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Venom – La furia di Carnage (2021): Minimum Carnage

Sapete quando si scherza sul fatto che senza la scena dopo i titoli di coda, non sarebbero mai esistiti i film tratti da fumetti di super eroi come li intendiamo oggi? Ecco per Venom questa è la regola aurea, come quell’altro pronostico (facile) per cui gli anni ’90 al cinema, ora sono i nuovi ’80.

Ho da poco rivisto il primo “Venom” con la Wing-woman, confermando i tanti difetti e gli apprezzabili pregi, un film che sembrava la versione con i soldi di Spawn, capace di snaturare un personaggio che difficilmente potrebbe esistere senza Spider-Man nei paraggi. Il film di Ruben Fleischer era davvero troppo lungo, ci metteva una vita ad entrare nel vivo e quando cominciava a funzionare, si giocava della CGI scarsa nel finale, ma resta anche una pellicola che ha incassato palate di fogli verdi con sopra facce di ex presidenti defunti, perché il “Protettore letale” di casa Marvel è un personaggio amatissimo, anche da chi non ha letto troppi fumetti dell’Uomo Ragno.

Cosa faceva guadagnare mezzo punto di interesse al primo film? La scena dopo di titoli di coda. Malgrado l’orrenda parrucca di Woody Harrelson l’idea di vedere uno dei più sanguinari cattivi dei fumetti finalmente in azione al cinema, per di più interpretato da uno dei miei prediletti (ma anche di Fleischer), lo ammetto era il mio vero interesse per questo seguito, quindi come vedete, “Venom” vive e muore sulla sua scena dopo i titoli di coda, ma lasciatemi l’icona aperta su questo punto, ci terneremo più avanti.

Potete toglierci “The Man” ma non ci toglierei mai il suo cameo (ciao Stan!)

Posso essere onesto? Beh sì per forza, ho un blog intero per esserlo. Guardando questo “Venom – La furia di Carnage” ho avuto la sensazione fortissima che la Sony, non sapesse bene cosa farsene del linguacciuto Venom, il film sembra scritto, pensato e diretto con il minimo sindacale dello sforzo, il fatto che duri 90 minuti, ad una prima occhiata potrebbe sembrare il modo migliore per correggere uno dei difetti del primo film (l’eccessiva lunghezza), invece è chiaro che sia solo un caso, il frutto di questo lavoro molto “buona alla prima” che affligge tutto, dalla stesura della storia, alla caratterizzazione dei personaggi, fino alle scelte narrative.

“Venom – La furia di Carnage” continua a sembrare uno Spawn con i soldi che ha avuto la fortuna di arrivare al secondo capitolo, insomma potrei scherzare sul fatto che Todd McFarlane da anni sogna un secondo film per il suo personaggio di carta, invece l’unica sua creazione al momento, a concedere un bis al cinema è stato l’altro a cui il suo nome vien associato, ma prima di far precipitare questo post nell’abisso della nerditudine, permettetemi un piccolo ragionamento a cavallo tra cinema e fumetti. Oh lo sapete che quando leggete la Bara Volante, siete in balia di un pazzo più di Brock nella cella del mio quasi omonimo Cletus Kasady no?

Dicono che masticare gomme sia utile per lo stress, ma non credo intendessero in questo modo.

Fin dalla sua creazione su testi di David Michelinie e disegni del già citato Todd McFarlane, Venom non si è mai davvero emancipato da Spider-Man, tanti lettori (e non) lo amano perché è un personaggio basato sull’idea – ammettiamolo, facilona – di rendere brutto, sporco, cattivo e appassionato di cervelli da mangiare, un personaggio santarellino come Spider-Man, di cui Venom è il linguacciuto lato oscuro. Carnage? Ancora di più visto che aggiunge psicopatia là dove Eddie Brock aveva per lo meno un suo senso di giustizia.

