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Whiplash (2014): per vincere domani

 

Noi occidentali non siamo mai stati davvero capaci a mostrare la dedizione alla causa, quella capacità di annullare se stessi in nome del raggiungimento di un obbiettivo, gli unici che hanno saputo portare questo discorso ad un altro livelli, sono stati i nostri amici Orientali, forse perché loro si, sanno davvero essere dediti ad una causa, d’altra parte si dice “Ultimo Giapponese”, non ho mai sentito nessuno dire “Ultimo Italiano”.

Visto che la più grossa fonte di cose dal mondo degli occhi a mandarlo sono i cartoni animati e i Manga, pensate a quelli? Quanti personaggi pronti a immolarsi, anche fisicamente, per raggiungere un obbiettivi ricordate? Dagli allenamenti grondanti sangue de “I Cavalieri dello Zodiaco” a quelli più edulcorati ma sofferti allo stesso modo di Son Goku, per arrivare ai drammi sportivi, tipo “Forza Sugar” o “Rocky Joe”, ad esempio, quando penso al sacrificio nei cartoni animati Giapponesi, penso sempre al protagonista di “Tommy la stella dei Giants” che si allenava con un terrificante sistema di molle legate alle braccia, per allenare la potenza del suo tiro. 

Ora non potete più dire che le molle del vostro letto fanno rumore

Non penso sia un caso se i film occidentali, in cui il tema del sacrifico è ricorrente, sono proprio i film sportivi…dai ditelo, state pensando a “Rocky” vero? Ecco, forse perché è il riassunto di come gli occidentali intendono il sacrificio per la causa, eppure io guardando “Whiplash”, vedevo Miles Teller, e continuavo a pensare a Ralph Macchio/Daniel LaRusso di “Karate Kid”, quello vero, non quello con il figlio del Principe di Bel Air.

Andrew (Miles Teller), è un batterista che studia musica nella prestigiosa scuola di New York, viene notato dal famoso ed esigente direttore d’orchestra Terence Fletcher (J.K. Simmons). L’Obbiettivo di Andrew è di diventare una grande professionista, anzi, il migliore, come i suoi miti Bob Ellis e Buddy Rich che ascolta ossessivamente in cuffia. Pronto a sacrificare tutte le distrazioni, amici e amore, sacrificandosi al Jazz. Sulla sua strada, pronto a spingerlo oltre i suoi limiti, o ad annichilirlo completamente, proprio “Coach” Fletcher.

«Stai giù basso sulla gambe, alti quei gomiti!»

 

Damien Chazelle, un passato da trombettista, ora al lavoro sul suo prossimo film (“La La Land” che parla di un pianista…ovviamente Jazz), si capisce che in questa storia ci ha messo del suo, anche perché guardatelo, Miles Teller, l’attore che ha scelto come protagonista, sembra il suo sosia.

“Whiplash” non è solo un film sul Jazz, nemmeno un semplice scontro generazione, o il classico racconto sull’ascesa di un Genio, benedetto dal dono naturale del talento, no, è la rappresentazione dell’ossessione di no normale, bravo ma bravissimo, bravissimo ma non “Bird”, con una sola grande ossessione in testa: Essere il migliore.

Se guardando il film, vi ritroverete a pensare che Andrew è uno stronzo, non credo voi siate andati tanto lontani dalla verità, perché Andrew non fa niente per farsi bene volere, nemmeno dalla ragazza di cui è innamorato (Sacrificata sull’altare del Jazz), figuriamoci con i potenziale avversari,

“Whiplash” ha il titolo di un vecchio pezzo dei Metallica, e ne conserva la furia nel suo protagonista.

Chazelle dirige soffermandosi sui dettagli, sottolineando la fatica, il sudore sui piatti della batteria, il sangue delle dita massacrate, il tutto con un montaggio che ho trovato molto bello, capace davvero di andare in “Uptempo” (“It’s not mu fucking Tempo!”) seguendo il ritmo della storia.

Miles Teller nel classico ruolo che ti lancia la carriera, non solo ha la faccia da stronzetto giusta, ma riesce a meritarsi la parte da protagonista allo stesso modo con cui Andrew, il suo personaggio, si guadagna il ruolo di batterista principale nel gruppo.

Per quanto riguarda J.K. Simmons, io ammetto di essere di parte, perché è l’attore feticcio di due (Tre) dei miei registi preferiti, i Fratelli Coen e Sam Raimi (Yeah!), se lo conoscete solo per i suoi ruoli nei film di questi registi, potreste rimanere stupiti, se invece di circodate di lui anche per la terrificante parte del Nazista nel carcere di massima sicurezza della serie tv “OZ” (Serie che ho seguito malamente, ma a mio avviso importante contributo alla “Golden Age” delle serie Tv che stiamo vivendo), allora ritroverete quel J.K. Simmons, attore versatile che qui ci regala la SUA personale versione del Sergente Maggiore Hartman di “Full Metal Jacket”.

«Stai cercando di gonfiarla quella tromba Palla di Lardo!?!»

Difetti? Il film non è ‘Indie’ nella sua messa in scena (Per fortuna verrebbe da dire) ma lo è nelle sue origini, Damien Chazelle aveva vinto nella sezione cortometraggi, con la stessa storia (e stesso titolo) al Sundance Film Festival, è tornato, dopo aver trasformato il suo corto in un film (Questo), e ha vinto di nuovo il gran premio della giuria, quindi non è difficile capire come mai il film ha avuto tutta questa visibilità e questa pioggia di critiche positive, meritate nulla da dire, ma secondo eccessivamente amplificate dal benestare del Film Festival dello Utah, quindi se anche voi avete problemi con il Sundance di Roberto ford Rossa, mettete in conto anche questa cosa nella visione del film. Inoltre il finale, non dico che sia male, ma essendo un dramma “Sportivo” ci vuole il match finale, lo scontro tra i due duellanti, che spesso si risolve con abbracci e sorrisi, diciamo…piuttosto convenzionale in questo.

Per il resto devo dire, che per me è stata una visione coinvolgente, non so se avete avuto dei “Coach” nella vostra vita, io qualcuno si, non proprio stronzi come Terence Fletcher, ma altrettanto fuori di testa, quindi indipendentemente da quanto siate appassionati di Jazz, il film se la gioca facile mettendosi in scia al classico film sportivo, con la novità per i film occidentali: Questa volta il sacrificio e la sofferenza si vedono, e non solo perché ti lasciano con le mani sanguinanti.

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