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Venerdì 13 Parte 1, 2 & 3 (1980-1982): grazie a Dio è venerdì (tredici)

Mi sembrava il giorno giusto per parlare di un classico dell’Horror con cui ho un rapporto molto molto strano, ormai dovreste saperlo che quando inizio le frasi in questo modo, sto per colpirvi sulla testa con qualche lunga parabola.

Vi è mai capito di sentire i “normali” parlare di Venerdì 13? Con normali intendo, i non fanatici di film horror come il sottoscritto e voi creaturine delle notte. Di solito i normali si riferiscono al personaggio, chiamandolo Venerdì 13, nemmeno fosse la spalla comica di Robinson Crusoe. Un po’ lo stesso tipo di confusione che si è creata intono a Frankestein, che in realtà è il nome del Dottore non della creatura…

E’ opinione comune presso i normali che l’assassino di Venerdì 13 uccida usando la motosega e quando gli fai notare che quello che utilizza la motosega è faccia di cuoio di “Non aprite quella porta” ti guardano strano. Perfino al maschera da Hockey, la caratteristica più distinguibile di Voorhees, in realtà nei primi due film della serie non compare proprio, anzi, se vogliamo dirla tutta: è lo stesso Jason a non comparire (se non in una scena) nel primo film.

Avete presente la scena iniziale di Scream, quando l’assassino chiede a Drew Barrymore chi è l’assassino di “Venerdì 13” e lei gli risponde, sbagliando, che è Jason Voorhees? Tutta questa scena è solo la punta dell’iceberg della confusione che sta dietro alla saga di “Venerdì 13”, quindi sono giunto ad una conclusione, il mondo si divide in due: da una parte chi conosce Friday the 13th e dall’altra… Drew Barrymore.

Jason è l’assassino silente con la maschera da hockey che si trova nei pressi di Crystal Lake, quello che massacra le coppiette usando preferibilmente armi da taglio (machete o simili), una delle sue principali caratteristiche è il fatto che anche se le vittime scappano correndo come Usain Bolt per seminarlo, lui riesce SEMPRE a raggiungerli, senza mai correre, solo usando un passo deciso e lunghe falcate.

Semplice, diretto, lineare…

Iniziamo a dirimere un po’ di dubbi intorno al personaggio: la sua prima apparizione risale al 1980 con il film diretto da Sean S. Cunningham intitolato Friday the 13th in Italia Venerdì 13 (fino qui tutto bene…)

Nel film un gruppo di ragazzi vanno in gita al lago cristallo (mi ha sempre colpito la traduzione italiana del nome, non so perché), un posto chiuso da due anni dopo l’annegamento di un ragazzo e la morte di un paio di animatori del vicino campeggio (avvenuta l’anno precedente).

Qui troviamo quelle che saranno secondo me le figure caratterizzanti della serie, ovvero: i corpi sacrificali fatti a forma di teenagers che verranno falciati durante la pellicola.

Troviamo tutti i soliti archetipi: bellocci arrapati, allegri fattoni, lo sfigato che fa gli scherzi scemi (e muore tra i primi), la ragazza che è la prima a spogliarsi (ma anche la prima a morire) e la brava ragazza, forse vergine, che sopravvivrà a tutti i suoi compagni diventando la “Final Girl” di turno. Tutta carne da cannone che serve a far aumentare la conta delle vittime.

La cosa curiosa del primo film è che l’assassino con maschera da hockey che ha reso la saga un brand conosciuto e citato da tutti, in realtà non si vede mai. Se siete delle brave creaturine della notte, saprete rispondere alla domanda dell’assassino di “Scream”, quindi già conoscerete quello che è l’unico colpo di scena di tutto il film. Se invece siete dei “Drew Barrymore” non vi rovinerò la sorpresa, tranquilli. Sappiate solo che il ragazzino che si intravede nel finale è frutto degli effetti speciali di quel mito di Tom Savini, uno che nella sua lunga carriera è riuscito a mettere anche questa tacca alla sua cintura.

