Lo chef stellato il cuoco di bordo della Bara Volante, Cassidy, giudicherà per voi la risposta cinematografica a cuochi assorti a celebrità del piccolo schermo e all’ossessione tutta moderna verso il cibo, sviluppata da una società in cui siamo tutti a dieta perenne – perché l’apparenza prima di tutto – che cerca di sublimare la fame vedendo mangiare gli altri in televisione.
In questa puntata di “Cuochi & Bare” terrò conto della location, del cast, del servizio, e della pietanza cucinata dallo chef dal regista Mark Mylod, la cui carriera è in perenne equilibrio tra commedia e drammi.
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«Ora che siete tutti seduti, possiamo cominciare» |
Perché l’idea di ambientare un intero film in un ristorante isolato dal mondo, raggiungibile solo via nave e senza connessione con l’esterno è ottima sia per il sotto testo Horror della trama, che per spernacchiare il concetto di “esperienza”, il più utilizzato dai ristoranti stellati che ti fanno strapagare una portata che è più piatto (vuoto) che cibo, adducendo motivazioni come l’impiattamento e quant’altro, ovvero il bersaglio del film di Mark Mylod, che raduna tutti i suoi commensali in una stanza in bàlia di uno chef che sta a metà tra un santone alla Jim Jones o a un divo dei fornelli come [INSERIRE-QUI-NOME-DI-CHEF-TELEVISIVO-A-PIACIMENTO]. Una sorta di angelo sterminatore (occhiolino-occhiolino) che è meno di Luis Buñuel ma volendo potrebbe servirvi dell’ottimo bonet.
Al cast dò un ottimo voto perché…
Perché centra dritto il punto, assegnando al meglio i personaggi alle facce giuste. Il risultato è uno di quei film che spiattella dritto sulla locandina i nomi e i volti che hanno il compito di convincere il pubblico a sedersi a tavola guardare il film, contornandoli di altrettante facce azzeccate.
Tra gli odiosi commensali abbiamo la critica culinaria Anne Liebbrandt (Judith Light) con tanto di assistente leccaculo al seguito, ma non mancano nemmeno i tre squali della finanza che hanno fatto i soldi in modi non proprio leciti, seguiti a ruota dall’anziana coppia di sposi, dai modi gentili e pieni di segreti da nascondere.
Menzione speciale per uno che amo sempre ritrovare nei film, ovvero John Leguizamo, che qui ha un’altra occasione per interpretare la parte di un tamarro come da sua abitudine (pare ispirato a Steven Seagal, storia vera), un attore molto in là lungo il viale del tramonto arrogante e con fidanzata giovane al seguito, interpretata da Aimee Carrero.
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Và che belle guanciotte ha messo su John, non so se sia per il cibo o per via dei ritocchini. |
Chi scrive recensioni snocciolando paroloni per riportare quello che ha sentito sul palato, chi è avido di celebrità o di denaro, insomma, con le gambe sotto il tavolo del mefistofelico chef del film, troviamo tutto il peggio della società piena di soldi e spocchia, visto che gli intenti satirici del film di Mark Mylod sono tutti in bella mostra.
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«Recitavi coperto di peli blu in X-Men» |
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«Non potevamo andare a mangiare il Kebab?» |
La sua “esperienza” di cucina diventerà al limite del survival horror, tra sous-chef spinti al suicidio, dita sacrificate e portate che indagano nel passato torbido dei suoi commensali. A mani basse il migliore in campo di tutta la cena… Film… Oh insomma ci siamo capiti!
Al servizio dò un voto sufficiente perché…
I 106 minuti di “The Menu” non sono tutti da passare sul filo del rasoio (o del coltello da pesce), una volta chiarito il gioco, l’attenzione sta tutta nel capire dove andrà a parare il piano, distribuito su più portate, di Slowik. Per fortuna tutti i personaggi sono scritti molto bene, caratterizzati in modo riuscito e assegnati all’attrice o all’attore giusto, ecco perché “The Menu”, malgrado gli intenti satirici non ha mai un momento in cui la sospensione dell’incredulità va troppo a farsi benedire.
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Cottura perfetta e forbici affilate, anche se con la punta arrotondata. |
Alla pietanza dò un voto sufficiente perché…
Quando si scoprono le carte, il ruolo di Margot diventa fondamentale ma allo stesso tempo, abbraccia la volontà di far uscire il pubblico dalla sala con qualche spiegazione in tasca, quando invece una svolta pienamente satirica sarebbe stata forse migliore.
Margot non è odiosa e piena di segreti come gli altri commensali, anzi, se li ha tutto sommato la rendono più simile al personaggio di Slowik, infatti è proprio lei quella che dovrà affrontare la minacciosa maitre Elsa (Hong Chau), anche se qui devo ammetterlo, aver voluto aggiungere al menù un tocco di oriente in odore di arti marziali, un mezzo sopracciglio me lo ha fatto sollevare eh?
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Cucine da incubo (Gordon Ramsay lèvati, ma lèvati proprio) |
Certo che l’ultima portata, il dolce, indirizza “The Menu” verso un finale tutto sommato abbastanza canonico, per un film che avrebbe potuto osare molto di più in termini di satira e dove bisogna dirlo, se il vostro palato (come il mio) è propenso a gusti decisamente più Horror, potreste restare un po’ delusi dal contenuto, al sangue ma non troppo, del film. Insomma più volte mi sono ritrovato a pensare a Fresh: satira in abbondanza all’inizio, critica sociale che va stemperandosi con i minuti, elemento horror presente ma meno mostrato di quello che ci sarebbe potuti attendere e finale un po’ frettoloso.
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«Cassidy verrà servito come secondo, con una mela in bocca» |
La sensazione che ho è che pur avendo gradito abbastanza la cena, difficilmente il suo ricordo troverà un posto a lungo termine nella mia mente, ma so anche che appena “The Menu” sbarcherà su qualche piattaforma farà il botto, tra palinsesti pieni di cuochi, forse la sua dimensione ideale per raggiungere al meglio il pubblico è proprio sul piccolo schermo, ma questo lo confermerà Padre Tempo e voi spettatori… Buon appetito!
Ah no, non si dice più buon appetito a tavola adesso, ho scoperto non essere più galateo. Che si dice quindi prima di mangiare, un bel vaffa? Vabbè io sono più pane e salame quindi, buon appetito!