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The Northman (2022): l’arrivo di Eggers è atteso al Valhalla

Robert Eggers, classe 1983 come me, quindi è giovane, non accetto discussioni in merito! Con solo due film all’attivo è riuscito a mettere il suo nome sulla mappa geografica, per altro con il piglio del vero autore quale il nostro Roberto Uovatore è senza ombra di dubbio, perché sia The Witch che The Lighthouse, delineano una poetica tanto chiara che al suo terzo film, Eggers può permettersi di provare ad applicarla ad un campo da gioco completamente diverso, quello dei film ad alto budget.

Volete sapere secondo me qual è stata la più grossa sfiga di Eggers? Tanto sapete che ve lo dirò lo stesso, proprio per la natura ricercata e Indie dei suoi due primi lavori, il nostro è diventato l’idolo di una certa tipologia di cinefili da Social-Cosi, sarò un po’ brutale (ma sempre meglio che farsi affettare il naso con una lama no?), quelli che non ci hanno capito molto dei suoi due primi film e che ora si lamentano che “The Northman” risulta troppo lineare nella trama, troppo “per tutti”, anche se molti di loro hanno capito che “Il re leone” (1994) non è altro che l’ennesimo adattamento dell’Amleto di Shakespeare, solo ora che Eggers con la sua propensione per la ricostruzione storica all’limite dell’ossessivo, si è immerso nella leggende nordiche del X secolo, ispirandosi dai medievali Gesta Danorum, che furono proprio indiretta ispirazione per l’Almleto del Bardo. Quanto sono carini i cinefili da Social.

Ora, io di leggende nordiche e di quel tipo di folklore ci capisco più o meno quanto ci capisco di fisica quantistica (cioè un’infiocchettatisisma), ma di cinema un pochino mi posso permettere di esprimermi, quindi mi stupisce che questo attesissimo film sia stato accolto in un coro di commenti tutti omologati, molti dei quali ruotano attorno a due lamentele chiave: la trama è il classico viaggio dell’eroe con vendetta finale e la Valchiria ha l’apparecchio ai denti, gravissimo errore per uno ossessionato dalla ricostruzione storica come Eggers.

Solo a me sembra uscita da un video dei Die Antwoord o siete tutti dentisti ormai?

So che non è bello avvelenarsi con i Social, però prima di parlare di questo gran film che consiglio a tutti, mi devo togliere un paio di sassi dallo stivale: mi chiedo dove li vedano i film questi appassionati, sullo schermo del loro cellulare? Oppure semplicemente è bello ripetere quello che tutti sostengono, visto che escludo che “Il segreto dell’acciaio” per Eggers passasse attraverso l’odontoiatria, lo stesso regista si è espresso chiaramente sulla questione, ma tutto questa ansia di parlare di cinema sui social, riportando un pensiero omologato alla massa mi stordisce, molti si sono fatti distrarre da un presunto apparecchio ai denti e non si sono accorti che invece Roberto Uovatore ha voluto demolire tutto, anche il mito del viaggio dell’eroe, ma andiamo per gradi.

Immagine a caso di Anya Taylor-Joy per acchiappare l’attenzione (sono diabolico lo so)

Per motivi personali mi sono perso “The Northman” in sala alla prima delle due canoniche settimane per cui ormai, i film restano in sala, quindi ribadisco, correte a vederlo al cinema perché questo film va goduto sullo schermo più grande in circolazione, ma soprattutto perché tale livello di coraggio va premiato a colpi di biglietti staccati (cosa che il pubblico non sta facendo, poi lamentatevi eh?), l’idea di Eggers è chiara: ossessione per il realismo storico che si traduce nella ricerca dei materiali più adatti anche per i costumi di scena (un applauso al lavoro di Linda Muir), oppure della fotografia più adatta per raccontare la storia, che qui divide idealmente il dramma in tre atti riconoscibili anche dalla scelte cromatiche (giù il cappello davanti al direttore dalla fotografia Jarin Blaschke), ma oltre a questi dettagli tecnici, Eggers al suo terzo film applica i tratti che lo hanno reso un autore così riconoscibile con due horror a basso budget, ad un film che è a tutti gli effetti un blockbuster, o per lo meno l’idea di blockbuster che potrebbe avere uno come Roberto Uovatore. 90 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, al servizio di una trama che inizia con rutti e peti (non sto scherzando), che continua trascinando il protagonista in quella che ad una prima occhiata potrebbe essere fango (ma non ne sono così certo), fino a mettere in dubbio la struttura stressa del viaggio dell’eroe, alla faccia del cinema contemporaneo, che vuole solo personaggi buoni buonissimi oppure cattivoni in cerca di redenzione.

Re Ethan Hawke in versione Elio, mi presento: «Burp, haha, ciao ragazzi!», faccio un vento e gli cambio il clima.