Uno è un pupazzo di gomma, l’altro è un mito, vediamo se riuscite a distinguerli.

Il secondo film si intitola Friday the 13th Part II sembra logico no? Ecco non tanto, perché qui le cose iniziano a complicarsi, in uno strambo Paese a forma di scarpa, il film diventa L’Assassino ti siede accanto (come quando i suoceri ti invitano a cena) ed è scritto e diretto da Steve Miner.

Se la locandina vi sembra ripetitiva, aspettate di vedere il film.

Dopo 5 minuti buoni di film, Miner non fa altro che mostrarci nuovamente i cinque minuti finali (a mio avviso gli unici davvero interessanti) del film precedente, salvo poi piazzare un discreto colpo di scena, appena prima dei titoli di testa. Peccato poi che tutte le sorprese del film si esauriscano con la comparsa sullo schermo del titolo del film.

Perché di fatto il secondo capitolo cambia di poco rispetto al primo, solo che tutto è girato, dialogato e diretto in maniera ancora più omologata. Troviamo di nuovo Crystal Lake, i campeggiatori, le coppiette di teenagers festaioli in preda agli ormoni. La curiosità è che in questo film, almeno Jason Voorhees si vede, o almeno, lui sì, ma non la maschera da hockey.

Non dire Slasher se non ce l’hai nel sacco.

In realtà il look di Jason in questo film è differente rispetto a quello che lo ha reso celebre. Qui compare come un enorme boscaiolo con camicione di flanella, salopette e un sacco in testa, giusto con i buchi per gli occhi. Di fatto, questo look trae ispirazione dagli omicidi di Texarkana (di cui abbiamo già parlato diffusamente, ma se volete approfondire, vi basterà cliccare QUI).

La verità è che le due grandi saghe Slasher con assassino mascherato e silente sono legate tra di loro, ma hanno avuto un percorso contrario. In “Venerdì 13” Jason e la maschera non compaiono fino al terzo capitolo, mentre in “Halloween” Mike Myers è protagonista con la sua inquietante presenza nei primi due film, per poi scomparire nel terzo.

Il look definitivo di Jason Voorhees viene scelto mettendosi in scia al solco tracciato proprio dal precedente “Halloween” di John Carpenter. Come il collega Mike Myers, Jason opta per una tuta da lavoro e una maschera bianca, in questo caso, da Hockey.

Friday the 13th Part III arriva nel 1982, sempre diretto da Steve Miner e in questo strambo Paese a forma di scarpa prende il titolo di Week-End di terrore (come quanto i suoceri ti invitano a cena nel fine settimana).

Ma il Venerdì fa già parte del Week end? chi lo spiega al mio capo adesso?

In questo film Jason ruba la maschera da hockey ad uno dei ragazzetti più irritanti del gruppo prima di macellarlo senza pietà come suo solito. Tutti e tre i primi film della serie, anche rivedendoli oggi, lasciano con una sensazione abbastanza forte: quella di stare assistendo alla parodia di un horror.

Immaginate il pubblico di “Normali” che guarda “Scream” DOPO aver visto “Scary Movie” ecco, “Venerdì 13” sembra la saga che da sola riassume tutti i clichè del genere Slasher. Avete visto quel capolavorone senza sterzo di “Quella Casa nel Bosco” no? Ecco, quando vedrete il vecchio inquietante che pronostica ai ragazzini “Morirete tutti!” non potrete far altro che scoppiare a ridere…

Si perché in tutti e tre i film, ma soprattutto in “Week-End di terrore” si nota come tutto quanto sembri la parodia di un B-movie. La tensione latita, in favore di un massiccio body count di morti ammazzati e uccisioni fantasiose. Non nego che alcune siano anche divertenti, ma non sono mai riuscito a capire come mai, il più celebre assassino degli Slasher, tanto noto da essere citato (malamente) dai Drew Barrymore di questo mondo, fosse anche quello qualitativamente meno riuscito e, soprattutto, quello meno spaventoso di tutti.

