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The Resurrection of Broncho Billy (1970): il premio Oscar John Carpenter

Voi pensavate che il vostro amichevole Cassidy di quartiere fosse rimasto senza più proiettili nel suo revolver eh? Dopo una rubrica intera dedicata al Maestro e il mio principio di vita, quello per cui ogni giorno passato a parlare di John Carpenter è un giorno ben speso, dovrò aver finito i soggetti… Mai! Non lascerò mai un 16 gennaio indietro, e anche se in differita per via di qualche problema tecnico, festeggiamo il compleanno di Giovanni Carpentiere parlandovi di quella volta in cui beh, robetta, ha vinto un premio Oscar. Bentornati alla rubrica più amata di questa Bara!

Visto che per molti cinefili con la puzzetta sotto il naso, gli unici registi di valore sono quelli presi in considerazione dell’Accademy, vi offro la concentra possibilità di rivedere John Carpenter anche sotto questa luce, perché se la notizia del suo premio potrebbe essere passata inosservata per vabbè, robetta, cinquantaquattro anni, è comunque notizia di pubblico dominio il fatto che Giovanni abbia studiato cinema ad USC, University of Southern California, la sua tesi d’esame? Dark Star.

Pur avendo diretto molti altri cortometraggi prima, viene quasi istintivo non considerare anche “The Resurrection of Broncho Billy” come parte attiva della sua filmografia, gli elementi a supporto ci sarebbero, ma sarebbe un errore da pivelli, perché la sceneggiatura è un lavoro a più mani tra Carpenter e quattro altri studenti di USC, che si sono diligentemente divisi i ruoli: produzione di John Longenecker, regia di James R. Rokos, montaggio e musiche (ovviamente) di John Carpenter e fotografia di Nick “Michael Myers” Castle.

Se rubrica deve essere, recuperiamo anche la tradizione dei titoli di testa.

Il risultato è un cortometraggio che racconta la storia di un ragazzo interpretato da Johnny Crawford, che ogni mattina si sveglia nella sua cameretta tappezzata di poster di John Wayne, Gary Cooper e James Stewart, indossa stivali, cinturone e cappello a tesa larga per cercare lavoro nel mondo del cinema, anche se più in generale il suo piano è quello di vivere come se fossero gli anni ’70 sì, ma quelli del 1800.

Nato fuori dal suo tempo, ma con grande stile.

Il suo eroe è il vecchio signor Tucker, anziano baffuto nato nel 1892, che sproloquia tutto il giorno sui suoi tempi, quelli in cui si sparava a Jesse James e scattava un duello a centro strada ogni due secondi, insomma, il nostro aspirante Broncho Billy è nato fuori dal suo tempo, come Napoleone Wilson.

Sfoggiano quello che al cinema è considerato in simbolo universale di “maranzitudine” ovvero lo stuzzicadenti in bocca (lo stesso che anni dopo avrebbe caratterizzato anche John Nada), il nostro aspirante pistolero del West cerca di comprarsi da bere al bandone di un bar salvo venire rimbalzato causa giovane età e poi trattato anche peggio da due bulletti in un vicolo e anche qui, l’istinto è quello di pensare alle risse nei vicoli che saranno, ma per ora siamo ancora alle basi, in un film scritto da cinque studenti è molto complesso identificare la paternità delle singole trovate, ma abbiamo le prove nel resto della sua filmografia che per il nostro Giovanni, il suo Nord magnetico è sempre stato il Western classico, quindi c’è parecchio, se non proprio di personale, almeno di condivisibile con le sue passioni nel sogno matto di Broncho Billy.

«Si vede lo stuzzicadenti? Bene ora dammi da bere»

L’ossessione del ragazzo non si stempera nemmeno quando nel parco incontra una bella ragazza (Kristin Harmon) che apprezzando il suo stile, vorrebbe fargli un ritratto, che è chiaramente la scusa per altro ma il nostro fissato con il Western si trasforma in uno di quei Nerd ultra pedanti che invece di capire l’antifona, si mette a sindacare sul modo in cui la ragazza ha disegnato la fondine oppure la tipologia di cappello, quindi per sognare di cavalcare nei verdi pascoli si perde l’occasione di un altro tipo di cavalcata.

«Ma come ho fatto a pensare a ‘sto scemo? Questo è senza speranza»

Ed è qui che “The Resurrection of Broncho Billy” piazza la zampata e rende onore al suo titolo, il cortometraggio diventa a colori (e smettetela di pensare a quel film lì!) e a cavallo di un vero quadrupede il nostro pistolero nato fuori dal tempo realizza il suo sogno adolescenziale di cavalcare verso il tramonto con la sua bella, come l’eroe del passato che lui tanto sogna di essere.

Il tutto sostenuto dalla colonna sonora a tema Western di Carpenter, “The Resurrection of Broncho Billy” è un lavoro cinico e tenero in parti uguali, un bell’omaggio non tanto al Rock ‘n’ Roll di tutti i generi cinematografici, ma al modo in cui il Western entra nelle vite degli appassionati e ci resta per sempre. Niente male per un lavoro che, in accordo con le parole pronunciare dal produttore John Longenecker durante il suo discorso per il ritiro del premio Oscar come miglior cortometraggio nel 1970, gli aveva fatto guadagnare solo un “B” come voto scolastico (storia vera).

Il Western è uno stato mentale.

Lo so che non è abitudine di Bariste e Baristi, perché voi avete sempre conosciuto il valore del Maestro, ma nel caso ci fossero alla lettura cinefili che considerano validi soli i registi che si sono portati a casa dell’argenteria, sappiate che d’ora in poi voglio sentirvi riferirvi a Carpenter come al vincitore di premio Oscar John Carpenter… Auguri Maestro! Per chi avesse curiosità di vedere per intero il lavoro che gli ha fatto valere un premio di cui sicuramente al buon Giovanni non è mai importato, lo trovate per intero QUI, oppure qua sotto.

Qui invece trovare il resto della festa per Giovanni Carpentiere, cliccate fortissimo sui post di Sam Simon con The Ward e di Lucius alle prese con il fumetto Toxic Commando e ricordate, ogni giorno passato a parlare di John Carpenter è un giorno ben speso!

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