Home » Recensioni » Wolf Creek (2005): come possono ritrovarti quando nessuno sa che sei scomparso?

Wolf Creek (2005): come possono ritrovarti quando nessuno sa che sei scomparso?

Dove eravate una ventina d’anni fa quando “Wolf Creek” è esploso? Riavvolgete i neuroni ad un periodo in cui “Infernet” era già tra noi ma non ancora così centrale, il passaparola era ancora quello che ha davvero spinto questo slasher australiano particolarissimo nel suo genere, che poi è l’Horror, quindi uno dei più codificati di sempre.

Greg McLean aveva pronta la sceneggiatura di uno slasher circa dal 1997, ma non ne era affatto convinto,non in pieno almeno, sono stati gli eventi reali della scomparsa di Ivan Milat e Bradley John Murdoch ad ispirarlo per fargli trovare la strada giusta per scrivere, produrre e dirigere un Horror girato in circa venti giorni, con una macchina da presa a mano ad alta risoluzione e con costo irrisorio, moltiplicato per venti al botteghino australiano, per un titolo che ha lanciato il suo registra tra le promesse eternamente rimandate, ma soprattutto per l’unico film che Roger Ebert ha dichiarato, non essere mai riuscito a terminare, considerandolo insostenibile per la sua violenza (storia vera).

Pensate di conoscere la storia, ed in effetti è sempre quella, ma è il come a risultare senza pietà.

Che poi non è una violenza esagerata, siamo lontani anni luce dai Torture Porn che andavano forte vent’anni fa, titolo che non cito a caso perché “Wolf Creek” è la versione giusta di quello che ad Eli Roth non è riuscito mai, una variazione sul tema giovanotti in vacanza in territorio selvaggio, uccisi per quello che rappresentano, che poi, è il vero motivo per cui vengono uccisi? Non si sa, ed è il non sapere parte della violenza intollerabile di “Wolf Creek”.

Kristy (Kestie Morassi) e Liz (Cassandra Magrath), due ragazze provenienti dall’Inghilterra, e Ben (Nathan Phillips), un australiano, si mettono in viaggio verso l’enorme cratere meteoritico di Wolf Creek, qui incontrano Mick (John Jarratt), un ex cacciatore. Fine della trama.

Le variazioni sul tema sono tante, “Wolf Creek” pesca da Craven e ci aggiunge un assassino guascone che a ben pensarci, arriva sempre da Craven ma è male puro, non perché sia come quello creato da Carpenter, ma perché allo stesso modo non ha la minima empatia per le sue vittime a questo aggiungiamo il lavoro di Greg McLean.

«Quello lo chiami un coltello? Questo è un coltello!» (cit.)

Se roba come “Wrong Turn” voleva solo intrattenere e basta, “Wolf Creek” inquieta utilizzando l’Australia, Greg McLean bravissimo nella prima parte ad utilizzare tutti gli spazi offerti dagli scenari della sua nazione per suggerirci a livello subliminale uno spazio quasi alieno dove sarebbe facilissimo perdersi, senza scomodare i giganti, ogni inquadratura sul cratere dimostra che il regista ha imparato da Peter Weir la lezione e sa applicarla molto bene.

Tutto cambia quando arriva il cacciatore, perché tutta la prima parte del film è l’applicazione di quello che sosteneva Stephen King, senza personaggi di cui ti importa qualcosa, un Horror non può funzionare qui ci importa di Kristy e Liz così come di Ben perché sono tutto tranne che personaggi stereotipati, anche nelle scelte che fanno, ci sarebbe tutto un discorso sulla sottotrama e il modo in cui si comporta Ben, che però rovinerebbe la visione a chi ancora non avesse visto il film, anche se possiamo dire che è l’opposto del maschietto americano che di solito trovate in questa tipologia di film, ma persino i momenti tenerini utilizzati senza forzature servono da contraltare all’orrore che vedremo, ben incarnato da Mick.

Una sequenza che ti fa capire la reazione di Roger Ebert.

John Jarratt lo interpreta come un guascone all’apparenza bonario, in perfetta contrapposizione a Ben e al suo comportamento, per assurdo “Wolf Creek” riesce a non essere così banale come sarebbe stato un semplice “Uomo rude selvaggio” contro “Uomo fine di città” è molto più sfaccetato di così, c’è dietro una mentalità da cacciatore, non credo sia un caso se Mick non consideri Ben una minaccia e si butti invece su quelle più pericolose, le due ragazze, che lo sono non per motivi di algoritmo ma per semplice atteggiamento e buona scrittura dei personaggi, e malgrado questo, devono vedersela con Mick.

Michael Myers uccideva senza alcuna umanità perché l’aveva trascesa, Mick invece ride e scherza come se fosse lo stereotipo di un australiano e poi uccide senza bisogno di sfilettarti chilometri di budella, a volte gli basta un colpo secco come farebbe appunto un cacciatore con una preda, non per sadismo, non per ricerca della morte spettacolare, ecco perché “Wolf Creek” risulta così insostenibile, perché fa davvero tutto giusto e senza fronzoli.

Vent’anni fa acquistai il DVD del film a scatola chiusa, solo sulla base del sentito dire e del passaparola, nel corso degli anni l’ho rivisto parecchie volte, nessuna a cuor leggero, ancora oggi è un Razorback dal punto di vista del cacciatore che uccide senza sentimento, tanto o forse anche meno dell’animale conterraneo, e probabilmente la paura che “Wolf Creek” sa ancora evocare, è davvero tutta qui.

5 3 voti
Voto Articolo
Iscriviti
Notificami
guest
12 Commenti
Più votati
Recenti Più Vecchi
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
Film del Giorno

I Tre Caballeros – Ghost in the shell

«Tu Biancaneve io Ghost in the shell» (cit.), forti di questa citazione noi Tre Caballeros ci siamo lanciati in una puntata cyberpunk, con un classico che compie trent’anni come Ghost [...]
Vai al Migliore del Giorno
Categorie
Recensioni Film Horror I Classidy Monografie Recensioni di Serie Recensioni di Fumetti Recensioni di Libri
Chi Scrive sulla Bara?
@2025 La Bara Volante

Creato con orrore 💀 da contentI Marketing