Forse per altri non sarà niente, ma da parte mia sono piuttosto orgoglioso di essere stato tirato su con una formazione piuttosto classica di titoli, tutti rigorosamente visti sulla tv di casa durante la mia infanzia, questo ha avuto su di me degli effetti a lungo termine, di cui il più evidente, è aver fatto decollare questa Bara.
Tra gli altri effetti collaterali, chiamiamoli secondari, anche la mia passione per una serie di titoli che per me sono le basi, che in qualche caso hanno tratti distintivi comuni, ad esempio, in passato mi sono già largamente espresso su cosa penso dell’inutile espressione americanata, quei poveri di spirito che la utilizzano sottovalutano un concetto non da poco, lo sciovinismo inglese, quello che altrove mi farebbe anche un po’ accapponare la pelle, ma che in campo cinematografico mi ha regalato solo gioie perché mi fa pensare ad una manciata di titoli. In passato avevo già minacciato una potenziale mini-rubrica a tema, una cosa tipo “La trilogia dello sciovinismo inglese”, perché nella mia testa questo triangolo ha tre vertici tutti coperti dalla presenza di Michael Caine nel cast, il primo l’ho già trattato, L’uomo che volle farsi re, l’altro titolo rientra nella mia lista di compleanni del 2024 e per questo, non potevo proprio lasciarlo andare. A questo punto so che siete curiosi di conoscere anche l’ultimo titolo della trilogia, ma intanto oggi, parliamo di “Zulu”.
Tutto quello che vi serve sapere di “Zulu” ci viene riassunto dalla voce narrante, quella di Richard Burton, che leggendo un comunicato di Lord Chelmsford al segretario di Stato per la guerra a Londra ci aggiorna sulla pesante sconfitta subita dalle forze britanniche per mano degli Zulu nella battaglia di Isandlwana. Quegli stessi guerrieri, seimila per la precisione, ora puntano tutti in direzione della compagnia del 24º reggimento dell’esercito britannico, che sta utilizzando come punto di appoggio la stazione missionaria di Rorke’s Drift, nella colonia del Natal, come deposito di rifornimento e ospedale, usando scatole di gallette, sacchi di mais e il poco a disposizione, il tenente John Chard dei Royal assumendo il ruolo di comando del piccolo distaccamento che dovrà resistere, pochi contro tantissimi, segue classico della mia formazione, uno dei più monumentali film d’assedio di tutta la settima arte e in generale, in onore al colore delle divise britanniche… Un Classido!
Il regista Cy Endfield decise di girare questo film dopo aver letto un articolo sulla Battaglia di Rorke’s Drift scritto da John Prebble, finito nelle mani della Diamond Films e sceneggiato dallo stesso Prebble e dal regista, il film venne girato in Sud Africa, il deposito della missione a Rorke’s Drift fu ricreato nell’anfiteatro naturale nelle montagne Drakensberg, cinematograficamente più prestanti, in quanto più ripide di quelle che hanno testimoniato alla vera battaglia, che si trovano ad alcuni chilometri di distanza dal set messo su da Cy Endfield.
Per me “Zulu” sta davvero tutto qui, l’altra sera mentre lo rivedevo (per la milionesima volta) la Wing-woman mi ha chiesto se fosse stato girato in loco, se ci fosse dietro qualche trucco ma per una volta, quello che vediamo è quello che Endfield ha gestito sul set e messo su pellicola, comprese le duecentoquaranta comparse Zulu assunte per la battaglia, più un altro migliaio di comparse filmate dalla seconda unità direttamente nei parchi naturali della provincia di Natal, insomma, cosa diciamo sempre qui alla Bara? Il cinema nel suo essere finzione, vive e prospera su quante più cose, persone, momenti d’azione reali riprendi con la macchina da presa, “Zulu” a distanza di sessant’anni dalla sua uscita, è ancora qui a testimoniarlo.
In tutta onestà? Ho parlato fin troppo, perché la bellezza di “Zulu” è riassunta nel suo essere un film dritto per dritto, nessuna apologia della guerra, quella che gli Yankee hanno reso parte del DNA di tutti i loro film (specialmente quelli ad alto budget), nessun intento didascalico, da una parte abbiamo pochi inglesi dall’altra tanti Zulu, di base una classica storia di assedio di stampo Western, tanto che il regista Cy Endfield per spiegare alle comparse cosa si aspettava da loro, fece proiettare dei Western a titolo di esempio, dei grandi cineforum all’aperto, ma senza il dibattito dopo il film (storia vera).
