Lo so che il venerdì della Bara è un appuntamento fisso con le rubriche, ma questo venerdì 17, alla faccia della scaramanzia perché tanto quando sfoggi un nome come la Bara Volante non ti tange, avrebbe compiuto gli anni uno che ci è stato portato via troppo, davvero troppo presto, mi riferisco al mitico Bill Paxton.
Per rendergli omaggio abbiamo fatto squadra con i miei compari di sempre (trovate tutto alla fine del post) , anche perché sì, è doveroso farlo, anche per un’altra ragione, come Bill Harding, l’estremo, il barometro umano e il cacciatore di tornado, ho fiutato l’aria e ho sentito quel classico odore, facilmente confondibile con altro di remake, quindi per riequilibrare la sfiga nell’aria, questo venerdì 17 lo dedichiamo a Bill Paxton e ad uno dei suoi film da protagonista, totalmente e assolutamente mitico, allacciatevi le cinture, oggi inseguiamo “Twister”.
Qualche settimana fa abbiamo festeggiato i primi trent’anni dell’esordio alla regia di uno che come direttore della fotografia, ha lavorato per tutti, ovvero Speed di Jan de Bont, che si è beccato anche una puntata del podcast perché è un film così figo che va festeggiato a dovere. Dopo un film così cosa fai? Beh, ti metti a caccia di un altro soggetto che vada, se non proprio a quella velocità folle, almeno ad un ritmo comparabile, se a servirtelo su un piatto d’argento ci pensa Spielberg che fai? Rifiuti?
Prodotto da Michael Crichton e Kathleen Kennedy, storica socia e compare del produttore esecutivo Steven Spielberg, “Twister” è il figlio di una notte d’amore tra un paio di titoli spacca botteghino simbolo degli anni ’90. Dell’importanza di Speed abbiamo diffusamente discusso, il titolo da cui arriva l’olandese volante Jan de Bont, l’altro donatore di geni di “Twister”? Pensateci, ma è una domanda facile, Crichton, Spielberg e gli anni ’90, voi a cosa pensate? Bravi, proprio Jurassic Park.
Effetti speciali della Industrial Light & Magic, gli stessi genietti che ci hanno permesso di vedere per la prima volta i dinosauri, anche se è chiaro, un tornado non ha lo stesso fascino di un T-Rex, anche se quando evita una casa, ne evita un’altra e punta dritto verso di te, per citare le parole di Jo (Helen Hunt), un brivido dovrebbe corrervi lungo la schiena e poi qui la IL&M ci ha permesso di vedere qualcosa di incredibile: mucche.
Dal parco Giurassico arriva anche l’autore della sceneggiatura scritta a quattro mani da Michael Crichton e sua moglie Anne-Marie Martin, per altro uno di quei copioni scritti apposta per il cinema dal mai abbastanza rimpianto scrittore, per una trama che è perfettamente in linea con le tematiche di Crichton, soggetti avventurosi, ma sempre a breve distanza da una base (fanta)scientifica, con un occhio alla tecnologia in arrivo dietro l’angolo e a temi caldi, come quello dei tornado che negli Stati Uniti da sempre, sono una manifestazione di Madre Natura con cui fare i conti, non voglio dire provare a contenere, perché già con i dinosauri sapete come è andata a finire.
Mi è concessa una breve parentesi? “Twister” con il suo successo al botteghino, ha contribuito a porre l’attenzione sulle figure dei cacciatori di tornado, una piccola riprova di quanto Crichton fosse un futurista, inoltre il legame con Speed è ancora parecchio vistoso. Ricordate la battuta di Sandra Bullock sulle storie d’amore nate durante i momenti di crisi? Tutta la cavalcata di “Twister” e il tira e molla tra Bill e Jo sembra un’ideale continuazione, anche se l’obbiettivo dei cacciatori di tornado del film, è un po’ un gioco a perdere, o al massimo a pareggiare, tutta quella fatica per far volare la sonda Dorothy, per avere dati sui tornado che serviranno a portare il tempo di allarme evacuazione, da tre a quindici minuti. La scienza prosegue sempre a piccoli passi, se non altro tutti i grandi nomi coinvolti qui rendono quel passo, grande cinema di intrattenimento, una folle corsa caratterizzata da persone normali, in circostanze straordinarie, che poi è il contributo del produttore esecutivo Steven Spielberg a “Twister”, così con questa ho chiuso il cerchio, anche della mia deviazione a zig zag, correndo dietro a questo tornado di film.
