Gli Americani usano un’espressione che mi piace “Walk the talk”, che potremmo tradurre: far seguire alle parole i fatti. Bryan Singer si è impegnato parecchio a cancellare il ricordo del suo collega Brett Ratner da questa serie, con X-Men Giorni di un futuro passato, a questo punto era lecito aspettarsi un raggiante nuovo inizio per i mutanti di casa Marvel, com’è andata? Mah, così così.
Dopo un prologo ambientato in Egitto, è il momento di fare il punto sulla nuova continuità spazio temporale della serie, sono passati dieci anni dal film precedente, Mystica è venerata come una grande eroina, una leggenda tra le nuove generazioni di mutanti. Questa volta Mr. Bryan Cucitrice sceglie di mostrarci il nuovo scenario del film attraverso gli occhi di Ciclope (Tye Sheridan), uno che proprio con gli occhi ha qualche problemino di raggi laser fuori controllo.
Tra le nuove leve della scuola per giovani dotati di Charles Xavier (non di Rocco Siffredi), troviamo anche Jean Grey (Sophie Turner la Sansa di Giocotrono), mentre Magneto prova a vivere una vita normale mantenendo un basso profilo, operaio in un’acciaieria polacca (proprio lui? Azzeccato…) con moglie e figlia a carico, la figlia si riconosce perché ha un taglio di capelli che ricorda il casco paterno.
A far saltare il banco ci pensa il ritorno dell’onnipotente Apocalisse, considerato da molti il primo mutante dell’umanità, citato e temuto in diverse religioni, il ragazzone blu, colleziona poteri mutanti altri da millenni, in pratica non esiste una singola cosa che non possa fare, anche le cose impossibili, tipo alterare a suo piacimento la materia o azzeccare i week end non piovosi per organizzare una gita al mare, quel tipo di robe lì. Aggiungete il fatto che solitamente si fa accompagnare da quattro mutanti strapotenti da lui selezionati, nomi come “I quattro cavalieri di Apocalisse” e potrete immaginare che gli uomini pareggio, questa volta, sono destinati a perdere contro un avversario Divino. Quattro a zero e zitti!
Fatemi togliere subito questo Gorilla mutante dalla spalla: “X-Men: Apocalisse” non è un brutto film, non è il più brutto della saga e nemmeno tocca gli apici di bruttezza di altri cinecomics recenti (solo per stare in casa Fox ad esempio…), ma i problemi sono molteplici: non mancano alcuni momenti validi, ma in generale, a metà film stavo già guardando l’orologio e verso il finale avevo la guancia affondata nel pugno puntellato sul bracciolo della sedia, non proprio noia, ma sicuramente niente di esaltante…
Andiamo per gradi, iniziamo dal periodo storico in cui il film è ambientato: gli anni ’60 di X-Men – L’inizio sottolineavano bene l’atmosfera da spy-story, mentre gli anni ’70 di Giorni di un futuro passato (perché con il condizionale ho dei problemi) erano ideali per il clima da paranoia della storia. Ero curioso di assistere alla messa in scena degli anni ’80 in questo film e non solo per i costumi degli X-Men, direttamente ispirati alle loro controparti cartacee di quel periodo (lasciatemi l’icona aperta che ripasso…), il risultato? Deludente.
Sembra quasi che a Singer non interessi sfruttare il decennio dei jeans a vita alta nella storia, se non fosse per l’assenza di Internet e telefoni cellulari, il film potrebbe tranquillamente essere ambientato ai giorni nostri, di fatto è stata una mossa obbligata per non dover cambiare (nuovamente) tutto il cast del film.
Tutto questo crea anche un senso di straniamento, quando Quicksilver dichiara di voler cercare suo padre (ricordate la mezza battuta sul “Tizio magnetico” che era stato fidanzato con sua madre) sentita nel film precedente? Ecco, sono passati dieci anni e solo ora Pietro decide di fare qualcosa. Un po’ lento per uno veloce come lui.
