Sicuramente ve ne siete accorti, viviamo in un mondo che sta leggerissimamente spingendo Taylor Swift, con telegiornali che appena hanno terminato di fare pubblicità gratuita a libri scritti da un generale ottuso e razzista (ah ah, come se gli ottusi razzisti sapessero scrivere), si sono lanciati anima e cuore nella missione di “vendere” la cantante al pubblico italiota, composto dalle casalinghe di Voghera di questo mondo, che scambiano Swift per Swiffer.
Come stanno “vendendo” la cantante? Con le sue canzoni? Spiegando perché piace così tanto? Ma va! Telegiornali italiani, sinonimo di qualità dell’informazione, il che vuol dire si snocciolano numeri per far capire quanti soldi smuove questa e per lavorare su quel gap generazionale che è sempre esistito: ogni generazione guarda ai cantanti di quella successiva come se fossero dei degenerati strimpellatori senza talento alcuno. È sempre stato così e così sarà sempre, in mezzo, sacrificati sull’altare di questa lotta eterna, i papà, eroi quasi silenziosi costretti ad accompagnare figlie pre-adolescenti ai concerti.
Questa infinita premessa per cosa? Per parlarvi del secondo film di M. Night Shyamalan della settimana, la sua ultima fatica da ieri nelle nostre sale, che parla di musica – a suo modo – ma incredibilmente, non di musica Trap, giusto per sottolineare che forse la mia premessa sarà stata anche infinita ma non del tutto casuale.
Pare che l’attività principale del nostro Michael Knight in questo periodo, sia quella di lanciare le figlie, qualche settimana fa abbiamo assistito all’esordio alla regia di Ishana Night Shyamalan, prodotta da papà con il suo The Watchers, questa settimana invece tocca all’ultima fatica del genitore, un film che dal suo soggetto, sembra nato come descrivevo. Viene da immaginarselo un annoiato babbo Shyamalan, accompagnatore al concerto tra mille mila ragazzine urlanti, che elabora la noia della situazione pensando ad un soggetto, una roba con nel DNA quella tracce di Hitchcock a cui il regista, specialmente ad inizio carriera, veniva sempre associato. E visto che qui fa il suo solito Hitchcockiano cameo (o Shyamalaniano? Fate voi) nei panni di uno dei componenti della sicurezza, tutto torna no?
Il bello di vedere i film, ma di aver abbandonato quasi del tutto quella perdita di tempo che consiste nel guardare i trailer, mi pone in questa bizzarra situazione inedita: scoprire i soggetti dei film è uno spasso! Ad esempio io di “Trap” non sapevo nulla, se non la data di uscita (7 agosto 2024), il nome del regista (M. Night Shyamalan) e del protagonista (il redivivo Josh Hartnett), tanto mi è basato per andare in sala, quindi eccomi qua, nella solita paradossale situazione di essere poi io quello che vi racconta i film, trailer umanoide senza immagini. Che buffa e avventurosa vita quella del custode di Bare Volanti!
Cooper è un trentenne (credici Josh!) padre di famiglia, pompiere del solito stato dove Shy-Guy ambienta tutti i suoi film, la Pennsylvania, tappa del concerto dell’amatissima Lady Raven (Saleka… lasciatemi l’icona aperta su di lei, più avanti ci torneremo), impegnato ad accompagnare la figlia Jody (Ariel Donoghue) come premio per i suoi bei voti a scuola. Tutto fila al concerto, ma papà fa la prima (di tante) sortite altrove nel palazzetto, lasciando la figlia intenta a cantare tra la folla. Qui alla moda di zio Hitch, il nostro Shy-Guy fornisce al pubblico più informazioni di quelle di cui dispongono gli altri personaggi del film: Cooper dal suo cellulare controlla la web-cam, ma non per verificare cosa stia facendo il cane lasciato solo a casa, più che altro per verificare come sta l’ostaggio che tiene imprigionato nella cella che ha messo su. BOOM! Shyamalan-twist dopo cinque minuti di film (quelli che ne determinano tutto l’andamento) e via!
