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War machine (2017): Di corsa a rivedere M*A*S*H, veloci!

Se per caso anche
voi utilizzate Netflix, potreste aver notato, una quel certa propensione da
parte della santissima piattaforma (non scherzo, io vorrei che fosse TUTTO
disponibile su Netflix, la pigrizia è un lusso) a pubblicizzare un film di
guerra con il faccione di Brad Pitt in locandina… Ecco, mi sono deciso a
cliccare, alla fine.

La locandina non
dice tutto di un film, ma quella di “War machine” promette una commediona con
il buon Brad che fa il cretinone, una ruffianata che strizza l’occhio alla
prova del biondo in “Burn after reading” (2008) dei fratelli Coen, giusto per
non fare nomi.


Non basta la corsa buffa per fare un film dei Coen però.

Di certo, il film
non punta a raccontarci la guerra come un mattatoio infernale a cielo aperto
come fatto da Mel Gibson nel bellissimo La Battaglia di Hacksaw Ridge, siamo più dalle parti del film bellico che
ambisce a fare pungente satira, alla base della storia il libro dal titolo
breve “The Operators: The Wild and Terrifying Inside Story of America’s War in
Afghanistan” di Michael Hastings e dietro la macchina da presa non l’ultimo
della pista, l’australiano David Michôd.

Il ragazzo aveva
già firmato “Animal Kingdom (2010)”, ma soprattutto il bel “The Rover” (2014)
dramma post apocalittico con Guy Pearce e un ottimo (non scherzo) Robert
Pattinson. Ci vuole un certo coraggio a fare il balzo per un regista e cambiare
genere, quindi tanto di cappello a Michôd, ma purtroppo non tutto funziona in
questo “War machine”.
La storia ruota
intorno al controverso comandante Glen McMahon (Brad Pitt più canuto del
solito), carismatico e rispettato dalle truppe, Big Glen, noto anche come Glen
la Bestia, scelto proprio in virtù del suo notevole curriculum per diventare il
comandante in campo dell’operazione americana in Afghanistan, con un unico
obbiettivo: risolvere lo stallo in cui gli Yankee si sono impantanati da otto
anni.


“La prima cosa da fare, è capire sulla mappa dove si trova questo fantomatico Afghanicoso, sarà a sud di Detroit?”.

Pronti via, McMahon
prende estremamente sul serio il suo nuovo ruolo, con l’intenzione di imporre
la sua autodisciplina personale a tutta l’operazione di occupazione americana,
ma sbattendo presto il naso contro la realtà che risulta spesso più comica
della migliore delle commedia, ad esempio: perché gli Americani consentono
ancora all’Afghanistan di produrre papaveri da oppio, confermando la fama del Paese di maggiore produttore mondiale di eroina, quando potrebbero convertire
tutti i campi a cotone? Per il semplice fatto che poi il cotone afgano
manderebbe in crisi l’economia americana del cotone, quindi continuate pure a
riempire di merda le strade del mondo, nel nome della pace, della democrazia e
dell’american way of life!

La verità che Big
Glen scopre presto è quella che già tutti conosciamo: l’integrazione tra USA e Afghanistan
non è possibile, per il semplice fatto che ai locali frega cazzi di fare
amicizia con quelli che li hanno invasi armi in mano e vogliono solo
essere lasciati in pace.
La burocrazia, l’eterno
rimandare per colpa delle nuove elezioni (farlocche in Afghanistan e
fondamentali per il politico di turno in USA) sono un pantano da cui un uomo d’azione
come McMahon non sa come uscire, anche se le proverà tutte, compreso iniziare
con i suoi uomini un vero e proprio “Tour Europeo”, fatto di gite alcoliche in
bus, pur di trovare alleati per la sua missione, alla ricerca di un
incontro faccia a faccia, sempre rimandato, con il presidente Obama.


I’m Popeye the Sailor Man fiuu fiuuu!

Diciamolo subito:
“War machine” parte da ottime premesse, è ben diretto e tutto sommato ben
recitato, ha il difetto ENORME di tirare avanti una storia che sarebbe stata
perfetta per un minutaggio di un’ora e mezza (a dir tanto) su 122 minuti in
cui ci si annoia, inutile girarci attorno, prima che la barra dello streaming
di Netflix arrivi a metà, si sbuffa e si spera in una svolta, non so se è un
tentativo da parte di David Michôd di farci sentire frustrati come McMahon, in
ogni caso con una mezz’ora buon in meno, sarebbe stato un film molto migliore.


Nel cast compare
anche quella faccia da pirla di Topher Grace in un ruolo di contorno, invece parlando di attori veri, niente male Ben
Kingsley che si diverte nei panni del Presidente Hamid Karzai, sembra quasi una
versione meno esagerata del Mandarino che interpretava in “Iron Man 3”,  ma ormai è chiaro che Sir Kingsley scelga i
ruoli solo in base a quanto possa divertirsi sul set, ha sbracato completamente!


Dopo l’episodio dei Soprano in cui interpretava se stesso, Ben Kingsley è cambiato.

Comparsata anche
per Tilda Swinton, nei panni di una Ciornalista TeTesca di Cermania, con un
leggerissimo accento, mi sembra chiaro che la presenza della brava Tilda, sia
colpa di Brad Pitt, tra lui e Geroge Clooney sono una banda di amici che si
spalleggiano uno con l’altro e sono tutti sotto l’ala protettiva dei fratelli
Coen.

Quando Tilda, esperta di ruoli sopra le righe, sembra quella normale del cast, vuol dire che abbiamo un problema.

Ecco, continuo a
tornare sul fratelli del Minnesota, perché la prova di Brad Pitt qui sembra la
versione scolorita di quella in “Burn after reading”, di solito parlo bene del
buon Brad, ma qui mi sa tanto di prova con il pilota automatico, per McMahon
ricicla una parlata strana che ricorda fin troppo quella di Aldo l’Apache di “Bastardi
senza gloria” di Tarantino, ma il tocco massimo di recitazione è la macchinata
(e relativa corsa) a ginocchia basse e schiena dritta, che risulta tanto
innaturale quanto ironica. Piccoli tocchi vero, ma niente di davvero
innovativo, ribadisco, mi è sembrata una prova da pilota automatico dentro e
via a portare a casa il risultato.

Falla una faccetta Brad, uno, una sola dai!

Peccato, perché in
122 minuti la forza satirica del film risulta annacquata, vorrei parlarvi del
cameo a sorpresa nel finale, ma sarebbe come rovinarvi (traduzione: un enorme
spoiler) sul finale del film e forse anche sull’unica trovata davvero
memorabile di tutta la pellicola. Insomma, se vi capita di vedere il
faccione di Brad Pitt sul paginone di Netflix e vi assicuro, non potete
mancarlo! Voi fregatevene e girate al largo, a meno che non siate dei completisti
della filmografia di Brad Pitt, per il resto, chissà se trovo le repliche di M*A*S*H su Netflix? Per fare pace con la satira bellica fatta bene.

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