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Un pesce di nome Wanda (1988): Un ca-ca-capolavoro della ri-ri-risata

Piccola deviazione sul percorso di questa rubrica, ma d’altra
parte l’occasione è troppo ghiotta per non approfittarne, quindi benvenuti al
capitolo a sorpresa della rubrica… Pythonesque!

Sì, lo so bene, anche se in questo film recitano due
componenti del celebre gruppo di comici, “Un pesce di nome Wanda” non è un film
dei Monty Python, se bastasse questo in Jabberwocky
i Python a recitare sono ben tre, quindi sicuramente non è un parametro
di cui tenere conto, però “A Fish Called Wanda” che quest’anno compie trent’anni,
è stato uno dei film più importanti del 1988, un’annata piena di titoli
storici, dove questo film ha fatto la figura del leone, o forse dovrei dire
dello squalo per stare in tema ittico? Insomma, non potevo non cogliere l’occasione
per festeggiare questo compleanno!

Dopo il successo di Il senso della vita, i Monty Phyton non hanno più sfornato film, anche perché
dal 1989 il dottor Graham Chapman si ostina a continuare a restare morto,
quindi la possibilità di rivedere il gruppo originale insieme è sfumato per
sempre, ma i comici senza mai aver dichiarato lo scioglimento ufficiale in
stile Beatles, non hanno mai detto di no ad alcune amichevoli collaborazioni, specialmente
Michael Palin, quello che come lo ha definito Terry Gilliam, l’unico Python che
non voleva fare il regista.
Sì, perché Eric Idle, Terry Jones e Terry Gilliam
(specialmente quest’ultimo) in
carriera hanno diretto film e spettacoli musicali, l’unico a non finire dall’altra
parte della macchina da presa era stato John Cleese, almeno fino al 1988, quando
la MGM acquisto la sua sceneggiatura, basata su un soggetto scritto insieme al
veterano Charles Crichton per il film “Un pesce di nome Wanda”. “Dove sta il
problema? il mio amico Charles qui è un grande regista, lo facciamo dirigere a
lui il film!”.

Quando quello che deve badare a te è John Cleese, auguri, ma tanti cari auguri!

Tutto vero, peccato che Crichton sia nato nel 1910, si
sia fatto le ossa e un nome nel settore presso gli Ealing Studios con le sue
commedie degli anni ’50 e il suo ultimo lavoro da regista era un giallo
intitolato “Il terzo segreto”, uscito, però, nel 1964! Quindi, per rassicurare i
produttori, John Cleese finì per dirigere tutta la parte finale del film e
soprattutto la scena (esilarante) tra lui e Michael Palin, in cui il
ba-ba-balbuziente Ken cerca di pronunciare il complicatissimo nome dell’hotel
vicino all’aeroporto di Heathrow, torna buono avere un collega con cui hai
lavorato per anni sul piccolo e grande schermo!

“La Ba-Ba, la Ba-Bara Vo-Vo…”, “Cantalo, prova a dirlo cantando!”.

Anche rivedendolo oggi, “Un pesce di nome Wanda” non
sembra per niente un film diretto da un regista troppo anziano e da uno senza
esperienza, anzi, è una commedia dal ritmo impeccabile che se uscisse nei
cinema ora così, identica a sé stessa, potrebbe ancora funzionare alla grande,
ci sarebbero quasi gli estremi per il Classido? Voi che ne dite?

La sceneggiatura del film fila alla perfezione, molto più
azzeccata del furto di gioielli dei protagonisti, perché tutto inizia con il
capo della banda George Thomason (Tom Georgeson), l’affidabile amante degli
animali con problemi di balbuzie Ken Pile (Michael Palin) e la coppia di amanti
americani sotto mentite spoglie, la bellissima Wanda Gershwitz (Jamie Lee
Curtis, sempre sia lodata!) e l’arrogante yankee con velleità da intellettuale Otto
West (Kevin Kline).

Eccoli qui, gli insoliti sospetti in versione banda del buco (nell’acqua).

Il colpo va a buon fine, ma Wanda e Otto che con grande
sforzo (specialmente da parte degli ormoni galoppanti di quest’ultimo) si
fingono fratello e sorella, nel tentativo di fregare George lo fanno arrestare con
l’intenzione di scappare con la refurtiva, peccato che il capo della banda sia
un passo avanti a loro, quindi per scoprire l’ubicazione dei gioielli, bisogna
inventarsi qualcosa, ad esempio fare colpo sull’avvocato di George, l’irreprensibile
e morigerato Archie Leach (John Cleese). Da qui inizia una riuscitissima
girandola di “Frega tu che frego anche io” che prevede anziane testimoni da
cercare di uccidere e un triangolo amoroso fatto di gelosie e situazioni
imbarazzanti, specialmente per Archie!

Dopo il pianista nudo dei Monty Python, ora abbiamo anche l’avvocato nudo.

