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Venerdì 13 (2009): ricicla, rifai, remake!

Cosa ci volete fare? Sono un pazzo romantico. Avevo questo stupido piccolo sogno di portare su questo Blog un film della saga di Venerdì 13, ogni venerdì 13 del calendario. Ci sono voluti sei anni per completare l’opera ma oggi finalmente ci siamo, perché per l’ultima volta (fino alla prossima) è venerdì 13 e Jason torna di nuovo su questa Bara. Certe abitudini non muoiono mai, proprio come Giasone.

Certo sarebbe potuta andare un pochino meglio, ma è inevitabile per una saga lunga e famosa imbattersi in varie tappe obbligate. Numerosi seguiti? Cambi di case di produzione e di tono? Il nostro Giasone ha fatto tutta la trafila, quindi anche a lui tocca la maledizione del remake, uno particolarmente bizzarro fin dalla sua genesi.

Avevamo lasciato Jason Voorhees saldamente in mano alla New Line Cinema, che infatti aveva utilizzato i diritti sul personaggio per fargli incrociare le lame con il padrone di casa dello studio cinematografico, Freddy Kruger. Nel frattempo le beghe legati sulla paternità del personaggio impedivano a Sean S. Cunningham di portare Jason sul piccolo schermo, come ogni tanto minaccia di fare con una serie televisiva, per questo l’unica strada rimasta per l’assassino di Crysal Lake era quella del remake, ed è qui che sono entrati a gamba tesa gli specialisti della Platinum Dunes, la casa di produzione di Michael Bay, che prima di azzeccare la saga campione d’incassi della Notte del giudizio, era specializzata solo in rifacimenti. Rifacimenti brutti per la precisione.

La Platinum Dunes che si avventa con il suo garbo su un classico del cinema Horror.

Il remake di “Friday the 13th” è un caso (purtroppo nemmeno così raro) di tanta incompetenza tutta insieme, lo vidi ai tempi sopportandolo con fatica, l’ho rivisto con lo stesso livello di insofferenza in occasione di questa tradizione della Bara Volante, ma ancora oggi mi chiedo che senso abbia avuto affidare agli stessi sceneggiatori di quel fumettone di Freddy vs. Jason, anche la responsabilità di rilanciare il personaggio. Damian Shannon e Mark Swift avevano la possibilità di utilizzare l’assassino di Crystal Lake in modo creativo, invece sembrano due impiegati intenti a sbrigare la pratica affidata dal capo, per altro nel modo più grigio e anonimo possibile. Infatti questo non è il film con il Jason più alto di sempre, ma nemmeno quello con il maggior numero di morti, è un “Venerdì 13”, punto.

«Venerdì 13 è quello con il tizio grosso con la maschera da Hockey?»,«Si», «Allora siamo in un Venerdì 13 oppure un portiere di una squadra di Hockey si è perso in bagno»

Pensiamoci un attimo, Freddy ha bisogno di una giustificazione per tornare a turbare i nostri sogni, lo stesso vale per Michael Myers, da anni incastrato in partente, ripartenze e vicoli ciechi narrativi. Jason invece non avrebbe questo problema, con buona pace di Kane Hodder, basta uno spilungone dalle spalle larghe truccato abbastanza per fare da “ripieno” a Giasone (qui tocca a Derek Mears che recentemente è stato anche Swamp Thing) poi il personaggio non ha davvero bisogno di vera continuità, dopo essere stato nello spazio, Jason è più che altro un mito, l’uomo nero con cui si terrorizzano campeggiatori, adolescenti arrapati e spettatori. Potrebbe tornare identico a sé stesso in eterno, ad incarnare le morte con machete, attraversando a passo lento e deciso tutte le mode passeggere del cinema Horror. Invece Damian Shannon e Mark Swift cosa fanno? Tirano fuori un insipido bignami della saga di “Venerdì 13”, uno scialbo riassunto delle puntate precedenti che ignora volontariamente i capitoli e le trovate più comiche viste negli anni, un’operazione di rinnovamento che in realtà risulta più vecchia che ristrutturare casa usando la carta da parati cara alla nonna. Un filmetto indistinguibile dalle quintalate di altri horror per adolescenti del periodo, con l’aggravante di aver scomodato un’icona per nulla.

Vieni a Crystal Lake, ci divertiremo un sacco!

