Ad Ovest di Chad Stahelski e David Leitch e della loro 87North production, nata come agenzia pronta a fornire controfigure e cascatori, ora assorta a casa di produzione, la corsa del cinema d’azione americano, basato su trovate visive bulimiche e sempre più “uno contro tanti” non si arresta.
Se John Wick macina milioni di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti spirati al botteghino, i fratelli Anthony e Joe Russo, amatissimi ed odiatissimi per i loro Marvel-trascorsi, non sono certo da meno. Della serie da loro prodotta “Citadel”, avrei dovuto pubblicare il post oggi, ma ho preferito dare proprietà ad un loro lavoro più famoso, tanto che di titoli ne ha due, visto che il primo film è uscito nel 2020 su Netflix intitolato “Extraction” ma anche Tyler Rake, il ritorno dell’uomo chiamato rastrello!
Un film che va detto, ha stupito tutti, la formula dell’attore non marziale ma famoso è la stessa di John Wick, ma con Chris Hemsworth che in virtù dei suoi trascorsi da Dio Zio del Tuono, se non altro l’australiano ha il fisico e quindi viene confermato, anche se come Chev Chelios, il personaggio era morto, malgrado la scena dopo i titoli di coda che lasciava aperta la porta per un seguito, che ritrova alla regia l’ex stuntman Sam Hargrave, ben consapevole della regola aurea dei seguiti: uguale al primo ma di più!
La nota di colore? Nei primi minuti del secondo film su Tyler Rastrello, uno dei cattivi uccide un tale usando un attrezzo tipo forcone o appunto, un rastrello. Insomma non so voi, ma io sono già soddisfatto così, detto questo, parliamo della trama.
Il prologo è una scusa per ripescare Tyler Rastrello dalle acque, un po’ di coma, delle cure mediche e il nostro torna sulle sue gambe, abbastanza sano da guidare il suo RAM con un braccio legato al collo, vantaggi del vivere nella poco densamente popolata Austria (patria di Arnold, spero almeno in un’idea di omaggio) guidando con il cambio automatico.
La visita del Nick Fury della situazione, un Mr. Senza Nome fatto a forma di Idris Elba, che fornisce a Rastrello un motivo per lanciarsi in un veloce “Training montage” alla Rocky (la routine quotidiana di Hemsworth), quello che serve per prepararsi alla missione: la sorella dell’ex moglie di Tyler si è sposata con un criminale georgiano, pagandola cara visto che con i suoi figli ora si trova in una prigione georgiana, un postaccio da cui bisogna tirarla fuori, “Extraction 2” appunto.
Le ambizioni da saga per “Tyler Rake” sono tutte riassunte nel personaggio senza nome di Idris Elba, che gli assegna qui una missione che è un classico del cinema Action, cambia il grado di parentela ma il MacGuffin di partenza è sempre lo stesso, quello che conta è scatenare l’azione e quella in “Tyler Rake 2” non manca.
I fratelli Russo e il loro Muppet, il regista Sam Hargrave, hanno dichiarato di essersi ispirati al carrello laterale, la lotta nel corridoio di “Old Boy” (2003), mettendo in chiaro le loro ambizioni alte, la volontà di alzare il volume della radio, ma anche il fatto che l’ispirazione per loro sia arrivata da oriente.
Infatti la scena madre di “Tyler Rake 2” è un lungo piano sequenza della durata di 21 minuti, che inizia con il protagonista che si infiltra nella prigione georgiana con l’aiuto della sua socia, la bella Nik Khan (Golshifteh Farahani), per portare fuori l’ex cognata e i figli, per una luuuuunga sequenza per cui la Wing-woman era sul punto di chiamare “Chi l’ha visto”, visto che le ho detto: guardo solo questa scena ed arrivo (storia vera).