Per decenni Venom è stato il simbionte un tempo legato a Spidey, abbiamo dovuto attendere il recente e coinvolgente ciclo di storie scritto da Donny Cates per scoprire qualcosa di questo nero alieno, il primo autore a far davvero fare un passo a Venom lontano dal suo “papà” con il pigiama rosso e blu. Per assurdo la Sony, che come sapete detiene ancora i diritti su Venom, co-detiene con la Disney quelli su Spidey, tornato a casa alla Marvel, avrebbe dovuto fare proprio questo, invece cosa ha fatto? Presa in contropiede dal successo del primo film, ne ha abbozzato uno che a ben guardarlo sembra uno di quei “cinecomics” come si facevano nei primi anni 2000, cercando di adattare ad un genere neonato, tutto quello che era figo negli anni ’90. La dico fuori dai miei denti affilati come quelli di Venom? Questo film con le sue chiese, le sue tonalità di rosso ma non troppo rosso e i personaggi presi di peso dal fumetto, che entrano in scena senza spiegazioni, perché tanto servono solo a far contenti i lettori che già li conoscono, sembra un “Daredevil” (2003) con più ironia, salvato solo da momenti da puro “Buddy movie” (questo sì, lascito degli anni ’80 come il soprannome “Protettore letale” che suona tanto datato ad Eddie Brock) che ogni tanto almeno strappano un sorriso. Lascio a voi giudicare se questo paragone sia positivo o meno.

In compenso qui nessuno ascolta pezzi degli House of pain (purtroppo)

Il lascito di Ruben Fleischer su questo seguito è piuttosto evidente, lui avrà pure portato le sue labbra ad un indirizzo nuovo, ma Woody Harrelson è rimasto a bordo mentre dietro alla macchina da presa, qualcuno alla Sony deve aver pensato che per un film pieno di monologhi del protagonista con la sua controparte aliena, ci volesse un esperto, quindi chi meglio dell’ex Gollum, Andy Serkis? Risultato finale, la sua regia è competente ma sa tanto di compitino, del tutto incapace di far funzionare meglio un film che per lunghi tratti pare “il gioco delle coppie” (Eddie e Venon, Cletus ed Eddie, Cletus e Frances e via dicendo…), il risultato finale dura 90 minuti e per assurdo, forse questa volta qualcuno in più sarebbe stato utile, ma penso che sarebbe stato utilizzato per inserire un’altra gag sulle galline, anche perché Kelly Marcel non è quella giusta per scrivere storie su protagonisti cattivoni, anche se continuano a proporle solo lavori di questo tipo.

Dopo un frettoloso prologo ambientato nel 1996 (i nuovi ‘ottanta) che introduce Frances Barrison (Naomie Harris) e il suo urlo sonico, il suo rapporto con il futuro pluriomicida Cletus Kasady e lo scontro con il poliziotto Patrick Mulligan (nome che farà risuonare più di una campanella nelle orecchie dei lettori), il film continua ancora più frettolosamente da dove terminava quello precedente. Il serial killer Kasady (Woody Harrelson) ha scelto come sua personale Clarice M. Starling, il giornalista Eddie Brock? Perché, chi lo sa! Si sa solo che con l’aiuto del simbionte Eddie riuscirà a scoprire dove Kasady ha sepolto i corpi delle sue numerose vittime, l’ultimo tassello mancante tra il rosso Cletus e l’ago nel braccio della pena capitale. In qualcosa tipo otto minuti di film o poco meno, Eddie passa from zero to hero, come direbbero i nostri cugini Yankee ed ora finalmente, “La furia di Carnage” può passare a raccontarci quello che gli interessa davvero: la carneficina compiuta dalla creatura nota come Carnage, nata dalla fusione di un matto col botto come Cletus Kasady e una goccia del sangue “alieno” di Brock battibecchi tra innamorati tra Eddie il suo nemicoamico simbionte.

Quasi amici.

Vorrei dirvi che la trovata di tenere a bada i morsi della fame (di cervelli) di Venom, utilizzando la cioccolata, sia una strizzata d’occhio alla bellissima storia intitolata “La fame” di Len Kaminski e Ted Halsted, in cui Eddie scopriva che la feniletilamina è contenuta in minima parte anche nel cioccolato e quasi teneramente, finiva a regalare scatole di cioccolatini alla sua controparte aliena, ma il film di Andy Serkis sembra più interessato ai cervellini delle galline e a raccontare questa stramba storia di convivenza tra due single, dove uno è un ragazzone britannico pieno di tatuaggi fatto a forma di Tommaso Resistente, l’altro un simbionte alieno che il più delle volte pare un ragazzino isterico. Funziona? Nella misura in cui Andy Serkis, ben poco a suo agio con la commedia, pare aver chiesto a Tom Hardy (anche autore della storia, quindi pienamente invischiato): «Senti Tom, fai un po’ quello che ti pare, io ci ho quasi vinto un Oscar monologando con Gollum».

