A quale scuola di pensiero appartenete? Quella per cui un regista famoso è tenuto a sformare solo e soltanto titoli che siano, in termini di valore, uguali o superiori al suo film migliore, altrimenti ogni sua nuova regia è da etichettare automaticamente come “cacca”, oppure siete quelli che valutano i film per quello che sono e hanno da offrire? Mi piace pensare che se siete lettrici e lettori di questa Bara, siate anche naturalmente indirizzati verso la seconda tipologia descritta, ma so anche che la Bara prova ad essere un porto (si spera abbastanza franco, anche se io mi chiamo Cassidy, ah-ah) nell’oceano in perenne tormenta di “Infernet”, ma vado di porto in porto, perché oggi a sorpresa, torna il nuovo capitolo della rubrica dedicata al genietto del porto dei fiori, il Maestro del cinema di Hong Kong, Who’s better Woo’s best!
Un regista andrebbe fucilato in pubblica piazza come nemico del popolo se non sforna un titolo che sia per lo meno all’altezza del suo miglior capolavoro? In tanti ragionano in termini di “livelli”, io li chiamo “Cinefili del Super Sayan”, quelli che devono inscatolare tutto, fare classifiche, Tizio non è all’altezza di Caio, quel dato film non è all’altezza dell’altro, mescolando spesso le pere con le mele e i cazzi con i mazzi, perché non avevo ancora scritto una parolaccia e questo tipo di modo di vivere e valutare il cinema mi fa solo girare i coglioni (due parolacce).
Il 2024 offre un paradosso, oltre ad un altro rifacimento – strano, ne abbiamo visti pochi quest’anno – prendendo John Woo come esempio, non sarebbe assurdo indicare in The Killer il suo film migliore, o per lo meno, sicuramente uno dei suoi più rappresentativi, personali e senza ombra di dubbio iconici. Quindi se il nuovo film di John Woo si intitola “The Killer”, dovrebbe far esplodere il cranio a tutti i cinefili del Super Sayan, il nuovo film di Woo è al livello di The Killer, no è proprio “The Killer”, ha la trama di The Killer e ne è un remake, solo con altre due “Pallottole eroiche” come protagonisti.
Cosa spinge un regista a rifare sé stesso, la definizione facile ai Autore è quella di uno che racconta sempre la stessa storia e John Woo non segna alcun precedente, non è il primo e non sarà l’ultimo regista della storia a rifare un suo film, ma perché ora? Dopo essere tornato a lavorare negli Stati Uniti con un film uscito quasi a sorpresa, quel regalo di Natale che era Silent Night con cui lo avevamo lasciato?
Prodotto con soldi americani e tra gli altri, anche dalla figlia del Maestro, ovvero Angeles Woo, “The Killer”, da qui in poi “The Killer 2024” è la conclusione di un lungo viaggio, iniziato negli anni ’90 da uno degli idoli della Bara e dal suo altrettanto leggendario compare, ovvero Walter Hill e David Giler, che nel 1992 buttarono giù una sceneggiatura per una versione americana del capolavoro di Woo del 1989, con Richard Gere e Denzel Washington come protagonisti. Vorrei vivere in quella realtà parallela, ma vivo in questa, quella dove nomi illustri si sono succeduti e il progetto è passato di mano, fino a fare il giro completo, visto che “The Killer 2024” è scritto dal rispettabilissimo Brian Helgeland e poi rimaneggiato da Josh Campbell e Matt Stuecken, per essere diretto, ironia della sorte, proprio da John Woo.
Ambientato a Parigi e quindi per esigenze di copione (e 50% del casting) recitato anche in francese, “The Killer 2024” vi metterà alla prova, per questo ho iniziato il post con una domanda diretta, i film li valutate per quello che sono, per quello che avrebbero potuto essere o per la “lore” (ho scoperto che va di moda questa parola, però mi fa un po’ senso e non ho nemmeno voglia di approfondirla, nel dubbio vaffanculo, parolaccia numero tre) che si portano dietro? Ecco mettete in conto tutto questo se deciderete di vederlo e penso che presto, non sarà nemmeno complicato farlo, visto che negli Stati Uniti è uscito qualche giorno fa per Peacock ed è finito dritto in streaming. Lesa Maestà oppure la sua giusta collocazione, io vi parlo del film, valutate voi.
