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V per Vendetta (2005): qui chi non terrorizza, si ammala di terrore

Esattamente un anno fa, con la mia personale versione della congiura delle polveri, ho fatto esplodere l’Old Bailey per ricordare a tutti (quelli disposti ad leggere) il vero significato del 5 novembre. Vox populi, l’opera va completata con un secondo attacco dritto al parlamento questa volta, il film tratto dal fumetto che per altro, nella sua scena finale era ambientato proprio il 5 novembre del 2020, amo le simmetrie quindi Voilà! Alla vista un umile veterano del vaudeville, chiamato a fare le veci sia della vittima che del violento dalle vicissitudini del fato.

Cartoline dallo scorso 5 novembre.

Tra il 1985 e il 1988, il periodo in cui “V for Vendetta” di Alan Moore e David Lloyd veniva pubblicato prima sulle pagine della rivista “Warrior” e poi in volume, i fratelli Laurence Wachowski detto Larry e Andrew Paul detto Andy, hanno poco meno di vent’anni (o forse dovrei scrivere Vent’anni?), sono appassionati di fumetti e in quanto tali, non restano indifferenti davanti al lavoro di Moore e Lloyd, con i capolavori succede. Ma se già di suo V for Vendetta ha tutto per colpire il pubblico più giovane (resta l’opera con più alto tasso di giovanile ribellione, di tutta la produzione del mago di Northampton), inoltre non serve essere Sigmund Freud per capire come mai il fumetto abbia colpito così tanto i due fratellini di Chicaco. Nella primissima incarnazione del personaggio, Moore immaginava V come un terrorista transgender, a tutti gli effetti l’incubo del regime pseudo-fascista che combatteva, e malgrado le modifiche anche nella resa visiva (ispirata a Guy Fawkes), il personaggio non ha perso del tutto questa caratteristica. Considerando il percorso fatto dai due nerd di Chicago per diventare Lana e Lilly Wachowski, tutto possiamo criticare loro, ma non che questo fumetto l’abbiano compreso fino in fondo, il che vuol dire che io, come Dio, non gioco ai dadi, e non credo nelle coincidenze (cit.).

Non è un caso se poi i due fratelli, nel loro passaggio dal mondo del fumetto (una gavetta alla Marvel e poco altro) al cinema, desiderassero ardentemente portare sul grande schermo il fumetto di Alan Moore e David Lloyd, Matrix per loro è stata la soluzione di ripiego. Si potrebbe scrivere un lungo post su quanti elementi usciti dal fumetto del mago di Northampton, siano finiti a far parte dell’iconografia di Neo e soci.

Vi hanno chiamato con tanti nomi, non tutti gentili, ma l’unico aggettivo giusto è Nerd.

Cosa fa di solito un regista quando raggiunge il successo? Lo sfrutta per lanciarsi anima e corpo nel progetto della vita, quello inseguito da sempre, ma non i Wachowski. Forse dirigere l’adattamento di “V for Vendetta” avrebbe messo in chiaro le somiglianze tra il lavoro di Moore e il loro Matrix? Ho rinunciato a capire i Wachowski dal loro inqualificabile “Speed Racer” (2008) o forse ancora da prima, dai due seguiti di “Matrix” su cui preferirei non dire nulla, perché vi stupirebbe scoprire quante parolacce che iniziano per “V” io conosca.

No, alla fine la loro sceneggiatura intitolata (in uno strambo Paese a forma di scarpa) “V per Vendetta”, hanno deciso di lasciarla nelle mani del loro fidato direttore della seconda unità, James McTeigue lasciando però correre le voci sul loro coinvolgimento dietro alla macchina da presa di molte scene, la più quotata quella “Alla Matrix” (quante volte avete usato questa espressione parlando di un film?) con i coltelli di V che volano in stile “Bullett time”. Un tentativo di celarsi come V, dietro alla maschera di Guy Fawkes? Chi lo sa, dalle mie parti si direbbe che i Wachowski sono più furbi che belli, o belle? Oh diamine ci siamo capiti!