Chi ci metti a capo di questo suicidio artistico, prodotto in fretta e furia per sfruttare un titolo noto al pubblico? Ci vuole qualcuno di connivente, ad esempio un regista di origini tedesche, con esperienza di videoclip e pubblicità, uno che si è fatto un nome con un altro rifacimento della Platinum Dunes di un classico del cinema horror come Non aprite quella porta, un film uscito nel 2003 e che tutti ricordano grazie alla canottiera di Jessica Biel, o più che altro al contenuto della stessa. Uno che di lì a poco avrebbe messo le sue manacce sul remake di Conan il barbaro, con risultati su cui preferirei non dire nulla, perché potrei far adirare Crom con i miei improperi, si sto parlando proprio di lui, l’inutile e dannoso Marcus Nispel.

Danielle Panabaker sta pensando: «Ma questo è del mestiere?»

Di fatto un arredatore d’interni prestato al cinema horror, capace con questo film di mandare a segno un’operazione anche più anonima del successivo remake, sempre targato Platinum Dunes di Nightmare, che era un film insignificante ma almeno si giocava un ottimo protagonista, per “Venerdì 13” invece? Nemmeno quello.

Questo “Friday the 13th” non approfondisce niente, non ha la minima voglia di ripensare il personaggio, sembra solo interessato a bruciare le tappe, procedendo con l’avanti veloce lungo la sua storia. Un frettoloso prologo in bianco e nero riassume (male) la follia di Pamela Voorhees che era il colpo di scena del primo film del 1980, una frettolosa strizzata d’occhio che i vecchi fan devono farsi bastare e quelli nuovi, che magari hanno sempre solo sentito parlare di Jason senza aver visto i suoi film, nemmeno potrebbero capire, perché tanto questo film non ha voglia di accontentare lo zoccolo duro di appassionati, ma nemmeno di provare a conquistare nuovi spettatori, questo film è una pratica sbrigata senza voglia, probabilmente per non perdere i diritti di sfruttamento sul personaggio e nel caso peggiore, sfornare un altro po’ di merchandising con cui tirare su altri due spiccioli. Infatti la prova di Nana Visitor (la mitica Kira di Star Trek – Deep Space Nine) nei panni della mamma di Giasone, si perde come lacrime nella pioggia, oppure come un peto controvento per giocarsi una metafora più adatta alla qualità di questo film.

«Se solo avessimo avuto Jason durante la guerra contro i Cardassiani»

Sbrigata la formalità del prologo che (non) introduce il personaggio, sotto con la prima carrettata di adolescenti da macellare, come avrebbero detto in “Madagascar” (2005): «Fate entrare gli smidollati!». Qui ben rappresentati dal solito gruppo di attrici e attori trentenni, chiamati ad impersonare dei campeggiatori adolescenti, i cui principali interessi sono ripeterci quanto avvenuto nel prologo seduti attorno al fuoco, per poi passare alla caccia della pianta d’erba e all’accoppiamento in tenda. Da segnalare in questa masnada di fessi solo America Olivo, che sfoggia il lavoro del suo chirurgo plastico portando in scena il vero filo rosso che tiene insieme questo remake: il silicone.

I personaggi sono talmente odiosi che quando vengono uccisi a nessuno frega nulla, inoltre il film sembra più interessato a strizzare l’occhio ai vecchi capitoli, infatti Jason uccide la prima tornata di trentenni-finto-adolescenti indossando un sacco di iuta in testa come in L’assassino ti siede accanto e poi pensa bene di cucinare la Olivo appesa sopra il fuoco acceso chiusa dentro il suo sacco a pelo, a ben guardare una variazione sull’omicidio con sacco a pelo del settimo capitolo. Insomma non dire ragazza ammazzata se non ce l’hai nel sacco (a pelo).

Questi ragazzi hanno una sola cosa in testa: il machete!

Mentre la conta dei morti è già arrivata agilmente a cinque altre tacche sulla cintura di Jason, il film cosa fa? Colpo di scena! Svolta! Rivoluzione narrativa! Fa entrare in scena un’altra tornata di attrici e attori trentenni, chiamati ad impersonare dei campeggiatori adolescenti, tra cui spicca Danielle Panabaker – giusto perché l’abbiamo vista in altri film – un altro paio di signorine incaricate di portare a presso del silicone, un a paio di “Belli figheiri” (cit.) e la coppia asessuata, composta dal nero e dall’orientale, entrambi molto interessati a bere e fumare. Basta dire che l’orientale del non tanto dinamico duo, dopo una partita di “Beer Pong”, si sgarzarozza una sorsata di alcool utilizzando la sua scarpa sporche come boccale. Per lui essere ucciso da Jason è quasi una liberazione, se non ci avesse pensato lui, il compito sarebbe toccato alla non curanza delle norme igieniche basilari.

«Mai sentito parlare di micosi alla unghie o del piede d’atleta?»

