2019. John Rambo scava
gallerie e semina trappola mortali per eliminare uno dopo l’altro i suoi
nemici, metà del pianeta lo paragona a Kevin McCallister. Ma non basta,
facciamo un ulteriore balzo indietro.
Novembre 1990 (gennaio 1991 in Italia). John Hughes e Chris
Columbus fanno soldi a palate con la storia di Kevin, lasciato solo a casa per
Natale dai McCallister volati in Francia, costretto ad affrontare paure e due
loschi criminali. Ma se vi dicessi che un film, non solo ha fatto da filo di unione
tra queste due pellicole, ma le ha anche battute sul tempo?
Mi riferisco a “Un minuto a mezzanotte”, film francese
scritto e diretto da René Manzor, presentato in patria al Laon film festival nel
marzo del 1989 ed uscito poco dopo nei cinema con il titolo “36-15 Code Père
Noël”, in largo anticipo sulla sua versione americana non dichiarata, firmata
da John Hughes e decisamente più celebre. Si perché “Un minuto a mezzanotte”
(noto anche come “Game Over” per i mercati anglofoni) è passato sulle tv
Italiane molto poco, per poi sparire per sempre, diventando oggetto di culto tra
quei pochi che avevano fatto in tempo a vederlo.
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“Tieni il resto, lurido bastardo” (cit.) |
Si perché René Manzor, prima del suo conterraneo Luc Besson, ha confermato la mia teoria per cui sono i francesi i veri americani del mondo. Il suo “Un minuto a mezzanotte” è una storia semplice, a tratti quasi naif, ma
con dei denti belli affilati e ben decisa ad utilizzarli. La trama parla del piccolo, schifosamente ricco e per di più anche geniale Thomas, pronunciato
alla francese Tomà (come un formaggio con l’accento), ed interpretato da un
azzeccatissimo Alain Musy, uno che crescendo è finito ad occuparsi di effetti
speciali per un milione di film Yankee da “Avatar” (2009) a l’ultimo X-Men, quindi per certi versi, la fissazione per gli Stati Uniti di Thomas forse non era del tutto frutto di
finzione cinematografica.
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“Ti faccio vedere come si fa il saluto ufficiale della Bara Volante” |
Thomas vive in una reggia, dovrei dire una villa ma in
realtà è molto di più, quasi un castello da fare invidia a Bruce Wayne, è un
ragazzino ricchissimo perché sua madre Julie (Brigitte Fossey) è la numero uno
di un enorme grande magazzino di giocattoli, con una strategia di vendita tanto
aggressiva, da vantarsi di essere il posto dove persino Babbo Natale si rifornisce.
Thomas infatti ha la casa villa piena di ogni genere di giocattolo, ma
anche parecchi aggeggi tecnologici che lui domina nemmeno fosse una sorta di
Steve Jobs in miniatura con sulla testa, un Mullet ignorantissimo che più anni
’80 di così non si può e sembra urlare ad ogni fotogramma: «Capitan Planet
levati, ma levati proprio».
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Alla faccia dei capelli a scodella di Bastian. |
Proprio Babbo Natale è la grande ossessione di Thomas, un
ragazzino che si fa mille domande sul mistero del panzone vestito di rosso e
che crede ciecamente alla magia del Natale. Per essere uno così pragmatico
quando si tratta di gestire l’allarme di casa e le trappole disseminate nella
villa con il suo computer, dimostra il suo essere davvero un bimbo nel modo
quasi naif in cui crede fermamente a Babbo Natale.
Si perché parliamoci chiaro, questo non è stato di certo il
primo film ad utilizzare la figura di Santa Claus in maniera alternativa e
smaccatamente Horror, “Natale di sangue” lo aveva già fatto nel 1984, però a
ben pensarci non è certo un’invenzione rivoluzionaria, parliamo di un Santo di
origini Italiane, le cui spoglie mortali risiedono in Turchia, che va in giro
con dei colori imposti da una nota fabbrica di bibite gassate di Atlanta, che la
notte del 25 dicembre sfida le leggi del tempo e della fisica, per fare irruzione
illegalmente in tutte le case del mondo, premiando i bambini buoni certo, ma
punendo anche quelli cattivi, una certa componente horror da mostro delle
favole è da sempre presente nel personaggio, anche se celata sotto tutti quegli
«Oh. Oh. Oh».
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“Chi è quello?”, “Uno che ha preso questa festa per il verso sbagliato” |
“Un minuto a mezzanotte” è uno di quei film che visto da
bambini ha un suo andamento chiaro, ma rivisto da adulti guadagna nuove chiavi
di lettura, senza perdere un grammo della sua forza e della sua freschezza, se
non fosse per la tecnologia che nel frattempo è progredita (avvicinandosi a
quella di cui Thomas già disponeva nella sua villa) e lo stile smaccatamente
anni ’80 degli abiti, “36-15 Code Père Noël” è un film che mantiene quella sua
atmosfera da favola nerissima, invecchiato anche più che decentemente.
