Come sapete ho una ben nota passione per l’Irlanda, oltre ad avere una testa mezza matta, due elementi che trovo, vadano di pari passo. Questo mi ha portato una volta, in visita ad una spiaggia irlandese, a chiedermi perché nessuno avesse mai prodotto una serie tv, sullo stile di “Baywatch” però ambientata sulle spiagge d’Irlanda.
Avevo già tutto in testa, natanti in acqua, pochini, visto che l’oceano è spesso gelido, guardiacoste con maglietta e giubbotto per affrontare il vento, tutti palliducci e magari con la pancia da birra, ho capito da solo come mai nessuno ha mai pensato di produrre una serie tv così e ho messo da parte l’idea fino all’altro giorno, mentre ero intento a guardare “The Surfer”, disponibile a noleggio un po’ ovunque.
Ultima fatica del regista, pensate un po’? Irlandese Lorcan Finnegan, trasferito da tempo in Australia, lo stesso che ha già diretto Vivarium e Nocebo (2022) oltre a storico collaboratore di Charlie Brooker per la serie “Black Mirror”, uno che affronta i generi cinematografici in un modo molto personale, così come succede per “The Surfer”, che tecnicamente sarebbe un dramma, ma ha il passo e l’apprensione di un Horror, senza per forza esserlo, di sicuro però può contare su quella forza della natura nota come Nicolas Cage, qui anche nelle vesti di produttore.
La storia ha uno spunto molto semplice, racconta di un uomo senza nome impersonato da Nicolas Cage arrostito dal sole, che ha uno stupido piccolo sogno, quello di comprare la vecchia casa dov’è cresciuto con suo padre, affacciata sulla bellissima spiaggia di Luna Bay, dove ai tempi il nostro imparò a fare Surf da bambino. Ha fatto l’offerta, programma già cene in terrazza e di surfare con il figlio, con l’intento di creare quel bel legame tra generazioni. Quindi da un certo punto di vista, “The Surfer” potrebbe essere la storia della follia di chi vorrebbe solo comprare una casa per vivere tranquillo, ma poi tutti ti rompono le palle per non farti fare il rogito, come ti capisco Nick! Ma andiamo avanti.
Ad ostaccolare i sogni di gloria del nostro aspirante surfista, dei surfisti veri, locali, un po’ come quel tamarro di Anthony Kiedis in Point Break che si parava davanti a Keanu Reeves al grido di «Questa è la nostra spiaggia, vattene!», stessa cosa ma senza nessuno che si spara in un piede o meglio, succede di tutto, ma non quello. I surfisti locali sono capitanati da un santone fatto a forma di Julian McMahon, che ben si presta al classico archetipo del capobanda tutto mistico, in equilibrio tra onde e leadership. Lo scenario iniziale si completa con il povero senza tetto, che vaga cotto dal sole australiano, tra il parcheggio e le zone adiacenti alla spiaggia, ma senza mai poter mettere piede in acqua, perché il santone non lo vuol vedere, non te lo meriti di stare sulla nostra spiaggia, pussa via!
Anche perché tra il santone McMahon e il senza tetto ci sono trascorsi non da poco, si parla di un figlio ucciso dai surfisti e le umiliazioni per il poveretto sono costanti, quando arriva il nostro Nicola Gabbia, trullo trullo, con il suo piano di fare un po’ di Cowabunga! La storia comincia a ripetersi e i bulli fanno i bulli, da qui in poi la storia si complica.
Il personaggio di Cage, ricco, potente è uno che tiene tutti in pugno, gli basta una telefonata per risolvere e non è abituato ad accettare un no come risposta, figuriamoci ad essere pestato da una banda di mezzi fricchettoni, da qui inizia una storia di testardaggine, di un’ossessione legata ad un sogno idealistico che si trasforma in una lenta e volutamente sconclusionata discesa nella follia, se non proprio all’inferno, visto che se c’è una cosa che al cinema come mezzo manca, ma che il regista Lorcan Finnegan riesce a farci percepire pienamente è il caldo. Se poi consideriamo che ho visto questo film nel mezzo di un giugno bello torrido, abbiamo un altro titolo di Nicola Gabbia che arriva proprio al momento giusto, in questo caso anche quello climatico.
