Parlare di filmografie, può diventare un’avventura lunga e perigliosa, molto spesso il pubblico bolla come minori (o semplicemente brutte) alcune pellicole che hanno semplicemente la colpa di non essere [INSERIRE-QUI-TITOLO-DI-UN-CAPOLAVORO], una questione spinosa che colpisce il 97% dei registi (con tolleranza di un 3%) e che per Carpenter può diventare un’arma a doppio taglio.
Molti spettatori amano Carpenter per i suoi capolavori come La Cosa, Il seme della Follia o 1997 Fuga da New York, o magari per… Vabbè, ne ha sfornati un sacco di capolavori, scegliete il vostro preferito. Poi si sono i fan che, invece, amano TUTTO quello che è uscito con il mio utilizzo del genitivo sassone preferito (John Carpenter’s), proprio perché il nostro è il regista de La Cosa, Il seme della Follia o 1997 Fuga da New York e via dicendo.
Da una parte i non fan che riconoscono comunque il talento del Maestro, dall’altra i Fantalebani (ho eliminato il trattino perché mi piace la parola, sembra una bibita analcolica per estremisti), per i quali ogni cosa di Carpenter è un capolavoro. Può sembrare una puntualizzazione inutile e probabilmente lo è, ma parlando dei film di Carpenter degli anni ’90 è necessario distinguere. Personalmente malgrado la mia venerazione per il Maestro, cerco di essere sempre il più obiettivo possibile, detto questo, “Vampires” è uno dei miei film a tema vampiresco preferiti di sempre, in un’ipotetica classifica di titoli, questo non può assolutamente mancare!
Proviamo a contestualizzare, gli anni’ 90! Il Grunge, l’esposizione della “Coffe-Culture” di Seattle, l’esplosione di Emme Tivì, l’esplosione delle Boy-Band, c’era più esplosioni negli anni ’90 che nei film di Michael Bay.
Giovanni arriva da una serie di titoli complicati, lavori minori come Avventure di un uomo invisibile (1992) o Villaggio dei dannati (1995), ma anche capolavori senza sterzo come Il seme della follia (1995) e Fuga da Los Angeles (1996), che sono stati sminuiti dalla critica e al botteghino hanno raccolto noccioline.
La Largo Entertainment contatta Carpenter per proporgli la regia dell’adattamento del romanzo di John Steakley “Vampire$”, sul tavolo mette due sceneggiature: una scritta da Don Jakoby, l’altra da Dan Mazur, Carpenter fiuta il potenziale della storia, si alliscia i baffi e rimette mano alla sceneggiatura, pescando elementi qua e là, Jakoby resta accreditato come sceneggiatore, ma come vedremo più avanti, durante la realizzazione del film, molti momenti vengono modificati in corsa… Lasciatemi l’icona aperta che ci arrivi, un po’ di pazienza su!
Non è difficile capire perché Giovanni Carpentiere trova “Vampires” un soggetto nelle sue corde, il Maestro capisce che di fatto è un film Western e ancora una volta nella sua carriera, ha l’occasione per dirigere un anomalo Western trasvestito da altro, in questo caso, fa film di vampiri, in pratica: un cowboy con i canini a punta.
I primi candidati per il ruolo di regista e protagonista per questo adattamento erano Russell Mulcahy (regista di Highlander) e Dolph Lundgren nei panni di Jack Crow, confesso che mi sarebbe piaciuto molto vedere il grande Dolph in questo ruolo, ma il Maestro che, come detto, non manca di personalità, ha dei piani tutti suoi.
Per il ruolo del cazzuto ammazzavampiri al soldo del Vaticano Jack Crow, viene scelto James Woods, uno che in vita sua ha fatto dei capolavori pazzeschi, solo per citare due dei miei registi preferiti, “Videodrome” (David Cronenberg, 1983) e C’era una volta in America (Sergio Leone, 1984)… Scusate se è poco!
Ma per il resto è celebre per ruoli da: avvocato stronzo, dirigente di banca stronzo, tipo in doppio petto stronzo, stronzo generico e stronzo con il compito di farsi odiare dal pubblico, tutti ruoli incravattati che a Giacomo Boschi vengono benissimo, ma lui stesso era il primo alla ricerca di qualcosa di diverso.
