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Thor – Love and Thunder (2022): GOAT of Thunder

Mentre Sam Raimi, senza il cui lavoro lo stile Marvel
nemmeno esisterebbe, da vero professionista ha trovato il modo di incastrare la
sua regia all’interno dell’enorme affresco dell’Marvel Cinematic Universe, Taika
Waititi forse anche più di James Gunn, sembra poter fare quello che
vuole.

Anche perché parliamoci chiaro, con Thor – Ragnarok ha davvero centrato il punto, ispirandosi ai fumetti
ha saputo applicare il suo stile irriverente al biondo Zio Dio del
tuono, offrendo al personaggio lo stesso tipo di evoluzione che nei fumetti
aveva avuto grazie a Jason Aaron, dimostrando non solo di amare Thor, ma di
aver letto e capito le sue storie. Ora, va detto, Ragnarok è amore e fulmini
odio, molti come il sottoscritto lo considerano il migliore tra i film di Thor,
altri comprensibilmente lo odiano, in americano da alcuni detrattori è stato
etichettato “Ragnajoke”, in uno strambo Paese a forma di scarpa invece, uno dei
lettori di questa Bara lo ha battezzato “Natale ad Asgard”. Antisistema
manifestati, ti ho offerto l’occasione per prenderti la paternità della tua
creazione!

A sinistra il regista, prima di diventare un personaggio in CGI, a destra il protagonista, che invece sembra già in CGI.

Squadra che vince non si cambia, per il quarto film su Thor
(che diventa così il personaggio Marvel con più titoli al suo attivo al
momento), torna il regista neozelandese e ovviamente Chris Hemsworth, che ormai
ha un corpo talmente palestrato da poter recitare solo il cartone animato umanoide
oppure che so, Hulk Hogan, che per altro interpreterà presto in una biografia
sul Wreslter (storia vera). Se il biondo attore è uno che cerca di infilare la
commedia in tutti i suoi film, figurati se non si trova a suo agio con Waititi,
che questa volta per “Love and Thunder” ha cercato un approccio un po’ diverso, ma sempre basato sull’ironica che ha tanto fatto incazzare molti spettatori.

Ma poi parliamoci chiaro, è circa dal 2008, quando la Marvel
affidò a Mister Simpatia Robert Downey Junior il ruolo di quel musone (nei
fumetti) di Tony Stark che l’MCU non porta in scena adattamenti fedeli dei suoi
fumetti, mi sembra assurdo che molti Marvel-Zombie ancora si lamentino per la
poca fedeltà, ma si sa, i Nerd sono così ed io posso parlarne male visto che
faccio parte della categoria. Per la scelta dei personaggi coinvolti è chiaro
che “Love and Thunder” prenda ancora una volta ispirazione dalle storie scritte
da Jason Aaron, in particolare il primo bellissimo ciclo di storie dedicato a
Gorr il macellatore di Dèi (a mio parare un nuovo classico per Thor, al pari delle
storie scritte da Walter Simmons) seguito a ruota dal terzo ciclo di Aaron, quello con protagonista
Jane Foster nei panni della nuova Thor, una trovata balorda solo se non avete
letto come lo scrittore ha saputo rendere alla perfezione il personaggio nei
fumetti. Sull’ultimo ciclo di storie di Thor di Aaron non mi esprimo, era
terribile, potrebbe far rivalutare l’umorismo di Taika Waititi anche al peggior
detrattore del regista.

Se quello è il martello figuriamoci il chiodo.

Se la Marvel non adatta i suoi fumetti pagina per pagina,
ma al massimo li utilizza come spunto, figuriamoci se lo fa Taika Waititi, che
infatti ha deciso di dare un’impronta più personale a questo quarto film di
Thor, restano tracce dei vecchi film d’avventura degli anni ’80 in questa trama
lineare, se non proprio minimale, ma è chiaro che l’intento del regista sia
quello di puntare più sul tono della commedia romantica, quindi più che so, “Autumn
in New York” (2000) che Flash Gordon, anche se i colori sgargianti non mancano, visto
che Thor, dopo una veloce introduzione che ci illustra come ha buttato giù la
pancia da birra sfoggiata in Endgame,
qui ha un aspetto da Rockstar degli anni ’80, un po’ Starlord un po’ Jack Burton, almeno a giudicare dal logo
stilizzato sulla sua canottiera.