Guardando “Un minuto a mezzanotte” da bambini, si finisce
per fare il tifo per Thomas, non solo perché dispone di tutti i giocattoli che
un ragazzino potrebbe sognare, ma anche perché esce da una situazione difficile
con le sue forze, quindi è facile immedesimarsi in lui, inoltre la minaccia che
affronta, il senza tetto che si traveste da Babbo Natale e fa irruzione in casa
sua, è talmente spaventoso e malvagio da non meritarsi nessun genere di
empatia. Ma rivedendo il film da grandicelli, è più facile rendersi conto
dell’ottimo lavoro fatto da René Manzor nel delineare i personaggi.
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“Vieni che ti delineo la faccia con questo” |
Il Babbo Natale psicotico è l’ultimo degli ultimi, uno dei
dimenticati della nostra società con evidenti disturbi mentali e una sinistra
ossessione per i bambini, qualcuno che avrebbe chiaramente bisogno di aiuto ma
quello che ottiene, è un licenziamento per direttissima dalla madre di Thomas
che lo lascia con una gran voglia di vendicarsi. Come sceglie di farlo però, lo
rende un personaggio orribile, in grado di far sembrare subito migliori i
protagonisti, che di fatto sono dei borghesi schifosamente ricchi con cui
normalmente avrei dei problemi ad identificarmi (non ho mai avuto abbastanza
soldi per capirli questi ricchi). La madre di Thomas poi, lo abbandona la
viglia di Natale per spremere più soldi possibili, sfruttando le ultime ore
della corsa ai regali, se ci aggiungiamo poi il dettaglio (non secondario), che
per convincere il figlio ad andare a letto, non aspettando Babbo Natale in
piedi, la donna s’inventa la storia per cui Babbo se visto, si trasforma in un
orco cattivo. Il premio madre dell’anno 1989 direi che lo abbiamo assegnato con
facilità.
Eppure tutti i personaggi hanno almeno un’altra faccia della
medaglia, la madre di Thomas è una donna in carriera che deve sgomitare il
doppio dei colleghi uomini ed inoltre, sta crescendo un figlio da sola, perché
con un’amarissima e non ruffiana riga di dialogo, René Manzor getta malinconia
sul tavolo della colazione della famiglia, facendoci sapere che il padre di
Thomas è andato e non tornerà mai più.
L’unica figura paterna per il protagonista è il nonno, che
lui chiama Papy (Louis Ducreux), un anziano buono come il pane ma male in
arnese, reso mezzo cieco dal diabete e bisognoso di cure costanti, quindi
Thomas sarà pure un bambino invidiabile per il suo genio informatico o la sua
infinita collezione di giocattoli, ma di fatto è solo, in una villa faraonica
dove fa quello che facevano tutti i bambini cresciuti tra gli anni ’80 e i ’90,
ovvero prima che i Super eroi diventassero il modello di riferimento: gioca
alla guerra.
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Vi ricordo che Rambo III era uscito solo un anno prima. |
Come Thomas gioca alla guerra è l’ennesima conferma che i
francesi sono i veri americani del mondo, si perché il ragazzino si sveglia
sulle note di una musica perfetta per un “Training montage” alla Rocky, si
allena finendo per “luccicare” di sudore, come il canone estetico degli eroi
d’azione degli anni ’80 imponeva dopodiché, mentre ancora scorrono i titoli di
testa del film, va in scena la più classica delle “vestizioni dell’eroe”, la
celebrazione dei film del decennio più muscolare del cinema americano, però
fatta da un regista francese. Thomas si mette una fascia in testa alla Rambo, si pitta la faccia con il trucco
mimetico e si esibisce anche nella posa con il fucile (giocattolo) in spalla di
John Matrix in Commando. Non so voi,
ma io ho visto film iniziare in modo appena meno esaltante di questo!
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“I |
Thomas gioca alla guerra con il suo amato cane e grazie ad
un computer (come potevamo intenderlo verso la fine degli anni ’80) controlla
l’apertura delle porte e delle botole tatticamente sparse per tutto il maniero. Quando la notte di Natale arriva e con lei il suo psicotico babbo (magistrale
la scena della “vestizione” del cattivo, con tanto di barba tinta di bianco per
calarsi meglio nel ruolo), Thomas diventerà il protagonista di un “Home
invasion” che non fa prigionieri e credo, abbia anche traumatizzato tutti
quelli che si sono avvicinati a questo film, pensando di trovare una versione
d’oltralpe di Kevin McCallister. Questo film ha i denti e nessuna paura di
utilizzarli, alla faccia del buonismo delle feste dicembrine!
