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The Princess (2022): Se scappi non ti sposo, al massimo ti meno

Bisogna dirlo, “The
Raid” (2011) ha avuto una sfiga pazzesca, quella di essere un capolavoro. Che
di suo non sarebbe affatto una sfortuna, anzi, lo è diventata nel momento in
cui tutta quella critica che non guarderebbe un film “di menare” nemmeno con
gli occhi di un altro, ha dovuto vedere il film di Gareth Evans per via della sua manifesta superiorità, diventando così l’unico titolo marziale
conosciuto da molte “penne” e di conseguenza, citato a capocchia, tirato in ballo
nei paragoni con ogni altro film – il più delle volte anche di infima qualità –
dove viene tirato un pugno prima dei titoli di coda.

Secondo paragrafo,
secondo sasso che mi tolgo dalla scarpa: quanti film d’azione sull’empowerment
femminile (perdonatemi l’orrido anglicismo) avete visto di recente? Rispondo io
per voi, tanti, troppi visto che molti sono delle robe inguardabili (come Gunpowder Milkshake) altri vanno dall’abbastanza divertente tipo Jolt, al
terribile come Kate, passando per titoli dimenticabili come Sweet Girl,
Ava e The Protégé. Una serie di eroine, tante “John Wicka”
nessuna somigliante ad Atomica Bionda quindi tutte figlie di una formula
di cui lo streaming (il nuovo videnoleggio) si ciba come ad un banchetto di nozze.

Questa doverosa
doppia premesse per arrivare al film di oggi, ovvero “The Princess” che è studiato
a tavolino tanto quanto la valanga di titoli del paragrafo precedente, inoltre
nel suo essere figlio di una fredda formula, nasce e si sviluppa avendo in
testa chiarissimi i suoi punti cardinali, ovvero essere un “The Raid” per
ragazze. La domanda sorge spontanea: le interessate saranno davvero attratte da
un prodotto del genere? Non lo so, posso dirvi che “The Princess” prodotto da
Hulu/20th Century Studio, per questo parte del pacchetto Star da noi in uno
strambo Paese a forma di scarpa disponibile su Disney+, nel suo essere una
formula studiata a tavolino, se non altro regala spassosa caciara, a differenza
della sfilza di titoli citati prima, questo potrebbe sopravvivere nella vostra
mente più della canonica settimana.

Da quanto Disney ha comprato la Fox, ora sono davvero tutte figlie di Ellen Ripley.

Diventa chiarissimo
che questo film sia il frutto di una riunione dell’ufficio vendite, perché
prende una principessa ribelle, per di più rossa di capelli come la
protagonista di beh, “Ribelle” (2012) della Pixar e la rende protagonista di uno
spudorato omaggio al film di Gareth Evans. Questo diventa chiaro quando la principessa senza nome, per uscire da una situazione
di stallo nella tromba delle scale, si getta nel vuoto utilizzando uno sgherro
come scudo umano, replicando la scena della schienata spezza ossa contro la balaustra
di “The Raid”, più sfacciati di così nell’omaggio non potevano proprio essere.

Anche se bisogna
essere onesti, Iko Uwais con il Maestro Bruce Lee nel cuore, affrontava
avversari ad ogni piani cercando di scalare il palazzo, qui trattandosi di base
di una favola, ambientata in un magico e non identificato regno fatato, la
principessa come da tradizione deve scendere dalla torre dove è stata rinchiusa,
un po’ come se “Rapunzel” (2010) usasse i pugni invece delle trecce.

Meno anelli nuziali e più azione!

Se non altro questo
titoli studiato a tavolino è stato affidato alla competenza del regista vietnamita
Le-Van Kiet, facile capire perché, aveva già diretto in precedenza un altro
film di menare al femminile come “Furie”
(2019), forse lo trovate ancora nel catalogo di Netflix. Sta di fatto che “The
Princess” libera il campo da ogni volontà di realismo, ambientarlo in un regno
da favola permette agli sceneggiatori (Ben Lustig e Jake Thornton) di non dover
nemmeno cercare nomi per i personaggi, abbiamo la principessa Joey King, il re Ed
Stoppard e la regina Alex Reid, grazie ai flashback scritto con il PENNARELLONE
(per ribadire le dimensioni del pennarello stesso) scopriamo che la principessa
è fuggita per non sposare lo stronzissimo Julius (il Jesse Custer sbagliato, Dominic Cooper) facendo saltare così la tregua tra regni e altri MacGuffin del
genere.

“Non ti è proprio andata giù quella serie vero Cassidy?”

Infatti il film
comincia con la principessa drogata, che si
risveglia non con un bacio ma da un tentativo di stupro in cima alla torre, con addosso il suo candido vestito da sposa (questo
dovrebbe spiegare la bizzarra cover di “White Wedding” di Billy Idol che si
sente sui titoli di coda del film), una “svestizione” dell’eroina che a colpi
di pugni dovrà scendere dalla torre, salvare la sua famiglia e impedire un altro
matrimonio nemmeno fosse il Robin Hood di Kevin Costner, solo che qui ad
aiutarla non ci sarà nessun Morgan Freeman, al massimo la maestra d’arme Linh (Veronica
Ngô), evidentemente imposta dal regista e necessaria per portare avanti questo
film che non batte nemmeno sul tasto delle quote rosa, no no, quasi per nulla,
impercettibilmente oserei dire.