Il risultato è un film che sembra, anzi che è molto più
interessato ai dialoghi, alle interazioni tra personaggi che ai momenti d’azione
che non mancano, ma sono quasi tutti momenti ironici (montati anche abbastanza male), con tanto di Thor che fa il verso
all’Epic Split di Van Damme,
annunciata dall’uso del pezzo di Enya. La sensazione è che per quanto l’amore
di Waititi per il personaggio sia manifesto, questa volta abbia voluto portare
in scena le tematiche care al suo cinema, più che tentare di adattare un film
Marvel al suo stile, insomma “Love and Thunder” osa di più ma risulta meno a
fuoco, l’arco narrativo del Dio del Tuono mi è sembrato molto più centrato nel
film precedente che in questo, lo dico fuori dai denti? Ragnarok per me resta
un film migliore, perché l’evoluzione di Thor era molto più incisiva, di questo
“Love and Thunder” credo che non ricorderemo poi molto, se non fosse che si
tratta dell’ennesimo nuovo tassello della grande telenovela nota come Marvel
Cinematic Universe. Fino qui il parare generale, fino alla fine del post andrò
un po’ a braccio, quindi vi avviso possibili SPOILER!

Jean Claude Van Thor (da qui in poi SPOILER!)

Taika Waititi concede un inizio davvero drammatico al
cattivo di turno, Gorr nella versione di Christian Bale è un personaggio devoto
ad un Dio arrogante e bizzoso, che tratta di caccapupù i suoi fedeli. Giustamente il nostro Gorr come la polizia, s’incazza e dopo aver perso la
figlia, mette le mani sulla Necrospada e giura vendetta contro gli Dèi, quindi
capite che se il protagonista è la divinità dei tuoni, i due sono già destinati
a scontrarsi.

Ma quello non era il saluto di “Hercules”? (occhiolino-occhiolino)

Dopodiché il regista neozelandese utilizza Korg, l’immancabile
personaggio in CGI da lui stesso doppiato come voce narrante, per raccontarci
di come Thor si sia rimesso in forma, anche se ormai è un Dio annoiato
abbandonato da tutti, a cui ancora manca la sua ex fidanzata Jane Foster e il
suo ex martello Mjolnir, per lui i Guardiani della galassia sono un ripiego oltre che
un modo per portare avanti la telenovela Marvel, facendo incassare un assegno facile
a Chris Pratt e compagni, tanto che i Guardiani qui, facenti funzioni di mezzo
di trasporto per Thor, vengono presto sostituiti da un carro volante trainato
da due caproni urlanti, una delle tante gag sceme, che a volte strappano una
risata, altre volte risultano ripetitive di questo film, un esempio? Basta dire che torna anche la gag degli attori di Asgard, con Matt Damon e Sam Neill coadiuvati dall’odiosa Melissa McCarthy nei panni di Hela, non vi dico che spasso questa svogliata replica.

Solo io sto pensando a Vittorio Sgarbi?

Quando Gorr attacca la nuova Asgard, ricostruita sulla Terra
e gestita dalla Valchiria (Tessa Thompson), Thor dovrà intervenire, prima
cercando di coinvolgere un altro Pantheon di divinità ultra colorate, contro il
cattivone in bianco e nero (trovata didascalica ma a tratti visivamente
efficace di Waititi), cercando di tirare in mezzo alla lotta anche Zeus, qui interpretato
da un Russell Crowe che sfrutta l’occasione per mettere ulteriore distanza tra
lui e il suo Massimo Decimo Meridio, ma soprattutto per andare venti o
venticinque metri sopra le righe con la sua recitazione, tra gonnellino e finto
accento greco, Crowe ha sfondato un’asticella posta piuttosto in alto da Waititi, un imbarazzo che non vi dico.

