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Top Gun – Maverick (2022): il migliore è tornato

«Ho saputo che il numero uno, il migliore, sarebbe
tornato»
Charlotte “Charlie” Blackwood
 
Occhio agli SPOILER, volano come F-14 visto che vado a ruota libera sulla trama.

Se solo la salute di Val Kilmer e l’ego sconfinato di Tom
Cruise lo permettessero, forse il modo ideale per raccontare un seguito di Top Gun sarebbe quello di abbracciare la filosofia di Cobra Kai, raccontando la
storia dal punto di vista del vero pilota Top Gun del film, ovvero Tom
“Iceman” Kazinsky, ma ammettiamolo, un seguito come “Top Gun: Maverick”
era più facile sbagliarlo che azzeccarlo.

Infatti a lungo il rischio è stato proprio quello di non
vederlo mai questo secondo capitolo, arrivato a tretasei anni dal capostipite diretto da Tony, lo Scott giusto. Con la pandemia che ha chiuso i cinema, qualcuno accarezzava
già l’idea di dirottare il film su qualche piattaforma streaming, ma un uomo con
la sua cocciutaggine ha messo le corna a terra e si è opposto, per Tommaso
Missile questo doveva essere un film da vedere sullo schermo più grosso della
vostra città, possibilmente con un audio da terremoto e sapete che vi dico?
Aveva ragione lui.

Pronti a decollare con il post, go volo!

Se Tony Scott lanciò la carriera di uno dei più grandi divi
degli anni ’80, Tom Cruise ha fatto di tutto per coltivarla, scivolando solo
sui divani di Oprah, aggrappato al suo status di icona come nei vari “Mission:
Impossibile” alle carlinghe degli aerei, non è un caso se lo stesso giorno
dell’uscita in sala del nuovo “Top Gun” sia comparso in rete anche il trailer
della sua prossima missione impossibile, quella caparbietà, quella cattiveria
agonista è quella che ha permesso a Tommaso Missile di essere ancora al Top
(Gun) dopo quasi quarant’anni, se necessario anche prendendo a male parole chi
non indossava correttamente la mascherina sul set del nuovo “M:I”, probabilmente posseduto
dallo spirito di Les Grossman.

Tutto questo per dire che Tom Cruise è come i grandi
musicisti, quando si muove non lo fa per portare a casa una figura da
cioccolataio, infatti per tornare dentro l’Avirex con le toppe e dietro i
Ray-Ban Aviator di Pete “Maverick” Mitchell ha radunato la banda: il
produttore Jerry Bruckheimer e poi i suoi pretoriani, il regista schiavo Joseph
Kosinski, che lo ha già diretto in “Oblivion” (2013) e lo sceneggiatore
schiavo, quello che Tom fa uscire dalla cantina dove lo tiene segregato solo
quando bisogna lavorare ad un suo nuovo film, Christopher McQuarrie, autore del
copione insieme a Ehren Kruger ed Eric Warren Singer.

“Ora ti spiego come pilotarlo, non è complicato ma resta concentrata ok?”

Per ovvie ragioni manca il migliore, lo Scott giusto
(ovunque tu sia Tony, ci manchi di brutto), ma con il coinvolgimento di Val
Kilmer, il cui ruolo è stato pesantemente modificato per via della sua
condizione si salute, sembrano davvero tornati tutti i nomi grossi, anche se
con tutto la mia stima per Tony (infinita), vorrei spezzare un Tomahawk per la
grande dimenticata, si è tanto parlato di come Cruise abbia spremuto come
limoni i giovani attori del cast, costringendoli ad un allenamento da veri
piloti e a girare a bordo di veri caccia, ma Kelly McGillis nella vita ha
affrontato (e ancora affronta) sfide ben più grandi e toste che correre dietro
all’imprendibile Tom, il film non fa cenno il minimo cenno al suo personaggio,
piuttosto ripesca dal passato di Maverick la vecchia fiamma Penny, affidandola
alla meravigliosa Jennifer Connelly (largamente sottoutilizzata), quindi la
dedica a Tony Scott era doverosa, ma ci tenevo a rendere un tributo anche a Kelly
McGillis.

Maverick, trentasei anni senza casco. Zero multe, sarà più veloce degli autovelox?