“The Northman” è la classica storia dove il più pulito ha la rogna, quasi un ritorno ai quei personaggi fatti di chiari e scuri (qui parecchio scuri), che il cinema contemporaneo con le punte arrotondate e il più delle volte, finanziato dalla Disney rifugge. Già solo per questo Roberto Uovatore si è dimostrato coerente e coraggioso, il suo piano è quello di raccontare la sua versione di Amleto, ma con i muscoli e la violenza del Conan di John Milius, a cui il suo film strizza più e più volte l’occhio spudoratamente. No sul serio, cosa vogliamo criticare ad uno così?

La storia comincia nel’895, con re Aurvandil (Ethan Hawke che fa un rutto, come Elio cambia il clima e poi sparisce dal film), che ritorna ferito dopo la battaglia nel suo regno per riabbracciare la regina Gudrún (Nicole Kidman) e il suo erede, il giovane principe Amleth. Dopo l’equivalente Eggers dell’iniziazione al segreto dell’Acciaio, ovvero un rituale che prevede come dicevo lassù rutti, scoregge e imitazioni di cani (giusto per ricordare che questo strambo Blockbuster di educato non ha proprio niente), il viscido zio del protagonista, Fjölnir, fratello di Aurvandill (Claes Bang, a mani basse il migliore del cast) uccide il fratello durante una nevicata che non potrà che non farvi pensare al film di Milius, ma anche il seguito, visto che a colpi di remo Amleth fugge, snocciolando il suo rosario dei morti ammazzati, il mantra della sua vendetta: «Ti vendicherò, padre. Ti salverò, madre. Ti ucciderò, Fjölnir!»

La vendetta è ottima per i deltoidi. 

Strizzando l’occhio all’ellisse narrativo che trasformava il giovane Conan intento a spingere la ruota in Arnold Schwarzenegger (solo una delle scene iniziali più belle della storia del cinema), Eggers fa lo stesso, quindi pagaia oggi, pagaia domani Amleth cresce e diventa lo statuario Alexander Skarsgård, ormai esperto di recitazione in mutande o anche meno. 

Non so voi, ma io con i modi vichinghi mi sento sempre un po’ a casa.

Cresciuto come berserkr in una banda di feroci vichinghi razziatori di villaggi, Amleth è più bestia che uomo, uno che ringhia al fuoco e ulula come faccio io con i miei cani (storia vera, ma non fatemi altre domande), fino al giorno in cui dopo una scena di distruzione di un villaggio dove Eggers preme a tavoletta il pedale della violenza, il nostro non più tanto piccolo principe, scopre che l’odiato Fjölnir si è rifatto una vita con sua madre come compagna, ha perso il trono paterno ed ora vive nella sua fattoria, per raggiungerlo si taglia i capelli come l’Amleto di Zeffirelli (e chissà che Mad Mel Gibson non apprezzo il cinema truculento di Eggers), si intrufola nella nave degli schiavi diretti alla fattoria e qui fa la conoscenza di Olga (Anya Taylor-Joy, al secondo film con il regista), che diventerà presto sua amante. 

Chi lo spiega ai cinefili da Social che hanno già prenotato le vacanze in Islanda che il film lo hanno girato in Irlanda? (storia vera)

“The Northman” procede deciso lungo i suoi  137 minuti, tutti utilizzati da Roberto Uovatore per riempire lo schermo di tanta di quella roba dal punto di vista visivo, che per notarla tutta non solo avrete come si diceva, bisogno di uno schermo gigante, ma anche più visioni per cogliere tutti i dettagli, i morsi al collo, le spadate in faccia che rendono questa versione uno degli Amleto più trucidi di sempre (insomma, roba da Bara Volante), ma è anche chiaro che Eggers sia scesa dal letto con il piglio di chi vuole omaggiare i modelli originali, qualche esempio? 

I ritrovamento della spada magica dai poteri non proprio chiarissimi (dovrebbe funzionare solo di notte, ma poi ammazza anche di giorno senza difficoltà) riprende il ritrovamento del Conan Miliusiano della spada paterna, ma ci aggiunge un gustoso combattimento con un guerriero scheletrico, così come l’apparizione di Björk nei panni di una veggente, non è altro che l’incontro con la strega di Arnold, con la differenza che è stata proprio la cantante islandese a mettere in contatto il regista e la poetessa Sjón, autrice della sceneggiatura a quattro mani insieme a Uovatore (storia vera). 