«Volgi la tua attenzione ai vocaboli Cassidy, il verbo non va sottovalutato» 

Ok, spazziamo subito via i dubbi, prima di beccarmi immotivate (e del tutto errate) accuse di transfobia lo dico con la massima trasparenza: ho dei problemi con i film di Lana e Lilly Wachowski. Mi sono piaciuti solo Matrix e Bound (1996), so che la loro serie tv “Sense8” (detta “Sensotto”) è molto amata, ma io non sono riuscito ad arrivare nemmeno alla fine dell’episodio pilota, e ho provato a guardarlo due volte (storia vera). Sono consapevole che se uscissimo fuori a berne un paio Lana, Lilly ed io diventeremmo grandi amici e passeremmo tutto il tempo a parlare di cinema e fumetti, però è anche vero che la maggior parte dei loro film non mi piacciono per niente, non è transfobia, mi facevano pena anche quando avevano il pene.

«Sai che i fan dei Wachowski te la faranno pagare la tua ultima frase?», «Non sarebbe la prima volta, ho le spalle larghe»

Il loro “V per Vendetta”? Ho sentimenti contrastanti, andai a vederlo al cinema alla sua uscita, lo apprezzati con numerose riserve, ai miei amici esalatati continua a ripetere tutta la sera (e i giorni successivi), che il fumetto era molto più riuscito, completo e sfaccettato, però ho anche il DVD del film nella mia collezione, penso di averlo visto tre volte, quattro contando un ripasso prima di scriverne. Non posso dire che il film mi piaccia, però ho il DVD, trovate più controversie e sfaccettature in questa mia affermazione, che in molti passaggi della sceneggiatura scritta dalle Wachowski.

Un adattamento per essere considerato valido, deve reggersi sulle sue gambe, bisogna dire che “V per Vendetta” ci riesce, fa arrivare al pubblico tutti i messaggi presenti anche nel fumetto se pur facendo molti compromessi. Nego con forza l’atteggiamento «Eh ma in giro si trova di peggio», perché è quello che ti porta alla lunga ad abituarti al bastone dell’adattamento pezzente, però prendendo ad esempio solo i film tratti dai fumetti di Alan Moore, “V for Vendetta” non è una carnevalata inguardabile come “La leggenda degli uomini straordinari” (2003), non è un semplice sfruttamento di nomi di personaggi amati dai lettori come “Constantine” (2005) e se non altro i fratelli le sorelle le persone chiamate Wachowski, a differenza di Zack Snyder, il fumetto lo hanno letto e capito, non si sono limitati a guardare i disegni.

«Per favore, non mordermi sul collo», «Non posso, questa maschera non ha i denti»

Una volta alle superiori ho fatto ingenuamente l’errore di dire al mio professore di Italiano, persona colta e dall’approccio estremamente spiritoso (avercene di insegnanti così) di dire che “Moby Dick” l’avevo letto. Mi ha preso per il culo un mese e mezzo (storia vera), anche se era così, lo avevo letto davvero da bambino, ma era un adattamento, un libercolo semplificato nel numero di pagine e in molti dei suoi contenuti, per essere reso alla portata anche dei Cassidini come me. Quando poi ho letto per davvero “Moby Dick” di Melville, ho capito che il mio professore faceva bene a sfottermi, il film tratto dal fumetto di Moore e Lloyd mi ha fatto ripensare a quell’adattamento per bambini di “Moby Dick”.

Preferivo di gran lunga “V Tv” ai Socialcosi contemporanei.