Lo stato è terrorizzato dalle azioni del terribile Macellaio, che rapisce e squarta le sue vittime, il concerto di Lady Raven è una trappola messa su per incastrarlo, anche se Cooper tutto questo lo scopre dal simpaticissimo ragazzone che vende le magliette perché come al solito Shy-Guy produce, dirige e scrive i suoi film, ma spesso lo fa utilizzando il suo amato pennarellone a punta grossa, ma per far arrivare messaggi al pubblico, utilizza trucchetti pedestri come questo. Risultato? Siamo in zona “Nodo alla gola” (1948) ma senza le innovazioni di trama e visive di Hitch, quanto più che altro perché tutto il film, diventa un esercizio, un patto con gli spettatori che si ritrovano, come in “Nodo alla gola” a provare suspence per un protagonista palesemente colpevole.
Come fa Shy-Guy a farci patteggiare per Josh Hartnett? Ci dice tutto ma non ci mostra niente, non delle sue efferatezze (perennemente fuori scena) in modo da essere sicuri di farci avvertire la trappola ma sospendendo il giudizio sul Macellaio, lo sappiamo che è uno stronzo (altrimenti lo avrebbero soprannominato “Il buon samaritano” no?) eppure in questa situazione, vorremmo vederlo farla franca, magari citando l’ammiraglio Ackbar. Se avevate scommesso su quanto tempo ci avrei messo per citarlo, eccolo, avete vinto!
Per buona parte di “Trap”, diciamo il primo atto e buona parte del secondo, quindi la porzione più riuscita di film, Shyamalan fa funzionare abbastanza bene il giochino messo su, tutti i tentativi di Cooper di evitare di essere riconosciuto ed arrestato, coincidono perfettamente con gesti da bravo, se non bravissimo padre, mentre il regista semina elementi che potrebbero essere false piste o potenziali vie di fuga dal palazzetto-trappola. Come ad esempio l’ascensore da cui esce il Rapper (non Trapper) che sembra una pistola di Čechov, mentre Shy-Guy ci fa patteggiare per il suo cattivone con la faccia da bravo papà.
Spero non vi sfugga l’ironia intorno ad un serial Killer padre di una “swifties” (anche se qui la Pop star di turno si chiama Lady Raven), è la musica Pop a fare impazzire i papà o erano già pazzi prima? Se poi ci mettiamo dentro le solite forzature di trama, come ad esempio Cooper che molla la figlia sistematicamente nel parterre mille mila volte per portare avanti al trama, e la ritrova SEMPRE, malgrado il palazzetto sia pieno (i concerti dove sono stato io non erano proprio così, ecco), diciamo che le forzature e i momenti al limite (anche della risata involontaria) ci sono sempre, Shyamalan li affronta con la solita seriosità che lo caratterizza, incurante di tutto, il risultato è un film che tutto sommato funziona, un altro pazzoide alla Split, per un film che non farà cambiare di posizione i titoli che sono da tempo parcheggiati nella parte alta della sua classifica, ma che sicuramente non finirà al fondo, diciamo tra un The Visit e un Bussano alla porta, così, indicativamente, poi fate voi, io questo tipo di classifiche non le reggo.
Un elemento che per un po’ ho trovato abbastanza assurdo è l’assunto: perché un Serial Killer dovrebbe andare ad un concerto Pop? Ok la figlia, ma come fa la polizia a sapere che sarebbe stato proprio lì? Prima di gettare mentalmente la spugna, pericolo a cui “Trap” si espone, perché secondo me molto pubblico non digerirà questo assunto, mi sono ricordato dell’operazione Flagship di cui avevo letto tempo fa: nel 1985 un gruppo di U.S. Marshal sotto copertura, riuscirono ad arrestare un centinaio di fuggitivi, invitandoli in un centro congressi con il pretesto di regalare loro biglietti gratuiti per il ventesimo Super Bowl (Storia vera). Proprio vero che la forza che smuove l’universo è quella che inizia con la lettera “G” e finisce per “RATIS”.