It’s, oh, so quiet, Shhhh Shhhh, It’s, oh, so still…

A proposito di ossa e scheletri poi, può esserci Amleto senza il teschio di Yorick? Qui la capoccia parlante è quella dello spirito di Heimir il Folle (Willem Dafoe, anche lui al secondo film con Eggers e sempre più avviato in una ricca carriera da vecchio pazzo al cinema), ma forse il vero difetto di “The Northman” è proprio questo: Eggers osa molto, porta il pubblico in territori cinematografici tanto luridi e muscolari per un classico Blockbuster, ma anche tanto ricercati per chi pretendeva solo il classico viaggio dell’eroe, eppure il difetto vero sta nel non riuscire ad emanciparsi troppo dai modelli che omaggia, quando lo fa vengono fuori scene come quella dell’Hockey su prato (non saprei come altro definirla), un passaggio della storia che malgrado le ottantacinque testate di fila al più grosso dell’altra squadra, coincide anche con la parte più debole del secondo atto, quella che fa girare un po’ a vuoto la storia e il suo protagonista. 

Ok, qui più che Yorick sembra Murray il teschio demoniaco.

Già perché Alexander Skarsgård è bravissimo a caricarsi sulle spalle un personaggio che ringhia più che dialogare, che ammazza e trucida i nemici ma le cui righe di dialogo sono quasi tutte il suo rosario dei morti ammazzati e un «Io sono la sua vendettaaaaaaaa!», un personaggio che alla faccia del classico viaggio dell’eroe, deve fare i conti con una vita dedicata ad una vendetta che ad un certo punto, potrebbe non essere più l’unica soluzione. 

John Milius ci faceva patteggiare per il suo Conan totalmente, non solo perché aveva il volto e il corpaccione di un mito come Arnold, ma anche perché il suo Nicchiano romanzo di formazione, prevedeva un cattivo a tutto tondo come il Thulsa Doom di James Earl Jones. 

Eggers fa una scelta diversa, quella di togliere a noi spettatori e al suo Amleto i punti di riferimento, Claes Bang è a mani basse il migliore del film perché riesce a rendere credibile con pochissimo uno come Fjölnir, che ad un certo punto con il suo cambiare vita modifica tutto lo scenario. Ecco perché la lunga scena con mamma Nicoletta Ragazzino (Edipo levati, ma levati proprio) è così significativa e la Kidman fa valere tutto il suo talento, anche se fino ad un momento prima con il suo essere sempre così eterea, sembrava quasi fuori luogo in un film sporco, zozzo e sudato come questo. 

Il suo cantante preferito? Di sicuro Iosonouncane (ma non escludo i Cannibal Corpse)

Amleth conosce solo la vendetta, ha reso se stesso più una bestia che un uomo e davanti ad un alternativa, non sa fare altro che continuare ad assecondare la sua rabbia a testa bassa, in quello che è un coraggiosissimo (per la media dei film contemporanei) modo di gettare luci ed ombre sul buono e sul cattivo della storia. Infatti trovo curioso che molti spettatori si siano lamentati del fatto che ad un certo punto del film, la vendetta di Amleth non sia più così centrale (non come lo era per il Conan di Milius almeno), ma non è un caso, non è la sceneggiatura ad aver perso il fuoco è proprio il senso di un film che ha due monumentali palle, tanto da togliere da sotto le chiappette dello spettatore, la poltrona comoda delle certezze e dei canoni cinematografici a cui siamo abituati. 

Ecco perché lo scontro finale con il vulcano sullo sfondo è così sentito, non è un semplice duello stile Episodio III, ma risulta ben più disperata malgrado l’epilogo con protagonista Anya Taylor-gioia-dei-miei-occhi (come la chiama Quinto Moro) che conclude il tutto con un minimo di speranza nel percorso fino al Valhalla, che per quanto mi riguarda è quello a cui è destinato (cinematograficamente parlando eh? Cento anni di salute) anche Robert Eggers. 

«É finita Amleth, sto più in alto di te!» (quasi-cit.)

Questo sarà anche il suo film “per tutti” e se volete sapere la mia, The Witch resta ancora la sua opera migliore, ma avercene di matti in grado di offrire al pubblico Blockbuster che prevedano buoni non proprio così buoni e cattivi che forse potrebbero avere anche ragione, oltre che nasi mozzati, rutti, peti, vulcani, valchirie e un estetica da disco dei Manowar che gonfia il petto di gioia (non Anya Taylor, ma se volete anche si), l’unico modo che aveva Roberto Uovatore di migliorare un film così era emanciparsi un po’ di più dai modelli di riferimenti, oppure in alternativa mettere QUESTA sui titoli di coda. 

Nel dubbio correte a vederlo, perché il cinema ha bisogno di titoli per tutti si, ma anche per adulti come questo, stiamo assistendo alla cavalcata verso il Valhalla di un autore con la “A” maiuscola, quindi correte in sala a godervi tutto questo, prima che la Disney ci rifili un altro re leone con gli animali posticci che cantano in CGI.

Sepolto in precedenza martedì 3 maggio 2022

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