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«Tutto bene ragà, Giacomo ed io siamo amiconi!» |
Ancora oggi penso che tra le migliori interpretazioni di James Wood ci sia il suo Max di “C’era una volta in America” e il Jack Crow di “Vampires”, se volete potete farlo scrivere sulla lapide della mia tomba, tanto non mi pentirò mai di questa frase!
Sarei ipocrita a dichiarare che in “Vampires” funziona tutto alla grande: l’andamento della storia è piuttosto monocorde, il colpo di scena nel pre-finale, non è del tutto imprevedibile e alcuni passaggi della sceneggiatura sono ben poco a fuoco, ma il problema peggiore del film è la mancanza di carisma dei personaggi che ruotano intorno a Jack Crown e qui il casting di certo non ha aiutato molto.
Ora, io ho un rapporto complicato con la famiglia Baldwin, in più sono anche appassionato di “South Park” dove i celebri fratelli sono al centro di numerose gag, qualcuno dei fratellini si è conquistato un posto nel mio cuoricino, Alec per quella volta che non si è limitato a scriverle, Stephen per tanta (in)gloriosa serie Z, mentre William per.. Per… Che film ha fatto William Baldwin? Non credo nemmeno di essere in grado di riconoscere William Baldwin se me lo trovassi davanti in ascensore!
Daniel Baldwin, invece, è abbastanza riconoscibile: è quello ciccio dei quattro, o almeno, un po’ meno ciccio di Alec, ma soprattutto per me sarà sempre l’Anthony Montoya di questo film! Il rapporto di amicizia virile tra il suo personaggio e quello di Jack Crow è alla base del film ed è anche quello che serve a sottolineare quanto “Vampires” sia un western, nel finale il loro duello, rimandato solo per ragioni di amicizia, è la conclusione ideale per un film che è a tutti gli effetti un western moderno (cioè senza cavalli), ma anche incentrato sull’amicizia maschile. Ecco, non aiuta, però che la protagonista femminile Katrina, sia interpretata da Sheryl Lee.
Celebre per il ruolo di Laura Palmer in “Twin Peaks”, Sheryl Lee è ammettiamolo… Bellissima, inutile girarci attorno, ma quando si parla di recitare, apriti cielo, una cagna maledetta (citando “Boris”) che levati, ma levati proprio. Persino David Lynch è inciampato nelle (in)capacità attoriali della Lee, che finché ha fatto la parte della morta di “Twin Peaks” tutto bene, ma nel seguito, “Fuoco cammina con me”, ogni volta che apriva bocca rovinava la pellicola.
Carpenter ha sempre sfornato personaggi femminili forti e ben caratterizzati, ma purtroppo Sheryl Lee è davvero senza speranza, il risultato è che il suo personaggio viene sballottato qua e là come un pacco postale, preso costantemente a male parole dai protagonisti, anche da Montoya che se ne innamora, incasinando tutta la faccenda.
Katrina è una svolta della trama in minigonna, un personaggio piatto come una figurina Panini, come riassumerla? Una ehm… “Professionsita dell’amore” che morde Montoya e viene usata come GPS umano per localizzare Valek il Maestro dei Vampiri, che ci puoi fare con un personaggio del genere? Carpenter ne fa l’unico uso possibile: la mette a culo nudo legata al letto, facendo recitare il lato B di Sheryl Lee, l’unico vero talento dell’attrice.
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«Ian dai, più vampiresco quel vampiro, tipo così…» |
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«Già meglio dai, poi lo sistemiamo in post produzione» |
Per quanto mi riguarda i difetti di “Vampires” finiscono qui, perché quanto c’è di buono nel film di Carpenter, è buono sul serio e non era nemmeno così scontato che si potesse ancora dire qualcosa di innovativo suoi vampiri, in un periodo, come la seconda metà degli anni ’90, in cui i nipotini di Dracula hanno avuto una seconda giovinezza artistica. Sia nella loro interpretazione più pop, come nella serie tv Buffy L’Ammazzavampiri (1997) o film come “Dal tramonto all’alba” di Rodriguez e Tarantino (1996), che già aveva unito Vampiri e location desertiche quasi Western, ma resta una pellicola molto più Crime/Splatter rispetto a quella del Maestro.
