Il regista Justin Kurzel ha una certa fascinazione per la violenza, non è un caso se il suo primo film lontano dalla natia Australia sia stato un archetipo narrativo come Macbeth, sfiga! Quel titolo coincideva con il periodo di massima espansione di Michael Fassbender, che ha voluto portarselo dietro sul set di quella robetta brutta che era Assassin’s Creed.
Scottato dall’industria americana, Justin Kurzel ha fatto l’unica cosa sensata, tornarsene a casina sua e ai temi che preferisce, la violenza all’interno di gruppi organizzati, se il tutto poi ha anche una spolverata di Western tanto meglio, infatti il nostro ha firmato “The Kelly Gang” (2019), banale ma efficace, perché per un regista australiano dirigere un film su Ned Kelly sarebbe un po’ come uno italiano dirigerne uno su Garibaldi.
Il suo film successivo, Nitram, era ispirato ad un drammatico fatto reale, il massacro di Port Arthur, ed è anche quello che ha ribadito la tipologia di pellicole che a Justin Kurzel interessa fare, ottimi per i film festival ma con un’anima d’acciaio, questo ci porta alla sua ultima fatica e al suo ritorno negli Stati Uniti, questa volta alle sue condizioni. Prodotto tra le altre dalla Riff Raff Entertainment di Jude Law, che qui si ritaglia uno stropicciato e baffuto ruolo da agente dell’FBI per tenere in allenamento la sua capacità di recitare con l’accento americano, presentato all’ultimo festival del cinema di Venezia, il film ha una storia alla base molto interessante e anche molto contemporanea, anche troppo.
Basato sul saggio del 1989 “The Silent Brotherhood” di Kevin Flynn e Gary Gerhardt, “The Order” offre la possibilità al regista di affrontare un altro evento reale, visto che il suo film è stato presentato a Venezia in contemporanea con la miniserie di Joe Wright, mi posso giocare la citazione del Mussolini di Luca Marinelli: «La democrazia è bellissima, ti dà un sacco di libertà, anche quella di distruggerla», che è una frase che avrebbe potuto utilizzare anche Bob Mathews, qui impersonato dal prezzemolino con i capelli a scodella Nicholas Hoult, fondatore dell’ordine del titolo, un gruppo di suprematisti bianchi, pronti a piazzare bombe nei cinema a luci rosse ma soprattutto, a rapinare banche per finanziare la loro crociata di liberazione dell’America da neri ed ebrei.
Un branco di galantuomini (si fa per dire…) che basano tutta la loro dottrina sul libro “The Turner Diaries” (1978) di William Luther Pierce, neonazista e fondatore della National Alliance, pubblicato facendolo passare per un libro per bambini (!) teorizzava la liberazione degli Stati Uniti attraverso sei passaggi, l’ultimo la presa del Campidoglio, non è un caso se molti esponenti di estrema destra e sostenitori di Trump che hanno invaso Capitol Hill il 6 gennaio del 2021, avessero una copia del libercolo con la copertina rossa (storia vera), anche se la vera notizia è che molti di loro sapessero anche leggere.
“The Order” ruota intorno all’indagine dell’agente FBI Terry Husk (Giuda Legge baffuto), specializzato in indagini su mafia e organizzazioni criminali, che nell’anno 1983, arrivato nella cittadina di Metaline a Washington, finisce sulle piste di questi suprematismi bianchi guidati da Bob Mathews (prezzemolino Hoult) facendo scattare dinamiche tipiche dei Wester e dei polizieschi, perché si sa che se hai un agente dell’FBI, per farlo funzionare meglio, un vero classico consiste nell’affiancarlo ad un poliziotto locale, che per una volta non è un rozzo panzone (da opporre al fighetto federale incravattato) ma è un giovanotto di nome Jamie Bowen, con un arco narrativo classico ma interessante, ben impersonato da Tye Sheridan.
L’ultima fatica di Justin Kurzel è il classico film che ti racconta qualcosa che magari non conoscevi, in maniera più interessante del leggersi la pagina di Wikipedia, lo fa con un ritmo blando per non spaventare il popolo dei frequentatori di film festival alla quale si rivolge, ma avendo un’anima di genere, è costellato da quelle che i critici con la pipa e gli occhiali chiamerebbero “Esplosioni di violenza”, che consistono nelle scene di rapina e le sparatorie, nessuna particolarmente memorabile, tutte molto classiche e solide, per un film comunque in odore di Western, che sembra la versione pettinata di “Red State” (2011) di Kevin Smith.
A suo modo Giuda Legge è un vecchio sceriffo del West a cui viene affiancato un giovane vicesceriffo, a tutto questo aggiungete lo strato di lettura che ci permette di calarci nella base da cui l’attuale presidente americano ha attinto parecchi voti, quindi menzione speciale per Nicholas Hoult, che avrà anche la faccetta da bravo ragazzo della porta accanto, ma quando vuole – come fa qui – sa risultare sinistro e carismatico, un pazzo fin troppo lucido che predica l’intolleranza, che come sostiene lo schietto speaker radiofonico di origini ebree Alan Berg (Marc Maron), altro non è che l’ideologia dei mediocri.
Si perché in modo discreto, senza lanciarlo in faccia allo spettatore, il film di Justin Kurzel riesce a risalire la corrente su fino all’avento, anche qui violento, drammatico e reale legato ad Alan Berg, che è stata l’ispirazione prima per lo spettacolo teatrale e poi per il bellissimo e mai abbastanza celebrato film di Oliver Stone, Talk Radio, la miglior prova di recitazione di Eric Bogosian e non mi stancherò mai di ripeterlo.
Risultato finale, questa volta Justin Kurzel è riuscito a tornare a fare cinema negli Stati Uniti alle sue condizioni, parlando per altro beh, degli Stati Uniti, di sicuro “The Order” non cambierà molto nell’economia mondiale, ha tutto per piacere a chi ama i film in stile film festival (che sono una categoria tutta loro) o chi preferisce i polizieschi e i Western, ma volendo ha anche tutto per scontentare entrambi, visto che è la somma delle tue tipologie di film, sicuramente è meno stupido e banale della media, lo trovate comodo su Prime Video da qualche giorno, nel caso, sapete cosa fare.
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