Analizzato sul vetrino del microscopio il DNA di “Twister” possiamo iniziare a parlarne, ma da dove? Dal suo notevole prologo, i famigerati cinque minuti iniziali che determinano tutto l’andamento di un film, qui Jan de Bont non prende prigionieri, l’origine di un’ossessione, il punto di partenza di una vendetta impossibile contro Madre Natura, le motivazioni della futura scienziata Jo, sono il lato oscuro de “Il mago di Oz”, archetipo narrativo che ancora oggi, se la gioca con la creatura di George Lucas per il titolo di opera di fantasia più citata dalle altre opere di fantasia. “Twister” in questa gara fa segnare punti per entrambi gli schieramenti, visto che con la sonda Dorothy gioca a carte scoperte, ma ad un certo punto, al manifestarsi del “Dito di Dio” (non ho mai capito quale, ma non so se voglio saperlo), ovvero il tornato classe F5, uno dei personaggi urla «Non è una luna quella, è una stazione spaziale». Uno ad uno nelle citazioni, palla al centro.
L’olandese volante Jan de Bont ci fa stare in ansia per il cagnetto di casa mentre la famiglia di Jo si barrica nel rifugio, per sopravvivere al passaggio del tornado, risultato? Un prologo da film horror, una morte motivazionale drammatica, il padre di Jo viene strappato letteralmente via, morto risucchiato sotto gli occhi di moglie, figlia e vabbè, cane. Poi ancora qualcuno sostiene che i film per tutti degli anni ’90 fossero edulcorati eh?
Ora, come lo si racconta “Twister”? Facile, te la puoi giocare tutta sulle facce note e le scene movimentare, oppure puoi puntare alla giugulare mettendo in chiaro che il personaggio più importante della trama è una funzione narrativa semovente, che serve fondamentalmente a coprire il ruolo del personaggio che non sa nulla di un determinato “mondo”, in questo caso quello dei cacciatori di tornado, e che facendo le domande giuste, aiuta il pubblico ad accumulare le informazioni necessarie. Inoltre le nostra funzione narrativa bipede qui è anche il terzo incomodo, il bersaglio delle frecciatine e la mezza sottolineatura all’eterno scontro tra colletti bianchi e i colletti blu, qui rappresentati dai nostri cacciatori. Ormai dovreste aver capito che sto parlando della Dr. Melissa Reeves interpretata da Jami Gertz.
Bill Paxton se la porta dietro come un bagaglio a mano, trascinata in un giochino psico-sessuale tra ex che inizia con una firma mancata sulle carte del divorzio da parte di Jo (Helen Hunt in canotta) e continua, alla moda di Jan de Bont, tutto in corsa, mentre ci vengono snocciolate le informazioni chiave, spalmate per il primo atto ma anche una parte del secondo.
Quando la dottoressa si è beccata sul groppone almeno due litigate via radio dei due ex amanti destinati al ritorno di fiamma, e ci ha servito tutti gli assist necessari per sapere tutto della scala di potenza dei tornado, dal potente F3, al catastrofico F4 (BASITO!) fino al flagello Biblico, il dito di Dio, l’F5 che solo Jo ha visto, fin troppo da vicino da bambina, alla dottoressa non resta che fare da bersaglio umanoide per il più vistoso dei personaggi di contorno, perché il resto della banda di cacciatori è composta da facce riconoscibili ma anonime, tutte eclissate da un esagitato Philip Seymour Hoffman, l’uomo che ci ha regalato un tormentone incredibile da ripetere, perfetto per passare immediatamente per sociopatici, coraggio, tutti insieme, in coro… La SUCCHIOZONA!
Trovo sempre significativo che Crichton e signora, abbiano l’onestà intellettuale di non prenderci in giro, una volta esaurito il suo compito di funzione narrativa dipende, la dottoressa si auto elimina dall’equazione, non uccisa come un Donald Gennaro qualunque, proprio se ne va, scrocca un passaggio ed esce dal film, lasciando spazio a personaggi alla quale comunque ci si affeziona.