“Zeus, come il padre di Apollo, Monte Olimpo e non farmi incazzare se non vuoi che un fulmine ti bruci i testicoli!” (cit.)

Tra gli allenati inattesi anche la nuova Thor, ovvero Jane
Foster (Natalie Portman) donna di scienza che per curare il suo cancro si è
rivolta ai resti del martello Mjolnir, che l’ha ritenuta degna e grazie a
parecchie ore in palestra, anche Natalina Portuale ha messo su i bicipiti
richiesti dalla parte. Posso dirlo? Natalie Portman si è fatta perdonare gli
altri due film di Thor in cui non aveva nessuna voglia di lavorare (e si
vedeva), anche se il suo personaggio qui è largamente sottoutilizzato: lancia
martelli e “frasi maschie”, ma sembra che Waititi non sappia bene come gestire
due donne forti come la nuova Thor e la Valchiria insieme nello stesso film,
infatti le spreca entrambe o meglio, le utilizza come interessa a lui, per
portare in scena una Rom-Com che pare non sapere che farsene dei super eroi.

La prova he Waititi ha letto i fumetti scritti da Jason Aaron, ma se ne frega lo stesso della vostra voglia di aderenza alle fonti.

Infatti le parti che a Waititi sono i siparietti romantici,
il flashback sulla vita di coppia tra Thor e Jane (menzione speciale per il
costume di Halloween della dottoressa, con finto Chestburster che le spunta dal petto, una figata!), ma anche i
momenti di “gelosia” del nuovo martello di Thor, Stormbreaker, perché il film
di Waititi è tutto qui, un tentativo (vano) di smontare le classiche dinamiche dei
film da super eroi, in cui quando il tono scarta dallo scemone al drammatico,
il buon Taika si fa trovare sempre pronto, peccato che personaggi con la
forza di Gorr o la nuova Thor di Natalina Portuale, sembrino solo grossi nomi
scomodati per una trametta da poco.

Ora ha anche i muscoli, quindi è davvero Portuale.

In particolare ho apprezzato molto il modo di esagerare (del
tutto diverso da quello di Crowe) di Chris Bale, che offre un mostro
inquietante, l’uomo nero delle fiabe che si trasforma in pifferaio magico per
rapire i bambini di Asgard. Questo Gorr non allaccia nemmeno le scarpe alla furia della sua
controparte cartacea, ma Bale salva la faccia anche se la trametta messa su da
Waititi è sempre la stessa: per superare la sua crisi di mezza età, Thor e in
generale tutti i personaggi devono trovarsi una famiglia, non per forza basata
sui legami di sangue per essere felice. Roba originalissima eh Taika? Mamma mia
non si mai visto un film americano contemporaneo con questo tema, sei più
avanti dell’avanguardia!

“Quindi è una commedia romantica per famiglie, che parla di famiglia?”, “Si, Cassidy questa non ce la perdonerà facilmente”

Il regista neozelandese gioca con il suo narratore (che è
didascalicamente un personaggio a cui lui presta la voce), per offrire un nuovo
punto di vista su boh? Il mito di Thor? Vabbè tanto il succo è sempre quello,
abbassare il punto di vista della storia ad altezza bambino, problema: la
distanza tra questo film è il ben più riuscito JoJo Rabbit è abissale, sono sicuro che Waititi abbia a cuore i
bimbi nei suoi film, li utilizza fin dai tempi di “Boy” (2010) e “Selvaggi in
fuga” (2016), però la sensazione qui è un po’ la svolta del secondo tempo di Mad Max – Oltre la sfera del tuono, solo
gestita in maniera molto più forzata.