Carpenter spinge a tavoletta sul pedale del Western ed era dai tempi dell’altro mio titolo vampiresco del cuore “Il buio di avvicina (1987 di Kathryn Bigelow, sempre sia lodata!) che nessuno coniugava temi western e canini in un modo così efficace, ma se volessimo dirla tutta, anche “Blade” uscito pochi mesi dopo “Vampires” condivideva con il film di Carpenter alcuni temi chiave (Ammazzavampiri e riti per trasformarsi in Vampiri resistenti alla luce solare) e anche un attore: Tim Guinee presente in entrambe le pellicole.
Ma se volessimo dirla proprio tutta tutta, anche il concetto dei Vampiri uniti come una sola mente, da un Maestro in grado di controllarsi e vedere attraverso i loro occhi, ha anticipato parecchi anni il The Strain di Guillermo Del Toro, uno che recentemente si è lanciato in odi sperticate su John Carpenter… Sempre sostenuto che Guillermone è uomo di buon gusto!
Prima di accettare la regia di “Vampires”, Carpenter era prossimo al ritiro, spesso ostracizzato dalle case di produzione, il Maestro era arrivato a dichiarare che non trovava più nulla di divertente nel dirigere film in queste difficili condizioni, per uno che ha sempre detto di fare “I film che avrebbe voluto vedere al cinema” potete immaginare quanto sia grave.
Invece di cavalcare verso il tramonto come un pistolero del passato Carpenter risale in sella e riparte proprio da un Western, il genere che da sempre ha segnato tutta la sua cifra stilistica, i Vampiri di Carpenter non sono gotici, ma concentrandosi sui contrasti, ci mostra dei non-morti muoversi in scenari tipici dei film Western, fatti di toni caldi, il contrasto tra le creature delle notte e il deserto assolato ci ricorda che è proprio il sole la vera minaccia per Nosferatu, quindi il Carpenter porta tutto nel suo campo da gioco, tornando ancora ad omaggiare il suo Howard Hawks, ma anche John Ford e Sam Peckinpah.
Che “Vampires” sia un Western è chiaro fin dai titoli di testa del film, il tema principale e tutta la colonna sonora, ovviamente firmata da Carpenter (questa era la parte facile), è a mio avviso una delle migliori mai composte dal Maestro, insieme a quella di Fuga da Los Angeles, il miglior esempio di colonna sonora ideale per un Western moderno, ma non stonerebbe affatto se nel film ci fossero cavalli e revolver a sei colpi.
L’inizio del film è micidiale, sul serio solo con la scena di apertura Carpenter vince tutto quello che si può vincere, la Posse di Jack Crow arriva sulle note di questa fighissima colonna sonora, si prepara di tutto punto mentre Jack è intento a fissare il suo obbiettivo: una casa abbandonata, covo ideale per dei vampiri.
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«Vado matto per i piani ben riusciti» (Cit.) |
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Se ve lo state chiedendo, no, questi non scintillano al sole. |
Dal punto di vista visivo, gli effetti speciali curati da Greg Nicotero (nuovamente al lavoro con Carpenter dopo Il seme della follia) sottolineano la brutalità dei vampiri, uno degli ammazzamenti più riusciti e grondante sangue è sicuramente quello di Mark Boone Jr, dove l’attore di “Sons of Anarchy” viene affettato come Sushi da Valek.