I due nuovi proiettili eroici sono l’assassina professionista con voglia di uscire dal giro per andare a fare “una vita migliore” di nome Zee, fatta a forma di Nathalie Emmanuel e il tosto poliziotto francese dai modi da sbirro americano e quindi sempre dalla disciplinare di nome Sey (Omar Sy). Difficile non notarlo, sono entrambi molto occidentali, molto neri e una dei due anche molto donna, ma prima di partire di capoccia con il solito panico da piatti cucinati con il “Woke” e con il politicamente corretto alla grappa, io vi metto tutte le carte sul tavolo.
Omar Sy lo conoscete per i ruoli da simpaticone ma è un cristone ben piantato credibilissimo per la parte dello sbirro tosto, altro discorso riguarda la bella Nathalie Emmanuel, cambio in stile cestistico se ne esiste uno, visto che la prima scelta assoluta, Lupita Nyong’o, per problemi di Covid e pandemia ha dato forfait. Il film è ambientato in Francia, posso usare questa espressione.
Il resto rimane tutto uguale, compresa la cantante nel locale, che perde la vista per colpa del della Killer del titolo, qui interpretata da Diana Silvers, ed ora va affrontato l’elefante al centro della stanza, so che siete persone della seconda tipologia (sempre stando al dilemma d’apertura), quindi conoscendo il The Killer del 1989, starete pensando al fatto che le lettura di secondo livello, anzi forse addirittura di primo, ovvero quell’omosessualità latente mai consumata, quel “Bromance” bello spinto che caratterizzava Dumbo e Topolino, qui avrebbe ancora in cittadinanza, per di più nella città dell’amore, Parigi! Eh, invece niente.
Zee e Sey si inseguono, si annusano, si capiscono, si piantano l’automatica in faccia nel classico stallo alla Messicana che è un marchio di fabbrica di John Woo ma ogni traccia di “… mance” è piallata. Voi direte, tutto traslato su Zee la Killer e Jenn Clark, la cantante resa non vedente dalla sparatoria nel locale? Brutta notizia, nemmeno quello, prima di menare il torrone con quanto sia brutta questa inclusività che rovina tutti i film, guardate bene il film e le carte che vi ho messo sul tavolo.
Cosa succede quindi in questo nuovo “The Killer 2024”? L’inizio non lascia ben sperare ma Woo alla sua bella età, è ancora il vecchio Drago di un tempo, anche se Zee ama i cruciverba e gira con un pesce rosso nella boccia che fa pensare subito a Boris, ogni traccia di possibili trovate alla Renè Ferretti sono presto dimenticata: John Woo ci presenta le sue due nuove “pallottole eroiche” in azione, l’agente di polizia Sy insegue uno stronzetto e poi lo fredda sulle rive della Senna, più o meno dove qualcuno quest’estate ha perso l’anello nuziale, poi con un bell’ellisse si ricollega alla canzone ascoltata in cuffia dal criminale, una demo di Jenn Clark che ci porta nel locale dove Zee, assassina con una sua morale, combinerà il patatrac con relativi sensi di colpa e candela da accendere in chiesa ad ogni nuovo morto ammazzato.
Tutto è molto dinamico, al netto del budget abbiamo auto che vanno fuori strada, motociclisti che cadendo finiscono sotto il cofano, corse, sparatorie e la scena del locale, è diretta da uno che il romanticismo e una certa dose di melò, l’ha sempre avuta nel DNA. Woo ha sempre diretto l’azione come balletti (di sangue) e le scene emotive come action, qui non è da meno: Zee entra nel locale con un vestito da sera fatto (letteralmente) dal sarto di fiducia, per nascondere lame affilate nelle spalline, una trovata quasi Ninja a cui Woo regala una credibilità, perché le coreografie sono splendide, il cambio di armi che passano di mano in mano notevole così come il sangue, che non si vede ma perché è sostituito da Woo da petali rossi dei fiori sui tavoli che si ribaltano quando qualcuno ci stramazza sopra, oppure uno sbuffo di tappezzeria dello stesso colore traforata. Per molto pubblico sarà poco, niente, una sparatoria, ma ribadisco, mi piace pensare che qui alla Bara ci siano lettori che in tutto questo, siano capaci di vederci l’arte di John Woo.
Problemi generali? Un affossamento del ritmo che la pietra miliare del 1989 non aveva, mai. Non riesco a pensare ad altro che al popolo di Peacock che ad un certo punto tra lo schermo pieno di “The Killer” di John Woo (l’altro), preferisca cedere all’attrazione gravitazionale dello schermino del telefono, in qualche modo purtroppo inevitabile, per via di un paio di problemi congeniti.