Inutile girarci troppo attorno: a far funzionare questa
commedia sono le parti che lo compongono, ogni personaggio ha un ruolo chiave
nello svolgimento degli eventi ed ognuno di essi è ben scritto, perfettamente
caratterizzato e, soprattutto, l’attore o l’attrice che lo interpreta è
assolutamente azzeccato! Gran parte dei momenti comici più riusciti, vengono
fuori semplicemente accostando questi personaggi agli antipodi, tipo quando
Otto si finge gay con Ken per sviare i suoi sospetti sul suo rapporto con
Wanda, oppure lo scontro a distanza tra i due amanti della donna, a ben
guardarli due facce della stessa medaglia, perché entrambi risultano due
macchiette, ma per approccio alla vita sono opposti ed incarnano alla
perfezione più i difetti che i pregi dei Paesi che rappresentano, l’Archie per
la cara vecchia Inghilterra e Otto per i baldanzosi Stati Uniti.

Il primo sembra l’Inglese medio che i Monty Python
prendevano per i fondelli con gli sketch del Flying Circus, impostato nei modi e nella vita, incastrato tra la
promettente carriera di avvocato e una situazione familiare che lo tiene
costantemente sulla corda, con una moglie dittatoriale e una figlia viziata,
per altro, interpretata da Cynthia Cleese, la vera figlia di John Cleese nata
dal suo primo matrimonio con Connie Booth (storia vera).

Ma cos’è una Fiat 127 quello? Sareste i primi ad usarlo per una rapina.

Persino il nome del personaggio è un indizio sulla su
modesta condizione, perché il nome scelto da Cleese per il suo personaggio, Archie
Leach, è una strizzata d’occhio al vero nome di Cary Grant (all’anagrafe nato Archibald
Alexander Leach), pare che Cleese abbia scelto proprio questo nome, perché è
nato a poca distanza da Bristol, cittadina natale di Cary Grant. Scelta
azzeccata, secondo me, è un po’ come se Grant non fosse mai diventato un grande
attore e fosse finito a fare l’avvocato che, poi, è un po’ quello che avrebbe
potuto succedere a John Cleese, visto che a Cambridge oltre a conoscere il
resto dei Monty Python e cambiare la storia della comicità mondiale per sempre,
ha trovato anche il tempo di laurearsi in giurisprudenza.

Archie rappresenta l’Inglese medio, quello che con le sue
stesse parole descrive come terrorizzato dalle situazioni imbarazzanti, proprio
quelle in cui si ritroverà dopo aver preso una clamorosa sbandata per Wanda.
Suo esatto opposto Otto, Americano semplicemente disgustato dagli Inglesi che
non smette di prendere per i fondelli ad ogni occasione utile, tanto è propenso
all’uso della logica e della dialettica per uscire da una situazione complicata
Archie, quanto è subito pronto a menare le mani Otto, convinto di essere il più
furbo di tutti anche se è una specie di caprone ignorante. Metti due personaggi
così uno opposto all’altro e quello che otterrai sono momenti comici tutti da
spanciarsi, tipo quanto Otto appende un calmissimo Archie intento a scusarsi,
a testa in giù dalla finestra, oppure come il loro duello finale, uno scontro
tra Stati Uniti ed Inghilterra che si risolve con uno schiacciasassi e visto
che Chi ha incastrato Roger Rabbit è
un film dello stesso anno, evidentemente nel 1988 gli schiacciasassi andavano
fortissimo!

Occhio Kevin che qui fai la fine del giudice Morton!

Il ruolo di Otto West per Kevin Kline è stato uno
spartiacque, da allora ha cominciato ad interpretare ruoli molto simili (basti
pensare a “In & Out”, 1997), anche perché l’Oscar come migliore attore che
si è portato a casa per questa parte è assolutamente meritato. Kline nel ruolo
è davvero esplosivo, pare che per la grottesca scena di sesso, Jamie Lee Curtis
abbia affogato il volto in un cuscino per non ridere della sua espressioni mentre
giravano (storia vera). Ma il meglio sono le improvvisazioni in spagnolo,
lingua a cui la bella Wanda è molto… Ehm, sensibile diciamo così!

“Siamo l’Accademy, è stato nominato agli Oscar” , “Dai Cassidy smettila, lo so che sei tu!”.

In realtà, solo qui da noi, per ovvie ragioni logiche,
la lingua che fa scaldare Wanda è diventata lo spagnolo, scelta tutto sommato
logica se associate alle prestazioni amorose dei suoi amanti, in lingua
originale è uno spasso sentire Kevin Kline improvvisare parole in italiano
per convincere Wanda a fare l’amore con lui, un trionfo di «Mozzarella!», oppure
«Insalata verde con linguine!», insomma uno spasso, meglio di lui fa solo John
Cleese che, a sua volta, si spara una lunghissima frase in italiano più che
decente («Ma ho sposato una donna che preferisce lavorare in giardino a fare
l’amore appassionato. Uno sbaglio grande!») che è praticamente una
dichiarazione sulla sua condizione di infelicità che, però, Wanda non coglie
perché è troppo impegnata ad arraparsi.