Cani alla catena, pistole nascoste ma senza abbastanza pallottole per caricare un tamburo, auto disperse, telefoni andati e caldo, caldo, caldo, pur essendo ambientato tutto all’aperto e per la maggior parte dei minuti, in pieno giorno, Lorcan Finnegan è bravissimo a farci percepire la spiaggia australiana come minacciosa, un trionfo di colori accesi, appena sbagliati quel poco (o quel tanto, fate voi) che basta da farteli percepire come stranianti, non è chiaro se sia l’esposizione al sole a cui è sottoposto il protagonista, ma tutto sembra del colore sbagliato, anche i capelli del protagonista, di quel biondi di chi è stato troppo esposto alla tintarella.
L’altro giorno festeggiavamo il compleanno di Wolf Creek, in cui un regista australiano dimostrava di aver capito la lezione di Peter Weir, ma tutto restando in casa, qui a far spiccare questa atmosfera di sottile minaccia che evidentemente solo la natura e il territorio australiano è un grado di sprigionare, è un regista irlandese, straniero un po’ come il suo protagonista, torturato per tutta la durata del film da un caldo via via sempre più opprimente e senza ombra a dar sollievo, il tutto mentre la sua vita va a pezzi.
In tutto questo, il nostro Nicolas Cage non è affatto un pesce fuori d’acqua, anche se a lungo in acqua, non riesce ad entrarci, diciamo che è proprio nel suo, che sappia caratterizzare personaggi pronti a passare dall’eccentricità alla piena follia, non lo scopriamo certo ora, qui riesce a farlo un’altra volta, senza ripetersi, senza scadere nel manierismo, certo ci sono i momenti di “Cage Rage” che piacciono tanto perché fanno ridere se pubblicati fuori contesto su Infernet (vi faccio il pronostico facile? La scena «Mangia il topo! Mangia il topo!» si, succede anche questo in questo film), eppure la sua prova riesce ad essere dolente, sofferta.
Anche quando Lorcan Finnegan mette la lente grandangolare per fare l’effetto occhio di pesce, il film riesce comunque a non sembrare la versione australiana da spiaggia di classici di Terry Gilliam, ma mantiene una sua coerenza in tutta questa follia, per certi versi, più che la semplice discesa all’inferno, o la caduta verticale di un personaggio trainato da un’ossessione, “The Surfer” diventa la cronaca di quello che emotivamente devi attraversare per entrare a far parte di un altro gruppo, uno nuovo, in nome di un tuo piccolo sogno o semplicemente della volontà di vivere un po’ meglio di come facevi prima.
Chiaro che il METAFORONE, urlato e acido come tutto questo film matto, sia rappresentato nel confronto diretto tra il personaggio di Nick Cage e del senzatetto che invece dai Surfisti, proprio non può essere accettato tanto da arrivare alla faida. Sarà che è il classico film che rende onore alla sua maniera allo sport che prende a modello, di certo non come faceva John Milius, lui aveva diretto alcune delle scene di surf più epiche ed intense di sempre, qui il surf diventa importante perché negato.
Ma forse ho apprezzato questo barcollante film che non si sa bene dove voglia andare, proprio perché come il surf, in certi momenti della vita bisogna smettere di fare resistenza e assecondare il movimento delle onde, il finale di “The Surfer” non ve lo racconterò, però a suo modo è il culmine di una trasformazione, da uno stato all’altro, il passaggio dalla terra della spiaggia all’acqua dell’oceano, e del tormento che sta nel mezzo. Nick Cage dovrà idealmente uccidere se stesso, annullarsi, per entrare a far parte del nuovo gruppo, ma troverà il modo di farlo senza perdere per davvero quello che per lui era davvero importante.
Il finale poi, l’ultima scena, l’ho trovata azzeccatissima, non tanto per quell’uso di musichina fuori contesto, inutilmente allegrotta, che mi piace sempre tanto (e anche qui, ci sento del Gilliam) ma proprio perché sottilmente nell’ultimo sguardo del personaggio di Cage, possiamo quasi leggere il suo dubbio: siamo sicuri che era davvero quello che poteva andare bene per me?
Ribadisco, non so quanti possano davvero godersi un film così, i detrattori di Nick Cage sicuramente no, i suoi estimatori senza ombra di dubbio, per il resto io mi ci sono abbandonato a corpo morto facendomi trascinare e ho trovato un altro Nick-Film giusto per me, al momento giusto… Cowabunga!
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