Il passato di Zee ci viene raccontato e va detto, sembra preso in prestito da Nikita, impossibile non pensarci, con la differenza che il mentore del personaggio qui è impersonato da un Sam Worthington le cui capacità di attore sì sa, necessitano della tecnologia di James Cameron e di sicuro, nel suo CV non possiamo aggiungere la voce: “Sa recitare alla perfezione l’accento Irlandese”. A parte due richiami alla Guinness, non si capisce perché si debba esibire in quello scempio sonoro, sarebbe bastato mantenere il personaggio australiano come il suo attore, amano la Guinness anche laggiù malgrado spesso non ne abbiamo di gran qualità in quanto importata.
Altri lati negativi, il poliziotto di Omar Sy purtroppo ad un certo punto del film perde la sua centralità, ridotto a tratti a mera funzione narrativa, se non a rinforzo che arriva sparacchiando nel finale, inspiegabile visto che The Killer (quello giusto) ruotava intorno a due “pallottole eroiche”, ma qui le varie riscritture devono aver influito e per assurdo a farne le spese è l’attore della coppia più in palla per la parte, perché Omar Sy funziona, Nathalie Emmanuel invece in certi momenti, malgrado ci metta tutta la convinzione giusta nelle scene d’azione, non riesce a far trasparire pienamente il dramma del suo personaggio e purtroppo è inevitabile pensare che Lupita Nyong’o, dalle stesse scene, avrebbe cavato fuori il sangue.
Un disastro quindi? Io credo che nessuno sarebbe così matto da poter davvero rifare The Killer, giusto Walter Hill ai tempi avrebbe potuto sfoggiare quel tanto di personalità che serve per provare a portare a casa la sfida. Una cosa che ho capito è di non aver capito il parametro che Woo utilizza per scegliersi i soggetti, forse l’effetto sorpresa, perché non ha utilizzato questa occasione per cambiare qualcosa in particolare della storia originale, forse voleva solo tornare a quei ceri accesi in chiesa, a quelle colombe svolazzanti e ad una lunghissima sequenza finale che anche qui, sarà gioia per gli occhi per qualcuno e niente per altri.
Tutta la sparatoria nel cimitero, una serie di cadute, salti, “Guns Akimbo” da cui altri film più sfortunati ucciderebbero per poter pescare anche solo qualcuno di quei momenti d’azione montati così, girati con quell’energia e perché no, lirismo. “The Killer 2024” non cambierà lo scenario, difficilmente qualcuno ne parlerà benissimo perché con le premesse che vi ho raccontato e il paragone diretto, è impossibile farlo, ma quel finale io l’ho trovato ipnotico.
I cambi di campo, i front interni di combattimento che si creano all’interno della grande e lunga mega sparatoria davanti all’altare, persino Nathalie Emmanuel che salta sui banchi della chiesa e vola sparando, come dirige Woo ancora oggi, alla sua bella età, non lo fa nessuno. Il risultato finale non allaccia nemmeno le scarpe all’originale “The Killer”, è “solo” un film da streaming con una media molto ben superiore nei momenti d’azione, che sono tanti e notevoli, un Black Jack che ci ha creduto di più se volete un’iperbole gratis, oppure l’unica spiegazione che sono riuscito a darmi per davvero.
Tornato sul luogo del delitto (anche se a Parigi), John Woo alla sua età questa volta, alle sue due pallottole eroiche ha voluto dare respiro, la grazia di un futuro e di quel finale lieto che nel 1989 aveva negato a Dumbo e Topolino. L’età cambia le prospettive? Anche ad uno dalla formazione Cattolica (sempre manifesta nei suoi film) come lui? Che vi devo dire, sarò un romantico, uno che ama vedere petali e sbuffi di tappezzeria rossa in una sparatoria e li trova quello che sono quando sono diretti da Woo, arte.
Sta di fatto però che ora, con il film del 1989 relegato alla coppia fisica (e alle collezioni private) la versione più accessibile del “The Killer” di John Woo diventerà questa, e questo fatto sì, è davvero sconsolante nel suo dare la dimensione del tempo che passa e dei tempi che cambiano. D’ora in poi, ci sarà da precisare: “The Killer” di John Woo, sì, ma quale?
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