Se Grosso guaio a Chinatown ha anticipato la moda dei wuxia in Occidente, bisogna almeno avere l’onestà intellettuale di ammettere che “Vampires” ha saputo fare un gran lavoro di revisione sulla figura dell’Ammazzavampiri. Fateci caso, di solito in un film sui vampiri, quando arriva l’ammazzavampiri è quasi sempre un palloso parruccone, che sarà anche il buono del film, ma va sotto bevendo dall’idrante contro il Vampiro di turno, che risulta sistematicamente più figo e carismatico, guadagnandosi sempre le grazie del pubblico. Pensate al Van Helsing del “Dracula” di Coppola, solo per fare un esempio, era interpretato da Anthony Hopkins qualcuno si ricorda di lui, per caso? Tutti pensano solo alla (grande) interpretazione di Gary Oldman.
Questo non succede con Jack Crow, che calamita l’attenzione e si carica tutto il film sulle spalle, James Woods è carico come una molla, è il primo che si diverte nei panni del personaggio e si vede, oh se si vede!
Crow non è solo un professionista che fa il suo lavoro alla grande, è uno che i Vampiri li odia proprio, di quel poco che sappiamo del suo passato, capiamo anche il perché di tanto odio, che però pare inesauribile. Giacomo Corvo ha un odio talmente viscerale per i succhia sangue che li aggredisce fisicamente, gli si avventa addosso come uno squalo sui bagnanti, li costringe a guardarlo negli occhi mentre gli scalpella il torace con il punteruolo di frassino urlando MUORI! MUORI! MUORI! Brutto figlio di puttana! Sul serio, un trasporto che ti fa tifare per lui completamente vorresti essere al suo fianco e prendere per il bavero quei bastardi!
Crow è l’ennessimo antieroe carpenteriano tosto e cazzuto, con moltissimi tratti in comune con Napoleone Wilson e Jena Plissken, lavora per il Vaticano, ma è chiaro che per lui è una situazione di comodo che gli permette di avere soldi e armamenti per coltivare la sua crociate contro i Vampiri, infatti nel pre-finale, quando il Cardinale Alba si rivela un traditore (ennesima critica di Carpenter alla Chiesa, altro tema Carpenteriano ricorrente come visto in The Fog, ma anche ne Il signore del male), Crow non si stupisce poi molto, come se in fondo se lo aspettasse.
Per Jack Crow i valori veri sono altri, quelli che si dimostrano sul campo, infatti malgrado l’inizio burrascoso arriva ad apprezzare Padre Adam proprio perché si dimostra un valido combattente e, allo stesso modo, concede qualche giorno di vantaggio a Montoya prossimo alla trasformazione, in virtù della fedeltà che ha sempre dimostrato. Temi di fratellanza “Maschia” che arrivano di peso dal cinema Western.
Il tutto condito da una serie di battutacce che levati, ma levati proprio, metà delle quali improvvisate da Woods durante le riprese. Non basta uccidere i vampiri no, bisogna anche sfotterli deridendoli della loro parti intime mummificate, perché in questi Vampiri non c’è davvero nulla di ammirevole e il monologo chiave di Jack Crow, l’apice di tutto il film, che rappresenta completamente la visione di Carpenter su come dovrebbero essere i vampiri al cinema: “Lei ha mai visto un vampiro? Per prima cosa, non sono romantici. Non assomigliano affatto a un branco di transessuali che se ne vanno in giro in abito da sera a tentare di rimorchiare tutti quelli che incontrano con un falso accento europeo. Dimentichi quello che ha visto al cinema”.
Ma sarebbe troppo facile usare il solito “Tuhail’aids” come metro di paragone, tutti i film di Vampiri sono belli se confrontati alla saga di Bella e quell’altro, “Vampires” funziona per il modo in cui smonta a ricostruisce il genere, con un gusto per la battutacce e gli echi da film Western. Malgrado le difficoltà produttive e il budget ridotto a meno della metà in corsa, Carpenter manda a segno un altro film memorabile. Se pensate che questa roba possa fare per voi, sedetevi al bancone con Carpenter e Woods, la birra non manca, il divertimento e gli sgabelli liberi nemmeno, il locale non è tanto affollato, ma io lo frequento spesso e mi diverto ogni volta, sono sicuro di non essere il solo.
«Ehi, sta attento! Guardami! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Muori! Ah, era duro a morire questo figlio di puttana! Mamma mia»
Doppiaggi Italioti dedicato a questo film!