«Fatemi capire, stiamo cercando di rifare Manhunter di Mann qui? Perché forse stiamo sbagliando qualcosa»

Se da una parte sembra che la Sony stia cercando di inseguire l’umorismo della Marvel (non raggiungendo nemmeno quello di Deadpool, che invece sta di casa alla Fox), dall’altra questo eterno battibeccare tra i due protagonisti porta in film in piena zona “Buddy movie”, con qualche battuta che funziona anche se non doppiata nella versione italiana del film, come l’affermazione di Venom davanti alla prigione: «ma questo è un all you can eat!» perché banchetto non lo dice più nessuno. Questo, complice quel minutaggio da 90 minuti, rende “Venom – Let There Be Carnage” un film sciatto e frettoloso ma fuori dal tempo, basta dire che manca persino la figura della tipa tosta, ormai canonica nel cinema contemporaneo, in favore di un ritorno della “damigella in pericolo”, ve l’ho detto, gli anni ’90 sono tornati.

Il piccolo nerd pedante in me non può trattenersi dal non notare il paragone con Domino, sempre sponda Sony/Marvel.

Anche se nella scena in cui Eddie si scusa con Venom, parlando con Anne Weying (Michelle Williams) con una scrittura meno abbozzata, avrebbe potuto essere un doppio momento di scuse per il personaggio, ma di queste sottigliezze al film frega poco, parliamo di un “buddy Movie” con litigata, separazione e ritorno per affrontare la minaccia, che pare non conoscere (o ricordare) nemmeno le regole minime che auto determinato la storia, l’importante è far ridere, quindi sotto con la scena di Venom che va in discoteca, poco importa se il punto debole del simbionte siano i rumori forti, bisogna far ridere e visto che questo film cavalca la malinconia anni ’90, con i personaggi, le dinamiche e le situazioni, la scena in “disco” con i neon al collo, sembra presa di peso dall’episodio ballerino di Spaced.

Altro che scena dopo i titoli di coda, questo è il crossover che vorrei!

Colui che avrebbe dovuto essere il piatto principale di questo banchetto (visto? Si usa ancora questa parola) era ovviamente Carnage, il sociopatico assassino che come Daniel Plainview aveva promesso che ci sarebbe stata una carneficina e invece? Certo quando Carnage si manifesta, in prigione ci sono dei morti ma molti meno di quelli che sarebbe stato lecito aspettarsi, la sua fuga dall’esecuzione è l’unico momento quasi horror di un film castrato dal PG-13, che purtroppo rende Cletus Kasady una versione ben più che minore rispetto ad un Horace Pinker qualunque, un personaggio gestito malamente e con la fretta nel cuore, qualche esempio?

Kasady evade e con i poteri dell’Internet scopre dove si trova la sua amata (premio scelta di trama frettolosa. F4 basito! Cit.), amo i personaggi che sono cattivi per il gusto di esserlo, invece qui vengono sprecati altri minuti a raccontarci attraverso un’animazione, il passato difficile di Cletus, orfano vittima di bullismo, quando invece sarebbe stato ben più affascinante lasciare attorno a Kasady la sua aurea di male puro, trascinata giù nello scarico dalla solita contemporanea esigenza di rendere i cattivi meno cattivi, Kelly Marcel? Qui ci vedo ancora il tuo zampino. Per cui il nostro Cletus vorrebbe solo essere amato, avere degli amici e una famiglia, no sul serio? Sul serio!? Avete un serial killer monodimensionale che vive per uccidere e la vostra migliore idea è quella di renderlo un incompreso dai capelli bufffi? Complimenti, davvero bravi.

La faccia con cui affronto le richieste assurde dei colleghi il lunedì.