Anzi, diciamola bene, tratto dal fumetto di David Lloyd, perché Alan Moore rispettando il suo ruolo di burbero padre del fumetto americano, si è fatto togliere dai crediti del film e come sempre, ha preso le distanze da tutte le opere tratte dai suoi lavori, insomma come fanno gli anarchici, quelli veri. “V per Vendetta” non fa scempio del lavoro del mago di Northampton come è successo ad esempio con “La vera storia di Jack lo squartatore” (2001), ma sempre di adattamento per bambini si tratta, gli concedo l’attenuante di essere per lo meno un adattamento scritto da qualcuno il cui amore per l’opera originale è manifesto, dietro questa maschera sorridente di veterano del vaudeville non si nasconde un vorace mostro senza cuore, la riconosco la passione vera quando la vedo.

In 132 minuti le persone chiamate Wachowski adattano a volte benino, a volte in modo sempliciotto e manicheo, mentre in altri passaggi semplificano utilizzando il pennarellone a punta grossa per sottolineare malamente (la dichiarazione d’amore di V a Evey nel finale, didascalismo e barbarie). Il risultato è un film efficace ad una prima occhiata, capace di travolgere con i suoi sotto testi lo spettatore e carico di quella giovanile ribellione, che animava anche la penna di Moore e il pennello di Lloyd. Ma a ben guardarlo, i passaggi in cui la storia scricchiola ci sono e guarda caso, sono quelli dove i consanguinei di Chicago (tra parole con la “V” e il cambio di sesso Wachowskiano, qui bisogna fare i salti mortali verbali) ci hanno messo del loro il risultato finale? Volenteroso ma vacillante, vanta valori venuti dalla vera pagina scritta e vergata da tratti di matita e china, ma vive di luce riflessa e si specchia vanesio nelle altrui invenzioni, insomma virtù e vizi… In verità questa vichyssoise verbale vira verso il verboso, quindi permettetemi di passare alla vendetta.

Thomas Jefferson ci aveva visto lungo.

Virtù

C’è chi lo vide ridere, davanti al Parlamento / aspettando l’esplosione, che provasse il suo talento (cit.)

“V per Vendetta” ha saputo portare al grande pubblico un fumetto che in quanto composto da parole da leggere, sarebbe stato già uno strano oggetto guardato con sospetto dai più. Se per me l’adattamento per bambini di “Moby Dick” (e una spintarella d’orgoglio del mio vecchio insegnante) mi hanno poi spinto a recuperare l’opera vera e completa, posso portare come testimonianza quella di non uno, ma due, miei ex compagni di squadra, che colpiti dal film, conoscendo la passione per i fumetti del loro compare cestista (il vostro affezionatissimo) mi hanno chiesto di procurar loro una copia del volume, nemmeno fosse una delle opere sovversive preservate nella galleria della ombre di V (storia vera).

Credo che sia inutile cantare le lodi di tutti i passaggi della trama e del film che funzionano meglio, quel senso di simmetria e parallelismi tra i personaggi (in particolare V e Gordon Deitrich interpretato da Stephen Fry) erano già presenti nel fumetto. Quanto sia geniale prendere il traditore per eccellenza di Albione, Guy Fawkes, e trasformarlo in un moderno anti-eroe, un Batman votato alla dinamite che era già rivoluzionario (in tutti i sensi possibili di questa parola) nel 1985 quando Moore lo utilizzava per colpire al cuore Maggy Thatcher. Vi evito la noiosa replica, non è pigrizia la mia è un argomento che ho già affrontato con dovizia di dettagli e che il film riesce in buona parte a riportare sul grande schermo.

«Ma è un post originale della Bara Volante quello? Come hai fatto ad averlo?», «L’ho avuto per due spiccioli dopo che i fan dei Wachowski hanno lapidato Cassidy»

La sceneggiatura inoltre si ricorda che questo è un film del 2005 e non del 1985, quindi tiene conto di un mondo post 11 settembre e soprattutto, di chi stava seduto alla Casa Bianca in quel periodo, dimostrazione che gli anni passano, ma purtroppo l’opera di Moore resta sempre incredibilmente al passo con i tempi. “V per Vendetta” esce nel pieno della guerra al terrore di George “Dabliù” Bush, quindi un terrorista nel ruolo del “buono” resta ancora una grande idea, che porta avanti la scintilla sovversiva di Moore, inoltre James McTeigue è benedetto da tutte le facce (e le maschere) giuste.