La scena procede in crescendo, macchina da presa a mano, alla giusta distanza per mostrare sempre l’azione come si deve. Quando l’operazione di estrazione sembra aver svoltato, “Tyler Rake 2” si ricorda dalla scena della rissa nella prigione di The Raid 2, perché l’unica via d’uscita è proprio attraverso il cortile pieno di secondini in tenuta anti sommossa ed ergastolani incazzati come autisti nel traffico il lunedì mattina. Una fagiolata che prevede tanto “Kata delle pistole” (prosecuzione naturale delle sparatorie di John Woo ma a breve distanza) il tutto “vitaminizzato” da un po’ di digitale che rende le lunghe sequenze possibili facilitando i raccordi oppure, permettendo al biondo Chris di spegnersi un braccio in fiamme (a colpi di pugni sul grugno del primo malintenzionato), senza bisogno di dare alle fiamme per davvero l’avanbraccio dell’attore.
Le coreografie di lotta sono riuscitissime, molto divertente vedere Thor usare uno scudo strappato di mano ad uno dei secondini, per farsi largo nella rissa o per ripararsi dal lancio di molotov, scena finita dritta nella locandina del film, anche se nell’era dello streaming le locandine stanno perdendo (purtroppo) ogni loro senso.
Senza lasciarci il tempo di riprendere fiato, la sequenza continua con una fuga in auto tra i boschi con relativo scontro (frontale e a fuoco) con le motociclette per poi culminare nella fuga in treno, il gran finale di un lunghissimo piano sequenza che prevede non uno, ma due elicotteri abbattuti a mitragliate, Golshifteh Farahani che si esibisce in un corpo a corpo con tre degli incursori atterrati sul tetto del treno in corsa e per finire, un simpatico deragliamento, che dite? Basta?
Questa lunga sequenza sembra la versione in bella copia (e con effetti speciali all’altezza) di un altro Action bulimico targato Netflix, mi riferisco a “Carter”, che aveva il difetto di non sapere quando fermarsi, risultato? Un esercizio di stile, se non proprio onanismo, per un film così esagerato da tirarti fuori dalla storia. Hargrave non fa questo errore, sembra firmare il remake americano di “Carter” con un risultato finale migliore, perché il suo “Tyler Rake 2” tira il fiato per sviluppare la sottotrama sul figlio ribelle Sandro (Andro Japaridze) buono per infilare nella trama la solita importanza della famiglia e tutto il resto, poco male, scene defaticanti in vista del finale.
Bisogna notare che però il primo Tyler Rake aveva un bilanciamento migliore, con il suo giocarsi la scena madre nel secondo atto, questo lo rendeva un film in crescendo. Il seguito invece si spara subito la scena grossa, quindi è inevitabile che il gran finale, risulti “solo” un corpo a corpo con il cattivone in una chiesa, tutto molto ben fatto, ma dopo i 21 minuti di piano sequenza iniziale, capite che la differenza si nota. Quindi lezione per il futuro Sam, se vuoi fare un piano sequenza pieno di morti ammazzati, pistolettate a bruciapelo, elicotteri abbattuti a mitragliate va bene, se vuoi farlo durare 21 va benissimo, ma non giocartelo nel primo atto, altrimenti il resto del film sembra immobile ed imbalsamato malgrado gli sforzi.
Ma questo seguito svolge alla perfezione il suo compito, se avete amato il primo film vi godrete anche questo senza difficoltà, perché la volontà chiara di “Tyler Rake 2” è quella di confermare la formula azzeccata del primo capitolo, con la volontà di trasformare tutto in una saga, anche perché il finale mette in chiaro che se il pubblico dovesse gradire, premendo “Play” a ripetizione su questo film disponibile su Netflix, un “Tyler Rake 3” è una previsione talmente facile che anche io che sono una pippa in questa specialità, posso permettermi di pronosticare.
Insomma, senza provare ad inventare nulla, ma affidandosi a formule consolidate, “Tyler Rake 2” si conferma come un perfetto esemplare del cinema d’azione americano contemporaneo, bulimico nella messa in scena per una trama che è un “High concept”, quindi stringata e pensata per essere tutta azione, se il livello dovesse restare questo, per me va bene anche la terza o la quarta missione di estrazione di Tyler Rastrello.
Sepolto in precedenza mercoledì 21 giugno 2023
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