Un elemento che tiene banco per tutto il film sono le canzoni di Lady Raven, non voglio scivolare nello stereotipo parlando di elemento Bollywoodiano, ma i pezzi Pop tutti originali e composti a braccetto con la trama del film, fanno spesso, non proprio da coro greco, ma per lo meno sottolineano molti passaggi del film, quando poi ad un certo punto, Shyamalan fa il salto (dello squalo?) e decide che il suo film tutto dentro un palazzetto ora può uscire da quelle quattro mura, abbattendo così il limite auto imposto, allora il fuoco si sposta dalla coppia Cooper/Jody, il cui obbiettivo è uscire dal palazzo senza che la figlia scopra il segreto paterno, alla coppia Cooper/Lady Raven, che di colpo diventa quasi la protagonista, per altro ereditando idealmente lo scettro con una recitazione estremamente statica, direi perfettamente in linea con l’immobilismo con cui Shy-Guy fa recitare da sempre i suoi cast.
Per rapporto dimensione degli occhi/superfice del volto, Saleka potrebbe essere la versione indiana della Anya Taylor-Gioia-Per-Gli-Occhi non a caso lanciata anche da Shy-Guy in Split, il bello di non sapere nulla dei film è anche questo, l’altro tarlo nella mia mente era la somiglianza tra Saleka e Shyamalan, che sono andato a verificare dopo il film, una volta a casa: Saleka è il nome d’arte di Saleka Shyamalan, figlia del regista, cantante R&B con metà dei suoi videoclip diretti dalla sorella e l’altra metà da papà. Quindi capito il gioco? Non solo il nostro Michael Knight ha dovuto accompagnare due figlie a chissà quanti svariati concerti, ma ora il suo passatempo preferito e lanciare le rispettive carriere, capite da voi che i tratti di comicità involontaria di “Trap” continuano ad aumentare, se non fosse – incredibile ma vero – per la prova di Josh Hartnett.
Oh! Badate bene, non è diventato di colpo Anthony Hopkins eh? Però nel ruolo ci sguazza e pure alla grande, quando Cooper deve recitare micro-ruoli che s’inventa di volta in volta per salvarsi, risulta impacciato perché beh, Josh Hartnett, però proprio per quello ancora più efficace per il ruolo, peccato poi per tutta la lunga parte confessionale con Alison Pill che fa barcollare vistosamente il ritmo, ma in generale il Macellaio bravo papà di Hartnett funziona, in attesa della svolta finale che qui, sembra più una citazione (guarda caso sempre a zio Hitch) che un vero “Twist-in-end”, quello che ormai il pubblico dal regista si aspetta sempre e comunque.
Risultato finale, il vero colpo di scena di “Trap” e che pur trattando l’elemento musicale, non parla di musica Trap (per fortuna!), non vi farà rivedere la vostra classifica dei migliori film di M. Night Shyamalan, ma sarà in grado di tenervi sul filo abbastanza a lungo oltre ad aggiornarvi sul numero di figlie da piazzare del regista, se mai dovessimo scoprire che ne ha una terza appassionata di pallavolo, aspettatevi il thriller interamente ambientato durante una partita, io vi avviso.
Visto che ci siamo, ne approfitto per salutarvi, ho deciso che quest’anno vi lascerò con Shy-Guy in prima pagina qui sulla Bara, perché per qualche giorno il mio piano sarà fare una beneamata e godermi un po’ di ferie. Gli appuntamenti sono il 13 di agosto con la Notte Horror (secondo estratto), ma visto che avete la penna in mano, segnatevi anche la data del 19 di agosto, che arriverà un compleanno niente male!
Le ostilità – ovvero la solita programmazione – qui alla Bara riprenderà lunedì 26 agosto, arriveranno le uscite estive belle calde sul fronte Horror ma anche gli ultimi capitoli della rubrica dedicata ad Oliver Stone, nel frattempo come sempre, la solita opera di recupero dei vecchi post è sempre in azione, e domani occhio! Che arriverà un episodio speciale per il podcast dei Tre Caballeros, non mancate! Fate buone vacanze e guardate bei film.
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