“Top Gun: Maverick” prende il film di culto di Tony Scott e prova ad aggiornarlo all’anno 2022, dove tutto è cambiato tranne Tom
Cruise, lui lo sappiamo che è immortale e infatti il suo piano a lungo termine
è quello di trovare un modo di morire sul grande schermo in qualche altra
impresa folle delle sue. La strada scelta è quindi quella alla moda, le vecchie
glorie affiancate da nuovi personaggi, tra malinconia e nuovi eroi in teoria
pensati per il pubblico più giovane, insomma “Top Gun: Maverick” prova a fare
quello che ha fatto il quinto capitolo di Scream, quasi una sorta di “Requel” come lo chiamano gli amici dall’altra
parte della grande pozzanghera nota come oceano Atlantico, un po’ seguito un po’
remake, infatti per tutta la prima parte lo ammetto, ho sentito puzza di
bruciato, anzi ho sentito puzza dell’ennesima operazione paracula in stile Il risveglio della forza, poi per
fortuna è arrivato l’ultimo atto del film, l’ultima mezz’ora a farmi fare pace
con questo seguito che ricalca le orme del predecessore.

I primi cinque minuti di un film sono quelli che ne
determinano tutto l’andamento, infatti l’inizio di “Top Gun: Maverick” è un
film muto che inizia con il logo di Top Gun, il decollo dalla portaerei, i
POSTBRUCIATORI e il “Top Gun Anthem” seguito da Danger Zone come se fossimo
ancora nel 1986, con la differenza che Joseph Kosinski non è Tony Scott e si
vede, manca la sua capacità di rendere epico anche uno spudorato spot per
l’arruolamento della marina, ma il compito è quello di aggiornarci sul
protagonista, perché “Top Gun: Maverick” gioca a carte scoperte fin dal titolo,
questo non è “Top Gun 2” è “Top Gun: Maverick”, si ci sono dei nuovi
protagonisti giovani, ma col cazzo che Tom Cruise mollerà lo scettro, questo è
ancora il suo film, è ancora il suo tempo, infatti “Top Gun: Maverick” parla
proprio di questo, forse domani saremmo obsoleti, ma come lo spavaldo pilota
risponde all’ammiraglio incazzato interpretato da Ed Harris: «Non oggi».

Ci vuole una certa dose di carisma per rispondere spavaldi alla sguardo d’acciaio di Ed Harris.

Maverick avrebbe potuto fare carriera ma la sua “Need for
speed” e la sua intolleranza a seguire le regole e le procedure standard lo
vedono ancora capitano, ancora sul campo a collaudare aerei sperimentali da
spingere fino a Mach 10 e oltre, perché tanto nessuno può dire a Tom Crui…
scusate, a Maverick cosa può e cosa non può fare, quindi lui l’aereo
supersonico lo schianta e viene rispedito da Ed Harris idealmente a casa, di
nuovo nel programma Top Gun, solo perché l’amico Iceman diventato un pezzo
grosso della marina, veglia su di lui e sulla sua testa matta.

Mi dispiace solo che Kosinski detto Kosoniski, invece di una
spettacolare distruzione di jet abbia deciso di mostrarci un esplosioncina tipo petardo inquadrata alla
lontana, perdendo anche l’occasione di omaggiare come si deve il finale di Uomini Veri, evidentemente Tom si è già
sforzato troppo nell’apparire in scena spettinato nella gag al ristorante per
famiglie, di più non poteva concedere, si sarebbe andati troppo fuori dal solco
tracciato da Tony Scott.

La massima di Confucio, scegli il lavoro che ami e non lavorerai neanche un giorno, nell’interpretazione di Tommaso Missile.

Questa volta Maverick è istruttore e non più lo spavaldo
pilota che con quel suo sorriso da svariati milioni di dollari sfotteva gli
insegnati, in un momento alla “Capitano mio capitano”, getta il libro di testo
e comincia a predicare la sua lezione: usate l’istinto, non pensare fai, un
novello Yoda con i Ray Ban alle prese con un’altra missione impossibile.