Singer ha dimostrato di aver imparato a gestire grossi cast, ma senza esagerare buttando nella mischia troppi nuovi mutanti, qui, invece, fa errori grossolani, più o meno gli stessi che ha sempre criticato al suo collega Brett Ratner. Angelo e Nightcrawler ci vengono mostrati impegnati a picchiarsi in una gabbia per soldi (come il Wolverine del primo film), del bluastro teleporta non ci viene detto niente di più di quello che già non sapevamo di lui dal secondo film della serie, Angelo, invece… E’ un tizio con le ali, esattamente come lo aveva introdotto Ratner nel terzo e criticatissimo capitolo.
Giusto per ricordarci che il film è ambientato nel 1983, Angelo nella sua fase intimista di “Odio tutti andate via!”, ascolta “The Four Horsemen”. Ora, ho sempre ascoltato i Metallica, ma ci sono modi meno didascalici per ribadire il concetto che sì, Apocalisse sta radunando i suoi quattro cavalieri.
L’unico altro riferimento temporale del film è una scena incollata dentro malamente dal montaggio, in cui gli X-Pupilli escono dal cinema dopo aver visto Il ritorno dello Jedi, quello che segue è un dialogo urticante che sa tanto di strizzatina d’occhio, che in soldoni si conclude con “Il terzo capitolo è sempre il peggiore della serie”. Uhm, chissà a quale film stavi pensando Bryan quando hai girato questa scena, non riesco proprio a capirlo, peccato che nella gestione frettolosa dei personaggi questo film somigli più ad uno di Brett Ratner, il che è un errore clamoroso visto tutto il casino fatto da Bryan Singer per cancellare dalla continuity della saga X-Men Conflitto finale.
Una cosa che ho trovato davvero tremenda di “X-Men: Apocalypse” sono i dialoghi e non credo nemmeno sia un problema di doppiaggio. Ok, Nightcrawler che parla in stile “Ziao io Zono Kurt, teTesco di Cermania” non si può sentire, ma il problema è proprio quello che dicono i personaggi. Alcune delle frasi di Apocalisse, sono riuscito ad anticiparle prima che il bluastro cattivone le pronunciasse (“Imparo”) e non perché io sia diventato a mio volta un Uomo-Pareggio dotato di telepatia, ma solo perché mosci e terribilmente prevedibili.
L’apice dell’idiozia? Sansa Grey parla di quello che Havok (altro personaggio utilizza poco e malissimo) pensava di suo fratello Scott, Ciclope chiede alla rossa: “Come fai a saperlo?”, ma minchia! È telepatica ti sembra una domanda da fare Cyke! E su, dai!
Personaggi come Blob e Calibano vengono buttati nel mucchio, risultando nomi che solo gli appassionati di fumetti Marvel possono riconoscere e veniamo ad una delle nuove arrivate più attese dal pubblico: Psylocke ci viene presentata come una delle telepati di Calibano, anche se le altre non ci vengono fatte vedere, ma vabbè.
Se nel 2000 ai tempi del primo film, Singer aveva optato per un look più realistico per i personaggi, ormai si è adattato ai tempi che corrono, basta guardare il costume di Psylocke, identico a quello del fumetto sì, tanto che sembra quasi una sexy Cosplayer presa di peso da una fiera del fumetto e messa lì a gironzolare per il set, con risultati così così per la credibilità. Ad esempio, nel massimo momento di dramma del film, mentre Apocalisse e Xavier sono intenti a duellare, non riuscivo a non guardare le poppe di Olivia Munn. No, sul serio, come fa a combattere in equilibrio su quei tacchi, dai!
Proprio i personaggi sono caratterizzati poco e malamente, sfruttando il lavoro fatto nei film precedenti e, a proposito di film precedenti, anche qui Pietro si esibisce della sua scena solita a super velocità, di fatto la versione 2.0 di quella vista in Giorni di un futuro passato, con la differenze che questa è più complicata a livello di coreografia e ha “Sweet Dreams” come sottofondo musicale (ricordate? Gli anni ’80), bella, eh? Non dico nulla, solo che sembra quasi un tappa obbligata ormai, a questo punto Marvel e Fox potrebbero fare come la Pixar: prima di ogni nuovo film sui mutanti, potrebbero proiettare un corto su Pietro che corre velocissimo sulle note di una canzone scelta dal pubblico magari su Internet, così potrebbero lanciare una nuova tradizione per quello che vale.