Loro la Voce del Fato, noi Barbara D’Urso, in ogni caso… Brrrrr!

Stephen Fry funziona alla perfezione nei panni del conduttore omosessuale che prova ancora a fare satira (con tanto di strizzata d’occhio musicale al “Benny Hill Show”), anche durante un regime oppressivo. Suo contraltare perfetto la Voce di Londra, il Lewis Prothero di Roger Allam in questa versione del film ricorda i conduttori di Fox News, canale americano da sempre schierato con i presidenti Yankee Repubblicani, ma anche Tim Pigott-Smith, pur incarnando tre o quattro personaggi del fumetto in uno solo (una bella sforbiciata alla storia, che ne semplifica di molto le sfaccettature), dona a Peter Creedy la giusta faccia da bastardo. Ma passiamo ai pesi massimi.

Lo avevo già raccontato, a lungo ho considerato John Hurt l’attore più spaventoso del mondo, nel senso che i suoi film riuscivano sempre a farmi venire un’enorme ansia, qui nei panni del Grande Fratello Adam Sutler (con nome modificato rispetto al fumetto, altra semplificazione), rimanda idealmente al film in cui recitava, “Orwell 1984”, quindi è una scelta filologicamente azzeccata.

Giovanni Ferito: si nasce Winston Smith e si muore Grande Fratello.

Non credo che nessuno si offenderà se scriverò che qui Natalie Portman, offre una delle sue interpretazioni migliori, se pur con qualche scricchiolio – ci torneremo più avanti – ma la sua Evey compie un arco narrativo completo e Natalina Portuale recita tutta la gamma di sentimenti necessari a dare spessore al personaggio, cuore lanciato oltre l’ostacolo, ma anche capelli sacrificati per la causa, solo Demi Moore per il non proprio memorabile “Soldato Jane” (1997) aveva optato per il taglio alla Sinead O’Connor, che concede al regista solo il più classico dei «Buona la prima!» per ovvie ragioni.

‘Cause nothing compares, nothing compares to you (cit.)

Le è andata bene, il film in generale è stato apprezzato, pensate passare anni ed anni di apparizioni, interviste, a programmare i tuoi prossimi ruoli anche in base ai capelli in ricrescita, se il film fosse stato un flop completo. Però permettetemi un parere puramente soggettivo: Natalina Portuale può permettersi anche la testa rasata restando comunque un bel vedere.

Un parare extra cinefilo per una volta mi sarà concesso no?

Ultimo ma non meno importante, Hugo Weaving che da agente Smith è finito sotto la maschera di V, sostituendo (e ridoppiando le prime scene già girate) James Purefoy, che ha abbandonato il ruolo dopo quattro settimane, frustrato dal dover recitare in maschera. Sarà per quello che poi ha optato per un personaggio dall’aspetto molto simile a V (ma senza maschera) come “Solomon Kane” (2009)? Chi lo sa, di sicuro Weaving qui fa un lavoro incredibile – godetevelo in lingua originale – sulla pronuncia e sul linguaggio del corpo del personaggio, si riesce a vederlo sorridere oppure digrignare i denti per rabbia, anche dietro al sorriso di Guy Fawkes.

Lo vedo sorridere il vecchio Hugo, anche da sotto la maschera.