Quando al lavoro sento qualcuno dire “Riunione” invece che “Meeting”, ho quasi la stessa reazione.

Su Jamie Lee Curtis io ho terminato gli aggettivi positivi
da tempo, dopo anni passati a fare la Scream Queen e la Final Girl anche per John Carpenter e dopo aver sdoganato il ruolo
comico e sexy in Una poltrona per due,
qui vive letteralmente di prepotenze artistiche. La sua Wanda è il tornado che
sconvolge la vita di Archie, è l’oggetto della gelosia di George e di Otto ed è
anche quella che riesce a mettere fine alla balbuzie di Ken con un bacio. Le
bastano un paio d’occhiali per passare dalla rapinatrice di banche alla
studentessa di legge, trovata totalmente azzeccata chiamare il suo personaggio
e lo scalare dentro l’acquario che avrà un ruolo chiave (nel vero senso della
parola!) nell’intreccio con lo stesso nome, anche perché quando i Phyton sono
nella zona delle operazioni, i pesci hanno sempre un ruolo fondamentale, che siano
quelli della “The Fish Slapping Dance” del Flying Circus o quelli di “Find the Fish” di Il senso della vita.

Motivi per cui sarei pure favorevole alla clonazione umana: Jamie Lee Curtis!

Per altro, a proposito di bizzarrie Pythonesche, pare che
John Cleese abbia preteso di inserire Jamie Lee nella lista degli attori, con
il nome di Jamie Lee Schwartz, perché trovava particolarmente divertente il
fatto che il vero nome del padre di Jamie Lee, il grande Tony Curtis, fosse Bernard
Schwartz. Insomma, una cosa l’ho capita: John Cleese sta in fissa con i veri
nomi degli attori famosi, se vi capita di incontrarlo in giro, mostrategli
subito la carta d’identità, così andate sul sicuro.

Ultimo, ma non meno importante, sicuramente Michael Palin. Io
mi sono già espresso in merito di tutte le sue ottime prove (e ho davvero l’imbarazzo
della scelta) per me il meglio lo ha dato con il Jack Lint di Brazil, ma se incontrerete
Palin dal vivo (a me è accaduto ad un TFF di una vita geologica fa, è
esattamente come ve lo immaginereste) e vorrete chiedergli qual’è stata la sua
migliore interpretazione, lui molto probabilmente vi rispondere il Ken di
questo film. Malgrado tutto devo dirlo: difficile dargli torto. Vederlo
disperarsi per le continue morti di cagnolini e pesci durante tutta la
pellicola è uno strazio, ma uno strazio che fa anche ridere, inoltre la tortura
del “Fish & Chips” resta uno dei momenti più tragicomici della storia del
cinema, dimostrazione che questo film è davvero il frutto di una lunga
preparazione e di singole scene che sono state pensate a lungo prima di
trovare qui la loro naturale collocazione.

Il signor Cassidy senior ha dei pesci identici nel suo acquario (storia vera).

Bisogna solo scegliere qual è il vostro momento preferito, perché
in questa commedia degli equivoci si ride dall’inizio alla fine, a me
personalmente fanno ridere anche le scene meno famose, tipo Otto che si
atteggia da grande agente della CIA con la moglie di Archie, che essendo figlia
di un agente dell’MI6 inglese gli sputtana tutte le sue frescacce in un tempo
ridicolmente breve, oppure John Cleese che durante il processo chiama “Amore”
la testimone Wanda e poi per mascherare la gaffe, chiama pure “Tesoro” il
giudice, insomma si ride dall’inizio alla fine.

Chiedetelo al danese Ole Bentzen quanto si ride con questo
film, purtroppo non potete chiederglielo quando lo incontrerete per strada perché
il poveretto, ci ha lasciato le penne per un attacco cardiaco causato dall’eccesso
di risate nel 1989, mentre stava guardando il film in uno cinema in Danimarca,
lo so che sembra una di quelle pessime trovate promozionali dai film horror,
quando dicono che qualcuno è stato male in sala mentre guardava il film, però
pare che la vicenda sia stata confermata anche dal figlio di Bentzen e se
anche fosse uno di quei casi in cui la finzione influenza la realtà, mi sembra
anche la chiusura ideale.

E Nemo e Dory… MUTI!

Sì, perché “Un pesce di nome Wanda” non è un film dei Monty
Python, è un’ottima commedia che fa… Ehm, morire dal ridere! Che tra attori,
pesci in ruoli fondamentali e prese per i fondelli ad Inglesi e Americani,
porta avanti a suo modo la tradizione comica del gruppo. Dai, su andiamo, la
storia di uno che muore dal ridere guardando un film non è qualcosa in puro
stile Phyton?

Ok, gente, prossimo capitolo della rubrica in arrivo da
queste parti a breve, il nostro viaggio continua e se non sapete viaggiare
stando seduti sopra una palla di cannone, potete sempre volare con questa Bara!
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