L’ultima tegola della testa di questo film è il cattivo, il primo di questa saga con un aspetto vistoso e non umano, un bel rischio in un film dove già i costumi tendono agli estremi del buon gusto, non faccio in tempo a dire che Oscar Isaac ha tutto per ambire ad essere il nuovo Al Pacino e Bryan Singer me lo affoga sotto due mani di vernice blu (puffo megalomane) e la sceneggiatura non sfrutta quasi mai come si deve le tematiche sulla divinità che un personaggio del genere si porta dietro, in una saga come questa che ha sempre fatto dei temi grossi un suo marchio di fabbrica, è un’altra occasione persa… E poi con tutte quelle piramidi mi sembrava di stare guardando uno strambo remake di “Stargate” con i super eroi al posto di Kurt Russell (“Salutami Tutankhamon!” Cit.).
Passando da un tizio blu all’altro, l’idea di rendere Mystica un personaggio completamente positivo non mi è sembrata affatto una grande idea, ma in questo film è evidente che l’argomento Jennifer Lawrence è ormai definitivamente scappato di mano.
Per tutto il film l’attrice recita sempre con il suo volto bene in vista (i momenti in cui è blu sono un paio per capirci…), entra in scena fasciata in un vestitino come a dire: ecco la Diva del film. E’ chiaro che la produzione voglia la protagonista di “Hunger Games” ben in vista per sfruttarne la notorietà, peccato che il personaggio ormai sia distante anni luce da quello interpretato dia Rebecca Romijn, secondo me ci abbiamo perso e nemmeno poco.
Ci sono dei momenti interessanti, questo bisogna dirlo, ho apprezzato che lo scontro finale si svolgesse su più piani, così facendo Singer ha sottolineato la potenza di un avversario praticamente onnipotente come Apocalisse, forse il momento migliore, però, è stata un’altra scena che ho apprezzato, non del tutto impossibile da anticipare, ma con il giusto grado di violenza (PG-13, ovviamente). Non voglio rovinarvi la sorpresa, vi dirò solo che Singer in passato ci aveva già regalato la sua interpretazione di questo momento chiave dei fumetti degli X-Men, questa volta si è ispirato maggiormente al materiale originale del grande Barry Windsor-Smith.
Proprio in questa scena, però, la sensazione che ho avuto per tutta la durata di “X-Men: Apocalypse” è diventata palese: mi sono reso conto che la prua della nave piegava vistosamente verso un tratto di mare burrascoso che mi piace ben poco… Il Triangolo del Reboot!
Un cast quasi tutto nuovo, alcuni personaggi storici rilanciati da zero e altri le cui origini sono state modificate, Bryan Singer ha sempre dichiarato che per il primo film del 2000 avrebbe voluto gli X-Men originali (Jean, Ciclope, Xavier, Angelo e Bestia), la stanza del pericolo e le Sentinelle, dovette rinunciare per motivi di credibilità e budget, qui nel finale cala definitivamente la maschera, quando mette in bocca alle nuove versioni di Charles ed Erik, lo stesso identico dialogo (per altro uno dei miei preferiti) pronunciato da Patrick Stewart e Ian McKellen nel primo film… Per la serie: non fare nemmeno finta.
Risultato: mi trovo di fronte ad un reboot a sorpresa della saga, non irritante come il remake a sorpresa di Star Wars che risponde al titolo di Episodio VII – Il risveglio della Forza, ma comunque dello stesso tipo di operazione di rilancio. A mio avviso, visto anche il cattivo scelto per questo film, era lecito aspettarsi qualcosa di più, ero pronto per una Apocalypse (Now) e mi sono trovato davanti una Apocalypse MEH…
P.S. Per chi volesse saperlo: sì, la scena post credit anche qui non manca, è spettacolare? Proprio no, ma rimanda in maniera SINISTRA ad un altro storico avversario degli Uomini-Pareggio.
Sepolto in precedenza lunedì 30 maggio 2016
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