Non è nemmeno un film divertente da prendere in giro questo remake, tutto è talmente banale e già visto che viene quasi da pensare che da un momento all’altro spunterà Richard Jenkins e scopriremo che tutto questo non è altro che una scena di “Quella casa nel bosco”. Sfiga! Il film di Drew Goddard sarebbe uscito solo due anni dopo, rendendo immediatamente preistorici i filmacci come questo, ma nel 2009 toccava ancora soffrire e Marcus Nispel non ci risparmia niente.

Il cinema horror prima di Goddard e Whedon.

Con quel suo modo di dirigere e pensare alle scene con quel finto disordine, che caratterizza tutti i film di Marcus Nispel, sembra che la casa di Jason sia il lurido covo di un assassino, ma ad una prima occhiata distratta, a ben guardare tutto è precisino, i fischietti dei responsabili del campeggio uccisi (unico indizio di un qualche genere di trascorso per il personaggio), tutti diligentemente appesi nello stesso modo, nessuno come Marcus Nispel riesce a rendere patinata la follia e il sudiciume e di conseguenza ogni morte, per quanto efferata non ha nessun trasporto emotivo: non fa paura, non fa ridere, non fa sobbalzare sulla sedia, semplicemente avviene.

Tanto da pensare che l’esposizione di un po’ di ghiandole mammarie sia davvero l’unica trasgressione di un film che è un lungo tracciato piatto di 97 minuti, 106 nella versione estesa. Perché si, esiste una versione estesa di questo pallosissimo strazio, pazzesco!

Omicidio con freccia del primo film rifatto male, Tom Savini perdonali!

Quello che ho capito dal remake di “Venerdì 13” è che se vuoi eliminare il silicone, puoi usare l’acqua ragia oppure, chiedere a Jason Voorhees, fosse stato per lui se mai fosse apparso su una delle spiagge di “Baywatch” avrebbe fatto una strage. Sai che spasso vedere le bagnine poppute impegnate a scappare a rallentatore, contro Jason intento ad inseguirle con il suo passo lento e costante? Lo so è un’idea idiota, ma comune migliore di questo film.

Si perché ad un certo punto Jason indossa, per altro senza alcuna enfasi, la maschera da Hockey che lo ha reso celebre e di fatto il veloce ripasso dei primi capitoli della saga cinematografica può considerarsi completato. Ma tutto questo cosa sarebbe? Un omaggio al passato? Un tentativo di allineare Jason all’anno 2009? V bene che Giasone nostro è sempre uguale a sé stesso, ma presentarlo così, senza motivazioni per le sue azioni, senza nemmeno uno straccio di obbiettivo che non sia eliminare il silicone dalla faccia della terra, rende tutta questa operazione un’enorme perdita di tempo. Anche nel capitolo più cretino di tutta la saga almeno un omicidio risultava memorabile, qui invece è il nulla condito dal niente, perché l’unico intento di questo remake è solo non perdere i diritti di sfruttamento sul personaggio, altre spiegazioni non ci sono visto che al netto del risultato il film ha saputo fare scontenti tutti, ma malgrado tutto ha incassato (storia vera).

Ch ch ch ah ah ah oh oh oh (ultimo capitolo della rubrica, giusto salutare)

Questo ha fatto sì che venisse messo in cantiere un seguito? No, dal 2009 Giasone latita, ogni tanto qualcuno parla di resuscitare la saga e spesso sono tiratori liberi, personaggi fuori dal gioco di avvocati, contratti e diritti di sfruttamento. Ad esempio il giocatore di basket LeBron James, trasferito da poco a Los Angeles anche per curare più da vicino i suoi investimenti nel mondo del cinema, da anni minaccia di produrre un nuovo film il che sarebbe spassoso, visto che con i suoi 2.06 di altezza, potrebbe essere l’unico con i soldi e il fisico per produrre e interpretare Jason Voorhees allo stesso tempo.

Ma resta il fatto che in qualche modo, non si sa quando o come, prima o poi il nostro Giasone tornerà, io mi auguro solo che lo faccia prima del prossimo Venerdì 13 sul calendario, dopo sei anni sarebbe molto strano per me non avere più nessun “Friday the 13th” da commentare su questa Bara per portare avanti la tradizione, in ogni caso come sempre, buon Venerdì (13) a tutti!

Qui sotto trovate, il commento Zinefilo a questo film e la rubrica di Lucius dedicata all’intera saga. Inoltre vi consiglio il suo post a tema di oggi, dove il Zinefilo affronta la porno parodia ufficiale di Venerdì 13!

Qui invece trovate tutti i capitoli di “Venerdì 13” pubblicato ogni Venerdì 13 su questa Bara!

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