Questa banda di gatti senza collare, sono una famiglia di matti a tavoletta, la perfetta continuazione per la carriera da regista di Jan de Bont, che trova questo gruppo di pazzarelli, piazza la sonda davanti al tornado e scappa, poi se ti salvi, magari ti puoi concedere una doccia, una bisteccona e il purè di zia Meg (Lois Smith), altro personaggio che da un certo punto in poi, ha il compito di fare da motivatrice, tutto in azione, tutto di corsa, per quella che per Jan de Bont è un’altra storia d’amore, come Speed, ma dettata dai tempi del cinema d’avventura e d’azione.
Per rendere tutto questo un titolo di culto, ci pensano le trovate matte, le mucche volanti e il ritmo che Jan de Bont riesce ad imprimere al film, ma la trama non reggerebbe se questa storia di tira e molla amoroso, non fosse stata affidata alle facce giuste, con tutto il rispetto, Helen Hunt è un attrice che non mi ha mai detto nulla, ma zero proprio, eppure qui la trovo azzeccatissima, quando espone il suo dramma, a centro strada, sotto la pioggia (che rende tutto cinematograficamente drammatico) la trovo azzeccatissima, ma il migliore, come sempre, resta Bill Paxton.
Personaggio e attore, stesso nome, Bill, anzi Bill l’estremo, Bill il barometro umano, quando la sua brutta copia tutto tecnologia e zero cuore, impersonato all’esperto di facce da schiaffi Cary Elwes entra in scena, serve solo a far tornare in voga lo scontro sottotraccia di “Twister”, burocrati tutti finanziamenti e freddi calcoli, contro colletti blu, ruspanti, tutto cuore e inventiva, molto be riassunti da Bill l’estremo, gli basta una scena per ritrovare le sue radici, quelle che fingeva di voler mettere da parte.
Mentre tutti mangiano, lui esce ad annusare l’aria, l’uomo che sussurra ai tornado, un pistolero del passato che non a caso appena fiuta una pista se ne esce con una «Selliamo i cavalli». Minchia quanto mi manca Bill Paxton, voi non avete idea.
Proprio la storia tra Bill e Jo che tiene banco e fa si che “Twister” abbia un ritmo meno indiavolato di quello di Speed, ma con la sua componente avventurosa e spielberghiana di base, compensa brillantemente, non credo sia nemmeno un caso se ad un certo punto, lo scatenarsi della potenza dell’F5, sia resa puramente cinematografica dalla scena del drive-in.
Veder soffiare Jack Nicholson, nella celebre scena in cui imita il lupo cattivo in Shining, non solo chiude un’ideale cerchio con Ready Player One, ma è un gran modo per far percepire subito al pubblico la dimensione del cattivo, se l’F5, il dito di Dio, qui può spazzare via anche uno dei più grandi cattivi cinematografici di sempre, ovvero Jack Torrance, allora, citando le immortali parole di Richard Benson… Ti devi spaventare!
Ultima su questo titolo di Culto? “Twister” ha dalla sua la storia, costato 92 milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, ne ha incassati quasi 495 milioni, secondo solo ad Independence Day, ma a parte i freddi numeri, va riconosciuto al film di Jan de Bont un altro merito, oltre ad aver sdoganato la figura – molto americana – del cacciatore di tornado, “Twister” è diventato il padre nobile di tutto il filone del Meteo Apocalypse, ora li trovate ad infestate tutti i palinsesti tv, girati da nomi appena un filo meno capaci e talentuosi dell’Olandese Volante e senza per forza il carisma di Bill Paxton, ma è innegabile che esista un cinema d’intrattenimento prima e uno dopo il passaggio di “Twister”, volete dirmi che ci sarebbe stato davvero il tornado di squali senza il tornado di Jan de Bont?
Game over man, game over (cit.), tutto questo non ci restituirà Bill Paxton, che ci è stato strappato via troppo presto come nel prologo di “Twister”, ma oggi ho avuto la possibilità per ricordarlo in occasione del suo compleanno, qui sotto il resto della festa, ciao estremo!
Il Zinefilo ci mostra il lato nascosto di Bill Paxton!
Vengono fuori dalle fottute pareti… Si, ma i tornado!
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