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“Lasciami stare o scateno una festa di Natale che non te la sogni neppure” |
René Manzor porta il suo attacco frontale alla festa più
famosa dell’anno fin dal primo fotogramma della prima scena, ci sembra di trovarci di fronte ad un bucolico panorama Natalizio, filtrato da una di quelle
bocce che se capovolte nevicano, ma un secondo dopo il vetro s’infrange e
quello che vediamo sono solo bidoni della monnezza e degrado urbano. Con la
stessa sottile cattiveria, il Babbo Natale di Manzor colpisce duro, con una
paletta da torta accoltella il cane di Thomas che impotente (come noi
spettatori) assiste al brutale omicidio, una scena che già di suo sarebbe straziante,
se più avanti nel corso del film, Thomas in lacrime, non si ritrovasse anche a
vagare per la villa con il corpo senza vita del suo cane tra le braccia. Una
roba che in un secondo, mette in chiaro quanto questo Babbo Natale sia un Babbo
bastardo senza appello e su come Thomas, dovrà crescere diventando adulto di
colpo per sopravvivere alla vigilia più lunga della sua vita, in una situazione
alla Die Hard, che poi in fondo è
anche lui un classico Natalizio.
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E Bill Gates… MUTO! |
“Un minuto a mezzanotte” diventa così una storia sulla fine
dell’infanzia e sull’inizio dell’età adulta, lo mette in chiaro anche la
ballata Natalizia cantata da Bonnie Tyler (si quella Bonnie Tyler!) intitolata Merry Christmas, che nel testo utilizza in maniera piuttosto
esplicita le parole “to became a man”, giusto per mettere in chiaro il romanzo
di formazione di Thomas. Bisogna dire che l’apparizione vocale della grande
Bonnie Tyler nel film, contribuisce a rendere ancora più solida l’atmosfera
anni ’80 del film, perché oltre alla musica e ai palesi riferimenti ai film
d’azione del decennio che stava per concludersi, René Manzor e il suo direttore
della fotografia Michel Gaffier, mettono su un’atmosfera a metà tra i video
musicali dello stesso periodo e quello che potrebbero essere il punto di vista
di Thomas su una gelida e spaventosa viglia di Natale.
Si perché prima di passare al contrattacco, René Manzor
affonda i denti nel suo giovane protagonista ancora un po’, la scena in cui
Thomas inseguito dal Babbo Natale pazzo scappa sul tetto, e invoca la mamma che
disperatamente sta cercando di tornare a casa (come farà la signora McCallister
mesi dopo nel film di Columbus), al freddo e sotto la neve è un momento
disperato in cui, se per caso abbiamo invidiato il piccolo borghese vestito da
Rambo per i suoi soldi e i suoi giocattoli (anche informatici), adesso non
possiamo non patteggiare per lui, da bambini immedesimandoci e da grandi, se
non proprio come dei papà, almeno come dei fratelli maggiori.
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“Non ti sopporto più, la Befana è molto più simpatica di te!” |
Una volta toccato il fondo Thomas passa a sua volta all’attacco,
perché Papy ha bisogno della sua insulina e qui nessuno arriverà in suo
soccorso, ahimè non parte “Holding out for a hero” di Bonnie Tyler, ma Thomas
fa qualcosa di anche meglio, accende l’interfono di casa e dichiara i suoi
intenti al suo avversario: «Sei a casa mia, hai ucciso il mio cane e volevi
uccidere il mio Papy. Ma io lo so che non sei Babbo Natale ed ora verrò io
all’attacco». Di fatto la versione locale di «Murdock… Sono io che vengo a
prenderti».
Da qui in poi Thomas non gioca più, fa la guerra con tutto
quello che ha, con trovate alla MacGyver che trasformano freccette in armi e trenini in
bombe. René Manzor è bravissimo a creare l’attesa e la tensione in un film che
unisce horror e film per ragazzi bilanciando molto bene tutti gli elementi, non
manca nemmeno il ritorno del cattivo creduto morto, perché come ci insegnano
gli Slasher, il “mostro” va uccido sempre due volte, in cui quella definitiva è la seconda. Ma se pensate che i tracobetti («E io che ho detto? I trabocchetti»
cit.) di Thomas siano trovate comiche come quelli di Kevin McCallister,
sappiate che i francesi armati di anni ’80 fino ai denti, fanno dannatamente sul
serio!
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Adesso ho un |
Insomma, mi ha fatto molto piacere ritrovare “Un minuto a
mezzanotte”, un film molto bello che non aveva paura di trattare i giovani
spettatori da adulti, strapazzandoli anche un po’ e soprattutto, ha anticipato
parecchio. Quindi prima di parlare di trappole e trappolette in stile Kevin McCallister,
ricordatevi di Thomas, eroe dell’azione in canotta, Mullet e trucco mimetico.