Mentre voi perdete tempo dietro al balletto – già un meme sfrangia maroni – di Mercoledì che balla, il sole continua a sorgere e a tramontare sul ranch di Kevin Costner, che zitto zitto, con il suo sguardo pensoso rivolto ai vasti spazi del Montana, continua a macinare un numero di ascolti disumani negli Stati Uniti (storia vera).
Mi sono già espresso ma lo ribadisco con forza: Yellowstone non sarà la serie più originale, la più popolare o quella che genera quintali di meme in rete, ma non esiste un’altra serie che mi appassiona più di questa. La creatura di Taylor Sheridan, non rallenta la sua cavalcata, dopo un primo spin-off, ne ha già un secondo in onda sui palinsesti (qui da noi in uno strambo Paese a forma di scarpa, probabilmente su Paramount+) con Harrison Ford nel cast, perché la storia della famiglia Dutton ha ancora parecchie miglia da percorrere.
Questa sorta di “Dinasty” o meglio di Gomorra con i cavalli, ambientata nel Montana, porta avanti la sua storia. Se la stagione numero quattro era stata abbastanza statica e molto orientata a lanciare le varie serie nate da una costola di quella principale, la quinta stagione ci restituisce un John Dutton (il Kev!) alle prese con qualcosa che odia: la politica.
A Taylor Sheridan non serve nemmeno mostrarci le elezioni vinte dal nostro, perché un conservatore come lui nel Montana va fortissimo, in questa tragedia shakespeariane con cappelli a tesa larga, sarebbe toccato a Jamie il ruolo di politico in famiglia, ma il figlio bastardo e ribelle che ha rinnegato l’uomo che lo ha cresciuto, diventa il nemico in divenire della stagione numero sei, già abbondantemente confermata, perché come Dutton in Montana, gli americani questa spremuta di trame, personaggi e valori vecchia scuola, l’ha premiata con ascolti da capogiro.
Mentre papà Dutton prova a difendere il suo ranch applicando il suo spirito da cowboy alle pastoie della politica, la migliore della serie, sua figlia Beth (Kelly Reilly che vi bucherà ripetutamente lo schermo della tv di casa ad ogni entrata in scena), continua a cercare di far quadrare i conti e anche a far valere il suo, si può dire brutto carattere? Mi sa che con Beth sarebbe largamente riduttiva come definizione.
Potete dirmi quello che volete, insieme a Rip Wheeler (Cole Hauser), Beth forma la più bella coppia del piccolo schermo, bilanciati come solo fuoco ed acqua possono essere. Voi datemi un dialogo tra quei due che parlano del niente, di tutto o del loro matrimonio e io sarò felice. Per una serie dove ogni silenzio di Kevin Costner vale più di tutti i meme-balletti condivisi in rete, io ci vivo e muoio su questa serie.
Che in questa stagione riesce anche a mediare sull’uso (e l’abuso) dei flashback, scopriamo molto del passato del mio personaggio preferito, il già citato Rip, che qui compare anche in versione giovanile, sostenuto dal giovane papà Dutton. Non so che santi abbia in paradiso Josh Lucas, attore che lo ammetto, non mi è mai stato troppo simpatico, ma qui devo dirlo, nei panni di un giovane Kevin Costner (baffuto), devo dire che funziona, perché “Yellowstone” sembra poter fare tutto, anche farmi fare quasi pace con Josh Lucas.
Questa serie chiede al pubblico un salto dello squalo notevole, quello di accettare il punto di vista di una famiglia di conservatori, cowboy del Montana che rifiutano il progresso a tutti i costi per mantenere le loro sacre tradizione. I Dutton sono i cattivi, non ci sono dubbi su questo, ma sono i cattivi affascinanti per cui vuoi fare il tifo, tanto che anche l’intransigente vegana interpretata da Piper Perabo, avrà anche ragione (più per temi che per modi) ma risulta una fastidiosa macchietta, insopportabile tanto che quando finalmente Beth, con i suoi teneri metodi, decide di spiegarle come funzionano le cose a casa Dutton, tu spettatore, finisci per fare il tifo per #TeamCowboy, anche perché va in scena una notevole “lotta tra gatte”, dove già sai che Beth Dutton potrebbe prendere a schiaffoni anche She-Hulk, figuriamoci l’ex ragazza del Coyote Ugly.
Difetti della stagione? L’assenza di un avversario vero e proprio, dopo i politici, i sicari e i neo-nazisti, dover aspettare l’ascesa di Wes Bentley è un po’ pochino, ancora meno vederlo manipolato da un personaggio femminile che appena entra in scena, sembra una Beth Dutton mora, una fotocopia di manipolatrice ben poco riuscita, quasi una funzione narrativa fatta a forma di “femme fatale”, che serve solo a mettere il personaggio di Jamie sui binari del prossimo grande avversario dei Dutton, quella stessa famiglia che lui stesso ha ripudiato, perché con i Dutton è così, o con loro o contro di loro, non ci sono vie di mezzo. Che sono i cattivi ve l’ho già detto no?
Se è una critica ad un certo stile di vita, Taylor Sheridan e Kevin Costner non lo danno a vedere, anche perché sono i primi ad essere innamorati di sagre dove i cantanti country sfilano più che i neomelodici ad un matrimonio partenopeo. Dove la morte dei sogni è quella del cowboy: testa sulla sella, occhi verso le stelle e una mandria da portare a destinazione. Una serie così è piena di momenti vuoti, vuoti bellissimi che francamente mi intrattengono e mi affascinano più di mille meme-balletti o di tanto inutile “bla bla bla” in serie (qui da noi) più blasonate.
Infatti non ho atteso l’uscita italiana della quinta stagione, le prime quattro erano disponibili su Sky Atlantic, chissà che con l’arrivo di Paramount+ non cambi qualcosa anche qui da noi. Ma sta di fatto che di questa serie al momento, potrei guardare altre dieci stagioni, con la leggerezza di questo pezzo nel cuore, perché in questa tragedia di famiglia ci si sente a casa. Alla fine non posso farci niente, ho visto quel film così tante volte da aver fatto mia la massima di Sam Neill: mi sarebbe piaciuto vedere il Montana.
Sepolto in precedenza sabato 14 gennaio 2023
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