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The Neon Demon (2016): Più che Suspira sembra Zoolander

Se c’è uno a
cui ho fatto una pubblicità spietata dicendo “Quello farà strada!” è stato
sicuramente Nicolas Winding Refn. Non perché io sia chissà che scopritore di
talenti anzi, solo per puro tempismo avevo già visto la trilogia di “Pusher”
nasando che questo Danese era uno studente del cinema.

Sono andato
con le febbre ad un Torino Film Festival di qualche anno fa solo per vedermi “Bronson”
(Storia vera), ancora oggi uno dei titoli che preferisco del regista, quando poi
è uscito “Drive” nel 2011, Refn non aveva certo più bisogno della ben poca
pubblicità che uno come me potrebbe fargli.
Vi è piaciuto “Drive”?
Vi ha fatto cagarissimo? Siete tra quelli gabbati dal suo trailer truffaldino?
Vi siete comprati una giacca argentata con uno scorpione sulla schiena? La
risposta è: chissenefrega! Perché tanto “Drive”, tratto da un libro e non
sceneggiato da Refn, resterà un incidente o un capolavoro isolato, a seconda
della vostra posizione rispetto al film.
Dopo tutta
questa premessa, aggiungo solo che sono tra quelli che ha trovato il precedente
film di Refn, “Solo Dio perdona” (2013), una cosina girata molto bene, che mi
ha lasciato freddino, vanno bene i contenuti e il frullatore di epido e arti
marziali (si fa per dire…), ma a distanza di tempo non ho mai sentito l’esigenza
di rivederlo. Per me è il vero spartiacque della carriera di Refn, la sua idea
di cinema è più vicina a quella di “Only God Forgives” piuttosto che a “Drive”,
il suo nuovo lavoro “The Neon Demon” mi sembra un evidente conferma di questa
tendenza.

Non ridete di lui per i suoi film, al massimo per la copertina da nonna Papera che indossa quando dirige.

Cercherò di
restare sul vago, ma sarà quasi inevitabile dover descrivere alcuni passaggi,
quindi se non avete visto il film ora lo sapete, ma considerando che mi sono
preso un tempo semi Biblico per vedere l’ultimo lavoro di Refn, ormai l’avrete
già visto tutti, quindi, con molta probabilità, non vi rovinerò più nulla.

Jesse (Elle
Fanning), è una biondina di sedici anni che arriva a Los Angeles con il sogno
di fare la modella, identica alle centinaia di aspiranti Star che ogni giorno
sbarcano nella città degli angeli, se non fosse per un dettaglio da niente:
Jesse è bellissima, anzi di più, ha un fascino talmente cristallino che
affascina chiunque la guardi, lasciando senza parole fotografi e stilisti e
scatenando le ire delle sue colleghe. Seguono scene oniriche a sbuffo, una
fotografia e un utilizzo dei colori che levati (ma levati proprio), cannibalismo,
necrofilia e un’idea di costruzione dell’immagine rubata alla pubblicità.



Le nouveau parfum de NWR.

Grazie ai (75)
film usciti su Yves Saint Laurent l’anno scorso, ho scoperto l’esistenza di uno
stilista che si chiama, beh, Yves Saint Laurent. Ecco, allo stesso modo Nicolas
Winding Refn nei titoli di testa del film si firma “NWR” come se fosse una
marca di alta moda e considerato il fatto che il Danese ha prestato il suo
occhio ad alcuni shoot fotografici per grandi marchi, non è nemmeno troppo
lontano dalla realtà.

L’alta moda è
la cifra stilistica che caratterizza tutto il film, ci sono alcuni momenti (parecchi, ad essere onesti) in cui non succede una mazza di niente, ma
succede in modo fighissimo, simmetrie centrali, personaggi asettici e quasi
immobili che (forse) sarebbero piaciuti a Kubrick. Guardando “The Neon Demon”
vi verranno in mente dieci nomi di registi che vi piacciono e altrettanti
titoli di riferimento, un calderone cinematografico che sottolinea ancora una
volta il buon gusto cinefilo di Refn e il fatto che il regista con gli
occhiali sia davvero uno studente di cinema che prima di fare un film, va a
rivedersi tutte le pellicole giuste.



Per la serie: Da grande voglio essere “Eyes Wide Shut”.

Proprio per
questo, porco mondo! Guardando “The Neon Demon” viene voglia di avere per le
mani il Danese, solo per fargli il collo rossissimo a colpi di coppini dati a
mano aperta, perché non puoi avere tutti quei riferimenti “Alti”, mettere su
uno spettacolo visivamente magnifico come questo film e poi perderti in un bicchiere
d’acqua.


“The Neon
Demon” (o forse dovrei chiamarlo TND?) è un film che ha diviso tutti, lo si ama
o lo si odia, fin dalla sua anteprima al festival di Cannes dove i critici si
sono divisi tra “Capolavorò!” e fischi con annesso lancio di ortaggi. Bisogna
mettersi l’anima in pace: il cinema di Refn sarà questo, ritmo lentissimo ed
estetica ai massimi livelli, al pari della due modelle gelose di Jesse, questo
cinema o lo assimili, oppure lo rigetti, nel senso rigurgitante del termine.



Prima di fare qualunque commento, ricordate che è maggiorenne da tipo un’ora, occhio!

Bisogna anche
dire che provocare reazioni forti nel pubblico di Cannes è complicato come
sparare ai pesci in un barile, visto che si sono fatti prendere per il naso per
decenni da Lars von Trier, prima di dichiararlo “Persona non grata”. Ve lo dico
fuori dai denti: chiunque un minimo avvezzo a guardare film Horror di certo non
resterà impressionato dai contenuti “forti” del film.