«Chi ha ordinato un’adolescente morta ammazzata?»

Sì, perché la paura in “Venerdì 13” procede in maniera fin troppo classica, dopo aver visto anche solo due film horror, chiunque dovrebbe capire che quando c’è la musica in una scena e uno dei protagonisti entra in una stanza buia (solitamente chiedendo “C’è nessuno?”) allora non succederà… Niente! Nisba! Nada!

Il film procede per falsi allarmi sottolineati dalla musica in crescendo, con un vero e proprio abuso di questo espediente. In realtà, da bambino non ho mai visto “Venerdì 13” così tante volte come si potrebbe facilmente credere, gli ho sempre preferito altre saghe horror e rivedendomi questi tre film ho anche capito perché questi non mi facessero poi impazzire…

Personalmente ho sempre preferito il Micheal Myers creato da Giovanni Carpentiere, eppure la saga di “Venerdì 13” è molto più conosciuta dal grande pubblico, probabilmente perché “Friday the 13th” sta al genere slasher come il MacDonald sta alla cucina: è facile, veloce e riempie la pancia. Capisco perché piaccia, ma si tratta comunque di roba prodotta in massa… Per altro lasciatemi dire che riuscire a paragonare la carne macellata del celebre fast-food, al più famoso macellatore di carne dell’Horror è una soddisfazione non da poco!

«C’è nessuno?», «No, torna pure a farti la doccia»

Ci sono molti punti di contatto tra “Halloween” e “Venerdì 13”: come detto i due assassini hanno un look simile, sono entrambi il sotto prodotto di un ambiente familiare difficile e, se vogliamo dirla tutta, potete facilmente incontrare i titoli della saghe di cui sono titolari sfogliando le pagine di un calendario…

La differenza sostanziale, secondo me, sono proprio le vittime e il loro ruolo rispetto all’omicida:

in “Halloween” ci sono velati, ma palesi riferimenti al sesso Mike Myers che spia le vittime come un voyeur e il suo rapporto con la sorella che sembra quasi incestuoso. Un po’come se l’assassino fosse l’effetto collaterale delle energie sessuali represse, è un po’come se Carpenter ci dicesse: se non fate sesso, rischiate di diventare come Mike Myers.

Jason Voorhees, invece, è una forza reazionaria, braccio armato dei genitori ben pensanti che vogliono i figli casti e sobri. C’è da dire che si porta dietro anche una componente più “leggera”: di fatto le sue vittime sono tutte caricature di quelle persone che ci stavano sulle palle a scuola. Forse è questo il vero motivo del successo della saga: il perfetto film da Drive-In che fa degli omicidi in massa la sua vera forza.

Oh, tutto questo parlare di “Halloween” mi ha fatto venir voglia di rivedermelo, anche perché come vi ho già promesso una volta, qui si parlerà di John Carpenter e non ho ancora cambiato idea. Restate Tonnati!

«Vi voglio bene! lasciatevi abbracciare»

“Venerdì 13” alla fine è divertente perché è sempre uguale a se stesso, è pura exploitation horror da guardare sottolineando con un urlo di gioia ogni omicidio. Jason Voorhees continua ancora oggi ad inseguire le sue vittime, rigorosamente sempre senza correre, ma camminando a passo deciso. Un’icona che rimbalzando di sponda, tra tutte le altre icone dello Slasher, riesce ancora oggi a svettare. Il ragazzone continuerà in eterno a far alzare il sopracciglio a noi fanatici, quando i “Drew Barrymore” diranno cose inesatte sul suo conto, ma ormai negli anni, credo che sia entrato a far parte del gioco.

Insomma, buon Venerdì 13 a tutti e state tranquilli: se riuscirete a sopravvivere, domani è Sabato 14 che a ben pensarci, sarebbe un titolo geniale per un eventuale sequel di questo film! 

Sepolto in precedenza venerdì 13 marzo 2015

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