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Venom – The Last Dance (2024): se spegni il cervello, Venom se lo mangia

Ci sono personaggi che il pubblico ama incondizionatamente, si potrebbero fare molti esempi ma il V-Man è sicuramente uno di questi, anche perché questa è l’unica spiegazione che molti critici con la puzzettina sotto il naso non sono riusciti a darsi.

I primi due film dedicati al personaggio mi hanno sempre lasciato con sentimenti contrastanti, il primo rivedendolo devo dire che un pochino l’ho rivalutato (terzo atto escluso, quello resta bah!) il secondo invece ancora non me la sento, eppure al netto di recensioni nel mondo quasi unicamente negative, la saga ha portato a casa così tanti soldi che il terzo capitolo era inevitabile e i soldi sono una questione che terrà banco in questo post.

Mi affascina la questione “primo della fila”, un argomento che ogni tanto torna qui sulla Bara perché se spendi un certo numero di tempo a scrivere di cinema come faccio io, never for money, always for love come cantava qualcuno bravo, un po’ affascinato dalle dinamiche di questo ruolo non puoi che esserlo. Per “Venom – The Last Dance” il primo recensore della fila ha deciso che l’andazzo dei pareri deve essere: se questo film lo prendi per quello che è, intrattenimento a cervello spento (espressione che ODIO, perché il cervello deve essere sempre acceso per fare qualunque cosa, anche attraversare la strada, altrimenti ti stirano) allora va bene così, tanto dopo tre film la direzione è chiara, ciaione!

«Shhh non parlare, ripeti solo quello che ha scritto quello in coda davanti a te, arraffa il gadget made in China e goditi l’anteprima stampa»

Che poi è il classico parere pigro di chi non ha più voglia di analizzare e si adatta, perché se il primo capitolo delle avventure di Venom è una “Romance” che ha margini di rivalutazione e il secondo, per quanto io lo abbia trovato brutto forte, almeno aveva nella pancia il DNA dei fumetti di super eroi degli anni ’90, questo terzo capitolo è proprio bruttarello. Cinematograficamente parlando è il peggiore dei tre, solo che per via dell’indulgenza o di una generale pigrizia, sembra che si sia deciso per la solita via del meno peggio che ODIO anche più dell’espressione “cervello spento”. Venom si nutre di cervelli, se non lo usate donatelo per placare la sua fame.

Voi non lo usate, lui si toglie la fame, pensateci ma non troppo altrimenti rovinate la sua cena.

Dopo Ruben Fleischer ed Andy Serkis, la regia della fine (forse) della trilogia passa nelle mani di Kelly Marcel senza che nemmeno questo abbia fatto notizia, alla Fox hanno una regista donna a capo di un progetto costoso e a nessun sembra fregare nulla, quando altrove certi film sono stati pubblicizzati quasi solo per questo motivo. La sceneggiatrice degli altri capitoli qui esordisce alla regia e butta giù il soggetto a più mani con lo stesso Tom Hardy, questo spiega perché nella trama abbiamo una rissa in un canile, con l’attore allergico alla doccia che dice «Ho paura dei cani» quando si sa che invece preferisce frequentare più loro che gli umani.

La sensazione che ho è che per assecondare Tom Hardy si sia fatto un po’ di tutto, ma è solo il mio senso di ragno che pizzica perché di base la trametta è qualcosa di imbarazzante, piena di personaggi fermaposto che fanno cose senza la minima motivazione, sono semplicemente il tipo in divisa mimetica, interpretato da Chiwetel Ejiofor, e L.S.F. ovvero la Scienziata Figa (copyright La Bara Volante Aut. Min. Rich.) ruolo che tocca a Juno Temple, sprecatissima. Il risultato è una storia mostruosamente sbilanciata nei tempi e dal ritmo zoppicante, dopo QUEL prologo che verrebbe da pensare sarebbe stato il tema del film, invece niente, “Venom – The Last Dance” è fondamentalmente la fine della relazione di questa stramba storia di “Bromance” tra Tommaso Resistente e un simbionte alieno doppiato sempre da Tommaso Resistente. Ma vi avevo promesso che si sarebbe parlato di soldi, facciamolo!