L’unico vero contributo cinematografico all’iconografia del personaggio creato da Moore, resta la scena del popolo che scende in piazza, una folla che indossa la maschera del terrorista, una scena visivamente molto potente, che poi è anche quella che di solito manca a chi legge il fumetto dopo aver visto il film, almeno molti di quelli con cui mi sono confrontato negli anni mi hanno dato indizi in tal senso. Anche se il vero contributo alla cultura popolare di questo film, è aver reso la maschera di Guy Fawkes una presenza costante alle manifestazioni di protesta di tutto il mondo, diciamo che sta alle manifestazioni, come la bandiera dei quattro morì sta ai concerti. Ovviamente Moore ha sottolineato quanto sia grottesco scendere in piazza a protestare contro i potenti, con in faccia una maschera di plastica costruita da qualche multinazionale sfruttando la manodopera in oriente, poi chiedetevi perché si è fatto togliere dai crediti del film!

C’è chi aspetta la pioggia, per non piangere da solo (cit.)

Chi invece da “V per Vendetta” ha sicuramente pescato a piene mani, rendendo ancora più banale (posso dirlo? Qualunquista) il messaggio della storia, sono stati di sicuro gli spagnoli con La casa di carta, un furto con rapina non alla zecca di stato, ma all’iconografia di Moore portata al grande pubblico dal film. Resto dell’avviso che per fare la conoscenza di personaggi e storia, il modo migliore sia leggere il fumetto, ma riconosco al film abbondanti dosi di amore per il materiale originale, non lo ritengo un adattamento perfetto, una serie tv in cinque episodi (anzi in V episodi, utilizzo i numeri romani) sarebbe perfetta, con i giusti attori e il giusto budget, avete presente il messaggio alla nazione di V, visto sullo schermo della televisione di casa? Ma sono vacui e verbosi discorsi, oggi è il 5 novembre e un anno fa ho promesso una colossale esplosione, è l’ora di andare in scena, musica!

Ed ora, si va in scena!

Vizi

Chi va dicendo in giro, che odio il mio lavoro / Non sa con quanto amore, mi dedico al tritolo (cit.)

Pur cercando di mantenere una certa fedeltà all’opera originale, è chiaro che i compromessi accettati per far digerire un terrorista bombarolo come “buono” della storia, siano stati tanti, si vede fin dalla prima scena, Evey non è più una ragazzina che esce in strada a prostituirsi come ultimo disperato tentativo per non morire di fame, ma diventa una venti-qualcosa-enne che viola il coprifuoco per andare da Gordon, che si scoprirà essere omosessuale, quindi ogni traccia di sesso è cancellata. V nella prima scena non uccide, al massimo taglia la cintura agli aggressori della ragazza lasciandoli in mutande, poi per fortuna nel corso del film il tiro viene aggiustato e i coltelli vengono usati per il loro scopo, ma le modifiche introdotte dagli sceneggiatori sono trucchetti da poco.

Questa scena ad esempio è già indifendibile. Ditemi quello che volete.

Moore puntava il dito e parlava chiaramente di fascismo, una critica aperta. Il film fa il dito medio ai potenti ma più che altro, lo solleva per provare a nascondersi dietro invano. Guardare un film ambientato anche durante il giorno 5 novembre 2020, in questo disgraziato 2020 è una strana esperienza, “V per Vendetta” divide i personaggi, buoni da una parte e cattivoni dall’altra, una divisione manichea che annulla quasi tutte le sfumature di grigio in cui la storia di Moore viveva e guadagnava spessore e respiro. La trovata dell’attacco terroristico alla scuola Saint Marie e del virus scatenato da LORO, nel 2020 suona ancora più sinistro, non oso dire profetico solo perché gli intenti di questo cambiamento della storia sono palesemente una bella parata di chiappe. Invece di attaccare la destra, rischiando di inimicarsi metà del pubblico che potrebbe andare in sala (oppure comprare la maschera di V), il film si barrica dietro a comodi sentimenti di paranoia, complottismi facili che semplificano una storia ben più complessa e risultano soluzioni facilone e francamente, anche naif. Nel 2020 ci sono ancora tante persone che non vogliono mettersi una mascherina per il bene comune, il film vuole farci credere che TUTTI, tranne i cattivi in giacca a cravatta, sarebbero pronti a indossare la maschera di Guy Fawkes per affrontar dei soldati armati? Non era credibile nel 2005, ma nel 2020 il film fa la figura del giovane idealista che crede ancora alle favole.