Uno stato canaglia senza nome (perché il piano di Tom è di
spaccare tutti i botteghini del mondo, perché farsi dei nemici, tanto nel film del 1986 i cattivi erano tutti
piloti senza volto) sta impoverendo uranio in una base inaccessibile, o meglio
ci si può arrivare seguendo il piano folle di Maverick: volare quasi raso terra
sotto il livello dei radar dei lanciamissili in un infinito canyon, sorvolare
la montagna a Mach 10 al limite del cedimento strutturale del suo F/A-18 Super
Hornet, buttarsi in picchiata fino al piccolissimo punto debole lasciato in
bella vista dai cattivoni, centrarlo al volo con un missile e poi di nuovo cloche
indietro e naso su. Insomma avete presente l’attacco di Luke Skywalker alla Morte Nera? Tom Cruise deve aver pensato, «Tzè una cazzata, lo faccio ad occhi
chiusi», solo che al vecchio Luke è andata di lusso, lui l’ha dovuto fare una
volta sola, buona la prima, ai dodici piloti che Maverick deve allenare in tre
settimane per la missione, tocca farlo e rifarlo più volte, per essere pronti
allenandosi nelle condizioni più estreme, che poi vorrebbe dire alle condizioni
di Tom Cruise, che ha strapazzato tutti costringendo l’intero cast ad un numero
infinito di ore di volo.

“Cioè sono l’ultima arrivata e devo anche fare le flessioni? Maleducati”

Ad alzare la posta in gioco ci pensano proprio le nuove
leve, personaggi che ruotano intorno all’ego di Tom Cruise che di fatto sono
funzioni narrative con le gambe: Jon Hamm è l’Ammiraglio di Squadra Cyclone,
nei panni dello scettico che mette in dubbio Tom Cruise, Natasha
“Phoenix” Trace (Monica Barbaro) rappresenta le quote rosa in Marina
anche se è meglio tacere sull’utilizzo dei personaggi femminili in questo film, Robert
“Bob” Floyd (Lewis Pullman) è il nuovo Sguardone, “Hangman” (Glen Powell, il fighetto di Scream Queens) e il facente funzione di
Iceman e via così fino a Bradley “Rooster” Bradshaw (Miles Teller),
il figlio di Goose, di fatto il senso di colpa semovente con baffi di
Maverick, il personaggio che non fa altro che ricordare a noi spettatori e al
protagonista la perdita dell’amico, da cui Maverick non si è ancora ripreso.

“Suoniamo qualcosa di nuovo, ti va un po’ di Jerry Lee Lewis?”

Invece di una bella seduta dallo psicologo, il film ricalca
a tratti pedestremente il film del 1986, ma senza l’epica, quella capacità di
tirare fuori dalle immagini laccate da spot pubblicitario degli anni ’80 un
vero culto, come era riuscito a fare Tony Scott, infatti qui manca una colonna
sonora in grado di entrare a far parte della cultura pop (mi dispiace Lady
Gaga, bel tentativo però), infatti i pezzi più riusciti sono tutti i classici
del film del 1986 con l’aggiunta di pezzi degli Who, che adoro, ma non sono
proprio un gruppo nato nel 2022. Joseph Kosinski, che mi immagino preso
ripetutamente a ceffoni sul coppino da Tom Cruise, esegue il compitino ottenendo
il risultato di sottolineare ancora una volta la grandezza del regista del film
capostipite, perché è nell’assenza dello Scott giusto che il talento di Tony
emerge.

Basta guardare quanto livello di “sesso a pile” in meno ci
sia in questo “Maverick”, l’imbarazzante ed omoerotica scena del Beach Volley
qui è sostituita da un’innocua partita a Football sul bagnasciuga che sembra una scusa
per mostrare un po’ di petti nudi maschili, ma che non allaccia nemmeno le scarpe a quel
momento della trama che Tony Scott non capiva, quindi decise di girare come un
porno, assicurandosi così di far fare per benino le sgommate agli ormoni delle
spettatrici (storia vera). Vogliamo parlare dell’inevitabile scena di sesso con Jennifer
Connelly? Penso che l’attrice sia stata scelta perché quasi coetanea di Tom
Cruise, con la sua presenza qui non fa altro che sottolineare l’ottimo stato di conservazione di
Tommaso, perché ammettiamolo, non serviva un’attrice premio Oscar per recitare
i sospiri di Penny quando Maverick la riaccompagna a casa, oppure
l’estemporanea e castissima scena di sesso, che ricorda molto l’effetto Boris:
«Facciamoli scopare, così de botto, senza senso!» (cit.)

