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Un treno chiamato amore vol. 1: Il romanticismo secondo Garth Ennis

Potrò anche
avere un titolo caramelloso, ma se ai testi c’è quel pazzoide di Garth Ennis, nemmeno
le pagine interne rosa (storia vera) possono stemperare la follia del creatore
di Preacher!

Spesso si dice
che l’autore nativo di Holywood (occhio al numero di L) ha uno stile sovversivo,
ma molto cinematografico, si sono sprecati i paragoni con Quentin Tarantino, a
mio avviso, utili solo a cercare di etichettare qualcosa per poterlo vendere al
grande pubblico. Personalmente, non mi sono mai giocato paragoni cinematografici
di questo tipo per parlare dei fumetti di Ennis, ma per “Un treno chiamato
amore” vorrei provare a darvi un’idea: una commedia di Guy Ritchie, una di
quelle che faceva ad inizio carriera, ma più sboccata e fuori di melone!
La trama
prevede una carambola di personaggi che apparentemente non si conoscono, ma che
procedendo nella lettura, si rivelano tutti collegati uno con l’altro e, soprattutto,
tutti impegnati in attività folli. Iniziamo con Myles, affascinante killer inglese che, mentre sta portando a termine un lavoro, fa la conoscenza della
bella Valerie, ragazza americana impallinata con i film di Clint Eastwood.


Valerie non disdegna nemmeno i classici come potete vedere.
Nel frattempo,
Marvin, in rottura prolungata con la sua fidanzata per una storia di ehm,
cavalli (non vi dico altro, ma con Ennis in mezzo, dormite pure preoccupati),
organizza con i suoi amici il colpo della vita che, però, prevede un mucchione
di droga di proprietà di un famigerato Boss locale e qualcuno che la venda,
nella fattispecie Mike, che secondo Marvin sarebbe il più adatto di tutti in
quanto ehm, nero.
Sicari tedeschi, aspiranti attori di Hollywood, il Ku Klux Klan, i già citati cavalli
e chi più ne ha più ne metta, sono i condimenti con cui Garth Ennis farcisce
quella che, di fatto, è una storia romantica, che ruota intorno a complicati
rapporti di coppia, che poi, a pensarci bene, è un terreno che Ennis conosce
bene. In fondo, Preacher è il racconto della storia d’amore tra Jesse Custer e Tulip, nel suo talento lo scrittore Nord irlandese ha anche questo tipo di
frecce nelle sua faretra (da cupido in questo caso).



The KKK took my baby away.

La questione
cinematografica, però, non è da sottovalutare, guardando i disegni di Mark Dos
Santos, è chiaro che il disegnatore abbia ricevuto delle indicazioni precise su
come disegnare i personaggi, non credo proprio sia un caso se l’idiotissimo
Marvin somigli a Seth Rogen, mentre
il temibile Boss abbia lo sguardo minaccioso di Bill Duke (Predator, giusto per citare un suo film celebre).

Proprio Mark
Dos Santos rappresenta l’assoluta novità, i disegnatori con cui ha sempre
lavorato Ennis, partendo dal suo storico socio Steve Dillon (mi fermo un minuto
per sollevare un calice al cielo…) sono sempre stati in bilico tra disegni
realistici e grotteschi, a seconda del tono delle storie di Garth.



Tedeschi contro Inglesi, si vede che per Ennis la guerra non è mai finita.

Proprio su
richiesta di Ennis, invece, questa volta ha voluto collaborare con un
disegnatore dal tratto ispirato a quello del mondo dei cartoni animati, in
questo senso Dos Santos è perfetto, leggendo “Un treno chiamato amore” sembra
di guardare un cartone animato, con improvvisi momenti adulti, o di estrema
violenza.

Questa trovata,
devo dire che in certi momenti funziona, in altri ammetto di aver sentito la
mancanza di un disegno più realistico, dopo il primo volume, mi viene da
pensare che l’unica vera novità sia davvero solo lo stile di disegno, ma confido
che quel pazzoide di Garth s’inventi qualcosa nei prossimi numeri, quando l’intreccio
tra i personaggi sarà diventato più intricato.
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