Io ti conosco, mascherina ti conosco (cit.)

I passaggi a vuoto della storia poi si sprecano, Evey vestita da Lolita (ci sarebbe voluta la Natalina Portuale di “Lèon” per rendere credibile quella scena) tradisce V nel momento più improbabile, dopo aver rischiato già tantissimo per aiutarlo. Questo solo perché la trama originale prevedeva una loro temporanea separazione, quindi il film procede con l’avanti veloce e sono proprio le modifiche degli sceneggiatori a creare delle falle nel piano di V, che ci viene venduto come perfetto perché lo era nel fumetto, ma nel film invece è una lacuna costante.

Natalie Portman, pasticcia con i nostri ormoni dal 1994.

Peter Creedy come detto, copre il ruolo che nel fumetto era affidato a più personaggi, se la spalla destra di Adam Sutler fosse semplicemente andato a riferire al suo capo, tutto il piano di V sarebbe saltato per aria lasciatemelo dire, con il tritolo.

Poi nel film puoi mettere tutte le coreografiche scene con i pezzi del domino che cadono uno dopo l’altro (realizzata da esperti con più di duemila tessere, storia vera), ma la storia e di conseguenza il piano di vendetta di V, risulta pieno di passaggi a vuoto e forzature che balzano agli occhi, non nel confronto diretto con il fumetto, ma semplicemente ad uno spettatore attendo.

Oops!… I did it again (la cit. che non ti aspetti)

Posso chiudere un occhio su una certa volontà di spettacolarizzare, come dice V nel film, ci vuole un finale che anche se non è totalmente lieto come quello del citato film sul conte di Montecristo, deve essere grandioso come solo la celluloide può regalare. Quindi ci sta che V venga colpito non da uno, ma da centinaia di proiettili che anche se può risultata una tamarrata, anche l’effetto “Bullet time” lo possono comprendere, perché “V per Vendetta” è questo, un film che prende una storia con contenuti maturi e tante sfumature di grigio e la rende non dico proprio “Pop” ma sicuramente popolare. Le ingenuità sono manifeste, la storia diventa la classica rivoluzione che ci salverà tutti, ma anche la passione per il materiale originale, anzi in certi passaggi i fratelli le sorelle le persone di nome Wachowski, non riescono proprio a staccarsi completamente dal materiale originale, anche quando il loro film – perché tanto è il loro film, James McTeigue è un loro burattino – ne avrebbe tratto vantaggio.

Tzè, lo so fare anche io quello che ci vuole?

A volte bisogna distruggere le vecchie istituzioni e i vecchi simboli per creare davvero qualcosa di nuovo, questa freddezza è mancata agli sceneggiatori. Moore era davvero mosso da sentimenti di vendetta, lui era il vero alter-ego di V, la versione cinematografica più che da vera vendetta è mossa da manifesto amore per il fumetto, per questo ho sentimenti contrastanti nei suoi confronti. Non mi piace, ma ho il DVD, in questa mia sfumatura di grigio tutto il mio strambo rapporto con questo film.

Ed ora mia care amiche e amici, che risuonino le cannonate e l’overture di Tchaikovsky, avevo promesso l’attacco al parlamento di questo film nel giorno 5 novembre 2020 e un Cassidy mantiene sempre la parola: ricordate per sempre, il cinque novembre!

Ricordate per sempre, il 5 novembre.

Per strada tante facce, non hanno un bel colore / qui chi non terrorizza, si ammala di terrore. C’è chi aspetta la pioggia, per non piangere da solo / Io sono d’un altro avviso, son bombarolo.

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