Se non siete distratti da Jennifer, un discreto ferro.

Voglio essere trasparente, non amo i seguiti fotocopia,
trovo insopportabile ritrovarmi in sala a rivedere lo stesso film che già
conosco a memoria, rifatto con attori più vecchi. So che sono operazioni che al
pubblico piacciono molto, come bambini molti di noi amano farsi raccontare
sempre la stessa storia, ma seguire una trama sapendo già che tra poco arriverà il
momento di sconforto per Maverick, solo perché era già successo in Top Gun (e a ben guardare anche in Giorni di Tuono) mi annoia, mi fa
sbuffare se non proprio incazzare, infatti il secondo atto di “Top Gun:
Maverick” è la parte peggiore del film, serve solo a ricordarci in assenza la
grandezza di Tony Scott, ma il film si salva all’ultimo secondo grazie all’entrata in
scena di Val Kilmer.

Come dicevo lassù, il ruolo di Iceman è stato pesantemente
ridimensionato per venire incontro alle condizioni di salute di Val Kilmer, che
qui sfoggia uno stile alla Peter Bogdanovich e lancia il cuore oltre
l’ostacolo, la sua apparizione non sembra mai uno di quei momenti ruffiani che
servono solo ad avvolgere ancora una volta il pubblico nella coperta calda
della malinconia, una scena dove Tom Cruise recita per davvero e il loro
abbraccio è quasi sentito, poi anche un po’ di ironia aiuta a togliere la ruggine
dalla trame e le ruggini tra i personaggi.

Il Johnny Lawrence di Top Gun (grande Val non mollare mai!)

Quando finalmente “Top Gun: Maverick” prende finalmente il
volo (ah-ah) è nel momento in cui decide finalmente di uscire dal solco
tracciato dal film originale di Tony Scott, dimostrando una sua personalità, la
trama nel 1986 prevedeva Maverick cacciato e poi di nuovo in pista? Succede
anche qui con la spettacolare sequenza in cui il pilota mostra che il suo piano
assurdo è davvero realizzabile, questo è l’ultimo legame con il passato e la struttura
da replicare identica, per non perdersi i fan che tornano al cinema solo per
rivedere lo stesso film, però nuovo, filosofia che non capirò mai, ma che in
quest’epoca di malinconia a tutti i costi paga dividenti anche al botteghino e
che ve lo dico, sono riuscito a mandar giù solo perché l’ultima mezz’ora di “Top
Gun: Maverick” è incredibile.

Bombardare un deposito di arricchimento di uranio collocato
nell’equivalente del “Nido dell’aquila” è un piano assurdo e molto Yankee nel
midollo? Di sicuro non più o meno strampalato di quella volta nel 1986 in cui i
piloti Top Gun hanno quasi fatto iniziare la terza guerra mondiale diciotto
volte in 110 minuti, ma digerito il piano alla “Guerre Stellari”, nell’ultima
mezz’ora “Top Gun: Maverick” tira fuori una sua personalità, l’esperienza
accumulata da Tom Cruise durante i vari film della saga di “Mission:
Impossibile” emerge e questa sorta di “Requel” diventa un vero film d’azione,
uno di quelli veri, dove l’azione viene utilizzata per portare avanti
l’evoluzione dei personaggi e i loro rapporti, non è un caso se Maverick si
liberi finalmente del suo senso di colpa per Goose all’apice di un inseguimento
in volo con uno dei temibili Sukhoi Su-57, insomma quello che dovrebbero sempre
fare un film d’azione, raccontare usando inseguimenti come quelli che si vedono nell’ultima mezz’ora di questo film.

Ancora lo stesso ragazzino che inseguiva gli aerei in decollo, alcune cose non cambiano mai.