Gli attori giusti, una regia solida e nessun grillo per la testa nel rappresentare gli inglesi come nobili “Esportatori di democrazia” e gli Zulu come bestie selvagge con l’anello al naso, per ogni sottoufficiale britannico che chiede ai suoi di tenere ben allacciata la giubba c’è un capo Ceteway, una sorta di sciamano che è anche un abilissimo stratega in grado di mettere in crisi uno degli eserciti più organizzati di sempre.
A proposito di facce giuste, Michael Caine qui era così giovane che nei titoli di testa viene presentato come “… introducing Michael Caine”, perché nei tanti ruoli cinematografici dove aveva già recitato, circa una ventina, non era stato nemmeno accreditato (storia vera). Pensare che per via del suo forte accento Cockney, Caine era convinto che nessuno gli avrebbe mai affidato il ruolo di un ufficiale, scherzando Caine ha dichiarato di dovere la sua carriera alla lunghezza del bar del teatro Prince of Wales dove lui ha pensato di aver fallito il provino, visto che non era ancora uscito dalla porta dopo il classico goccetto dello sconfitto, ha sentito il direttore del casting urlargli di tornare indietro, la parte del sottotenente Gonville Bromhead era sua.
A distanza di sessant’anni Caine resta forse l’unica faccia alla qualche ancora oggi il pubblico moderno può aggrapparsi nella foga della battaglia, eppure “Zulu” resta uno di quei film con tanti personaggi tutti ben caratterizzati, dal reverendo svedese e sua figlia, passando per il soldato ubriaco, molesto e pessimista che demoralizza gli altri con le sua previsioni catastrofistiche fino alla gara di canto, il confronto tra il coro inglese e i canti Zulu, come opporre e mettere a confronto due popoli usando solo l’arma del cinema.
La bellezza di “Zulu” è quasi tutta qui, Cy Endfield non moralizza, non vuol dare lezioni o fare spiegoni, cinema semplice, diretto e interpretato bene, in cui hai sempre chiara la logistica e i movimenti dei personaggi tanto che un titolo così palesemente di genere, come un film d’assedio, riesce ad avere il respiro e il passo del cinema più grande, quello epico, ma senza il peso della retorica che ha azzoppato tanti altri titoli, non che la trama non si presti, stiamo comunque parlando di uno sparuto gruppo di soldati che in fortissima inferiorità numerica, che riescono a mantenere alto l’onore, in mano ad altri questo soggetto sarebbe diventato un’apologia di boh, quello che volete voi, grazie a Cy Endfield abbiamo uno dei più grandi film d’assedio della storia del cinema, e da carpenteriano di ferro, voi sapete bene quanto il tema mi stia a cuore.
Non c’è mai un momento in cui non sappiamo in che punto di questo improvvisato fortino si trovino i personaggi, se dopo la prima ondata, ci viene detto che gli assedianti torneranno per un secondo attacco tra quindici minuti, gli eventi avvengono quasi in tempo reale, “Zulu” non ha una parola fuori posto, perché non parla né troppo né troppo poco, caratterizza tutti i personaggi per darci il tempo di farci affezionare a loro e poi li getta nell’azione, che è serrata, senza sosta, non basta barricarsi, bisogna combattere su tutti i fronti e se ne creano continuamente, perché gli avversari in qualche caso vengono fuori dalle fottute pareti (cit.) come fanno dal tetto di paglia e per salvarsi, bisogna improvvisare uno scavo nel muro per creare una via d’uscita.
“Zulu” è grandissimo cinema, di ampio respiro che parte da una premessa semplice e riesce nell’impresa di mantenerla tale, ha anche un film gemello, se non proprio un prequel magari una volta tratteremo anche quello, fino ad allora ci tenevo a fare gli auguri ad uno dei più grandi assedi mai visti al cinema, e anche il secondo capitolo della “Trilogia dello sciovinismo inglese” è andato!
Per altri dettagli su questo grande film e sul cinema d’assedio in generale, passare a trovare Il Zinefilo, che per coerenza si sarà barricato dentro.
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