Tzè, tutto qui l’Horror che riesi a fare Nicolino?

Forse mi sono
fatto influenzare dalle affermazioni di Refn sui “Cocaine Movies” (di cui
parlavo QUI), ma “The Neon Demon” è il film che più si è avvicinato a “Suspiria”
di Dario Argento, o che almeno si è messo in scia, Los Angeles e il mondo della
moda al posto dell’accademia di danza a Friburgo, le premesse e l’utilizzo
espressivo del colore è lo stesso. Inoltre, il genere Horror è richiamato fin
dall’inizio, il set fotografico con Jesse ricoperta di sangue (finto) ci fa
capire che la protagonista passa il suo tempo a fare il filo alla morte, il
fascino della morte che trova il suo apice quando Ruby (Jena Malone) fa sesso
con un cadavere per sublimare i suoi sentimenti frustrati per Jesse.

“Ah! La morte!” , “Nonno quella è Elle” (Quasi-Cit.)

Come già
dicevo parlando di Animali Notturni,
Jena Malone sembra finalmente tornata del regno degli attori recitanti, qui è
sicuramente la più brava di tutto il cast insieme ad un’azzeccatissima Elle
Fanning che risulta bravissima e perfetta per il ruolo della protagonista
capace di calamitare tutti con la sua diafana bellezza.

Quello che,
invece, “Suspiria” aveva e che manca a “The Neon Demon” è un’idea di narrazione:
non bastano una messa in scena curatissima ed un utilizzo impeccabile della
fotografia a fare un capolavoro dell’Horror (o di qualunque altro genere), Refn
nel suo delirio modaiolo in certi momenti sembra dimenticarsi di una dettaglio,
quello di raccontarci una storia, roba da niente proprio.



Previously on Buffy the Vampire Slayer… Ah no scusate ho sbagliato.

Il problema
diventa palese se releghi Christina Hendricks ad un cameo di cinque minuti
scarsi, poi vabbè, io sono di parte perché vorrei vedere la Hendricks in tutti i
film, quindi su questo argomento non sento ragioni, ma è ancora più chiaro se
guardiamo il personaggio interpretato da Keanu Reeves, il gestore di Motel in
odore di Norman Bates, che pare centrale per la trama oltre ad essere un
personaggio con tantissime cose da dire, invece, sparisce e quindi da
considerare totalmente accessorio (se non proprio superfluo) rispetto alla
narrazione.

“Conosco il Kung-Fu… No ve lo dico, magari mi fate fare qualcosa nel film, due calci, due salti”.

Bisogna anche
dire che ho trovato le metafore del film sul facilone andante, forse con sangue
e occhi vomitati vinci facile con i parrucconi di Cannes, ma il METAFORONE del
mondo della moda che ti divora non m’impressiona più di tanto, a meno che non
ci sia un altro livello di lettura, la virginale Jesse che ammalia tutti con la
sola presenza è lo stesso Refn, che con questo film ci sta lanciando un grido
di aiuto, in fondo entrambi sono (fin troppo) consapevoli del loro talento e
della loro capacità di ammaliare (“Tutti vogliono essere come me” dice Jesse)
ed entrambi vanno fagocitati ed assimilati. Davvero Refn vuole farci credere di
essere una cappuccetto rosso tra i lupi di Hollywood? Bah, non so…

Malgrado metaforoni
e chiavi di lettura, “The Neon Demon” mi è piaciuto più di “Solo Dio perdona”
(se volete aggiungere un, ci voleva anche poco, siete liberi di farlo), la
prima parte è ipnotica nonostante le lungaggini, certo se Refn avesse avuto le
palle di lasciare a terra i personaggi chiave prima e non trascinarsi per un’altra
ora, forse sarebbe venuto fuori un film con una trama più concreta e non uno
shoot fotografico portato sul grande schermo.



Da regista ad arredatore d’interni il passo è breve.

Anche perché tra
fascinazione alla Mario Bava o alla Dario Argento, momenti presi di peso da “Viale
del tramonto”, animali (forse onirici) che sembrano usciti dallo Zoo di “Il
bacio della pantera” e un altro milione di omaggi cinematografici messi in
posa alla perfezione dallo stilista NWR, il Danese con gli occhiali ha davvero
troppo talento e troppo buon gusto cinematografico per stiracchiare una
storiella così su due ore di lungaggini, anche se dirette come si dirige in
paradiso.

Ci ho messo un
sacco di tempo a vederlo, perché ormai so che Refn me lo devo gustare quando
sono nell’umore giusto per farlo, come sempre, passerà un’altra vita e mezza
prima di concedermi una visione numero due del film, ma è chiaro che questo è
il cinema che Refn vuole fare, la direzione è questa, “Drive” va considerato un
film minore, se non addirittura su commissione.



Ho detto “Suspiria” non “Profondo rosso”!

Il problema
che vedo con questo film è che è davvero troppo bello per essere archiviato
frettolosamente come un esercizio di stile o con un “Bella la fotografia”, ma è
anche troppo poco per passare davvero per un filmone, le mie mani gridano
fortissimo “COPPINI!” perché Nicolas Winding Refn aveva sulla racchetta il
colpo del KO di un “Suspiria 2.0”, invece si è fermato prima della linea del
traguardo del capolavoro. Come si dice “Coppini” in Danese? Uno solo Nicolas,
giuro solo uno, fortissimo, ma solo uno, dai vieni qua!

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