L’ultimo atto di “Top Gun: Maverick” è quello per cui qualunque
appassionato di aerei o di film d’azione dovrebbe cercare lo schermo più grande
della propria città e godersi questa meraviglia, il piano tutto matto di Tom
Cruise di far recitare gli attori dentro veri Jet paga dividenti, il cinema
sarà anche il trionfo della finzione, ma quante più cose reali fai davanti alla
macchina da presa, tanto più il risultato finale sarà realistico e
spettacolare, qui la regia di Joseph Kosinski e il gran lavoro dei suoi
montatori Eddie Hamilton e Chris Lebenzon regalano immagini limpide e
coinvolgenti, in cui viene istintivo piegare il collo per assecondare i voli, le
cabrate e le traiettorie di volo mostrare in maniera chiara, come
spettatori siamo sempre al corrente di chi stia facendo cosa e da dove stia
arrivando la minaccia, un manuale di buon cinema d’azione applicato ai
personaggi che funziona perché fa sua la lezione di Tony Scott.

“Ehilà! Sono l’ombra di Tony lo Scott giusto su tutta questa operazione”

Se lo avesse girato lo Scott giusto questo film sarebbe
stato così? Mai nella vita, perché tanto Tony aveva già detto tutto nel 1986,
ma quell’approccio vecchia scuola, fatto di montaggio serrato ed immagini
epiche è figlio dello stile muscolare e sopraffino del migliore di casa Scott,
a cui si aggiunge ancora lui, sempre lui, la testardaggine di Tom Cruise che di
mollare lo scettro e passare per vecchietto non ha nessuna voglia.

Che siano i cellulari che non si possono mettere sul bancone
(pena un giro offerto a tutti) o i Foghat che partono dal Juke Box (premendo
il tasto 86, anno di uscita del film originale, fateci caso quando tornerete in
sala a rivederlo), ogni fotogramma di “Top Gun: Maverick” è un inno alla
vecchia scuola, al pilota che fa la vera differenza, anche in un’epoca in cui i
piloti (e i film d’azione girati dal vivo) sembrano in via d’estinzione.

Nell’assenza di Tony Scott si intravede ancora la sua
grandezza perché quell’epica funzionava nel 1986 come nel 2022, ma è la
caparbietà di andare contro corrente di Tom Cruise che rende questo seguito più
di una fredda operazione nostalgia pensata a tavolino. In un cinema dove il
massimo dell’azione nei film ad alto budget avviene con attori legati a corde di sicurezza,
impegnati a saltare su materassi imbottiti davanti a schermi verdi, Tommaso
Missile e la sua volontà di morire sul grande schermo fanno valere il fattore
umano, alla faccia di ambienti fotorealistici con la quale interagire in un set
riscaldato d’inverno e climatizzato d’estate, Tom Cruise predica le tecniche di
Maverick, dimostrando come nel 1986 che l’immedesimazione tra lui e il suo
personaggio è totale.

Con tanti saluti allo schermo verde e alla post produzione in CGI.

In un mondo sempre più digitale, forse un giorno i metodi da
dinosauro analogico di Maverick andranno in soffitta, ma non oggi, lo spirito
del suo personaggi va di pari passo con le tecniche cinematografiche con cui
l’azione è portata in scena, quindi ripescare un vecchio F-14 Tomcat non è
malinconia, ma una dichiarazione d’intenti, lo sapete voi come lo so io, ve lo
potrebbe confermare qualunque appassionato, l’ F-14 Tomcat è ancora un gran
ferro, ma non potrebbe tener testa ad un moderno Su-57, lo può fare solo in un modo, grazie alla magia del cinema, usata per ribadire con una sincerità
disarmante e una buona capacità di coniugare passato e presente che la vecchia
scuola è ancora la migliore, e questa non è malinconia ma un dato di fatto che
quei trenta minuti finali ribadiscono con forza, fare di nuovo la barba alla
torre facendo cagare sotto di fifa Jon Hamm è solo un modo per ribadirlo.

La lezione cinematografica di Tony, lo Scott giusto viene
ribadita in assenza, Tom Cruise è il suo profeta e per una volta il vecchio stile non
è non modo per avvolgere il pubblico in quella dannata coperta calda della
malinconia, che sarebbe anche ora di gettare via, ma è ancora una via da
seguire, quella “Need for speed” è ancora la stessa, come la voglia di volare
con Maverick e di vedere del buon cinema d’azione che abbiamo noi spettatori, sullo schermo più grande
possibile però, mi raccomando.

Se vi va, trovate questo post anche sulla pagine di RollingSteel.

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