Provate a fare a loro una battuta sulle donne in cucina, vi sfido.

Avendo azzerato
tutto (nomi dei personaggi compresi), rifacendosi spudoratamente agli archetipi
della favola è normale che Julius sia uno stronzone monodimensionale, che vuole
sposarsi non per amore ma per governare, anche perché la sua guardia del corpo
numero uno Moira (Olga Kurylenko), sembra una socia in odore di incesto,
visto che i due limonano duro, ma sembrano anche fratello e sorella, almeno a giudicare
dall’aspetto e dalla capigliatura. Insomma in questa atmosfera alla “Xena” (se
non fosse chiaro è un complimento per quello che mi riguarda), la principessa
dovrà improvvisarsi Iko Uwais forte di anni di allenamenti e di una
caratterizzazione rubata alla rossa di “Ribelle”, il fatto che poi si possa
vedere questo film su Disney+, non farà altro che offrire spunti comici a tutti
quelli che non hanno ancora capito che la Casa del topo possiede tutto, anche
Hulu. 

“The princess” non
si sposta di un millimetro dalla formula studiata a tavolino, quindi vi
richiederà di sospendere l’incredulità quel tanto che basta da abbracciare l’atmosfera
da favola, per farvi credere che il metro e sessantacinque (stimato, ma potrei
anche averle regalato qualche centimetro) di Joey King, con il giusto
allenamento da “maschiaccio”, basti per far fuori un energumeno – o più di uno –
ad ogni piano della torre, per nostra fortuna la regia di Le-Van Kiet è talmente
vispa da rendere questo boccone molto più facile da mandare giù.

Sarà pure la principessa, ma di cognome da King.

Il regista vietnamita
sa come muovere la macchina da presa durante una coreografia di lotta, basta la
prima scena per mettere in chiaro tutto il ritmo del film (i famigerati primi
cinque minuti che determinano tutto l’andamento), con la principessa che si
libera di due energumeni a colpi di pugni, calci e utilizzando ogni oggetto nella stanza come arma, il gioco sta davvero tutto qui e se siete disposti a
stare alle regole, anche il divertimento. 

Certo un film così derivativo
non può brillare per originalità e ha il limite che ogni tanto, Le-Van Kiet
ostinandosi a seguire la sceneggiatura, facenro parlare i suoi personaggi invece di
farli menare senza sosta per 94 minuti, se non altro pochini ma in certi
tratti, non così pochi da non avvertire la noia della ripetizione, quindi per
quanto posso trovare divertente vedere il Jesse Custer sbagliato maltrattato in
questa atmosfera alla “Xena” il dubbio su chi sia il pubblico di riferimento di
un film così mi viene.
 

Non di certo chi ama
“The Raid”, perché cosa me ne faccio esattamente della copia in versione
favolistica? Quindi proviamo a guardare l’altra faccia della frittata (o della
medaglia? Devo smetterla di scrivere a stomaco vuoto, poi mi escono frasi così)
ovvero, se dobbiamo pupparci film d’azione al femminile che escono con sinistra
puntualità e non tutti possono essere fieri B-Movie con Elsa Pataky, che
almeno trovino il modo di rifarsi ai film giusti, perché tanto volenti o
nolenti non si scappa, ad Hollywood hanno deciso che dopo decenni di eroi tutti
muscoli e spara-spara, ora per correggere il torto bisogna esagerare nella
direzione opposta, quindi forse la riflessione vera che dovrei fare è un’altra.
 

Le pose vi riescono bene, all’azione per fortuna ci pensa Le-Van Kiet.

Se un film d’azione
diretto da un gallese, ha messo sulla mappa del grande cinema l’Indonesia come ha
fatto “The Raid”, forse sarebbe ora che tutti, anche i critici con la pipa e
gli occhiali, riconoscano il fatto che non è una questione di “genere”
(cinematografico) ma di qualità del film, se viviamo in un mondo dove è la
normalità pensare che il film di Gareth Evans possa andare a braccetto con tutto, anche con lo volontà di smontare l’immagine
della classica principessa Disneiana, forse abbiamo vinto noi appassionati di
film d’azione. Ma sarebbe anche ora per tutti gli altri di smetterla di
considerare “The Raid” come la base per l’impasto della pizza, quello
applicabile per tutte le ricette, solo perché è l’unico film di menare che avete
visto nella vostra vista. 

Capisco che l’omaggio
sia la più alta forma possibile per attestare la stima, ma forse sarebbe il momento di
considerare “The Raid” per quello che è, un classico del cinema, perché se ti
utilizzano come modello vuol dire che sei diventato un titolo di riferimento,
quindi l’utilità di “The princess” oltre a quella di salvarvi la serata
risultando un po’ meglio del solito film d’azione al femminile che la prossima
settimana dimenticherete è proprio questa, ricordare anche agli amici con pipa
e occhiali che non tutti i film di menare sono uguali e non tutti sono “The
Raid”, ma per quello finché vorrete leggerci, ci sarà la Bara Volante a
ricordare che se anche le principesse ora vogliono essere Iko Uwais, beh anche
questa volta, vinciamo noi Grace (cit.)

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