Se il personaggio funziona è solo grazie agli echi del suo rapporto con Frances Barrison, che non possono non far pensare ad una versione minore (molto minore) di Assassini nati (1994, i nuovi anni ’80 l’ho già detto vero?), ma solo perché con Woody Harrelson di mezzo è impossibile non fare l’associazione mentale cinefila, se qualcosa funziona del personaggio di Cletus Kasady è davvero solo la mascella e lo sguardo da pazzo del vecchio Woody, che avrebbe potuto fare molto di più se la trama non fosse stata così approssimativa e il film così frettoloso. Quindi confermo la mia teoria, malgrado il talento di Harrelson, quando recita con la parrucca, il film vale pochino, ormai sta diventando un teorema dalla quale non si scappa.

«Se ho detto non si scappa, non si scappa!»

Se il primo film era troppo lungo, questo per assurdo è fin troppo frettoloso e approssimativo, anche se per nostra fortuna la CGI risulta migliore e integrata meglio con gli sfondi. Tom Hardy continua a fare le faccette con l’aria di chi si gode un ruolo di tutto riposo (a proposito di talento sprecato) e se il primo Venom vi è piaciuto di più o di meno poco importa, perché questo secondo film confermerà l’impressione che avete avuto del primo capitolo, in entrambi i sensi, positivo e negativo sta ai vostri gusti. Anche perché guardandolo è chiaro che alla Sony non sapessero che farsene di questo seguito, e non sapendo nemmeno come gestirlo o che direzione dare ai personaggi, hanno pensato bene di buttare dentro quante più strizzate d’occhio all’incarnazione anni ’90 di Venom e Carnage (questo giustifica la presenza di Shriek), ci avevano promesso un “Maximum Carnage” su grande schermo, quello che è arrivato invece è un “Minimum Carnage” e no, non mi sto riferendo alla miniserie scritta da Christopher Yost e Cullen Bunn.

Troppo nerd il riferimento? Beh vi ero debitore di un’icona da chiudere relativa alla scena dopo i titoli di coda, quindi nel prossimo paragrafo vi avviso, voleranno gli SPOILER e le robe da nerd, perché tanto è grazie alle scene “post credits” che i film di Venom continuano ad esistere.

Lasciate una speranza voi che entrare (nel paragrafo degli SPOILER!)

Nella famigerata scena, Eddie e il simbionte si rilassano con una telenovela messicana (sigh!) quando un evento multidimensionale li trasporta altrove, stessa stanza d’albergo ma di un altro universo, uno dove in tv J. Jonah Jameson smaschera lo Spider-Man di Tom Holland. In parole povere? Venom è finito nella scena finale di un film il cui seguito uscirà a Natale e quindi nell’universo MCU, di fatto un antipasto dell’orgia di personaggi del prossimo Spider-Film in uscita a dicembre, dove ci sarà anche il V-Man, non si sa bene a fare cosa, ma ci sarà, una non sorpresa visto che la Sony aveva fatto di tutto per far “casualmente”, uscire in rete questa scena (storia vera). In tutto questo passa quasi inosservato il fatto che il prossimo cattivo del V-Man sarà Toxin, interpretato da Stephen Graham, ma si sa che ormai ogni nuovo cinecomics funziona come i fumetti da cui sono tratti: vi devono “vendere” il prossimo numero, questo lo avete già comprato. Fine del paragrafo con gli SPOILER!

Avete notato il ricercato Erik Larsen? Per cosa lo cercano, troppo bravo a disegnare?

Insomma è previsto che si veda la furia di Carnage nel vostro film sulla furia di Carnage? La risposta è no, ma se siete alla ricerca di un titolo in grado di cavalcare l’effetto malinconia, di quando in edicola trovavate Eddie, Cletus e Peter disegnati dal mio Spider-disegnatore preferito (Mark Bagley), allora potreste divertirvi con questo “Buddy Movie” che si adagia placidamente come ennesimo tassello della grande soap-opera (non messicana ma Marvel) dei film sulle super tutine, ricordate, gli anni ’90 sono i nuovi ’80, siete pronti a fare Surf sull’onda anomala della malinconia, indossando le Rebook Pump la salopette e urlando «Cowabunga»? Pronti o no, ci siamo dentro fino al collo ormai.

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