«Che cacchio ci fa qui Juno Temple!? Spero ti abbiano pagato bene» (mia reazione in sala, storia vera)

Non voglio tediarvi con tutta la genesi di Venom, ma torniamo per un momento al 1982, il lettore di fumetti Randy Schueller, manda una lettera all’allora capo della Marvel, Jim Shooter, un disegno con una proposta di nuovo costume (nero) per L’Uomo Ragno, all’editor piace così tanto che infila il nuovo stile del ragnetto nella maxi-saga “Guerre Segrete” il primo passo per la nascita del V-Man. Schueller in cambio di tutto questo cosa ha ottenuto? Duecento dollari, in pratica come scambiare l’isola di Manhattan per un sacchetto pieno di bigiotteria (storia vera).

Salto in avanti, 2024, esce “Venom – The Last Dance” nel prologo sul suo trono compare Knull, il re in nero, capo dei simbionti qui imprigionato e in cerca di vendetta nei confronti della sua progenie, Ryan Stegman disegnatore e co-autore del personaggio insieme a Donny Cates ha dichiarato che lui dalla Marvel/Fox non ha visto un centesimo, nemmeno una citazione nei titoli di coda del film, che francamente sono la parte più interessante del film perché sono ben animati e si giocano un pezzo di Tom Morello che non avevo ancora sentito.

Beffa suprema, Andy Serkins non dirige più ma comunque è sul set per dar voce e movenze a Knull.

Non solo avete sempre risparmiato sul V-Man e i suoi avversari, ma in “Venom – The Last Dance”, il personaggio di Knull è utilizzato malissimo, compare nel prologo e in una delle due scene post credit (la seconda? Di rara inutilità) Marcel e Hardy hanno dichiarato che era un personaggio troppo grosso per usarlo in un solo film, ok, ma da qui a farlo scivolare via nella parte dell’aizzatore di cani (alieni), ovvero i mostri grossi che Venom affronta e da cui scappa per tutto il film, mi sembra veramente un abisso, anche perché di mezzo cosa avevano di più interessante da raccontare regista e divo?

Il ritorno dall’inutile viaggetto nel multiverso di Eddie Brock visto alla fine del secondo capitolo? Una gag alcolica che serve a far dire al simbionte una cosa tipo «’Fanculo il multiverso» e far iniziare una corsa che dura cento minuti, che per carità, sarò mai io a criticare un film che corre corre e ancora corre per cento minuti? Mai, solo che “Venom – The Last Dance” semplicemente non lo fa.

Cavallo goloso venomoso!

Sbrigata la gag alcolica e fatto mangiare il V-Man con la scena cinofila (non cinefila) tanto voluta da Hardy ma senza cagnoni maltrattati (solo sgherri messicani tatuati), l’espediente della fuga di Venom dai mostroni prosegue a strappi, ogni tanto viene infilata una scena movimentata come la lotta sull’ala dell’aereo in volo, oppure la corsa a dorso di cavallo posseduto dal simbionte, tutte scenette che sembrano pensate per far lavorare i ragazzi del reparto animazione, impegnati a disegnare qualche tentacolo in CGI.

Questo spiega perché il biglietto del volo era così economico.

Il resto del tempo come lo spende esattamente “Venom – The Last Dance”? Ad esempio sprecando il personaggio impersonato da Stephen Graham, sotto vetro a snocciolare monologhi e poi nei bluastri panni di Toxin per pochissimi secondi, un arco narrativo che sembra una pausa di uno che sta alla fermata del bus ad aspettare un passaggio che non sembra arrivare mai, oppure ancora meglio, fermi, abbiamo anche di meglio!

