paese ha anche perso la sanità mentale.

Non è un caso se Friedkin con una citazione biblica, una funzionale al racconto, non una di quelle usate spesso a casaccio giusto per creare atmosfera, «Dio disse ad Abramo: sacrifica tuo figlio», utilizzata anche come frase promozionale per il film offre una chiave di lettura esplicita per “The Hunted” che in buona sostanza è Rambo, raccontato con il piglio realistico di Primo Sangue e dal punto di vista del colonnello Samuel Trautman che non è qui per salvare il suo Rambo dai suoi inseguitori, ma per salvare gli inseguitori da lui.

«Dio potrebbe aver pietà… lui no!» (cit.)

Essendo un ragazzo timorato di Dio, il nostro Billy sottolinea come per Bonham, il suo allievo dal nome biblico di Aronne sia una sorta di figlio da sacrificare per attenersi ad un ordine ricevuto dall’alto, in questo senso forse si potrebbe accusare il film di essere un po’ troppo esplicito (se non proprio spudorato), ma il risultato è un’apologia dell’arma bianca che oppone due guerrieri fatti della stessa pasta, distanti dal mondo civilizzato che ha bisogno dei loro servigi ma non li capisce.

Lo scontro tra mondi è piuttosto chiaro: il Bonham di Tommy Lee Jones è un guerriero abilissimo, che maneggia alla perfezione il coltello e se non ne ha uno può costruirselo utilizzando una pietra, se necessario. La scena iniziale che introduce il personaggio è efficace quanto il battesimo nel fuoco della guerra di Aaron Hallam, infatti vediamo Tommy Lee Jones inseguire un lupo ferito su una distesa innevata, fotografata alla perfezione dal direttore della fotografia premio Oscar Caleb Deschanel, voluto fortemente da Friedkin, che inizialmente non voleva collaborare con il regista di Chicago, per via delle storie sul caratterino appena appena focoso nel nostro Billy, peccato che poi sul set tra i due sia filato tutto liscio, tanto che i due sarebbero tornati a collaborare anche in futuro (storia vera).

La tradizione dei titoli di testa, minimali e diretti come il film.

“The Hunted” è un ottimo film che non molla un colpo, ottimo nel presentare entrambi i protagonisti, bilanciando alla perfezione le scene flashback necessaria a mettere in chiaro i trascorsi dei personaggi e il loro rapporto anche a noi spettatori. Per quanto matto come un cavallo, Friedkin trova il modo di farci comprendere anche l’etica di Hallam, quando lo appone ad un gruppo di cacciatori di cervi (in realtà mandati a cacciare lui con i loro fucili ultra tecnologici) che vengono spazzati via da un uomo solo e il suo coltello, il tutto senza mai moralizzare sui personaggi, come dovrebbe sempre fare un buon regista.

Forse l’unico momento in cui “The Hunted” alza un po’ il piede dall’acceleratore è quando entra in scena la famiglia di Hallam, ma a quel punto tutto il primo atto del film è già filato via come se fosse durato la metà dei suoi minuti effettivi e non parliamo certo di una porzione di storia dove non succede molto.

«Se abbiamo finito qui, io avrei un treno da prendere se non vi dispiace»

Non solo bisogna introdurre dei protagonisti di pari carisma e caratura con le relative motivazioni e punti di vista sul mondo, ma bisogna portare avanti uno dei temi cari alla poetica del regista di Chicago, ovvero l’ossessione dei suoi protagonisti. In questo caso Bonham, in particolare, che sente la responsabilità di dover fermare la macchina da guerra che lui stesso ha creato, ma oltre ad essere uno che ripudia la guerra, che supporta il WWF e si rifiuta di volare in aereo, deve anche combattere con i sentimenti quasi paterni che prova per Hallam, insomma un vero e proprio Abramo che non a caso, finiva per uccidere suo figlio proprio con un coltello, anche in quel libro ristampato varie volte e molto popolare sul pianeta, no non mi riferisco a Primo sangue.

Trattandosi di un film di William Friedkin secondo voi può mancare un inseguimento? Proprio no! Infatti, se la fuga di Benicio del Toro dal camion che lo trasporta è spettacolare, lo è ancora di più la scena del treno, una sorta di metropolitana a cielo aperto che rientra di fatto nella mia ossessione personale: ogni buon film dovrebbe avere una scena in metro e anche “The Hunted” non fa eccezione.

«Tommy Lee ma pagare il biglietto come tutti gli altri, brutto?»

Se Papà “Popeye” Doyle inseguiva un treno in auto, nel traffico di New York, Bonham qui insegue il treno con il suo personale Rambo a bordo a piedi, salendo scale di corsa, saltando sul tetto e dimenticandosi di obliterare (eh vabbè non si può fare proprio tutto no?), se esiste un esperto di inseguimenti al cinema, state pure sicuri che quello è William Friedkin che quest’arte al cinema l’ha esplorata in ogni modo possibile, quindi perché non uomo a piedi contro treno in corsa da prendere al volo?

I problemi veri sul set sono arrivati, purtroppo, tutti alla fine, per girare l’apice della storia, il duello a colpi di coltello tra padre e figlio, tra il Trautman e il Rambo Friedkiani, i due attori dopo aver studiato alla perfezione la coreografia di lotta, hanno avuto un piccolo incidente, Benicio del Toro cadendo si è rotto il polso, la corsa al vicino ospedale di Portland ha dato un responso tragico: sei mesi per recuperare la funzionalità della mano, tutti passati dal buon Benicio a cristonare sommessamente in spagnolo (storia vera).

L’idea di film Biblico secondo William Friedkin.

Per girare i pochi secondi finali del suo film, Billy ha dovuto aspettare sei lunghi mesi il ritorno del suo protagonista, ma il montaggio Augie Hess è talmente accurato che è francamente impossibile notare il momento in cui le riprese sono finite in panchina per tutti quei mesi, il risultato è un altro film di Friedkin che esplora le zone d’ombra dell’animo umano, che parla di personaggi mossi da una bruciante ossessione e del conflitto, tra le proprie azioni e il mondo circostante, insomma puro Friedkin per un film andato benino al botteghino, senza fare sfaceli, anche il nostro Billy ormai sapeva che gli anni d’oro del suo successo erano alle sue spalle.

Infatti, nella sua autobiografia fa una laconica (ma indiscutibilmente vera) considerazione: se negli anni ’70 il successo di Guerre Stellari ha fatto scoprire il mondo del fantastico al pubblico, negli anni ’90 è successo ancora con l’avvento della grafica computerizzata, Billy non fa nessun titolo, ma è chiaro di chi stia parlando. Infatti, per il suo film con “The man comes around” di Johnny Cash sui titoli di coda, forse non c’era più spazio, l’unica soluzione per Billy era buttarsi su un cinema più piccolo, ma più creativo, tornando ai film indipendenti e minuscoli da cui era arrivato, ma di questo ne parleremo tra sette giorni, gli ultimi due capitoli della rubrica sono in rampa di lancio, non mancate!

There’s a man goin’ ‘round, takin’ names
And he decides who to free and who to blame
Everybody won’t be treated all the same
There will be a golden ladder reachin’ down
When the man comes around.
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