Posso iniziare con una frase che di solito è il marchio di fabbrica del mio compare di podcast Sergio? Lo cito, lo cito impunemente: chissà cosa staranno facendo ora i fan di The Batman?
Chissà se si stanno leccando le ferite come quelli di The Joker, sta di fatto che il piano della Warner prosegue, dopo il film di Matt Reeves era già stato annunciato con largo anticipo la miniserie dedicata alle origini di del Pinguino, anzi, IL Pinguino, perché abbiamo chiarito che in questo universo narrativo, Gotham City è geolocalizzata nel Nord Italia, probabilmente inglobata nell’hinterland milanese e quindi tutte le persone si chiamano tra di loro con l’articolo davanti, la Luisa, il Michele, il Batman e di conseguenza il Penguin o il Pinguino, che malgrado tutto è fatto a forma di Colin Farrell, anche se non si nota. Anzi, del Colin, chiedo scusa.
Il trucco del personaggio lo trasforma così tanto bene in una versione malvagia (o più malvagia a seconda dei punti di vista) di Giancarlo Magalli che ho seriamente pensato che, voce a parte, truccato così forse hanno potuto girare tre o quattro episodi in contemporanea, un po’ come fanno con The Mandalorian, lì basta un elmo e papi Pedro Pascal che doppia tutto, qui è un po’ più complicato truccare più attori, ma la trasformazione resta notevole.
La trama si incastra con quanto sapevamo del personaggio (non moltissimo) dal film IL Batman, quindi essenzialmente la sua passione per le auto rombanti e un po’ pacchiane, il compito della miniserie creata da Lauren LeFranc è essenzialmente questo, raccontarsi la scalata da luogotenente a capo della criminalità di Gotham, iniziando la trama esattamente da una settimana dopo i titoli di coda del film di Reeves.
A questo punto a Lauren LeFranc qualcuno deve aver ricordato che il canale che trasmette la serie negli Stati Uniti è HBO (da noi, Sky Atlantic), quindi come ti giochi le tue carte quando hai per le mani un incazzuso boss criminale in rampa di lancio dall’aspetto, diciamo non proprio esile e filiforme? Te la giochi alla Tony Soprano o per lo meno, giù di lì, tanto per restare in casa HBO. Se poi ci mettiamo il fatto che tutti chiamino il protagonista Oswald Cobb con il nomignolo di Oz, beh, sempre in casa HBO restiamo.
Questa incarnazione del pinguino anzi IL Pinguino ha una madre, ma forse avrebbe preferito essere orfano come la versione di Danny DeVito, anzi la questione è più complicata di così, perché IL Pinguino vuole bene alla sua mamma, ma Francis Cobb (Deirdre O’Connell, altro giro, altra irlandese dopo Farrell) nel primo episodio somiglia ad una versione addolcita di Lidia Soprano, che va ricordato, resta una delle più grandi cattive della storia del piccolo schermo.
Il problema di “The Penguin” è quello di fare i compiti molto bene, portando in scena dinamiche da gangster movie note, a cui è stata data una mano di Soprano e ben poche, se non proprio nessuna concessione a chi arriva dai fumetti, ad esclusione della famiglia criminale Maroni (guidata dal mitico Clancy Brown) fino ai minuti finali dell’ottavo episodio, se Gotham fosse qualunque altra città d’America cambierebbe poco, anche se lo stile visivo notturno e rugginoso, si rifà bene alla palette cromatica del film di Reeves.
Forse l’elemento più fumettistico (nel senso di sopra le righe) è la trama nella trama, quella che ruota attorno all’avversaria di Oz, ovvero Sofia Falcone, detta impiccato (o LA impiccato?) impersonata dalla rediviva Cristin Milioti, la madre di “How I met your mother” (non è spoiler!) che un tempo era in tutti i film ma ultimamente era un po’ scomparsa, almeno dai miei radar.
Con tutto che molte dinamiche sanno di già visto, e che altre fanno di tutto per non trasformare la serie in Gotham (che comunque io adorava proprio per il suo tono da fumetto), va detto che “The Penguin” funziona, ha tutto per attirare anche un pubblico generico non interessato ai super eroi e il mio scetticismo iniziale, quello già espresso per IL Batman, ovvero tutto questo rifare i classici infilandoci i super eroi dentro, altrimenti il pubblico moderno non li considera, si stempera con il passare degli episodi grazie ad un dettaglio non da poco. Anche se Oz si sceglie un ragazzino della strada come spalla e autista, il giovane Vic (Rhenzy Feliz), resta un vero bastardo, una merda d’uomo, o di pinguino, fate voi.
Non vi voglio rovinare la visione, ma la serie riesce a dare un senso anche allo stile cappello a cilindro e farfallino del personaggio, senza tutta l’ansia di spiegare ogni elemento fumettistico e poi il finale, già temevo in una versione Pinguino anti-eroe, oppure Pinguino con aurea di eroe popolare Springsteeniano, invece l’ultimo episodio mette in chiaro che più infame di lui in città, non c’è nessuno, per fermare uno così senza la maschera nota nessuno salverà Gotham, occorre un mito, non Bruce (cit.)
Insomma, avevo aspettative basse, temevo un’altra operazione del tipo, prendi un soggetto da adulti, ficcaci dentro un personaggio dei fumetti per farlo digerire a questi bamboccioni che guardano solo roba con i Super, invece devo dire che malgrado la miniserie debba restare nel solco dello spin-off, me la sono bevuta tutta d’un fiato, era un pezzo che un cattivo, non faceva davvero il cattivo. Anzi, IL cattivo.
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