L’epica del film è tutta sulle spalle dell’ottima colonna
sonora di Michael Giacchino (la sua “The Ballad of Love and Thunder “ è un’altra
magia del compositore) e dei pezzi rock scelti, i più famosi dei
Guns N’ Roses a farci gasare quando Waititi non ha voglia di farlo, se per Ragnarok era bastato un pezzo dei Led
Zeppelin, qui il regista alza la posta in gioco (regola aurea dei seguiti,
uguale al primo ma di più!), anche se poi il pezzo a cui tiene di più è l’abusata
Sweet Child O’ Mine, ormai
ufficialmente la canzone per genitori e figli che si sente ovunque, colpa della
pubblicità dell’acqua effervescente naturale? Chi lo sa.

O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo lo zio Fester.

Quello che sottolinea l’indecisione di questo film, il suo essere fuori fuoco e sbilanciato, secondo me si riassume nell’occasione sprecata dal regista, Waititi ha l’intuizione (pacchiana quanto volete), di opporre un gruppo di eroi dai colori arcobaleno ad un nemico in bianco e nero (probabilmente Juventino) e di avere un pezzo galvanizzante come “Rainbow in the dark” dell’unico Dio che ha senso di esistere tra tutte queste divinità, ovvero Ronny James e poi cosa fa? Invece di sottolineare lo scontro cromatico usando quella canzone in un momento chiave della storia, la relega sui titoli di coda, dando un calcio al secchio del latte.

Il finale? Waititi nella sua Rom-Com linearissima (anche
troppo) decide per il “tarallucciatore”, ovvero la capacità di far terminare una storia a tarallucci e vino. Non vedevo un finale dove trionfa l’aMMMore
così, dai tempi di Il quinto elemento,
a cui per certi versi “Love and Thunder” potrebbe essere paragonato. La nuova
condizione di Baby-sitter di Thor farà rivoltare le budella ai Marvel-Zombie che
correranno a vedere questo film solo per poterne parlare male (sport nazionale
su “Infernet”), anche se questa volta la sensazione è che come film, “Love and
Thunder” reggerà nella memoria fino al prossimo capitolo della telenovela
Marvel, ma se valutato come opera nella filmografia di Taika Waititi, potrebbe essere il più
colorato, caciarone e divertito lavoro del regista, ma anche un bignami del suo
cinema, debole, montato male, più divertente da girare sul set che da guardare per noi spettatori, quindi con molta probabilità, il fanalino di coda della sua produzione.

Stop, hammer time (cit.)

Anche perché se scegli volutamente di utilizzare una banda
di bambini potenziati, che utilizzano i loro giocattoli come armi nel grande
scontro finale (eh?), oppure mostri il Valhalla con uno stile volutamente
Disneiano è chiaro che l’esperienza di JoJo Rabbit è quella che Waititi, più malinconico di Thor con il suo vecchio martello, sta ancora inseguendo tentando (invano) di replicare. Insomma Taika questa volta mi hai convinto veramente
poco.

L’ennesima trasformazione di “Ciau Bale” che è diventato uno dei Dream Evil.

Scene dopo i titoli di coda? Bisogna parlarne quando si
tratta di un film della Marvel, partiamo dalla seconda: Jane Foster viene
accolta nel Valhalla, modo comodo per salutare Natalie Portman e allo stesso tempo di tenersi la
porticina aperta per un suo ritorno, d’altra parte l’hanno convinta a colpi di
soldoni dopo le sue sparare a zero sulla Marvel (un Cassidy non dimentica),
quindi perché non farle seguire in futuro la storia cartacea della sua Jane
Foster, con un ritorno proprio come accaduto nei fumetti?

La prima scena invece è la più “interessante” (si nota l’ironia?),
con Zeus in circolazione possono mancare gli altri Dèi? Magari suo figlio? Ci
siamo capiti no? Bene, anche per oggi è tutto, il tanto pubblicizzato “Love and
Thunder” mi è sembrato meno della somma delle sue parti, ma Chris Hemsworth
sembra essersi divertito molto, ma d’altra parte quando un film viene
pubblicizzato per le sue chiappe nude, come una volta si faceva con le scene di
nudo di che so, Kim Basinger, è chiaro che i tempi sono cambiati, ma il modo di
“vendere” i film al pubblico no, quello è sempre lo stesso.

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