Se seguite i social-cosi della Bara sapete che sto scrivendo abbastanza puntualmente dei fumetti legati all’Energon Universe, un lungo ciclo di storie a fumetti condivise pubblicate negli Stati Uniti della Skybound (quindi Image) e finalmente anche qui da noi grazie a SaldaPress.
Questo universo condiviso è il sogno di tanti noi ex piccoli cresciuti tra gli anni ’80 e i ’90, perché parte da una premessa semplice: i Transformers sono arrivati sulla Terra portando qui da noi la guerra che da millenni incendia Cyberton, da una parte gli Autobot guidati da Optimus Prime dall’altra i terribili Decepticon, rimasti orfani del loro malefico capo, quello che lo spregevole e auto nominato nuovo leader del gruppo, ovvero Starscream, non vuole nemmeno sentire nominare.
Per rispondere a questa nuova minaccia, il governo americano risponde con… i G.I.Joe, da qui il motivo del mio interesse. Nella seconda storia di questo volume un pilota di nome Duke perde il suo compare per colpa di un aereo fantasma con la capacità di trasformarsi in un gigantesco robot, come vedremo sulle pagine della serie personale “Duke” che ribadisco, perché su questo punto i lettori americani erano molto confusi e anche molti nostrani “Influencer” non avevano le idee chiarissime. Questa nuova incarnazione dei Joe non ha nulla a che spartire con la serie scritta (senza sosta dagli anni ’80) da Larry Hama, che ha ripreso la sua corsa dal numero 300, dopo averci lasciato in sospeso con il vecchio editore (IDW) proprio sul più bello, trovando casa anche lui alla Skybound.
Ma i nuovi Joe e ovviamente i nuovi Cobra (che non possono essere troppo distanti) avranno il loro spazio in altri volumi Saldapress, l’inizio ufficiale dell’Energon Universe è stata la serie dei Transformers, perché l’inizio ufficioso, quello che a sorpresa ha mostrato un Autobot facendo impazzire i lettori è stato “Void Rival”, di Robert Kirkman e del bravissimo Lorenzo De Felici con cui ho avuto il piacere di chiacchierare all’ultimo ToHorror.
Se “Void Rival” è un’ottima serie capace di creare iconografia permettendo a Robert Kirkman finalmente di giocare con i Transformers di cui è grande appassionato, la serie nominativa dei robottoni in incognito è stata affidata ad altro enorme fanatico, per altro quello che tangenzialmente al momento è anche uno dei miei artisti preferiti, Daniel Warren Johnson.
Il papà di “Murder Falcon” e Do a Powerbomb non avrà potuto crederci, infatti ha messo su una storia in sei capitoli, che raccolto in questo volume rappresentano non solo un grandioso rilancio per i personaggi, ma anche una storia estremamente coerente con la poetica di Warren Johnson, ma come direbbe Anders Celsius, andiamo per gradi.
Ci sono disegnatori che replicano la realtà, alcuni lo fanno con anatomie perfette, altri con tavole dettagliate iper realistiche, poi ci sono disegnatori come Daniel Warren Johnson, che sembra quasi che disegnino il mondo come lo vedono loro, non è un caso che questo artista sia così bravo a dare potenza ad ogni colpo, ad ogni onomatopea che non è mai un bang, il più delle volte è un BAAAAANNNNGGGGG!! Ecco perché il design dei personaggi è esattamente quello che noi e Warren Johnson ricordiamo, squadrati, molto anni ’80 nello stile, l’autore non si cura nemmeno molto di rendere meccanicamente adeguati i punti di aggancio tra spalla e petto del personaggio, lui li disegna come li vedeva in tv, come i pupazzetti con cui giovava da bambino, Optimus Prime ha un cofano come petto e due colonne di solido acciaio come braccia. La sua abilità? Rendere dinamici personaggi che non lo erano nella vecchia animazione o quando bisognava giocarsi, perché si cambiavano da macchina a Robot ma poi erano massicci, statici e pesanti.
Lo sono anche qui, sono giganti in un mondo dove tutti sono troppo piccoli, dove il terreno trema e collassa sotto i loro passi e se questo fa sentire potente un megalomane come Starscream, un leader democratico come Optimus Prime capirà presto che la vita sulla Terra è fragile, non il freddo Metallo di Cybertron, un modo più profondo per caratterizzare il buono e il cattivo che Warren Johnson riassume con una morte inattesa che così toccante non si vedeva dai tempi di, boh? Bambi?
Perché le storie di Daniel Warren Johnson parlano sempre di Metallo e morte, lo fanno con estrema potenza visiva, sono tavole che agli occhi suonano come una band Heavy Metal ma poi dentro hanno un’anima sensibile, quasi tenera, con una fissa nei riguardi della Nera Signora, la storia nella storia infatti parla di Spike, che sta per andare all’università e suo padre Sparky, ex militare che beve troppo per quello che ha visto in guerra e per aver perso un figlio astronauta, un lutto che resta sullo sfondo della storia in cui i robottoni giganti diventano allo steso tempo metafora ed elemento scatenante.
Se quello che state pensando è: che palle, io volevo solo i robot che si tirano le mazzate, questo volume contiene sei capitoli strapieni di robottoni che si schiantano lamiera contro lamiera e pugni d’acciaio in faccia, volete vedere tutti i vostri personaggi preferiti? Qui ci sono quasi tutti, in azione, caratterizzati alla grande perché Daniel Warren Johnson ha rovesciato la vecchia scatola piena di Transformers sul pavimento o sul suo tavolo da disegno e si è messo a giocarci alla grande.
Come si capisce che questa storia è davvero in continuità con le altre da lui disegnate e scritte? Tutto, ma la pistola fumante è un piccolissimo dialogo, uno scambio quando Optimus Prime interviene per salvare alcuni umani, uno di questi sollevato afferma «Oh grazie a Dio…», l’altro lo interrompe e mentre Warren Johnson disegna il profilo del capo degli Autobot qualcuno dice «No, grazie al… Metallo?».
Insomma altro metallo pesante per il cuore caldo e pulsante di questi personaggi, finiti nella mani del migliore autore possibile al momento, non solo perché un talento più caldo di una stufa, ma perché nessuno ad oggi poteva essere l’autore più adatto a ridare potenza, cuore, adrenalina e dinamica ai Transformers.
Creato con orrore 💀 da contentI Marketing