Più che Toxin ricorda Abe Sapien acquistato su Shein però.

Ad esempio, vuoi non dedicare un tempo tendente all’infinito alla famigliola di Hippie guidata da papà Rhys Ifans? Una scheggia impazzita che sembra schizzata da un film della Pixar e finita qui che monopolizza minutaggio e ritmo. Bello sentire la famigliola canticchiare Bowie, ma solo perché il pezzo è un capolavoro, meno bello vederli intrufolarsi in una base miliare super segreta, vabbè, lasciamo perdere, sarebbe stato più sensato vedere Rhys Ifans tornare ad essere un lucertolone verde, almeno sarebbe stata una sorpresa, ma nulla, nemmeno il citazionismo del tipo più becero questo film sa sfruttare.

Alla Fox hanno un universo condiviso a cui molti altri ambiscono, solo che non se lo ricordano.

Non paghi dopo la porzione dedicata alla famiglia di fricchettoni (durata percepita: un paio di vite) infiliamo una bella porzione a Las Vegas, dove Tom Hardy può infilarsi uno smoking alla faccia di chi lo vorrebbe 007 e poi? Diamo un senso al titolo del film! Avete odiato Venom in discoteca (una creatura sensibile ai rumori forti che va a ballare, ooookay!) quindi sono certo che odierete con il triplo della forza l’inutile balletto sulle note degli ABBA insieme ad una spalla comica ricorrente della saga. Una roba che sembra pensata solo per generare Meme o video balletti su Tik Tok o al massimo, per provocare un reflusso di bile ai fan(anatici) oltranzisti.

Ora avete capito perché si chiama “The Last Dance” (ma forse rivalutato anche la scena della discoteca)

Dopo NON aver menato il can per l’aia (perché Tom Hardy è cinofilo, poi si arrabbia), Kelly Marcel cerca di far cambiare tono al film e ancora una volta dopo il secondo capitolo, quando il film abbraccia trovate pescate dai fumetti degli anni ’90, almeno giustifica quella sua natura da fumettone ignorante e coatto che se avesse abbracciato in pieno, avrebbe fatto storcere comunque molti nasi, ma non tanti quanti ha saputo portarne a casa con quel suo umorismo proto-MCU. Vedere i cinque simbionti, o comunque una loro versione, direttamente dallo storico Venom #13, edizione allora Marvel Italia, l’albo che ai tempi mi fece litigare con la professoressa di Matematica (colpa mia se tu fai finire la lezione prima ed io nella cartella ho il nuovo numero da leggere? Tzè!) è almeno simpatico, anche se poi il film cala la maschera.

Quella volta in cui ho scelto tra la matematica e i fumetti (non mi pento di nulla!)

Una storia romantica in tre parti tra due quasi amici sboccati e luridi, un simbionte ed Eddie Brock, non manca niente, nemmeno il montaggio di scene tipo album dei ricordi, pescate da tutti e tre i film, sulle note dei Maroon 5, una roba che i giovani definirebbero con un parola in inglese, io che ho superato l’età per usarla e odio gli anglicismi, definirei imbarazzante e anche qui, pensata per far storcere nasi o per ricordare i vecchi tempi? Vecchi tempi che giova ricordarlo, sono il 2018, secondo il regolamento sei anni rientriamo già nell’effetto malinconia? Devo consultare l’arbitro per verificare.

Hentai

Insomma “Venom – The Last Dance” è sbilanciato, sgangherato e inconcludente, cioè ha una sua conclusione, forse definitiva se Tom Hardy deciderà di scendere dalla giostra, ma poi io dico Knull chi lo affronterà? O probabilmente resterà l’ennesimo tentativo da parte della Fox di creare coesione tra i suoi prodotti che cadrà nel vuoto? Tutto, pur di non riconoscere ai disegnatori come Ryan Stegman i soldi che si sono faticosamente guadagnati, piegati per ore al tavolo da disegno.

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